I tasche gonfie: chi fa la crisi e chi fa boom (1460 mld) di risparmio gestito
Pubblicato il 3 settembre 2014 14:02 | Ultimo aggiornamento: 3 settembre 2014 14:03
ROMA – Nel secondo trimestre di quest’anno il “monte” del risparmio gestito ha raggiunto la considerevole altezza di 1460 miliardi, crescendo di 30 miliardi negli ultimi 3 mesi e di 60 negli ultimi 6. Un dato sorprendente se si considera che in tutto il 2013 il suddetto monte era cresciuto di “appena” 62 miliardi. Ma ancor più sorprendente in realtà in considerazione del contesto in cui il monte si trova a crescere. In anno di crisi economica, disoccupazione crescente, crisi del mondo del lavoro, delle istituzioni, anni segnati dell’aumento dellapressione fiscale e via dicendo, gli italiani hanno messo “al pizzo” 10 miliardi circa al mese. E se non è una notizia questa…
C’è dunque un popolo di “tasche gonfie”, popolo non piccolo. Non certo tutti gli italiani, probabilmente non la maggioranza dei cittadini, ma ci vogliono milioni di benestanti e ricchi per alimentare un tale flusso di denaro verso il risparmio gestito e cioè l’affidamento dei propri soldi a chi prova farli fruttare per via finanziaria. I “tasche gonfie” ci sono e non sono mille e neanche diecimila o centomila. Ancora un dato della realtà, quello del risparmio gestito, mostra come la rappresentazione di un paese che scivola verso miseria e indigenza è rappresentazione parziale. Ci sono milioni di famiglie che poggiano su una consistente ricchezza accumulata nei decenni passati. Ancora una volta si conferma, per chi vuol saperlo, che l’Italia è povera, poverissima di lavoro ma non di soldi. Un’anziana signora benestante che non produce più alcuna ricchezza, un po’ si mangia quella di prima, ferocemente e un po’ nel panico prova a difenderla, quella di prima. Di produrre altra e nuova ricchezza poco se ne parla e nulla se ne fa.
“Nel secondo trimestre del 2014 – scrive Vittoria Puledda su Repubblica – secondo i numeri di Assogestioni sono stati raccolti 31 miliardi (al netto dei riscatti) in fondi comuni, gestioni di portafoglio con quote di fondi, gestioni previdenziali e gestioni assicurative (sempre contando i fondi comuni compresi nel portafoglio, ovviamente). Ebbene, tutto il mondo del gestito ha portato a casa poco più di 30 miliardi in un trimestre e poco più di 60 nei primi sei mesi 2014, praticamente eguagliando il risultato dell’intero 2013 (quando la raccolta netta del settore era stata pari a 62,6 miliardi). Altrettanto record è il patrimonio complessivo, che ha toccato la soglia di 1.460 miliardi (1.392 il trimestre precedente). Anche i risultati relativi ai mesi estivi (ancora non noti a livello aggregato di settore) dovrebbero confermare il buon andamento del primo semestre, che ieri in Borsa si è avvantaggiato dei risultati (la migliore è stata Mediolanum, +2,95%)”.
“Ci sono almeno tre ragioni che spiegano il boom del risparmio gestito – dice Piermario Motta, ad di Banca Generali – i tassi sempre più compressi sui titoli governativi, che rendono quasi obbligatorio cercare alternative di investimento; le banche che vanno alla ricerca di utili, facendo commissioni sui fondi e, infine, la minore pressione a fare raccolta diretta, sempre da parte delle banche, perché in questo momento non hanno bisogno di cercare liquidità dai clienti”.
Quale che siano le ragioni congiunturali che fanno sì che il risparmio gestito sia diventato meta preferita degli italiani, la notizia vera è che questi hanno la capacità di produrre, dati alla mano, oltre 10 miliardi di risparmi al mese.
Entrando nel dettaglio del secondo trimestre 2014, i fondi comuni hanno portato a casa un bottino netto pari a 18,32 miliardi, con la parte del leone interpretata dai fondi flessibili, con una raccolta netta pari a 11,1 miliardi. Da inizio anno, questa categoria di fondi ha totalizzato 23,7 miliardi di sottoscrizioni al netto dei riscatti, seguita (a distanza) dagli obbligazionari, che hanno portato a casa 13 miliardi netti nel semestre, nonostante il calo dei rendimenti dei bond (che tuttora rappresentano il 47% del patrimonio complessivo dei fondi comuni).
L’unica categoria che ha il segno meno, da inizio anno ad oggi, è quella dei fondi monetari, che ha avuto riscatti netti per 4,3 miliardi, mentre i fondi azionari hanno ricevuto sottoscrizioni nette per 4,1 miliardi di euro (sempre positiva nel semestre, ma in rallentamento nel secondo trimestre rispetto al primo).
Non vuole questo certamente dire, come anche alcuni sostenevano, che la crisi non esiste in Italia perché i ristoranti sono pieni o perché i risparmi degli italiani sono in grado di coprire in toto o quasi il nostro debito pubblico. Ma significa altrettanto certamente che gli italiani, non tutti ma una parte non marginale viste le cifre, sono in grado ancora di produrre risparmio.
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