sabato 11 aprile 2015

E' rimasto nello stesso partito. E' noto a tutti che i due partiti sono una fotocopia perfetta.

Gela, ex attivista M5S si candida a sindaco per “Noi con Salvini”

Pubblicato il 11 aprile 2015 da Antonio Atte  
Dal Movimento Cinque Stelle a Noi con SalviniAntonio Giudice, 47 anni, imprenditore edile attivo nell’antiracket locale, ha deciso di candidarsi a sindaco di Gela con la neonata lista di Matteo Salvini. Angelo Attaguile, segretario nazionale e coordinatore in Sicilia del movimento, ha reso noto che Giudice faceva parte del meetup “I Grillini di Gela”.
“Antonio Giudice ama la sua Gela, la conosce profondamente perché ci vive e lavora – afferma in una nota Attaguile – e ha tutte le carte in regola per affrontare faccia a faccia il malaffare vista la sua lunga esperienza nell’associazionismo antiracket. Un uomo che fa antimafia coi fatti a dispetto di certi professionisti dell’antimafia solo a parole. Matteo Salvini ha espresso viva soddisfazione per questa candidatura e mi ha anticipato che interverrà personalmente nella campagna elettorale gelese, patria di Rosario Crocetta, il peggior governatore che la Sicilia abbia mai avuto”.
noi con salvini

Giudice e l’impegno nell’antimafia

Legato all’antiracket di Gela “Gaetano Giordano”, Giudice è dal 1990 in prima linea nel volontariato e nell’associazionismo antimafia. Assieme al giudice Roberto De Felice si è occupato di baby killer e delinquenza giovanile. Nel 2013, in piena notte, l’auto del padre, impiegato comunale, andò a fuoco e la madre di Giudice morì di infarto per lo spavento.
“Quella notte, come sempre, le telecamere pubbliche non funzionavano – disse Giudice, in un’intervista – Gela è una città video sorvegliata solo apparentemente ma i fatti dicono tutt’altro”.
“Da quindici anni ogni giorno – spiegò Giudice – tutte le notti a Gela bruciano macchine. Abbiamo raggiunto il record di circa 300 auto l’anno. Può essere che i gelesi siano tutti cattiva gente? Mio padre è sempre stato un buon uomo, ai tempi aveva 83 anni. Non c’è un motivo per cui accade tutto questo”.
Dopo il tragico evento, Giudice organizzò un corteo al quale presero parte circa 2mila persone. La situazione per un po’ migliorò, Gela fu presidiata dalle forze dell’ordine. Poi, tutto come prima. “Questa è una città che non mi ha dato nulla se non morte, fame e malattia. La mafia non è stata sconfitta. Ha solo cambiato volto, si è trasformata”, ha affermato Giudice tempo fa, in un’intervista a Newsicilia.it.

La vera vergogna di questo paese sono le regioni. Chiudiamole subito.

Le tasse che aumentano anche se il governo non aumenta le tasse. E fa finta di dimenticarle
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Le addizionali regionali Irpef aumentano in sette regioni italiane (diminuiscono solo a Bolzano), ovvero Piemonte, Liguria, Umbria, Lazio Abruzzo, Molise, Basilicata: nel Lazio arrivano a crescere del 48,1%. Questi i numeri del dipartimento delle politiche territoriali della UIL citati oggi dal Corriere della Sera. E oltre alle regionali ci sono le comunali:
Lo stesso osservatorio Uil monitora anche le addizionali comunali Irpef. I Comuni hanno tempo fino alla fine di maggio (o più in là, se ci sarà una proroga) per approvare il bilancio e quindi rideterminare eventualmente l’addizionale. Da una prima rilevazione, su 168 municipi che hanno già deliberato l’Irpef di loro competenza,33 di essi (il 20%) hanno aumentato l’aliquota, tra cui tre città capoluogo: Bologna, Forlì e Livorno. In particolare, Bologna passa dallo 0,7% allo 0,8%, che è l’aliquota massima consentita; Livorno anche sale allo 0,8%mentre a Forlì si passa dallo 0,49% per i redditi fino a 15 mila euro allo 0,6% e allo 0,8% per quelli superiori. Roma fa caso a se con un’aliquota già allo 0,9%:0,5% sul bilancio ordinario e l’altro 0,4% su quello del commissario straordinario per ripianare i debiti pregressi.

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Grandissimo Papa. Che possa vivere in eterno.

Giubileo, la bolla del papa: «Mafiosi e corrotti pentitevi»

Bergoglio indice l'anno giubilare. E condanna la «piaga putrefatta della società».

11 Aprile 2015
L'attacco alla corruzione «piaga putrefatta della società» e l'appello uomini e alle donne che appartengono a un gruppo criminale - «qualunque sia» - a «cambiare vita» perché «per tutti, presto o tardi, viene il giudizio di Dio a cui nessuno può sfuggire».
Con un invito alla conversione Papa Francesco ha dato il via al conto alla rovescia per il Giubileo davanti alla Porta santa della basilica di San Pietro.
Alla presenza di rappresentanti ecclesiastici dei cinque continenti Bergoglio ha consegnato la «Bolla» intitolata «Misericordiae vultus» che indice l'evento straordinario in programma dall'8 dicembre 2015, data che ricorda anche il cinquantesimo anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II.
BOLLA MISERICORDIAE VULTUS E MONITO AI CORROTTI. Tredici pagine che si leggono come una mini-enciclica e va al cuore del pontificato di Francesco: «Forse per tanto tempo abbiamo dimenticato di indicare e di vivere la via della misericordia», scrive, ma ora «è il tempo del ritorno all'essenziale» perché «Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre» e «l'architrave che sorregge la Chiesa è la misericordia».
Bergoglio ha poi sottolineato che l'anno santo dedicato alla misericordia è un'opportunità in particolare per mafiosi e corrotti. Gesù, si legge nella bolla, «pur combattendo il peccato non ha mai rifiutato nessun peccatore». «Per il vostro bene vi chiedo di cambiare vita. Lo stesso invito giunga anche alle persone fautrici o complici di corruzione. Questa piaga putrefatta della società è un grave peccato che grida verso il Cielo». Poi il monito che ricorda quello di Giovanni Paolo II ad Agrigento: «Per tutti, presto o tardi, viene il giudizio di Dio a cui nessuno può sfuggire».
La corruzione, scandisce il testo in un crescendo di condanna, «impedisce di guardare al futuro con speranza, perché con la sua prepotenza e avidità distrugge i progetti dei deboli e schiaccia i più poveri». Si tratta di «un male che si annida nei gesti quotidiani per estendersi poi negli scandali pubblici» e di «un accanimento nel peccato, che intende sostituire Dio con l’illusione del denaro come forma di potenza». Ma, ha ammonito Francesco, «nessuno può sentirsi immune da questa tentazione».
UNA PORTA SANTA IN TUTTE LE DIOCESI. Il carattere dell'Anno santo proclamato da Francesco è quello dell'universalità: il papa ha chiesto che in tutte le cattedrali delle diocesi mondiali e nei santuari scelti dai vescovi locali venga istituita una «porta santa» come «segno di comunione di tutta la Chiesa», decentrando, così, l'evento giubilare.
I MISSIONARI DELLA MISERICORDIA. Il Giubileo, ha spiegato il pontefice nell'omelia, dovrà essere un «segno della tenerezza di Dio» e «il tempo favorevole per curare le ferite, per non stancarci di incontrare quanti sono in attesa di vedere e toccare con mano i segni della vicinanza di Dio, per offrire a tutti la via del perdono e della riconciliazione».
E per questo l'altra novità dell'anno santo straordinario è legata ai «missionari della misericordia»: sacerdoti che saranno inviati dal papa con l'autorità di perdonare anche i peccati più gravi, quelli che sono riservati alla Sede apostolica. Ai vescovi, viene chiesto di organizzare in tutte le diocesi delle «missioni al popolo», in modo che «questi missionari siano annunciatori della gioia del perdono»: «Non mi stancherò mai», aggiunge poi il papa , «di insistere perché i confessori siano un vero segno della misericordia del Padre».
CONVERTIRSI E SOTTOPORSI ALLA GIUSTIZIA. Francesco nella bolla cita Giovanni XXIII, che in apertura del Concilio chiedeva di «usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore», e ricorda che la misericordia «non è in contrasto con la giustizia»: «La giustizia», è scritto, «è un concetto fondamentale per la società civile quando, normalmente, si fa riferimento a un ordine giuridico attraverso il quale si applica la legge», mentre la misericordia «esprime il comportamento di Dio verso il peccatore, offrendogli un’ulteriore possibilità per ravvedersi, convertirsi e credere». In questo senso, aggiunge Francesco «Dio è sempre disposto ad ascoltare, e anch’io lo sono, come i miei fratelli vescovi e sacerdoti. È sufficiente solo accogliere l’invito alla conversione e sottoporsi alla giustizia, mentre la Chiesa offre la misericordia».

Ma chiudiamo le regioni e vedrete quanti soldi risparmiamo oltre ad evitare la corruzione permanente.

Stato, regioni, comuni: i numeri sul troppo grasso che resta

Sui tagli alla spesa hanno ragione le autonomie o Renzi? Le ricerche accumulate dicono che ha ragione il premier
L’incontro del 9 aprile tra governo e Anci (Flickr / Palazzo Chigi)

L’incontro del 9 aprile tra governo e Anci (Flickr / Palazzo Chigi)

   
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Matteo Renzi forse non l’aveva messo in conto ma, con alla testa il sindaco di Torino Fassino e il presidente del Piemonte Chiamparino, cioè non proprio due esponenti di terza fila del Pd, Comuni e Regioni questa volta hanno preso a sparare sui tagli del governo prima ancora che il Def venga varato. Il 9 aprile Renzi ha incontrato l’Anci, ma il fastidio con cui il 7 ha replicato da palazzo Chigi alla minaccia di tagliare i servizi ai cittadini era evidente. Tagliate gli sprechi, ha replicato il premier. Tanto per cambiare, non c’è molto accordo sui numeri dei tagli sin qui realizzati tra Stato centrale e Autonomie, e dunque forse è il caso di mettere un po’ di chiarezza su alcuni punti. Chi ha tagliato quanto, in questi anni? Sembrerebbe facile a dirsi, e in realtà non lo è.
A ricordarsi sempre sono i tagli sulla spesa tendenziale, cioè comprensiva degli aumenti inerziali a legislazione vigente per l’anno successivo. Ecco spiegato perché i numeri non tornano mai
Un conto è parlare dei tagli a parole realizzati dalle manovre susseguitesi dall’ultimo governo Berlusconi a oggi: a ricordarsi sempre sono i tagli sulla spesa tendenziale, cioè comprensiva degli aumenti inerziali a legislazione vigente per l’anno successivo, dunque non tagli sulla spesa reale precedente. E questo spiega perché poi, dopo anni di manovre sommate per decine e decine di miliardi di tagli deliberati, in realtà la spesa pubblica reale complessiva abbia continuato a crescere: molto meno velocemente di prima, ma fino al 51,1% del Pil.
Altro conto è se si prende in considerazione la spesa primaria compresa nel patto di stabilità interno. Altro conto ancora è se si considera quella che negli ultimi anni è diventata la “spesa aggredibile”, che è un aggregato ancora più ristretto, quella che fa da base all’esercizio sui costi standard regionali decisi nel 2012 sulla base di un campione che comprende anche le regioni meno efficienti, mettendo cioè da parte quelli che dovevano essere i costi standard veri.
Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan alla presentazione della bozza del Def, il 7 aprile (Flickr / Palazzo Chigi)

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Un conto è poi se nella spesa regionale comprendiamo anche la sanità, che costituisce la stragrande maggioranza della spesa regionale. Altro conto è se la escludiamo
Ecco spiegato perché i numeri non tornano mai. Un conto è poi se nella spesa regionale comprendiamo anche la sanità, che costituisce la stragrande maggioranza della spesa regionale. Altro conto è se la escludiamo, visto che il fondo sanitario nazionale vive per così dire di vita propria, quanto a cifra stanziata anno per anno (il ministro Lorenzin sottoscrisse il patto per la salute con le Regioni nel luglio scorso, poi rimesso in discussione dalla finanziaria). Fatte queste premesse, qualche conticino per raccapezzarsi.

Le manovre
Se guardiamo alle manovre sul tendenziale di entrate e spese (con l’accortezza richiamata prima), il totale di quelle varate tra 2008 e 2014 (esclusa l’ultima legge di stabilità) ammonta alla bellezza di 122 miliardi di euro, per il 55% a parole (vedremo alla fine, perché a parole) sulla spesa per 67 miliardi, e il 45% con maggiori entrate, per 55 miliardi di euro. La minor spesa rispetto all’aumento tendenziale è stata ripartita per il 36% (per 23,8 miliardi, ma di questi il 58% sono stati meno spesa in conto capitale cioè meno investimenti, quelli si tagliano senza che nessuno protesti) sull’amministrazione centrale, e per il 48% sulle Autonomie Locali, Regioni, Comuni e Province. Il restante 16% è stato a carico degli Enti pubblici sottoposti al Mef. Dei 32,7 miliardi di tagli di spesa tendenziale alle Autonomie, il 41% è stato a carico delle Regioni, nelle poste di spesa sottoposte a patto di stabilità (fondo sanitario nazionale con trattativa a parte, dunque).
Matteo Renzi (Flickr / Palazzo Chigi)

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La ripartizione 
Considerando i numeri precedenti, le Autonomie hanno delle ragioni da far valere. Sul totale complessivo della spesa pubblica, lo Stato centrale pesa infatti il 29,9%, i Comuni il 7,6%, le province l’1,3%, le Regioni il 18% ma se si esclude la sanità la proporzione scende a meno della metà. Il 40% della spesa avviene attraverso gli enti previdenziali. Dai numeri, i tagli sono stati più a Comuni e Regioni che allo Stato centrale. Da Berlusconi fino all’ultima legge di stabilità esclusa, se dai tagli sulla spesa tendenziale andiamo a quelli “nettizzati”, le Regioni a statuto ordinario hanno subìto tagli per 9,7 miliardi, quelle a statuto speciale per 3,3 miliardi, le Province per 3,7 miliardi, e i Comuni per la bellezza di 8,3 miliardi: il che spiega perché i Comuni abbiano in qualche misura ancora più ragioni a protestare delle Regioni.

I servizi
Hanno ragione le autonomie o Renzi? Le ricerche accumulate dicono che ha ragione il premier
Hanno ragione o torto le Autonomie, dicendo a Renzi che ora i costi vivi sono all’osso e dunque con nuovi tagli saranno i servizi ai cittadini a ridursi inevitabilmente? O ha ragione Renzi a dire il contrario? Le ricerche accumulate dicono che ha ragione il premier. Se avete la voglia e la pazienza di scaricarvi dal sito revisionedellaspesa.gov.it il pdf del documento consegnato a Cottarelli relativo alla spesa dei Comuni, (con l’avvertenza solita che troverete all’inizuio una stima doppia dei tagli di spesa 20018-2014 rispetto alla netta che vi abbiamo dato, appunto perché basata sul “tendenziale” che avrebbe inglobato gli AUMENTI di spesa previsti a legislazione invariata..) troverete la spesa comunale esaminata per classe dimensionale e per molti voci standard, dai costi in consulenze a quelle per hardware e software per dipendente, dai costi di assicurazione dei mezzi a quelli per affitti e riscaldamento.
Tra i Comuni ci sono coefficienti di variazione nell’ambito del 100, 200 e anche 400%: i dati dicono dunque che c’è ancora molto da fare
Riscontrerete tra Nord e Sud e per classi dimensionali dei Comuni coefficienti di variazione nell’ambito del 100, 200 e anche 400%: i dati dicono dunque che c’è ancora molto da fare, nell’ottimizzazione e riduzione della spesa corrente. Soprattutto nei Comuni capoluogo grandi e grandissimi. Mentre i Comuni piccoli hanno costi sempre meno in linea da sopportare, rispetto alla dimensione non ottimale dei servizi che devono offire e eispetto alle risorse disponibili. Non troverete dati altrettanto interessanti nel pdf del documento consegnato dal gruppo di studio che ha preso in esame la spesa delle Regioni. Forti del fatto che hanno vinto nel 2012 la battaglia sui “finti” costi standard, hanno di fatto rifiutato anche a Cottarelli un’esame dettagliato dei coefficienti di variazione – che restano altissimi – nelle maggiori voci di spesa corrente standard.

I tagli “a parole”
Quasi un terzo dei tagli sul tendenziale di spesa operati alle Autonomie è stato recuperato da aumenti della tassazione locale
Un’ultima considerazione merita il fatto che, in realtà, la ripartizione delle manovre per il 55% fatta sul versante della spesa è un dato virtuoso SOLO IN APPARENZA. Quasi un terzo dei tagli sul tendenziale di spesa operati alle Autonomie è stato infatti recuperato da aumenti della tassazione locale, nelle più diverse forme a cominciare dal mattone. Di conseguenza le manovre correttive sono avvenute più sul versante di un fisco più pesante, che limitando la spesa. Ma ora la capacità di recupero fiscale locale è arrivata al limite, i Comuni e le Regioni lo sanno. Sperano ancora in una local tax per il 2016 che aumenti ulteriormente il gettito rispetto a Tasi. Ed è su questo, altri aumenti fiscali locali a compensazione, la vera partita tra Renzi, Regioni e Comuni. Purtroppo per noi. Ci sarebbe da dire molto poi sul perché lo Stato centrale ritenga di non aver più da tagliare se non per centinaia di milioni invece che per miliardi, come si è visto nell’ultima legge di stabilità che ha chiesto alle Autonomie tre volte tanto rispetto ai tagli ministeriali. Ma per questo occorre un altro articolo.

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Le partecipate 
Ha detto Chiamparino che parlare di risparmi dai tagli alle partecipate è un errore, e il governo non ha fatto niente. Hanno torto entrambi
Ha detto Chiamparino che parlare di risparmi dai tagli alle partecipate è un errore, c’è da riaccorpare e ottimizzare ma non da tagliare. È il motivo per cui il governo Renzi sinora sulle partecipate locali non ha fatto nulla, tranne una norma manifesto senza effetti inserita in legge di stabilità. Chiamparino e il governo hanno torto. A smentirli è l’analisi e la previsione di risparmio di “almeno 2-3 miliardi” possibile con le 33 proposte dettagliate avanzate un anno fa da Cottarelli dopo aver esaminato l’intera complessa geografia delle 7760 partecipate locali di cui aveva notizia, rispetto alle oltre 10mila esistenti in Italia (non c’è una banca dati affidabile centralizzata, come sempre…), che trovate a pag 39-40 delle slides “programma di razionalizzazione delle partecipate locali” qui.
È un report dettagliatissimo, con interventi diversi sulle migliaia di piccole partecipate da chiudere, su quelle da cedere, su quelle in perdita strutturale, sui nuovi criteri da adottare per il Tpl, su come tagliare le attuali 37mila posizioni a nomina pubblica censite. Ricordate sempre che ad aver dichiarato «obiettivo del governo è sfoltire da circa 8mila a non più di mille le municipalizzate in Italia» è stato Matteo Renzi, il 18 aprile 2014, come beffardamente Cottarelli ricorda nella prima pagina delle sue stesse slides che vi raccomando di leggere… E il numero non è un caso: in Francia – paese non esattamente poco statalista – sono mille, appunto…

dipocheparole     venerdì 27 ottobre 2017 20:42  82 Facebook Twitter Google Filippo Nogarin indagato e...