venerdì 7 aprile 2017

La Camera taglia altri 80 milioni: ma i grillini dove sono?

Parlamento
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In totale in questa legislatura Montecitorio ha risparmiato 350 milioni
 
350 milioni . Tanto ha fatto risparmiare allo Stato la Camera nella XVII legislatura.
La stagione della sobrietà – il copyright è della presidente Laura Boldrini – prosegue il suo cammino silenzioso, per il sesto anno consecutivo, nonostante i proclami di chi grida alla grassa casta e poi, quando si trova a votare per un risparmio che, sia pure una goccia nel mare, è pur sempre una restituzione di risorse, dice no.
Questo è accaduto oggi: l’Ufficio di presidenza di Montecitorio ha approvato, con un solo voto contrario dei 5 Stelle, il contro consuntivo del 2016 e la nota di variazione al bilancio di previsione 2017-2019. Hanno detto tutti sì, tranne il deputato grillino, segretario di Presidenza, Riccardo Fraccaro.
Diranno che non basta, che è troppo poco, che è fumo negli occhi che la vera riforma della Casta sarebbe stata quella dei vitalizi. Diranno questo ma intanto hanno detto no a un risparmio concreto, reale e fattibile. Come quello generato dall’intervento sulle pensioni d’oro deliberato poco tempo fa dallo stesso organo della Camera, anche lì: 2,5 milioni di euro risparmiati ogni anno, subito. Certo che la legge sui vitalizi va mandata avanti e il Pd ha ben tre proposte depositate da prima che il M5S mettesse bocca e megafono sul tema.
Vanno calendarizzate, vanno portate in aula e discusse come una legge che veramente abbia la volontà di riformare ed equilibrare il sistema pensionistico dei politici. Per un intervento di questo tipo ci vuole una discussione in aula, una legge, un voto. Per iniziare a tagliare i costi della politica, per far dimagrire la Camera, i cui chili pesano sul corpaccione dello Stato, invece, basta un voto dell’Ufficio di Presidenza. Ed è curioso che uno dica no, anche se è un no di principio a un risparmio qui, ora e subito che non ostacola e non prescinde altri interventi auspicabili non solo e non tanto per la quantità di soldi risparmiati ma per una questione di equità sociale che non può però fare a meno di considerare l’equilibrio tra vitalizi e pensioni d’oro, tra casta di oggi, già tassata dalla riforma Fornero e casta di ieri, che prima della sforbiciata decisa dalla Camera continuava a godere di intatti privilegi, questi sì, da vera Casta. Da notare che nella proposta del M5S non v’è alcun riferimento alle pensioni dorate delle vecchie glorie del Parlamento.
Spending da Transatlantico. Nell’anno 2017 la Camera restituirà altri 80 milioni di euro allo Stato. E’ la restituzione più consistente mai operata da Montecitorio, questa somma si aggiunge ai 120 milioni di euro restituiti negli anni 2013, 2014, 2015 e 2016, per un totale di 200 milioni di euro restituiti nel periodo 2013-2017. A questi si aggiungono i 150 milioni di euro di minor dotazione richiesti da Montecitorio allo Stato, nel triennio 2013-2015 rispetto al 2012. Complessivamente nel corso della XVII legislatura la Camera ha fatto risparmiare allo Stato 350 milioni di euro.  Rispetto a quella prevista nel 2011, anno del picco massimo, la spesa della Camera e’ diminuita di oltre 157 milioni di euro, il 14,2% in meno.
Tirare la cinghia. Meno spese, meno diarie, meno acquisti. Via i rimborsi per le spese di soggiorno fino al 2019 e blocco dell’indennità parlamentare: due misure che da sole determinano una riduzione della spesa di 43,1 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019. Si prevede che nel 2019 la spesa si assesti ad un livello inferiore di circa 67 milioni di euro rispetto alla spesa dell’anno 2012 , ultimo anno della precedente legislatura: una riduzione che equivale a circa il 28 per cento. Nel 2017 anche la spesa per l’acquisto di beni e servizi  segna una diminuzione: meno 1,8 milioni di euro, pari al 2,23 per cento in meno.
La mandrakata degli avvocati del Padrone Assoluto del M5S: alla vigilia dell'udienza sul caso Genova annullano il voto che ha incoronato la candidata perché Beppe non ha rispettato le sue stesse regole. Ecco perché rischia di andargli male anche stavolta
ALESSANDRO D'AMATO
Oggi andrà in scena la prima udienza al tribunale civile per il caso di Marika Cassimatis, che ha vinto le comunarie di Genova e poi è stata cacciata da Beppe Grillo senza spiegare i motivi della scelta. L’atto di citazione – di cui abbiamo parlato in anteprima qui – deve però aver terrorizzato Beppe e i suoi, che ieri sera hanno pubblicato a sorpresa un post in cui annullano la votazione del 14 marzo (quella che la Cassimatis ha vinto) perché sarebbe stata “indetta con un preavviso inferiore al termine minimo di 24 ore prescritto dall’articolo 3 del regolamento del MoVimento 5 Stelle per le votazioni per la scelta dei candidati alle elezioni
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marika cassimatis
Il post pubblicato ieri sera sul blog di Beppe Grillo

La mossa di Beppe Grillo per fregare Marika Cassimatis

Insomma dopo aver cacciato la candidata senza spiegare i motivi del contendere Beppe tira fuori l’argomento della votazione non valida ma spiega anche che la stessa votazione non si può ripetere perché nel frattempo la Cassimatis è stata cacciata. Un bell’esercizio di absurdum spazio-temporale:
La votazione non può però essere rinnovata perché il candidato sindaco Marika Cassimatis e due candidati facenti parte della sua lista sono state sospese in via cautelare dal MoVimento 5 Stelle dal collegio dei probiviri e non sono pertanto in possesso dei requisiti di candidabilità in liste del MoVimento 5 Stelle.
citazione cassimatis 2
Quindi la prima votazione viene annullata e la seconda non si può ripetere perché la Cassimatis è stata espulsa. Giova ricordare che nel ricorso proposto daglia avvocati Alessandro Gazzolo e Lorenzo Borré si faceva notare che il voto per Luca Pirondini doveva essere annullato anche perché : la decisione di inibire la corsa della Cassimatis con il simbolo del M5S a Genova e quella di chiedere agli iscritti se far correre al suo posto lo sconfitto Luca Pirondini è stata presa in violazione del regolamento e dello statuto del M5S: «L’articolo 3 del regolamento infatti prevede che per la scelta dei candidati si voti con un preavviso di 24 ore mentre Beppe ha indetto subito la votazione per incoronare il candidato “favorito” dalla scelta di escludere la Cassimatis». Beppe e i suoi avvocati non toccano neppure la circostanza, ma implicitamente così riconoscono la fondatezza del ricorso.

La strategia dello struzzo di Beppe

A cosa serve la mossa di Beppe? «Probabilmente depositeranno il “provvedimento” e chiederanno la cessazione della materia del contendere…», ci dice una fonte vicina al dossier. Ovvero gli avvocati di Grillo oggi in udienza diranno al giudice che il voto che ha incoronato la Cassimatis è stato annullato da Beppe Grillo (perché era stato indetto irregolarmente da Beppe Grillo – fa ridere ma è drammatico!). Ma è difficile che il tribunale si faccia infinocchiare così: in primo luogo perché è evidente e palese che la mossa serve a fuggire DAL processo, e già questo dovrebbe essere oggetto di indignazione da parte di chi crede alla democrazia e alla legalità del MoVimento.
citazione cassimatis
In secondo luogo questo dimostra che la decisione del 17 marzo è illegittima: altrimenti non sarebbe necessario trovare questo escamotage per l’invalidazione: ma anche altre votazioni sono state indette senza il preavviso di 24 ore: anche queste sono state annullate? No. E perché? In ultimo anche questa decisione di Grillo è illegittima perché presa da un garante la cui figura non è presente nel regolamento e perché legittima ancora una volta l’espulsione della Cassimatis senza poterlo fare. Oggi in udienza sapremo chi ha ragione.

Onestà Onestà Onestà.......i grillini non sono nuovi erano solo mediocri sconosciuti.

Meloni aveva inquadrato la dipendente con un contratto a progetto mentre le spettava un contratto a tempo indeterminato. Il tribunale in primo grado dà ragione alla donna
MARIO NERI
Stefano Parola su Repubblica Roma oggi racconta una storia che riguarda l’assessore al lavoro e al turismo del Comune Adriano Meloni.  Si tratta di una condanna civile in primo grado inflitta alla Sunrise Travel, la società di cui è amministratore dal 2008.
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La vicenda inizia nel 2010, quando Martina, torinese con ottime competenze linguistiche, comincia a lavorare per la Sunrise Travel. È un’azienda che fa da tramite tra le agenzie di viaggio e i grandi siti di prenotazione. Il suo contratto è di collaborazione a progetto e viene rinnovato per quattro volte. Lei può lavorare quasi sempre da casa (pur con determinati orari da seguire) e le viene affidato un pacchetto clienti piuttosto corposo.
Il problema nasce quando Martina va in maternità e chiede l’indennità alla gestione separata dell’Inps: «Mi aspettavo di ricevere l’80 per cento dello stipendio, invece mi arrivava molto meno. Ho scoperto che accadeva perché mi venivano versati meno contributi del dovuto», racconta.
adriano meloni virginia raggi
Insomma, Meloni aveva inquadrato la dipendente con un contratto a progetto mentre le spettava un contratto a tempo indeterminato secondo la sentenza di primo grado del tribunale:
Sembra solo un errore formale, invece lo stesso fenomeno si verifica pure durante la sua seconda maternità. «Nel 2014 ho iniziato a fare pressione per farmi versare almeno tutti i contributi. Invece a gennaio 2015, prima di rientrare al lavoro, sono stata allontanata con un sms in cui mi veniva detto che avevamo perso il mio cliente principale». A questo punto Martina, senza più un lavoro, porta la questione in tribunale e fa causa alla Sunrise.
Siccome non si riesce a trovare un accordo tra le parti, si fa il processo e si va a sentenza. Il giudice Fabrizio Scarzella emette il suo verdetto l’11 febbraio 2016 e dichiara «la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e pieno tra le parti dal 23 giugno 2010 al 17 gennaio 2015». Insomma, Martina avrebbe dovuto essere assunta a tempo indeterminato e non soltanto con quel “cocopro” che porta la firma proprio di Adriano Meloni, che della Sunrise Travel è amministratore, rappresentante legale e socio al 50 per cento.

La deputata aveva pubblicato su Facebook un post con una fotografia che ritraeva una ragazza insieme a Piero Fassino parlando di legami con l'appalto del bar dove lei lavorava
MARIO NERI
La deputata Laura Castelli (M5S) è formalmente indagata per diffamazione dalla procura di Torino insieme a un’altra trentina di persone. Nei giorni scorsi è stato mandato agli interessati un avviso di proroga delle indagini. L’atto rientra in un procedimento del pm Barbara Badellino nato dopo la denuncia di una trentaduenne di origine romena, Lidia Lorena Roscaneanu, che alle ultime elezioni amministrative si era candidata in una circoscrizione di Torino per il Pd. La Castelli aveva pubblicato su Facebook un post con una fotografia che ritraeva la donna insieme a Piero Fassino.
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laura castelli lorena roscaneanu
Il post di Laura Castelli su Lorena Roscaneanu (Foto da: Nuova Società)
Dopo avere spiegato che Lidia lavorava nel bar interno del Palazzo di Giustizia di Torino, il cui appalto era stato affidato dal Comune “con ribasso sospetto” a “un’azienda fallita tre volte”, l’autrice si chiedeva “quali legami” ci fossero tra la ragazza e Fassino. Fra numerosi commenti lasciati dagli internauti comparvero insulti e volgarità a sfondo sessista e razziale. Lidia aveva spiegato che prestava servizio come cassiera (il bar ora è chiuso), che non sapeva nulla di appalti e che l’immagine postata dalla parlamentare era stata tagliata in modo che non comparisse l’altra candidata presente al momento dello scatto. Alle elezioni – disse – non si presentò per il disagio, avvertito anche sul luogo di lavoro, che le procurò la pubblicazione del post.
laura castelli movimento 5 stelle
Il post è stato cancellato dalla pagina “Cittadina in Parlamento” della Castelli. “Mi ero candidata in una circoscrizione – racconta Roscaneanu – perché non c’erano altri rappresentanti della comunità romena, che pure è assai numerosa in città. Mio fratello maggiore, in Romania, è molto attivo in un partito di ispirazione socialista e democratica, e io con quelle idee ci sono cresciuta. Ma dopo quel post non ho nemmeno presentato i documenti per entrare in lista. Non ne potevo più. A parte gli insulti sul web, dove mi davano dell”amante di Fassino’ se non peggio, persino i frequentatori del tribunale mi additavano. Ed ero una semplice cassiera”. Lorena sottolinea che fu assunta a dicembre del 2015 e che si iscrisse al Pd solo il 31 marzo successivo. Nella foto apparsa su internet, inoltre, compariva accanto a Fassino da sola, ma dall’immagine era stata tagliata la parte in cui c’era un’altra candidata. Interpellata dall’agenzia di stampa ANSA, la Castelli dice: “Non ho mai insultato nessuno e, come sempre, ho provveduto a cancellare i commenti che contenevano insulti”. “Non ho accusato nessuno, ma riportato dei fatti – sostiene la parlamentare pentastellata -. Ho fatto il mio lavoro, denunciando un appalto irregolare, quello relativo al bar interno del Palazzo di Giustizia, sul quale per altro mi risulta ci sia una indagine aperta. Spiace che quel post sia stato cancellato da Facebook, ma ribadisco di non avere insultato nessuno e sono sicura di non avere commesso reati”.

giovedì 6 aprile 2017

I cittadini si fidano talmente tanto dei grillini che questi ultimi non riescono a raccogliere 100 mila euro di donazioni ma solo 37 mila euro. Ah, Ah, i cittadini iniziano a capire dove vanno i soldi donati.

L'obiettivo per l'evento Capire il futuro era di 100mila euro, ma ne sono arrivati solo 37mila, racconta Repubblica. Intanto la Trilateral...
NEXT QUOTIDIANO
“Sum #01, Capire il futuro” è la convention che si terrà sabato negli spazi dell’Officina H dell’Olivetti di Ivrea per ricordare Gianroberto Casaleggio. Ci saranno quindi il direttore dell’Ispi Paolo Magri (già protagonista di pranzi contestati da alcuni puristi delle origini con Luigi Di Maio), il sociologo Domenico De Masi, il fondatore di FacilityLive Giampiero Lotito. E poi il pm Sebastiano Ardita, Carlo Freccero del Cda Rai, l’ad di Google Italia Fabio Vaccarono e i giornalisti Enrico Mentana e Gianluigi Nuzzi. Mancherà, invece, come annuncia oggi il Fatto, Francesco Greco: «l’evento, presentato come un convegno sul futuro, ha assunto a suo modo di vedere una connotazione eccessivamente politica e dunque Greco scriverà agli organizzatori per annunciare il forfait». Annalisa Cuzzocrea su Repubblica invece fa sapere che mancano ancora dei soldi per il finanziamento dell’evento: «L’obiettivo della neonata fondazione per finanziare l’evento – che è gratuito – era di 100mila euro. Le donazioni sono arrivate a 37mila e proprio per questo, da oggi, il battage mediatico dovrebbe aumentare, usando tutti i canali del Movimento».
paolo magri trilateral casaleggio
Intanto, a proposito di poteri forti, non è sfuggita la presenza di Magri. Basta scorrere l’elenco dei relatori al convegno Capire il Futuro che andrà in scena l’8 aprile all’Officina H per trovare, tra gli altri nomi, quello del segretario dell’Italian Group della Commissione Trilaterale oltre che direttore dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale.  Nell’aprile 2016 aveva fatto scalpore il pranzo di Luigi Di Maio all’Ispi, ovvero il think tank più autorevole sulla politica internazionale, che conta come presidente onorario l’ex capo dello Stato Giorgio Napolitano. Oltre a Di Maio c’erano Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera, e Mario Monti. E pensare che soltanto qualche tempo fa sul blog di Grillo Roberto Fico scriveva: «Il fondamento della dottrina della Trilaterale è la netta separazione fra potere e popolo: un pensiero antidemocratico penetrato nella società attraverso i media e realizzato progressivamente dagli esecutivi occidentali», accusando l’allora ministra Boschi di essere «pedina di interessi altri» perché presente a un loro incontro.

dipocheparole     venerdì 27 ottobre 2017 20:42  82 Facebook Twitter Google Filippo Nogarin indagato e...