sabato 6 settembre 2014

Riproponiamo con un articolo tratto da Libero l'avventura di un giovane sciita scampato alla fucilazione collettiva degli uomini dell'ISIS.

Ali Hussein Khadim, il giovane sfuggito al massacro jihadista: "Mi hanno fucilato, ho finto di essere morto"

Ali Hussein Khadim è un giovane sciita 23enne scampato all'orrore (sunnita) dello Stato Islamico: si è finto morto e i miliziani ex-Isis non se ne sono accorti. Il ragazzo, soldato iracheno, era stato rapito dal califfato. Lo Stato islamico aveva appena conquistato la seconda città irachena, Mosul e i soldati, abbandonati al proprio destino avevano cominciato ad allontanarsi dalla città optando per l'ambizioso tentativo di raggiungere Baghdad (160 km lontana). L'impresa disperata era svanita quasi subito, quando L'Is li aveva visti vagare apparentemente senza meta e li aveva catturati.


Fucilazione e fuga - I miliziani dell'allora non ancora califfo al-Baghdadi avevano deciso di sterminare solo i militari catturati di religione sciita, risparmiando invece i sunniti (all'inizio avevano promesso la libertà a tutti): 1700 presone furono invece giustiziate barbaramente e parte del massacro fu documentato in un video diffuso sui social network, e ripreso poi dal New York Times. Proprio il quotidiano americano ora racconta la storia di Khadim che nella suddetta esecuzione ha sentito uno degli spari sfiorargli il cranio e a quel punto ha fatto finta di accasciarsi, agonizzante, come se fosse morto. Nessuno dei miliziani dell'Isis aveva notato che invece era vivo e a quel punto Ali Hussein Khadim, dopo essere rimasto lì ancora qualche ora a mimetizzarsi tra i cadaveri, ha deciso di fuggire definitivamente, salvandosi la vita.
La corsa per la sopravvivenza - Dopo ore rimasto a terra per paura che i miliziani si accorgessero di lui, Ali Hussein Khadim decide di scappare, nel bel mezzo della notte. L'Isis ha una fortezza ad ovest del fiume vicino a dove è stato compiuto il massacro, quindi l'unico modo per mettersi in salvo è guadare il fiume a nuoto, cercando di passare inosservato. Ali decide di sfidare la sorte e di correre, "Avevo le mani legate, quindi anche correre risultava difficile", spiega. Poi un'altra scioccante scoperta: si accorge che la corrente del fiume lo avrebbe trascinato davanti alla piazzaforte dell'Isis, quindi l'impresa si rivela ancora più difficile e, mentre è paralizzato nel tentativo di decidere cosa sia meglio fare, vede un uomo sull'argine del fiume, "Era in punto di morte, aveva probabilmente un'emorragia interna, ma mi ha salvato la vita, ha tagliato la corda che mi legava le mani con una conchiglia". Ali ha trascorso tre interi giorni sulla riva del fiume, nutrendosi di vermi, prima di trovare il coraggio di tuffarsi. Ali Hussein Khadim nuota con il terrore di essere scoperto, si spinge con i piedi, il corpo sott'acqua, emerge solo la testa. "Ho provato ad attraversare il fiume tre, quattro volte prima di farcela, la corrente continuava a spingermi verso l'Isis". Il villaggio sull'altra riva del fiume è popolato da sunniti, Ali teme che per paura possano essersi schierati con i miliziani. Il primo uomo che incontra gli offre due pomodori, del pane e un avvertimento: "Se vai da quella parte ti ammazzano, se rimani qui ti ammazzano, se vai verso il ponte ti ammazzano. Sei un uomo morto". Non ha altra scelta che rassegnarsi e cercare, nella speranza di non incontrare sunniti spie dell'Isis. La fortuna è dalla sua parte, alcuni uomini del villaggio lo proteggono, ma l'Isis viene avvertito e subito l'esercito si presenta per cercarlo. La famiglia che lo protegge lo porta di fretta e furia al villaggio di Al-Alam, mettendolo in salvo. Il ragazzo deve continuamente cambiare posizione per non farsi trovare, poi, finalmente, dopo tre settimane dal massacro, riesce a riabbracciare la sua famiglia.

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