sabato 16 aprile 2016

Quando Travaglio invitava all’astensione sul blog di Grillo (18 giugno 2009) Il Fattone grillo-travaglio-770x513 Si può anche cambiare idea ma senza ricorrere ai sacri principi Da giorni Marco Travaglio e il Fatto conducono una campagna forsennata contro l’astensione al referendum di domenica: la scelta di non votare – peraltro adottata dalla stragrande maggioranza degli italiani in 24 referendum su 28 negli ultimi vent’anni – è improvvisamente diventata uno “scandalo”, una “vergogna”, un intollerabile attentato alla democrazia. Nel 2009, però, Travaglio la pensava in un altro modo. Collaboratore di punta del blog di Beppe Grillo, Travaglio pubblicò il 18 giugno un post significativamente intitolato “Invito all’astensione”. Rileggiamolo. “Molti amici del blog mi chiedono che fare domenica e lunedì per i referendum elettorali. Dopo avere a lungo tentennato fra l’astensione e il voto per il No, propendo per l’astensione. Mi hanno convinto due articoli che linko volentieri qui sotto, e il cui senso è ben sintetizzato dalla dichiarazione di voto dell’ex presidente della Corte costituzionale Gustavo Zagrebelski, di cui mi fido ciecamente: ‘Nel caso si raggiungesse il quorum, o vince il No e ci teniamo il Porcellum, oppure vincono i Sì e avremo un Porcellum al quadrato. Diciamo la verità, ci troviamo di fronte a due leggi che fanno schifo allo stesso modo. Per questo, sono convinto che sia meglio non andare a votare’.” Il secondo articolo citato da Travaglio, non meno autorevole di quello che riporta l’opinione di Zagrebelsky, era di Giovanni Sartori: “Io non ho mai raccomandato di non votare. Ma questa volta siamo chiamati a scegliere tra la padella e la brace. E se il referendum passerà avremo in ogni caso una pessima legge elettorale che ottiene il rinforzo di legittimità della volontà popolare”. Si può – anzi: spesso si deve – cambiare idea, ma non c’è bisogno di ricorrere ogni volta alla solennità dei grandi principi e alla volgarità dell’insulto per chi la pensa in un altro modo. Come giustamente ha scritto Travaglio sette anni fa (e ringraziamo Giornalettismo.com per averlo notato), l’astensione al referendum è una scelta politica perfettamente legittima. Tant’è che nel tempo è stata praticata o suggerita, tra i molti, da Craxi, dalla Cei, dal Pds, da Zagrebelsky e, appunto, da Travaglio.

Condivido parola per parola l'affermazione di Parenzo. Aggiungo che Grillo non mi ha mai fatto ridere e che Casaleggio, nell'unica occasione in cui l'ho visto tenere banco, mi ha dato l'impressione di essere una persona mediocre e dalla cultura superficiale. Per intenderci ....da bigliettini dei baci perugina.

http://youtu.be/iw6Y2XLveUg

Ci sono persone così ignoranti e sprovvedute da non capire che questo post é una bufala. Ma perché non ritornate a scuola? Che cosa vi hanno insegnato a scuola?


BUFALA “ITALIANI M**DE! FATE SCHIFO!” SLOGAN IRACONDI E MANIFESTI A LAMPEDUSA

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bufala-italiani-merde-lampedusa-islamici
Una bufala, pubblicata il 13 aprile 2016 alle ore 15:26, ad opera del sito “Libero Giornale” ha superato in poche ore le 1400 condivisioni Facebook. L’articolo, intitolato ““Italiani m**de! Fate schifo!” slogan iracondi e manifesti a Lampedusa“, è un concentrato di falsità a partire dall’immagine che lo accompagna:
condivisione-libero-giornale
La foto, in realtà, non è neanche stata scattata in Italia, ma sarebbe stata scattata in Australia nel 2014, e non riporta affatto la scritta “Italiani merde”. Ecco la foto originale:
Foto originale scattata in Australia
Foto originale
La foto venne usata anche in passato per altre bufale, come possiamo vedere su Reddit. Ecco un’altra foto dello stesso cartello:
975416-islamic-protest-in-the-streets-of-sydney1
Lo stesso cartello
In merito al testo dell’articolo del sito bufalaro “Libero Giornale”, che ricordiamo non è il più noto “Libero Quotidiano” ed è un sito che piace al signorotto che gestisce un altro sito spazzatura, ecco le falsità che riporta:
Centinaia di loro, oggi, sono scesi a protestare contro il momentaneo abbassamento della pensione da loro percepita (da 38 a 30€) [1]. Otto euro che si vanno a sommare, a detta di alcuni di loro, alla mancanza di intrattenimenti a loro riservati:
“Siamo persone anche noi. Abbiamo bisogno anche noi di andare al cinema, usufruire di speciali abbonamenti nei teatri ed entrare gratis nei musei! Mi sembra il minimo per una nazione che si vanta tanto di fare integrazione..”[2]
Queste le scioccanti parole di uno dei capi musulmani manifestanti, che ha poi, senza indugio, chiamato a sè la folla, istigandola contro il personale dell’albergo di cui ospiti[3].
Nonostante chi gestisca queste Residenze non si occupi di gestire le pensioni da loro incassate o i servizi a loro concessi, molto spesso è il primo a subirne la collera.
A parte non esserci alcun riscontro da parte dei media locali e nazionali (Il Giornale e Libero Quotidiano, per non parlare di Salvini, sarebbero scatenati a quest’ora), riporto la spiegazione dei 3 punti segnati nel testo:
  1. non esiste alcuna “pensione” percepita dai migranti nei centri di accoglienza o negli alberghi che li ospitano, quei soldi vengono dati a chi li gestisce per la loro permanenza (quindi agli stessi albergatori);
  2. non esiste alcun riscontro in merito, non vi è alcuna richiesta da parte dei migranti di cinema e abbonamenti nei teatri;
  3. non c’è stata alcuna istigazione contro il personale di un albergo.
Sul punto 3, l’articolo si conclude con la seguente immagine che aiuta di fatto la bufala a renderla credibile:
POLIZIA ARRESTA ALGERINO PER TENTATO OMICIDIO CON UNA MANNAIA ALL ' INTERNO DELLA STAZIONE CENTRALE
L’immagine è ripresa da un noto fatto di cronaca avvenuto presso Stazione Centrale a Milano nel 2014, dove un 31enne algerino di nome Abdel Kader Farth aveva aggredito con una mannaia un tunisino di 39 anni.
Come possiamo notare molti utenti hanno ceduto alla rabbiasenza pensare minimamente di verificare la notizia:
commenti-libero-giornale
Questi sono i danni provocati da questi siti bufalari, che sono di fatto un danno per la società. I gestori di tali siti non hanno l’interesse di informare i cittadini, sono intenzionati a guadagnare denaro tramite i banner pubblicitari sfruttando la rabbia e la credulità popolare nascondendosi dietro alla presunta “satira

martedì 12 aprile 2016

Più che nuovo questo ceto politico vicino ai grillini sembra un usato garantito. Ma garantito come? Un che ha la orato per Cota veramente non é né di destra né di sinistra?

È grillino l’uomo dei conti di Cota

Pubblicato Domenica 10 Aprile 2016, ore 21,25

Rolando è uno dei tre assessori in pectore scelti dalla Appendino. Dopo essere stato direttore delle Risorse finanziarie nella scorsa legislatura regionale si candida a gestire la cassa di Palazzo Civico. All'urbanistica il professor Montanari, allo sport Finardi

Il Movimento 5 stelle punta sull’usato sicuro per conquistare il Comune di Torino. E se la lista degli aspiranti consiglieri è piena zeppa di giovani senza troppa dimestichezza con delibere, mozioni e ordini del giorno, ai primi tre assessori in pectore individuati dalla candidata sindaca Chiara Appendino – e al vaglio dell’assemblea dei grandi elettori - non manca certo l’esperienza, anzi risultano tutti e tre ampiamente rodati e piuttosto “inseriti” nei rispettivi ambienti. Chi è avvezzo ai palazzi della politica subalpina si sarà certo imbattuto negli ultimi vent’anni in Sergio Rolando, 68 anni, direttore del Bilancio e delle Risorse umane in Regione Piemonte, durante la legislatura di Roberto Cota, prima di andare in pensione. Un grand commis da sempre “vicino” al centrodestra, approdato in piazza Castello quando Angelo Burzi era assessore e tra i sostenitori di Società Aperta, associazione di stampo popperiano legata all’ex braccio destro di Enzo Ghigo. Un “tecnico” che peraltro è riuscito a passare indenne, e sempre con gratificazioni personali (e professionali), i cambi di colore alla guida della Regione: con Pierluigi Lesca ha costituito il tandem cui la giunta di centrosinistra di Mercedes Bresso (e Paolo Peveraro) si è affidata per far quadrare i bilanci e mettere una pezza alla questione dei derivati. A Rolando toccherà risanare le casse di Palazzo Civico e “riorganizzare la struttura amministrativa del Comune per garantire ai cittadini servizi migliori e ottimizzare l’allocazione delle risorse”: una priorità da lui stesso individuata. Uomo esperto e competente, Rolando si dovrà occupare, in una ipotetica giunta a cinque stelle, di Bilancio e Personale, le deleghe attualmente in capo a Gianguido Passoni. Rolando è certamente la punta di diamante del trio individuato attraverso la call pubblica lanciata nei mesi scorsi.  

Per l’Urbanistica l’assessore designato è Guido Montanari, 59 anni, professore associato del Politecnico di Torino, con una cattedra in Storia dell’architettura contemporanea. Non certo un politico, ma neanche un professionista a digiuno di questioni amministrative, grazie a un’esperienza come titolare dell’Urbanistica nella giunta civica e protogrillina di Rivalta, guidata da Mauro Marinari. Una scelta per certi versi attesa, giacché Montanari è ormai da tempo organico al movimento, come dimostra il suo invito al Movifest di settembre, per parlare di piano regolatore, e l’incarico di coordinare gruppi tematici sulla trasformazione urbana in seno al gruppo pentastellato. Tutte le principali battaglie ambientaliste lo hanno visto in prima fila, a partire da quella contro i grattacieli in città. Dalla seconda metà di aprile, con la Appendino incontrerà i residenti delle otto circoscrizioni per presentare il piano di riqualificazione delle periferie​.

Il terzo componente della ipotetica giunta è Roberto Finardi, 51 anni, vice campione italiano di salto triplo e poi una sfilza di incarichi e consulenze all’interno del Coni. Attualmente è il direttore del Centro federale della Federazione Tiro con l’arco di Cantalupa, ma in questi anni è stato allenatore e consulente in seno al Coni, e ha rivestito ruoli in Federatletica e nella Federazione Sport Ghiaccio. Una designazione che potrebbe far pensare a un flirt tra un pezzo significativo del mondo dello sport e i pentastellati, visti i legami assai stretti tra i vertici della FitArco e il numero uno del Coni piemontese Gianfranco Porqueddu, uno che ha avuto sempre una posizione decisamente critica sulla gestione dell’assessorato allo Sport da parte dell’assessore Stefano Gallo. Dal Coni fanno sapere che si tratta di una "candidatura autonoma", ribadendo l'amicizia di Porqueddu con il presidente di Palazzo Lascaris Mauro Laus, Pd, colonna portante della corrente fassiniana in Piemonte. Ma un brivido corre sulla schiena di molti candidati dem.

Finora sono arrivati circa 300 curriculum, tra cui quello del capogruppo e candidato sindaco nell aprecedente tornata elettorale Vittorio Bertola. I colloqui proseguiranno nei prossimi giorni per individuare gli altri assessori. “Torino è una città ricca di competenze e la grande partecipazione alla quale assistiamo conferma che è necessario che queste possano esprimersi”, spiega la Appendino, convinta che i tre assessori in pectore porteranno alla sua giunta, in caso di successo elettorale, “trasparenza e partecipazione nella gestione dei conti, urbanistica a misura di cittadino, lo sporto come occasione di crescita sociale per i giovani e per gli anziani”. I tre “incoronati” accompagneranno l’aspirante prima cittadina nella presentazione del programma e collaboreranno con i gruppi tematici alla sua conclusione. Sono previste anche riunioni informali di giunta, già prima del voto. Dalla seconda metà di aprile, inoltre, l’Appendino e i suoi assessori incontreranno i residenti delle otto circoscrizioni cittadine per presentare il piano di riqualificazione delle periferie.

Se Davigo cambia i vizi della magistratura

ControVerso
Il magistrato Piercamillo Davigo a Cernobbio (Co), 6 settembre 2014, in occasione del workshop Ambrosetti: " Lo scenario di oggi e di domani per le strategie competitive".  ANSA / MATTEO BAZZI
Davigo è stato eletto per acclamazione, ma durerà in carica un solo anno. Poi l’incarico ruoterà fra altri suoi colleghi di correnti diverse, in una perfetta divisione del potere
 
Piercamillo Davigo, neo-presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, non è certamente un nome di secondo piano e ha riscosso un largo successo fra i suoi colleghi. Certo, per tanti che non se ne intendono, leggere le cronache della sua elezione fa un po’ girare la testa. Abbiamo appreso che la Magistratura italiana è divisa in varie correnti e alleanze elettorali. Si definiscono, o vengono definite, di destra, di centro, di sinistra. Una di esse, Magistratura Democratica, quella di sinistra, ha addirittura già preso posizione contro la riforma costituzionale, schierandosi di fatto con l’opposizione parlamentare.
Una situazione inconcepibile in qualsiasi altro paese al mondo. Ma soprattutto l’ingenuo cittadino si domanda perché un magistrato non nella vita privata, ma pubblicamente, aderisca a correnti con connotazioni politiche che nulla hanno a che fare con l’applicazione della legge, che si suppone uguale per tutti. Ma se si approfondisce un poco, si scopre che tutto questo agitarsi serve alla divisione di vari incarichi. Nell’ANM, nel CSM, organo massimo di autogoverno e di disciplina della Magistratura, e nella determinazione delle carriere.
Davigo è stato eletto per acclamazione, ma durerà in carica un solo anno. Poi l’incarico ruoterà fra altri suoi colleghi di correnti diverse, in una perfetta divisione del potere. Accordo raggiunto, abbiamo letto, dopo defatiganti trattative in ore notturne. Devo aggiungere che molti magistrati si rendono conto per primi di questa situazione, che scelte recenti sembrerebbero voler superare. Davigo ha tutta l’autorevolezza necessaria al salto dec

lunedì 11 aprile 2016

Un articolo da leggere.

Festival del giornalismo, Morozov: "Siamo cibo per algoritmi"

A Perugia giornata conclusiva con il tecnoscettico americano, le imprese spettacolari di Greenpeace e il dibattito su giornalismo e politica
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PERUGIA - C'è chi si esalta per le potenzialità della rete e chi, come Evgeny Morozov, misura i buchi e avverte il mondo che non c'è gara, stravincono i buchi. Intellettuale di riferimento per tutta l'area critica rispetto ai macrofenomeni prodotti da internet (Google, Facebook e compagnia), l'ospite più atteso dell'ultima giornata di Festival del Giornalismo ha cercato di smascherare i meccanismi che convogliano fiumi di denaro in queste regalie telematiche, determinando - a suo dire - nuove povertà in ogni angolo del pianeta.

"Un tempo - afferma il giornalista bielorusso laureato ad Harward - alimentavamo con le tasse servizi come la posta o la biblioteca. Oggi gli Stati delegano per necessità questi compiti a chi li svolge gratuitamente. E noi accettiamo questo patto in cambio dei nostri dati personali".

Qui comincia la grande rapina, secondo Morozov. L'appalto delle nostre vite, dei nostri comportamenti, tutto questo cibo a disposizione di algoritmi più potenti della nostra immaginazione, finisce per condizionarci la vita a beneficio di una cerchia esclusiva e raffinata di attori che intorno a queste informazioni costruiscono e impongono il nostro modello sociale. "Com'è possibile - si chiede Morozov - che una start up di mocciosi riceva milioni di dollari mentre un padre di famiglia che tarda di qualche giorno il pagamento di una bolletta non può permettersi di comprarsi casa? Ed è così ovunque nel mondo, ormai".

"Non si tratta di essere tecnofobi ma di organizzare una risposta efficace", insiste Morozov, spesso accusato di essere un nostalgico passatista (una sorte toccata a diversi profeti contemporanei, come insegna Pasolini). Qui, però, cominciano i problemi. Serissimi. Pensare di educare all'anonimato un'umanità che si sbraccia disperatamente sulle pagine di Facebook, che fotografa l'ultima delle polpette mangiate al fast food pur di raccontarsi al mondo, appare un tentativo a dir poco velleitario.

Appaltare lo scoop. A Greenpeace
Succede che anche i grossi network, oggi, appaltino le inchieste più scottanti. Gli inviati costano, il giornalismo investigativo, con i suoi tempi inevitabilmente lunghi, è ancora più caro. Greenpeace ha deciso di investire le proprie risorse per creare un team di reporter desiderosi di scoperchiare diversi pentoloni putridi. Tra i primi ingaggi figurano Damian Kahya (già alla Bbc), Lucy Jordan (in passato al New York Times e a Vice) e Maeve McClenaghan (già nel team del Bureau of Investigative Journalism e presente a Perugia, insieme al presidente di Greenpeace Italia, Andrea Purgatori).

Nel palmares del team ambientalista la recente inchiesta, ripresa gratuitamente dai media di mezzo mondo, sulla corruzione di alcuni professori universitari, pronti a seminare dubbi sul pericolo dei cambiamenti climatici. Fingendosi rappresentanti di aziende con interessi in campo petrolifero, il team di Greenpeace ha offerto loro soldi ricevendo in cambio grandi accoglienze e dubbiosissime relazioni. Il team è coordinato da Meirion Jones (a sua volta ex-Bbc) e si farà appoggiare anche da un network di freelance ed esperti.

A Greenpeace spetta infine il compito di chiudere la rassegna perugina, con il ricordo delle prime, temerarie e spettacolari azioni datate 1971. "How To Change the World. The Revolution Will Be Not Organized" recita il titolo del documentario. La cronaca dell'assalto di un piccolo gruppo di attivisti, che salpa da Vancouver su una vecchia barca da pesca per fermare i test atomici statunitensi ad Amchitka, un'isola di fronte all'Alaska. L'inizio di una lunga e ribelle avventura.

Quel conturbante vedo non vedo
A dispetto di quello che passa la tv (Mediaset più di altri), l'Italia è uno dei paesi meno trasparenti del mondo, al 94esimo posto in una lista di 102 paesi. Chi vuole conoscere un'informazione in mano allo Stato, 7 volte su 10 non ottiene ciò che chiede. A Perugia è stato presentato "Fino in fondo", il primo crowdfunding che sostiene giornalisti, cittadini e attivisti a cui viene negato l'accesso ai documenti e alle informazioni di interesse pubblico.

In Italia, sostiene l'avvocato Ernesto Belisario, abbiamo una delle normative più restrittive in materia di trasparenza e diritto d'accesso all'informazione: le norme sono ambigue e scritte male, lasciando troppo spazio alla libera interpretazione, e le amministrazioni spesso le applicano in modo strettamente burocratico.

Il fondo, che punta a raccogliere 15 mila euro da qui al 30 settembre, cercherà di privilegiare i casi con maggiore impatto sociale, dove l'amministrazione pubblica si è comportata peggio e a beneficio di quei soggetti che non hanno mezzi sufficienti per sostenere le spese (piccoli media, giornalisti freelance e cittadini). E in tutto questo, magari, ricevendo ulteriori contributi dall'approvazione del FOIA (Freedom Of Information Acts), ovvero l'insieme di norme che regolano, a livello internazionale, il diritto di accesso all'informazione. Anche di questo si è parlato ieri a Perugia.

Finale col gancio
Ultimo dibattito, come sempre accade alla fine di questa lunga tirata, con l'organizzatrice
Arianna Ciccone, sul palco con Enrico Mentana e Marco Damilano, tutti insieme a parlare della crisi del giornalismo e della politica. Come dire tutto e niente. In fondo un gancio per la prossima edizione, nello stile dei romanzi a puntate. E qui, tutto sommato, siamo solamente alla decima.

domenica 10 aprile 2016

Renzi umilia ayatollah 5 stelle Casaleggio : sostituisce la verità con l...

Come si possa votare Salvini è per noi un vero mistero. Perché la magistratura non intervenga per incriminare Salvini per le offese fatte al Presidente della Repubblica è un mistero ancora più grande.

Migranti, Salvini: "Mattarella contro le frontiere? Complice e venduto". Ma il presidente parlava di vino

Migranti, Salvini: "Mattarella contro le frontiere? Complice e venduto". Ma il presidente parlava di vino
Sergio Mattarella all'inaugurazione di Vinitaly a Verona (lapresse)
Il segretario della Lega attacca il capo dello Stato, che però si riferiva all'export. Pioggia di critiche per il leader del Carroccio. Zanda: "Eversore che non ama l'Italia". Colaninno: "È vilipendio". Grasso: "Inaccettabili offese"
ROMA - Il segretario della Lega Nord attacca il presidente della Repubblica sul tema dei migranti e delle frontiere.  La polemica, però, nasce dall'estrapolazione di una frase da un contesto più ampio: Sergio Mattarella, aprendo Vinitaly a Verona, infatti, ha detto: "Da prodotto antico a chiave di modernità, il vino italiano, col suo successo nell'export, conferma come il destino dell'Italia sia legato al superamento delle frontiere e non al loro ripristino", riferendosi evidentemente all'export dei prodotti.

Mattarella a Vinitaly: "Destino dell'Italia è superamento frontiere non ripristino"

Matteo Salvini ha utilizzato solo parte della frase, riferendola ai migranti e, su Facebook, ha indirizzato dure accuse al presidente: "È come dire avanti tutti, in Italia può entrare chiunque... Se lo ha detto da sobrio, un solo commento: complice e venduto", ribadendo la sua posizione in materia, dopo che nei giorni scorsi ha proposto di ripristinare le frontiere e di abolire il trattato di Schengen sulla libera circolazione dei cittadini in Ue.
Mattarella al Vinitaly: "Il destino dell'Italia è legato al superamento delle frontiere e non al loro ripristino".Come...
Pubblicato da Matteo Salvini su Domenica 10 aprile 2016

Le reazioni. Le parole del leader della Lega hanno scatenato una pioggia di critiche. "Quelle di Salvini su Mattarella sono parole di un eversore che detesta l'Europa e non ama l'Italia", ha commentato il presidente dei senatori del Pd Luigi Zanda.
Duro il presidente del Senato Pietro Grasso, che con un tweet definisce "offese inaccetabilli" le accuse del leader leghista:

Per la presidente della Camera Laura Boldrini la questione frontiere è tema delicato, da non strumentalizzare: "Attacco scomposto e rozzo da parte del leader della lega. La questione delle frontiere, sia per le merci che per gli esseri umani, è una delle questioni centrali del nostro tempo. Talvolta drammatica, come confermano in queste ore le notizie di scontri con feriti che arrivano da Idomeni, al confine greco-macedone. Un tema così complesso non può certo essere affrontato attraverso semplificazioni o slogan, o peggio ancora con gli insulti, come fa matteo salvini".

Mentre Matteo Colaninno giudica le offese rivolte da Salvini al presidente della Repubblica inaccettabili: "Vanno condannate con fermezza: non si possono utilizzare espressioni che si configurano come vilipendio - ha scritto in una nota -. Se Salvini è ossessionato dalle sue idee xenofobe in materia di immigrazione se le tenga per sé e non si permetta di scrivere insulti e falsità. Il capo dello Stato, che anche oggi ha fatto un'analisi lucida e responsabile sul tema dei migranti, ha la totale fiducia degli italiani e merita rispetto". "L'aggressione al Capo dello Stato è ormai la cifra di chi non ha nulla da dire. Ed è la prova che Salvini e Grillo sono fatti della stessa pasta, di populismo volgare, urlo e intolleranza: il contrario della democrazia", ha aggiunto la vicesegretaria dem Debora Serracchiani.
Prende posizione anche  il candidato sindaco del centrosinistra a Milano, Giuseppe Sala che pubblica un tweet riconducendo la polemica sul campo della sfida elettorale.
Per Valentina Castaldini, portavoce nazionale del Nuovo centrodestra,"Salvini, in crisi di popolarità, oggi ha deciso di spararla grossa alzando il tiro. Le sue affermazioni sul capo dello Stato dimostrano una totale assenza di rispetto delle istituzioni e una prospettiva provinciale che è da sempre il suo limite. L'apertura delle frontiere e la libera circolazione sono una  grande conquista del mondo moderno".
Dello stesso avviso è il candidato sindaco di Roma ed esponente di Sinistra Italiana, Stefano Fassina, che su Twitter scrive: "La demagogia di Salvini contro il presidente Mattarella è contro l'interesse nazionale dell'Italia. Se salta Schengen, noi siamo più penalizzati di tutti gli altri". A lui fa eco il capogruppo del partito, Arturo Scotto: "Per raccattare voti vuole alzare muri, butta benzina sul fuoco dell'intolleranza e ora prende di mira il Capo dello Stato. Giusto invece il riferimento su Italia paese dell'accoglienza e del dialogo. Salvini non si permetta di utilizzare questo linguaggio con il presidente Mattarella". Sempre sul social networl la reazione del deputato di SI, Alfredo D'Attorre: "Le parole di Salvini sul presidente Mattarella sono vergognose. Se l'alternativa a questa Europa è affidata a lui, povera Italia".

"Salvini ci stupisce sempre di più per la sua 'impeccabile' cultura istituzionale. Le sue osservazioni al capo dello Stato sono 'corrette', segno di una 'profonda cultura giuridica' e di una 'grande capacità di dialogo'. Evidentemente al peggio non c'è mai limite", ironizza Fabrizio Cicchitto.

Di nuovo all'attacco. A distanza di ore, Salvini ribadisce il concetto, convinto della sua interpretazione e interpellato dai giornalisti a margine di un comizio a Porto Recanati, dice: "La mia non è una frase contro Mattarella: io difendo il diritto dell'Italia e degli italiani. Il presidente non può invitare i clandestini di tutto il mondo a venire in Italia". Quanto al Vinitaly, il leader della Lega ha chiosato: "Ci sono stato anche io, si beve tanto e bene".
Ecco come governano #m5s tra Quarto e #Livorno
"INDAGATI

Cosa faranno ora gli "onesti", si dimetteranno come chiedono agli altri partiti in casi analoghi o diventeranno garantisti?
Per me c'è solo una soluzione, dimissioni e tutti a casa.
#nogarindimettiti

"Sono sei i nuovi capi d’accusa contestati agli indagati nell’ambito della maxi inchiesta della Procura di Livorno sulle presunte irregolarità nella gestione dell’azienda dei rifiuti. I reati compaiono nel decreto di perquisizione con cui i finanzieri si sono presentati ieri in Comune."
..."Capo E
Falso in bilancio
Finora nel mirino c’era stato il bilancio 2013, quello approvato da Cosimi nonostante il parere contrario dei revisori (“L’utile 2013 era falso, il bilancio doveva chiudere a meno 800mila euro”, disse il presidente del collegio Verugi). Ora ci finisce anche quello 2014, approvato da Nogarin anche stavolta col parere negativo dei revisori (“Il bilancio non rappresenta in modo veritiero e corretto situazione patrimoniale e finanziaria e risultato economico”, ha detto il presidente Carpano che ha impugnato i conti al tribunale delle imprese). Ma all’attenzione della procura ci sono anche il bilancio 2012 per le fatture extra-Tia di cui si parla sopra e la recente assunzione dei 33 precari."...
..."Capo F
Abuso d’ufficio sulla revoca Cda
Abuso d’ufficio. Il sesto reato ipotizzato riguarda l’atto di revoca firmato da Nogarin per il cda presieduto da Aldo Iacomelli datato 7 gennaio 2016: quel giorno è in programma la riunione del cda che deve deliberare il concordato. Ma il cda non si riunirà mai, perché quando Iacomelli varca la soglia di Aamps, un vigile gli notifica la revoca dall'incarico. Lo stesso accade al consigliere Di Gennaro. Il cda ha “ritardato l'adozione dei provvedimenti deliberati dal socio - vi si legge -, che sono urgenti e indifferebili”. E poi: “Le motivazioni addotte dagli amministratori di Aamps che hanno provocato il ritardo nell'assumere la delibera 152 (il concordato, ndr) inducono a ritenere che gli stessi non possiedono l'esperienza e le capacità per affrontare lo stato di crisi attuale”.
L’atto di revoca - che poi si scoprirà non essere mai passato al vaglio dell’avvocatura civica nè firmato da alcun dirigente ma essere stato redatto dall’avvocato Lanzalone - infrange però la delibera del consiglio comunale 95 del 2009, che regolamenta il procedimento di revoca degli organi delle partecipate e prevede una serie di adempimenti che nel caso specifico non vengono rispettati."

http://iltirreno.gelocal.it/livorno/cronaca/2016/04/06/news/inchiesta-aamps-le%20accuse-ombre-su-tre-bilanci-la-tia-e-il-milione-dalla-regione-1.13251916"
POLVERE DI STELLE

Grillo, una stella al tramonto

Pubblicato Sabato 09 Aprile 2016, ore 21,40

La comunione farlocca a base di grilli liofilizzati messa in scena al termine dello show torinese scatena la polemica del Pd. Tra accuse di "blasfemia" e di "rituali iniziatici" sfugge la verità: è un comico che non fa più ridere (e non sa come scaricare il M5s)

Non c’è scena più triste e patetica di un comico che non fa ridere. È quello che sta capitando a Beppe Grillo, il poveretto non solo assiste – e probabilmente contribuisce – all’eclissarsi della parabola politica che ha creato (assieme al paraguru Gianroberto Casaleggio), ma allo stesso tempo deve prendere atto che pure la carriera artistica perde colpi. Un debutto davvero infelice, quello dell’ex comico genovese ieri a Torino, con pochi spettatori paganti in sala all’Auditorium del Lingotto, a malapena rimpiazzati dallo stato maggiore del suo partito schierato nelle prime file. Persino la “trovata” del rituale offerto nel finale dello show, con la “comunione” di grilli liofilizzati, a mo’ di ostie imboccate ad alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle, lungi dal far ridere è risultato a dir poco stucchevole.

Uno spettacolo indecoroso, per il Partito democratico, che contro il Grillo “sacerdote” ha scatenato una vera e propria levata di scudi, tra chi lo accusa di “blasfemia” e quelli che definiscono i pentastellati una “setta”. Uno sketch preparato nei minimi dettagli: “Non c’è più spiritualità, si sente parlare solo di economia, di soldi, di lavoro”, ha declamato il guitto alla fine di “Grillo vs Grillo”, scendendo dal palco e invitando dalla platea alcuni tra i nomi più noti dei pentastellati piemontesi, il consigliere regionale Davide Bono, il senatore Alberto Airola e la candidata sindaco di Torino, Chiara Appendino, a ricevere la “comunione”. Fedeli obbedienti, con l’eccezione della  candidata sindaca che si è sottratta al “sacramento” adducendo la sua condizione di neo mamma: “Sto allattando – si è giustificata - non posso...”. Con in mano una ciotola di grilli liofilizzati ha vinto le resistenze dei devoti, in verità un tantino riluttanti: “Ma quali contaminati!”, ha ribattuto alle loro smorfie.”Fate politica, dovete abituarvi a mangiare molto di peggio”, imitando il gesto dell’Offertorio mentre, tra le sghignazzate dello scarso pubblico, ha declamato i suoi comandamenti:”Non nominare mai il mio nome invano”, “non desiderare la mia roba” e via delirando.

Uno spettacolo che, ovviamente, non ha fatto ridere granché ma che ha dato il destro al Partito democratico d alzare il tiro contro il “rito iniziatico blasfemo”, come lo definisce la responsabile della Comunicazione del partito, Alessia Rotta. “Pur di attirare l’attenzione su di sé arrivano addirittura a mettere in scena una parodia blasfema. Chiedano scusa e si vergognino”, afferma il vicesegretario democratico, Lorenzo Guerini. “Mi domando come fanno a essere credibili questi signori che stanno riducendo la politica a un teatrino”, aggiunge il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Luca Lotti. “Quella di Grillo - conclude il senatore Stefano Esposito - è una setta pericolosa...”. Ma no, tranquilli, una risata lo seppellirà.


dipocheparole     venerdì 27 ottobre 2017 20:42  82 Facebook Twitter Google Filippo Nogarin indagato e...