Liberi cittadini contro il regime partitocratico, i privilegi della casta sindacale della triplice, la dittatura grillina e leghista, la casta dei giornalisti
sabato 11 ottobre 2014
Quando degli imbecilli patentati sparano la storia dei 35 euro mi viene voglia di mandarli in Siberia. Paradossalmente danno lavoro a cittadini italiani.
Profughi: Ma quali 35 euro al giorno...
Martedì l'arrivo di 24 persone
C'è il sindaco, Maura Forte. C’è il direttore dell’Asl, Federico Gallo. Ci sono sua eccellenza il prefetto, Salvatore Malfi e sua eccellenza l’arcivescovo di Vercelli Marco Arnolfo. Ci sono medici, infermieri, volontari della Croce Rossa. E ci sono pure polizia e carabinieri. Che cosa sarà mai successo? Semplicemente, sono arrivati 24 profughi, esseri umani scappati da guerra, fame e povertà: provengono da Nigeria, Mali e Ghana. Che hanno fatto un viaggio della speranza a bordo di una barca arrugginita, pagata però come fosse una nave da crociera extra-lusso. Così vengono allertati i giornali, la televisione locale e viene organizzato un comitato di accoglienza. Una persona potrebbe pensare: «E’ la prima volta che i profughi approdano nel capoluogo». No, non è vero. Martedì è stato il ventinovesimo arrivo nel vercellese da marzo. Da marzo, in provincia, ce ne sono 144. Comunque. Il comitato di accoglienza prevede un vero e proprio "tour": prima si va dalle "maestranze". Che sono le "maestranze"? Il personale dipendente e volontario che si occuperà di loro. Però, in effetti, chiamarle "maestranze" è più cool, lo comprendiamo. Vengono quindi spiegati i passaggi che queste persone dovranno affrontare, come ad esempio a quali test clinici verranno sottoposte. Poi viene detto: «Dodici di loro saranno ospitati al Centro Nuoto, dodici a Sant’Agnese».
Comunque. Scendono dal pullman dell’Atap. Qualcuno dei presenti chiede: «Ma lo disinfettano prima di ridarlo agli studenti?». Perché sono infetti? Macché. «Le loro malattie - spiega Emanuela Pastorelli direttrice sanitaria dell’ospedale - sono il più delle volte legate alla malnutrizione, al fatto che non hanno bevuto per giorni. Non c’è nessun pericolo: è impossibile che abbiano l’ebola, ad esempio». Già, l’ebola: il virus killer sbandierato dal demagogo di turno per motivare il «non li vogliamo, stiano a casa loro». Per fortuna al mondo c’è la scienza e la scienza è stata spiegata dalla dottoressa Pastorelli: «Non è possibile che arrivino simili casi: il virus si manifesta fra i due e i ventuno giorni dal contagio. E’ impossibile, se mai fossero infetti, che possano solo portare a termine il viaggio». Quindi: prima "bugia" smascherata con buona pace della demagogia.
Seconda bugia andata in fumo, durante la chiacchierata fra giornalisti e operatori: «I profughi non percepiscono 35 euro al giorno: i 35 euro al giorno vengono dati alle cooperative vercellesi per accoglierli, dargli da mangiare. E le cooperative - ha fatto notare il sindaco Maura Forte - danno lavoro a nostri concittadini. Al singolo profugo vanno 2,50 euro». La terza "balla" dei demagoghi, ad andare in fumo martedì pomeriggio, è stata: «Gran parte di quei 35 euro arriva dal fondo dell’immigrazione, fondo - ha spiegato la consigliera comunale Aisha - che pagano proprio gli immigrati con le tasse sui permessi di soggiorno, ad esempio». E poi un altro monito: «I profughi non possono lavorare, lo prevede il loro status di rifugiati. Però - ha detto ancora Forte - possono essere impiegati in opere di volontariato». Come sta già succedendo a Palazzolo, ad esempio. «E loro - ha ripreso il sindaco - si stanno rendendo disponibilissimi: c’è già qualcuno che frequenta corsi di italiano pur di integrarsi».
Poi l’Arcivescovo, monsignor Marco Arnolfo, ha lanciato un bellissimo monito rivolto a tutti quelli che si professano "buoni cristiani" e che, magari, la domenica vanno a messa tutti "in ghingheri". (Ma che magari su Facebook, aggiungiamo noi visto quanto leggiamo, scrivono: Dategli fuoco). «L’accoglienza di altri esseri umani è doverosa: e queste persone hanno vissuto esperienze terribili, le loro storie fanno rabbrividire».
A parte il "contorno", si è tratto di una importante chiacchierata chiarificatrice che ci ha permesso di scrivere come stanno realmente le cose.
Matteo Gardelli
2014 - Riproduzione Riservata
Comunque. Scendono dal pullman dell’Atap. Qualcuno dei presenti chiede: «Ma lo disinfettano prima di ridarlo agli studenti?». Perché sono infetti? Macché. «Le loro malattie - spiega Emanuela Pastorelli direttrice sanitaria dell’ospedale - sono il più delle volte legate alla malnutrizione, al fatto che non hanno bevuto per giorni. Non c’è nessun pericolo: è impossibile che abbiano l’ebola, ad esempio». Già, l’ebola: il virus killer sbandierato dal demagogo di turno per motivare il «non li vogliamo, stiano a casa loro». Per fortuna al mondo c’è la scienza e la scienza è stata spiegata dalla dottoressa Pastorelli: «Non è possibile che arrivino simili casi: il virus si manifesta fra i due e i ventuno giorni dal contagio. E’ impossibile, se mai fossero infetti, che possano solo portare a termine il viaggio». Quindi: prima "bugia" smascherata con buona pace della demagogia.
Seconda bugia andata in fumo, durante la chiacchierata fra giornalisti e operatori: «I profughi non percepiscono 35 euro al giorno: i 35 euro al giorno vengono dati alle cooperative vercellesi per accoglierli, dargli da mangiare. E le cooperative - ha fatto notare il sindaco Maura Forte - danno lavoro a nostri concittadini. Al singolo profugo vanno 2,50 euro». La terza "balla" dei demagoghi, ad andare in fumo martedì pomeriggio, è stata: «Gran parte di quei 35 euro arriva dal fondo dell’immigrazione, fondo - ha spiegato la consigliera comunale Aisha - che pagano proprio gli immigrati con le tasse sui permessi di soggiorno, ad esempio». E poi un altro monito: «I profughi non possono lavorare, lo prevede il loro status di rifugiati. Però - ha detto ancora Forte - possono essere impiegati in opere di volontariato». Come sta già succedendo a Palazzolo, ad esempio. «E loro - ha ripreso il sindaco - si stanno rendendo disponibilissimi: c’è già qualcuno che frequenta corsi di italiano pur di integrarsi».
Poi l’Arcivescovo, monsignor Marco Arnolfo, ha lanciato un bellissimo monito rivolto a tutti quelli che si professano "buoni cristiani" e che, magari, la domenica vanno a messa tutti "in ghingheri". (Ma che magari su Facebook, aggiungiamo noi visto quanto leggiamo, scrivono: Dategli fuoco). «L’accoglienza di altri esseri umani è doverosa: e queste persone hanno vissuto esperienze terribili, le loro storie fanno rabbrividire».
A parte il "contorno", si è tratto di una importante chiacchierata chiarificatrice che ci ha permesso di scrivere come stanno realmente le cose.
Matteo Gardelli
2014 - Riproduzione Riservata
Riceviamo e pubblichiamo.
La scuola che cambia
Da oggi al 15 novembre, ospitiamo un dibattito sulla riforma dell'istruzione promossa dal Governo
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Argomenti:
«L'Italia cambierà solo mettendo al centro la scuola». Difficile essere in disaccordo con quest'ottimo proposito del Governo e con il suo piano di rendere la scuola italiana l'architrave su cui costruire non solo una supposta e prossima ventura ripresa, quanto piuttosto una visione di medio lungo periodo del paese che verrà.
È un tema che si mette al centro da solo, peraltro. Ragionare del futuro della scuola vuol dire chiedersi quali saranno le specializzazioni produttive di domani, quali i valori cui si ispireranno le future generazioni, lungo uno spettro che va dall'egualitarismo alla meritocrazia radicale, quale il destino - fastidiosa zavorra o risorsa imprescindibile? - dei bambini e dei ragazzi stranieri nati in Italia o arrivati qui insieme ai loro genitori, quale il rapporto tra economia pubblica e privata in un periodo in cui a pascolare nei bilanci dello Stato sono rimaste solo le vacche molto magre.
Cambiare, tuttavia, non è sinonimo di migliorare. Soprattutto se a guidare il processo di riforma è la frenesia, l'ansia del dover fare qualcosa, non importa cosa. Ogni riforma - veloce o lento che sia il suo iter - ha bisogno di recepire le istanze che provengono da chi nella scuola ci lavora, di chi ne fruisce, di chi a vario titolo in essa ripone le speranze di un futuro migliore.
Bene ha fatto, quindi, il Governo ad avviare una consultazione ad ampio spettro con tutti questi portatori d'interesse del sistema scolastico italiano. Una consultazione, si legge sul sito internet dedicato a questa riforma, che è iniziata lo scorso 15 settembre e durerà fino al prossimo 15 novembre. Due mesi, insomma, in cui ognuno di noi avrà la possibilità di mettere in discussione i dodici punti della «Buona Scuola» - così Renzi ha battezzato la sua riforma - e di proporre nuove idee e nuovi obiettivi a integrazione di quelli fissati dal Governo.
Ci proviamo anche noi, quindi. Attraverso la rete del nostro Link Tank, abbiamo chiesto a un panel di esperti del mondo della scuola di offrire il loro contributo alla discussione. A partire da oggi, fino al 15 novembre, li pubblicheremo su Linkiesta, con l'obiettivo di farne un ebook da presentare al pubblico e al Governo entro metà novembre. Dai pro e i contro dell'assunzione di 150mila nuovi insegnanti alla nuova formazione del corpo docente, dalla nuova governance dell'autonomia scolastica all'eterna diatriba tra merito e anzianità, dall'alternanza scuola-lavoro all'uso delle nuove tecnologie, abbiamo provato ad analizzare ogni ambito della riforma.
La nostra speranza è che al pari delle proposte del Governo, anche le nostre riflessioni possano diventare spunti per innescare e alimentare un dibattito che è tanto più proficuo, quanto è più esteso. Sia entrando nel merito dei temi che porteremo all'attenzione, sia soprattutto provando a suggerirne di nuovi.
Buona lettura!
Assumere 150mila docenti conviene agli studenti
La proposta penalizza i docenti non presenti nelle Gae, ma almeno per gli studenti è un passo avanti
di Marco Bollettino
La proposta penalizza i docenti non presenti nelle Gae, ma almeno per gli studenti è un passo avanti
di Marco Bollettino
La «buona scuola»: La consultazione è un valore in sé
Può non convincere ma non si sottrae alle critiche. Forum e questionari consentono il dialogo
Può non convincere ma non si sottrae alle critiche. Forum e questionari consentono il dialogo
di Manuela Sammarco
Le competenze finanziarie dei giovani italiani sono scarse, bene che la riforma miri a migliorarle
di Enrico Castrovilli e Roberto Fini
Houston abbiamo molti problemi.
M5s al Circo Massimo, Grillo attacca euro e Jobs act
Pochi pentastellati nella Capitale. Beppe contro Renzi. Voto per l'addio all'euro.
Attacca il Jobs act, definito una «presa per il culo». E ripropone il mantra dell'uscita dall'euro. Dal grande raduno di Roma il leader del Movimento 5 stelle Beppe Grillo continua a dettare la linea.
Così, anche sabato 11 ottobre dal Circo Massimo, dove è salito sul palco in mattinata e su una gru nel pomeriggio, invitando i militanti a seguire gli interventi della giornata, l'ex comico ne ha approfittato per lanciare attacchi ai suoi avversari politici (guarda le foto): il sole e il caldo di Roma hanno però spinto i simpatizzanti pentastellati a disertare l'arena davanti al palco e a cercare rifugio all'ombra sotto gli alberi e qualche tendone.
CONTRO RENZI. Primo tra tutti, a finire nel mirino di Grillo, è stato il premier Matteo Renzi e il suo governo, colpevoli di aver ideato una riforma del lavoro destinata a «creare milioni di nuovi schiavi»: «La Germania l'ha fatta e ha smesso di crescere», ha argomentato Grillo.
«Non permetteremo mai di portare la gente alla fame», ha continuato. Quindi la promessa: «Contro il Jobs act combatteremo con ogni mezzo».
L'ESERCITO A GENOVA. Per attaccare il premier, l'ex comico ha anche citato la drammatica alluvione di Genova.
«Voglio che l'esercito italiano arrivi lì al casello prima di Renzi», ha detto Grillo, rinnovando la sua indignazione per gli effetti dell'emergenza che ha colpito il capoluogo ligure. «Questi sono cialtroni, non abbiamo più tempo», ha aggiunto.
«Dire che la colpa dei danni è del Tar è come dire che Hitler ha invaso l'Europa perchè Jesse Owen aveva vinto le Olimpiadi di Berlino», ha continuato il pentastellato che ha preso di mira i silenzi della politica e le spiegazioni date per il mancato allarme. E per questo ha fatto appello alle forze armate: «Questa gente va fermata con l'esercito».
SUBITO FUORI DALL'EURO. Inoltre, il leader del M5s ha deciso di lanciare «il referendum sull'euro e sul reddito di cittadinanza», perché per l'ex comico la moneta unica dell'Europa è «senza futuro».
«Dobbiamo uscire dall'euro per forza e nel più breve tempo possibile», è l'appello lanciato da Roma da Grillo, secondo cui «anche la Germania uscirà dall'euro»: «Sono al 13esimo posto su diciotto per crescita e gli cala l'export. Non possono venire a farci lezione a noi».
ATTACCO A NAPOLITANO. Dal Circo Massimo, poi, non poteva mancare neppure l'affondo contro il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ancora una volta nel mirino dell'ex comico: «Se non era per lui eravamo già al governo», ha detto Grillo, secondo cui «con il 25% e il maggior numero di voti» doveva essere il M5s ad avere l'incarico. Ma «grazie al Colle», ha continuato il leader pentastellato «è stata modificata la Costituzione», definita una «manipolazione» a danno della Carta e dei diritti costituzionali.
Eppure Grillo s'è detto convinto che il M5s è destinato a finire a Palazzo Chigi: «Ci metteremo un po', forse un anno di più ma vinceremo noi».
SENZA PARLAMENTO NEL DNA. «Non possiamo fare l'istituzione della protesta, non è nel nostro Dna essere istituzione, non è da noi. Noi non siamo compatibili con questa gente», ha continuato l'ex comico. «Dobbiamo fare meno mozioni in parlamento e andare più tra la gente, in Aula ci sono solo nominati come Renzi», è stato il suo attacco.
Così, anche sabato 11 ottobre dal Circo Massimo, dove è salito sul palco in mattinata e su una gru nel pomeriggio, invitando i militanti a seguire gli interventi della giornata, l'ex comico ne ha approfittato per lanciare attacchi ai suoi avversari politici (guarda le foto): il sole e il caldo di Roma hanno però spinto i simpatizzanti pentastellati a disertare l'arena davanti al palco e a cercare rifugio all'ombra sotto gli alberi e qualche tendone.
CONTRO RENZI. Primo tra tutti, a finire nel mirino di Grillo, è stato il premier Matteo Renzi e il suo governo, colpevoli di aver ideato una riforma del lavoro destinata a «creare milioni di nuovi schiavi»: «La Germania l'ha fatta e ha smesso di crescere», ha argomentato Grillo.
«Non permetteremo mai di portare la gente alla fame», ha continuato. Quindi la promessa: «Contro il Jobs act combatteremo con ogni mezzo».
L'ESERCITO A GENOVA. Per attaccare il premier, l'ex comico ha anche citato la drammatica alluvione di Genova.
«Voglio che l'esercito italiano arrivi lì al casello prima di Renzi», ha detto Grillo, rinnovando la sua indignazione per gli effetti dell'emergenza che ha colpito il capoluogo ligure. «Questi sono cialtroni, non abbiamo più tempo», ha aggiunto.
«Dire che la colpa dei danni è del Tar è come dire che Hitler ha invaso l'Europa perchè Jesse Owen aveva vinto le Olimpiadi di Berlino», ha continuato il pentastellato che ha preso di mira i silenzi della politica e le spiegazioni date per il mancato allarme. E per questo ha fatto appello alle forze armate: «Questa gente va fermata con l'esercito».
SUBITO FUORI DALL'EURO. Inoltre, il leader del M5s ha deciso di lanciare «il referendum sull'euro e sul reddito di cittadinanza», perché per l'ex comico la moneta unica dell'Europa è «senza futuro».
«Dobbiamo uscire dall'euro per forza e nel più breve tempo possibile», è l'appello lanciato da Roma da Grillo, secondo cui «anche la Germania uscirà dall'euro»: «Sono al 13esimo posto su diciotto per crescita e gli cala l'export. Non possono venire a farci lezione a noi».
ATTACCO A NAPOLITANO. Dal Circo Massimo, poi, non poteva mancare neppure l'affondo contro il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ancora una volta nel mirino dell'ex comico: «Se non era per lui eravamo già al governo», ha detto Grillo, secondo cui «con il 25% e il maggior numero di voti» doveva essere il M5s ad avere l'incarico. Ma «grazie al Colle», ha continuato il leader pentastellato «è stata modificata la Costituzione», definita una «manipolazione» a danno della Carta e dei diritti costituzionali.
Eppure Grillo s'è detto convinto che il M5s è destinato a finire a Palazzo Chigi: «Ci metteremo un po', forse un anno di più ma vinceremo noi».
SENZA PARLAMENTO NEL DNA. «Non possiamo fare l'istituzione della protesta, non è nel nostro Dna essere istituzione, non è da noi. Noi non siamo compatibili con questa gente», ha continuato l'ex comico. «Dobbiamo fare meno mozioni in parlamento e andare più tra la gente, in Aula ci sono solo nominati come Renzi», è stato il suo attacco.
Contro i giornalisti «che scrivono quello che vogliono»
L'ex comico ne ha avute anche per i giornalisti, soprattutto per l'arcinemico Vittorio Zucconi, definito «un signore che continua ad attaccarci» e cui ha promesso di «prendere un aereo per volare a News York e per prenderlo a calci nel culo» (lo scontro è stato causato da un tweet del giornalista che ha scritto: «Per l'alluvione di Firenze migliaia di giovani andarono ad aiutare, per quella di Genova migliaia di giovani vanno al Circo Massimo»).
«Il nostro media è la Rete e non certo tivù e giornali che descrivono quel che vogliono», ha detto il leader del M5s, «sulle presenze e i comizi ci sono le nostre foto su internet che testimoniano quanti siamo» al Circo Massimo.
Quindi ha spiegato che i giornalisti «sono una barriera»: «Siamo andati in giro per gli stand e mi hanno impedito di parlare con la gente», ha precisato l'ex comico.
AFFONDO DI CASALEGGIO. Supportato dal guro del M5s Gianroberto Casaleggio che a un esiguo drappello di cronisti ha sibilato: «Mi serve che voi vi togliate dai coglioni». Per proi presare di non voler essere disturbato né dalle telecamere né dai fotografi durante la sua permanenza al Circol Massimo.
«Siamo molto più forti rispetto ai V-day», è stata l'unica battuta concessa ai microfoni.
CONVINCERE PIZZAROTTI. Ai cronisti che gli hanno chiesto un commento alle parole del sindaco di Parma Federico Pizzarotti secondo il quale nel M5s ci sono uomini, ma non idee, Grillo ha poi risposto di essere certo di «convincere» il primo cittadino emiliano entro la serata: «Presenteremo il piano B», ha continuato il leader dei pentastellati. Anche se Pizzarotti s'è detto scettico: «Ma convincere che vuol dire?», s'è chiesto dopo le parole di Grillo.
DI MAIO CONTRO LA MINORANZA PD. A dare man forte a Grillo è poi stato il suo delfino Luigi Di Maio che smentendo una sua «investituta ufficiale» all'evento di Roma, ha attaccato la minoranza del Partito democratico, considerata «ancora più miserabile della maggioranza dem»: «Sta prendendo in giro gli italiani», ha detto il deputato del M5s.
Poi, rispondendo alla domanda se alla luce del Jobs act i pentastellati si siano pentiti di non aver formato un governo con il Pd di Pier Luigi Bersani, il vicepresidente della Camera ha spiegato che «non c'è alcun pentimento», perché l'ex leader democrat «è quello quello che ha votato la fiducia al Jobs act»: «Questi dicono agli italiani di non essere d'accordo e poi votano la fiducia», è stato il ragionamento di Di Maio.
APPELLO PER LE ELEZIONI. Quindi, il deputato grillino ha invocato le elezioni - «Spero ci siano il prima possibile» - annunciando che il M5s «non vuole essere opposizione per sempre», ma punta «a stare al governo»: «Spero che alle prossime elezioni i cittadini abbiano consapevolezza che con gli slogan non si va avanti, che bisogna smettere di credere alle promesse», ha continuato Di Maio, secondo cui i pentastellati sono «unica alternativa possibile ad una politica di slogan e balle».
«Il nostro media è la Rete e non certo tivù e giornali che descrivono quel che vogliono», ha detto il leader del M5s, «sulle presenze e i comizi ci sono le nostre foto su internet che testimoniano quanti siamo» al Circo Massimo.
Quindi ha spiegato che i giornalisti «sono una barriera»: «Siamo andati in giro per gli stand e mi hanno impedito di parlare con la gente», ha precisato l'ex comico.
AFFONDO DI CASALEGGIO. Supportato dal guro del M5s Gianroberto Casaleggio che a un esiguo drappello di cronisti ha sibilato: «Mi serve che voi vi togliate dai coglioni». Per proi presare di non voler essere disturbato né dalle telecamere né dai fotografi durante la sua permanenza al Circol Massimo.
«Siamo molto più forti rispetto ai V-day», è stata l'unica battuta concessa ai microfoni.
CONVINCERE PIZZAROTTI. Ai cronisti che gli hanno chiesto un commento alle parole del sindaco di Parma Federico Pizzarotti secondo il quale nel M5s ci sono uomini, ma non idee, Grillo ha poi risposto di essere certo di «convincere» il primo cittadino emiliano entro la serata: «Presenteremo il piano B», ha continuato il leader dei pentastellati. Anche se Pizzarotti s'è detto scettico: «Ma convincere che vuol dire?», s'è chiesto dopo le parole di Grillo.
DI MAIO CONTRO LA MINORANZA PD. A dare man forte a Grillo è poi stato il suo delfino Luigi Di Maio che smentendo una sua «investituta ufficiale» all'evento di Roma, ha attaccato la minoranza del Partito democratico, considerata «ancora più miserabile della maggioranza dem»: «Sta prendendo in giro gli italiani», ha detto il deputato del M5s.
Poi, rispondendo alla domanda se alla luce del Jobs act i pentastellati si siano pentiti di non aver formato un governo con il Pd di Pier Luigi Bersani, il vicepresidente della Camera ha spiegato che «non c'è alcun pentimento», perché l'ex leader democrat «è quello quello che ha votato la fiducia al Jobs act»: «Questi dicono agli italiani di non essere d'accordo e poi votano la fiducia», è stato il ragionamento di Di Maio.
APPELLO PER LE ELEZIONI. Quindi, il deputato grillino ha invocato le elezioni - «Spero ci siano il prima possibile» - annunciando che il M5s «non vuole essere opposizione per sempre», ma punta «a stare al governo»: «Spero che alle prossime elezioni i cittadini abbiano consapevolezza che con gli slogan non si va avanti, che bisogna smettere di credere alle promesse», ha continuato Di Maio, secondo cui i pentastellati sono «unica alternativa possibile ad una politica di slogan e balle».
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