mercoledì 3 settembre 2014

Riceviamo e pubblichiamo.

Inutile girarci intorno: a Renzi è richiesto di stringere la cinghia

MERCOLEDÌ, 3 SETTEMBRE 2014
La sostanza delle richieste che si vede arrivare sul tavolo di Palazzo Chigi dalla tecnofinanza nelle sue sfaccettature più o meno autorevoli, alla fine, è una e una soltanto. Chiamatela riforma del mercato del lavoro. Chiamatela riscrittura dello Statuto dei Lavoratori. Chiamatela contratto a tempo indeterminato flessibile. Chiamatela abolizione dell’articolo 18. Sempre della stessa cosa si tratta, nelle interviste pressanti del “Sole 24 Ore”, nei pensosi interventi Giavazzi&Tabellini su “La Voce”, nei discorsi fra le Montagne Rocciose di Mario Draghi. Considerato che l’Italia vivrebbe al di sopra delle sue possibilità, strangolata com’è dal suo debito, lo scossone alla sua economia dovrebbe venire da una sostanziale liberalizzazione dei rapporti di lavoro. Basta minimi salariali fissati dal contratto nazionale, si decide azienda per azienda in base alla congiuntura (e ai rapporti di forza). Con l’esito già scritto di una ulteriore, consistente riduzione delle buste paga. Tanto la disoccupazione aumenta comunque, la gente pur di tenersi stretto il lavoro accetterà le decurtazioni.
Sbaglierò, ma ho l’impressione che sia questa la contropartita sine qua non per ottenere flessibilità sui conti pubblici. E ho anche l’impressione che Renzi lo sappia benissimo ma non abbia ancora deciso come impugnare il suo JobsAct che infatti, per ora, rimane un guscio vuoto.

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