sabato 18 marzo 2017

Francesco Bonifazi, tesoriere Pd, attacca: "Sui misteri del blog di Grillo siamo solo all'inizio"

Pubblicato: Aggiornato: 
GRILLO
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"Come funzioni il Movimento 5 stelle è ogni giorno di più una incognita. Tanto per cominciare per gli iscritti a questo movimento: avete visto cosa è accaduto a Genova? Povera candidata vittoriosa e umiliata dal diktat del capo. Ma non vi scrivo per questo! È solo per dire che più studiamo l'affaire della titolarità del blog è più scopriamo cose interessanti. E per chi come noi sta particolarmente attento al profilo fiscale ci sono molte sorprese interessanti.
Non arrivò a dire come ha fatto Berlusconi che Grillo ha evaso le tasse. Ma certo che su questa storia siamo ancora all'inizio.
Sarà divertente. Noi come PD siamo sotto attacco da mesi pur essendo totalmente in regola. Adesso vediamo se anche il Beppe ha tutte le carte a posto. Vediamo, vediamo". Così Francesco Bonifazi, tesoriere Pd.

E solo adesso il grande politico internazionale si accorge che Grillo decide tutto?

Alessandro Di Battista contro Beppe Grillo per la cancellazione delle comunarie di Genova

Alessandro Di Battista

Il deputato simbolo del M5S scettico sull'ultima decisione del leader 

Alessandro Di Battista contro Beppe Grillo. Il deputato M5S, volto televisivo del movimento e da sempre nei cuori di Grillo così come dei Casaleggio (Gianroberto, il padre purtroppo scomparso e il figlio Davide) ha espresso un raro momento di disappunto per la vicenda delle comunarie di Genova. La nomina a sindaco della  candidata che aveva vinto il voto tra gli attivisti del capoluogo ligure, Marika Cassimatis, è stata cancellata su decisione di Beppe Grillo, in qualità di garante. Secondo il leader M5S i sostenitori della Cassimatis non rispettano il codice etico del movimento, perché hanno più volte criticato in modo eccessivo le sue scelte. Nel post con cui Grillo aveva spiegato la sua decisione era stata esplicitata la richiesta di fidarsi del suo giudizio, in modo anche piuttosto irrituale visto che si trattava di una scelta di natura regolamentare  e non politica. In Parlamento però la cancellazione delle comunarie di Genova, vinte da una candidata distante da Grillo come da  Di Maio e sopratutto da Alice Salvatore, fedelissima di entrambi, ha creato molti malumori.

LEGGI ANCHE > Grillo ‘annulla’ le Comunarie di Genova: «Dalla Cassimatis comportamenti contrari a principi M5S»

La più significativa espressione di disagio è arrivata proprio da Alessandro Di Battista, che si sarebbe sfogato con molti colleghi per una decisione che appare incomprensibile. Chi come il senatore Nicola Morra aveva esultato per la vittoria di Cassimatis, che dimostrava come nel M5S potessero prevalere anche posizioni diverse da quelle di Grillo, ha preferito il silenzio. Di Battista, secondo La Stampa così come La Repubblica, avrebbe espresso la sua stanchezza, e la sua insoddisfazione per dover sempre giustificare anche in TV decisioni che non condivide. Alcuni deputati criticano Di Battista per il modo in cui ha gestito i meetup, a cui avrebbe dedicato una attenzione minore rispetto al necessario. A livello locale la base pentastellata appare in grave difficoltà, spaccata e incapace di trovare regole che permettano il normale funzionamento di un’organizzazione politica.

Questo politico dovrebbe fare il ministro dell'interno. Povera Italia.

Non sanno amministrare i grillini perché non hanno idea di che cosa è la politica e quali sono le priorità.

Il IV Municipio ha votato ieri due mozioni per restituire alla municipalità i locali assegnati per un iter amministrativo non regolare. La decisione viene dal minisindaco Roberto Romanella
NEXT QUOTIDIANO
Il centro anti-violenza di Tor Bella Monaca dovrà sloggiare dai locali di via Amico Aspertini così come il centro anziani dalla Collina della Pace. Il IV Municipio ha votato ieri due mozioni per restituire alla municipalità i locali assegnati per un iter amministrativo non regolare. La decisione viene dal minisindaco Roberto Romanella, il quale ha annunciato che i locali saranno oggetto di bando mentre il centro antiviolenza li aveva ottenuti con affidamento diretto nel frattempo scaduto. Racconta oggi Il Messaggero:
Una delibera comunale del 2007 destinava invece gli spazi usati dagli anziani a iniziative culturali. «Faremo ricorso, è assurdo» protesta Stefania Catallo, presidente del centro anti-violenza Marie Anne Erize. Il centro si è trasferito nell’attuale sede nel 2015, dopo una mobilitazione che ha portato a raccogliere oltre 50.000 firme. All’interno nel frattempo è nata una libreria con 7.000 volumi inserita nel sistema nazionale delle biblioteche.
Recentemente ha ricevuto presso la sede dell’ambasciata francese il premio della Fondazione Gruppo Up. Catallo, ambasciatrice del Telefono Rosa, l’8 marzo ha creato in Romania il primo (e unico) centro anti-violenza. «Dal 2011 a oggi abbiamo dato assistenza a circa 2.000 donne» aggiunge. «Tra l’altro – ha concluso Romanella – c’è già un centro anti-violenza sul territorio». Sì, c’è: è il centro anti-violenza del Comune che dovrebbe servire tutti i 15 municipi. «Abbiamo un organico di nove persone – spiegano dal centro gestito dalla cooperativa Be Free – più due operatori che vengono in alcune giornate. Facciamo 6-7 colloqui al giorno, da gennaio si sono presentate da noi più di 100 donne».
centro antiviolenza tor bella monaca
Intanto anche i ragazzi autistici del Progetto Filippide saranno lasciati a piedi dal Comune. Niente più pulmino dal 31 marzo per gli utenti: lo dice una delibera in realtà sbagliata. La notizia è arrivata con la mail inviata dall’Agenzia per la Mobilità all’associazione, che dal 2002 porta lo sport nella vita di migliaia di giovani affetti da autismo. I ragazzi di Filippide non risultando «nelle categorie di utenza prevista dal documento, non hanno diritto al servizio di trasporto in oggetto». Quindi, trasporti interrotti

Ma per quale motivo non si chiedono le dimissione di questo personaggio? Uno che parla in questo modo può fare il vicepresidente della Camera?

Di Maio inneggia alla violenza, Grillo pubblica le liste di proscrizione. Chi è l’eversivo?

Politica
Il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, partecipa ad una manifestazione a Napoli sui costi della Rca auto, 29 gennaio 2016.
ANSA/CIRO FUSCO
Come si fa ad accettare che si parli di eversione inneggiando alla violenza?
 
“Poi non lamentatevi se i cittadini ricorrono alla violenza”. Così il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio tuonava dopo il parere negativo del Senato circa la decadenza del forzista Augusto Minzolini. Parole pronunciate dal candidato premier in pectore del Movimento 5 Stelle in una conferenza stampa inscenata in fretta e furia appena dopo il voto.
Al di là del giudizio giuridico (e politico) su quanto accaduto in Senato – su cui, intendiamoci, ci sarebbe molto da dire – non è accettabile che un “uomo” delle istituzioni si esprima così. Luigi Di Maio, con il suo look impeccabile da studente medio o da impiegato di banca, ha usato (e non è la prima volta) un linguaggio eversivo e irresponsabile.
La strategia del Movimento 5 Stelle è sempre la stessa. Spostare l’attenzione dai disastri amministrativi di Roma – quello che doveva essere il vero banco di prova di governo è si è rivelato un mix di incapacità, inettitudine, trasparenza sbandierata ma mai praticata da “quattro amici al bar”, uno dei quali finito in carcere e l’altro a stipulare polizze a insaputa dei destinatari – su altro, alzando continuamente ed esasperatamente i toni. Anche per dare mano libera a Beppe Grillo che dispone del Movimento (vedi caso Genova) e ne fa ciò che vuole.
Alle parole di Di Maio fanno seguito le ormai note liste di proscrizione pubblicate prima da Grillo e poi da Travaglio. Nomi e cognomi dei senatori del Pd che hanno votato contro la decadenza di Minzolini e anche di quelli che hanno lasciato l’Aula al momento del voto. Il Fatto pubblica addirittura un editoriale a firma Barbara Spinelli dal titolo “Di Maio dice bene: il voto eversivo del Senato chiama violenza”.
Ora, al di là del fatto che il Pd stia facendo di tutto per dare a Grillo e alla stampa giacobina la possibilità di sposare l’attenzione su questioni che prestano il fianco a questo tipo di speculazioni, come si fa ad accettare che si parli di eversione inneggiando alla violenza? Avanti di questo passo dove potremmo arrivare? La combinazione tra lo sdoganamento della violenza e la pubblicazione di liste di proscrizione a cosa può portare? Se l’è mai chiesto Di Maio prima di recitare il suo compitino con tanta leggerezza? E se dovesse succedere qualcosa a quei senatori esposti alla pubblica piazza da Grillo e Travaglio?
Sono tempi bui, di un totalitarismo dilagante che se non viene in qualche modo arginato non porterà a nulla di buono per questo Paese.

Vogliono fare il referendum i leghisti di Salvini. Per dare le nostre tasse a gente come Gibelli. 288 mila euro all'anno. E chi è Steve Jobs?

Fnm, Gibelli fa il pieno di cariche 
E somma tre stipendi da due società

Presidente e dg, al leghista un compenso totale di 288 mila euro. Affondo del M5S

Andrea Gibelli (Fotogramma)Andrea Gibelli (Fotogramma)
shad
Tre cariche e due mezzi stipendi in più. Il leghista Andrea Gibelli è stato nominato presidente di Fnm nel maggio scorso dopo l’inchiesta per peculato che ha colpito l’ex numero uno Norberto Achille. Da quel giorno il manager ha però assunto altri due incarichi nella holding che gestisce i trasporti regionali. Il nuovo cda ha convinto il vecchio dg Luigi Legnani a farsi da parte. «L’incentivo all’esodo», così lo definisce la circolare interna, è costato all’azienda 390 mila euro (ai quali vanno ovviamente aggiunti i soldi versati dall’Inps per il normale Tfr). Il ruolo di direttore generale è passato dal primo settembre nelle mani dello stesso Gibelli. «Non voglio essere un presidente che taglia solo nastri - spiega lui -. Assumere la carica di dg è una scelta di maggiore responsabilità che serve anche a snellire le cariche dirigenziali». 

Totale: 288 mila euro
Lo stipendio «normale» da presidente (168.750 euro) ha raggiunto, con l’integrazione di parte di quello di dg (la legge impone che possa essere cumulato solo il 33 per cento di quello totale), la somma di 225 mila euro. A cui va infine aggiunto il compenso per la terza carica nel frattempo guadagnata da Gibelli: presidente di FerrovieNord, una delle societa operative di Fnm. Il totale dice allora 288 mila euro. «Era innaturale che l’esercizio della controllata fosse sganciato da quello della holding», racconta Gibelli. Che non nasconde e anzi rivendica l’opera di centralizzazione delle competenze interne. I super-dirigenti, spiega, passeranno da sette a a tre. «E l’azienda ci risparmierà». Quanto? «L’ordine è del dieci per cento all’anno». Domani, per dire, «salterà» un alto super dirigente: Massimo Stoppini, uno del vecchio management ai tempi di Achille, ha già pronte le valigie. Troppe zone d’ombra, in passato. Il centralismo aziendale servirà a «rendere più efficace l’azione di indirizzo e più efficenti i controlli», spiega ancora il presidente e neodirettore generale. 

«Bancomat di ex politici»
Critico invece Stefano Buffagni, consigliere regionale del Movimento Cinque Stelle: «Fnm è una società strategica per la Lombardia, non la si può utilizzare come il bancomat di ex politici. Avevamo chiesto al presidente di far pulizia con il passato e valorizzare il personale che ha difeso la società combattendo la malagestione: al momento però la priorità di Gibelli è stata quella di accumulare incarichi per sommare emolumenti. Come farà a fare il presidente di due società e contestualmente il dg?». «Mi aspetto - conclude l’esponente grillino - che ripensi a questa scelta sin dal prossimo cda avviando anche il ricambio dirigenziale: non possiamo tenere in società chi ha avallato la gestione Achille». 

Trump, un vero maleducato (e non diciamo altro), è il politico preferito di Grillo e Salvini. Complimenti!!!!!!

http://video.repubblica.it/dossier/trump-presidente/merkel-a-trump-ci-stringiamo-la-mano-ma-donald-la-ignora/270733/271201

venerdì 17 marzo 2017

Quando qualcosa non va il Capo Politico del M5S chiede la fiducia degli attivisti per farsi autorizzare a fare qualcosa che va a cozzare contro le leggi o il buonsenso. Ma oltre a calpestare i diritti degli attivisti il problema è che spesso Beppe prende decisioni sbagliate che finiscono per trascinare il partito in tribunale. Dove poi non se la vede bene
GIOVANNI DROGO
Cosa succede se una persona detiene la proprietà del simbolo di un partito e può decidere se concederlo e ritirarlo? La risposta è semplice: succede quello che è successo a Genova dove Beppe Grillo ha annullato il risultato delle votazioni online di qualche giorno fa durante le quali gli attivisti genovesi avevano scelto Marika Cassimatis come candidata sindaco alle amministrative. Certo, ora, senza che per altro sia stata fatta una riunione o un’assemblea pubblica per decidere il da farsi Grillo ha aperto un’altra votazione (questa volta però potranno votare tutti gli iscritti e non solo i genovesi) per decidere se candidare lo sconfitto Luca Pirondini o se non presentare una lista a Genova, certificando la crisi del M5S nel capoluogo ligure. «Vi chiedo di fidarvi di me», ha scritto Grillo nel post di oggi.
grillo espulsioni fiducia base m5s - 2

Perché la nuova votazione su Genova è aperta agli attivisti di tutta Italia?

In un colpo solo Beppe Grillo ha sconfessato il “Metodo Genova” e fatto capire che le primarie online non hanno alcun valore. Aprendo il voto su Genova anche ad attivisti che non sono residenti nel Comune certifica ancora una volta che il motto dell’uno vale uno tanto caro ai pentastellati è una frase priva di significato. Non fornendo motivazioni riguardo all’esclusione della Cassimatis ci fa capire che la trasparenza non è un valore quando si tratta di vicende relative ai 5 Stelle. Lo può fare? Fintanto che è il Capo Politico e Garante non eletto del MoVimento lo potrà fare tutte le volte che vorrà ed anzi l’ha già fatto. Non è infatti la prima volta che Grillo chiede ai suoi di “fidarsi di lui” e di non contestare una sua decisione presa nell’esclusivo interesse del MoVimento. Di fatto non esiste nel M5S qualcuno che possa contestare questa decisione perché rischierebbe di fare la fine di tutti quelli che non hanno accettato di chinare il capo di fronte ai diktat del comico genovese. L’unica alternativa è fidarsi ciecamente di Grillo ma è una fiducia ben riposta? La risposta è no.

Quando la base si è fidata delle decisioni di Grillo sulle espulsioni di Napoli

Beppe Grillo non è un veggente, e nonostante si diletti nel fare profezie (spesso apocalittiche) non ci azzecca quasi mai. Perché allora la base del MoVimento dovrebbe fidarsi di lui? Sicuramente è stato Grillo a portare il MoVimento in Parlamento e a farlo diventare una delle principali forze politiche nel Paese, ma il suo ruolo si sarebbe dovuto esaurire con l’arrivo della prima pattuglia pentastellata alla Camera e al Senato. Lui in realtà ci ha provato a fare un passo di lato ma non ci è riuscito perché ha capito che così avrebbe perso il controllo totale del partito. E così è tornato sulla breccia: ha fatto espellere gli attivisti “ribelli” di Napoli Libera che guarda caso volevano proporre un altro candidato rispetto a quello individuato da Roberto Fico. Allo stesso modo a Genova la consigliera regionale Alice Salvatore aveva fortemente sostenuto Pirondini non a caso considerato il favorito della vigilia. Anche a Napoli la base pentastellata si è fidata di Grillo e le cose sono andate come sappiamo: il MoVimento non ha vinto le elezioni e in seguito a quelle espulsioni è stata intentata una causa che ha costretto Grillo a cambiare lo statuto e il regolamento del suo partito. Inoltre tutti gli espulsi che avevano fatto ricorso per chiedere di essere reintegrati sono stati riammessi dal Trinunale all’interno del M5S. È stato lo stesso Roberto Fico, giunto a Napoli nella giornata di ieri, a fare la proposta a quelli che fino a poco tempo prima venivano chiamati senza mezzi termini “traditori” o “feccia” ed erano stati ritenuti colpevoli di aver congiurato contro il M5S. Oggi come allora non ci fu nessun dibattito pubblico: lo staff di Grillo una volta ricevute informazioni riguardanti un presunto comportamento scorretto da parte degli attivisti fece partire le mail. Ieri Fico ha incontrato in tribunale i ricorrenti dicendo “siamo pronti a reintegrarvi” (in cambio ovviamente della rinuncia a continuare la causa sulla legittimità del regolamento). Il tutto dopo che ovviamente nei mesi scorsi Fico aveva dichiarato di aver vinto su tutta la linea.
mario canino 1
Il provvedimento del tribunale civile di Roma

Il reintegro degli espulsi di Roma

Una storia simile è successa a Roma, anzi le storie sono due. La prima riguarda le espulsioni di Paolo Palleschi, Roberto Motta e Antonio Caracciolo che nel febbraio 2016 avevano presentato ricorso contro le espulsioni e che ad aprile dello scorso anno hanno ottenuto dal Tribunale Civile di Roma di essere reintegrati all’interno del Movimento. La seconda invece riguarda Mario Canino. L’attivista aveva potuto correre alle Comunarie, ottenendo anche un buon numero di voti ma all’atto della composizione della lista a Cinque Stelle si erano visti chiudere la porta in faccia. Canino ha fatto ricorso in tribunale e ha ottenuto il reintegro nel M5S dopo che il Tribunale di Roma ha sospeso «l’efficacia del provvedimento di espulsione del signor Mario Canino dall’Associazione MoVimento 5 Stelle irrogato in data 21 marzo 2016». Tra le altre cose Canino ha anche chiesto un risarcimento danni al M5S, quantificandoli in 150 mila euro, ovvero la cifra della famosa penale che i pentastellati avrebbero dovuto pagare qualora avessero trasgredito alle norme di comportamento del M5S una volta eletti. A riguardo di penali da pagare non si hanno più notizie di quella da 250 mila euro che Grillo avrebbe voluto farsi dare dall’eurodeputato Marco Affronte, passato di recente con i Verdi. A quanto pare i legali di Grillo si sono accorti che una simile richiesta non avrebbe retto in tribunale.
associazione movimento 5 stelle
Il verbale dell’ultima assemblea dell’Associazione MoVimento 5 Stelle
Il punto è che Grillo chiede spesso “la fiducia” dei suoi attivisti, che gliela concedono di buon grado (vista l’alternativa) ma di fatto non è mai stata indetta una votazione per decidere se concedergliela o meno. Anche quando si è trattato di votare le travagliate modifiche allo statuto e al regolamento Grillo ha spiegato che si trattava di votare per proteggere lui. Ma al tempo stesso Grillo si è ben guardato dal chiarire i motivi dell’esistenza di due distinte – e omonime – associazioni MoVimento 5 Stelle una delle quali (quella di cui fanno parte solo Grillo, suo nipote Enrico e il commercialista Enrico Maria Nadasi) di fatto controlla tutta l’attività del partito M5S. Anzi a dirla tutta gli attivisti per molti anni hanno ignorato l’esistenza di questa associazione parallela che è venuta alla luce solo quando alcuni attivisti espulsi hanno fatto causa a Grillo. Ma intanto la base del M5S continua a fidarsi della capacità di Grillo di decidere, da solo e senza consultarsi online con nessuno, delle sorti e della linea politica del MoVimento. È già stato detto più volte: per essere un partito che si fonda sui principi della partecipazione e della democrazia diretta il M5S sembra dare troppo peso a decisioni prese “perché ci si fida” di chi le prende e non perché sono state discusse e vagliate da un’assemblea. In questo modo però il partito che voleva includere i cittadini nella vita politica del Paese rischia di perdere il contatto con la base. Le pulsioni dell’ala movimentista del 5 Stelle saranno qualcosa con cui i pentastellati dovranno fare i conti da qui alle elezioni politiche.

dipocheparole     venerdì 27 ottobre 2017 20:42  82 Facebook Twitter Google Filippo Nogarin indagato e...