Le 10 bugie del Fatto Quotidiano sulle Riforme Costituzionali
Agosto 19, 2013 L'occidentale
Da qualche giorno sul sito internet del Fatto quotidiano campeggia un banner, «Costituzione, non vogliamo la riforma della P2». È un boicottaggio – loro lo chiamano «appello» – del processo di riforma costituzionale intrapreso dal Governo Letta. Il titolo, inequivocabilmente cospirazionista, alimenta quella retorica del «colpo di Stato» evocata da Beppe Grillo e da altri spezzoni della sinistra più conservatrice, che sproloquiano su oscure centrali di potere politico-economico che influenzerebbero il premier e i membri dell’esecutivo. In verità, sono decenni che in Italia si parla di riformare la Costituzione e il Governo Letta sta finalmente passando ai fatti nel tentativo di modernizzare le nostre istituzioni. Se le vestali della «costituzione più bella del mondo» si stracciano le vesti, pazienza, ce ne faremo una ragione. Come diceva Kennedy, qualunque cosa tu faccia un 20 per cento sarà sempre contro. L’importante – aggiungiamo noi – è che il restante 80 non sia disinformato. Ecco perché vogliamo ribattere, punto per punto, alle “10 bugie” dell’appello promosso dal Fatto quotidiano sulle riforme.
1) “Ignorando il risultato del referendum popolare del 2006 che bocciò a grande maggioranza la proposta di mettere tutto il potere nelle mani di un “Premier assoluto” è ripartito un nuovo e ancor più pericoloso tentativo di stravolgere in senso presidenzialista la nostra forma di governo, rinviando di mesi la indilazionabile modifica dell’attuale legge elettorale.
Falso. Se i contenuti della riforma non sono stati ancora decisi, come si fa prefigurarli? Al Fatto Quotidiano hanno per caso la palla di vetro? Nessuno ha mai parlato di «premier assoluto». Il problema se mai è razionalizzare la nostra forma di Governo, che ormai da decenni è assolutamente debole. Con il sistema attuale, i Governi sono sempre esposti alle incursioni e agli agguati dei partiti e delle forze parlamentari generando una perenne instabilità politica. Per ovviare a questa situazione, in prospettiva, sarebbe utile guardare a opzioni come il “premierato forte” e il semipresidenzialismo. Ma le vestali della Costituzione fingono di ignorare che il presidenzialismo è una importante modello di Governo, legittimo e democratico, applicato con successo in molti Paesi del mondo, dove ha dato risultati eccellenti, per esempio nel caso del semipresidenzialismo francese. Di quest’ultimo ha parlato il ministro Quagliariello e anche Walter Veltroni nel suo ultimo libro non ha escluso una riforma in tale direzione. In ogni caso, parliamo di ipotesi e di proposte. Il solo evocarle «stravolge» i custodi sacri della Carta? Per quanto riguarda poi la legge elettorale, se davvero volessimo un Paese più stabile la legge elettorale dovrebbe per forza di cose essere coerente con la più generale riforma delle istituzioni e della forma di governo. Naturalmente tale considerazione non esclude che si possa intervenire subito sul Porcellum, correggendolo e modificandolo. La legge vigente è sotto il giudizio della Corte Costituzionale, che prenderà una decisione entro il 3 di dicembre.
2) In fretta e furia e nel pressoché unanime silenzio dei grandi mezzi d’informazione la Camera dei Deputati ha iniziato a esaminare il disegno di legge governativo, già approvato dal Senato…
Falso. In fretta e furia? Nel precedente più simile a quello che oggi stiamo vivendo, cioè la Legge costituzionale n. 1 del 1997, che istituiva la Commissione D’Alema, il Parlamento concluse il proprio esame in prima lettura in soli nove giorni. Oggi – e sempre ammesso che si riesca ad approvare definitivamente alla Camera il testo entro domenica 8 settembre, come concordato in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo – si impiegherebbero 57 giorni: un tempo pari al 633,3 per cento in più rispetto al caso precedente.
3) …di revisione dall’articolo 138, che fa saltare la “valvola di sicurezza” pensata dai nostri Padri costituenti per impedire stravolgimenti della Costituzione.
Falso. Le garanzie dell’articolo 138 vengono non solo rispettate ma anche arricchite. In particolare il ddl costituzionale prevede che possa essere richiesto il referendum confermativo anche nell’ipotesi in cui si sia raggiunta o superata la maggioranza dei due terzi in seconda deliberazione delle Camere. E’ questo l’elemento di rafforzamento delle garanzie democratiche più importante e innovativo introdotto nel ddl costituzionale. La riforma potrà essere comunque sottoposta al referendum! Se volesse, l’attuale maggioranza avrebbe infatti i numeri per approvare, da sola, la riforma, senza ricorrere alla consultazione popolare. Con il ddl si è voluto offrire uno strumento ulteriore di tutela delle opposizioni. Per dirla tutta, se M5S vorrà il referendum nessuno sta tramando per negarglielo, anzi. La garanzia del voto popolare, di un voto utile ad aumentare la possibilità di difesa della Costituzione, viene esaltata.
4) Chiudere, a ridosso delle ferie estive, la prima lettura del disegno di legge costituzionale, impedisce un vero e serio coinvolgimento dell’opinione pubblica nel dibattito che si sta svolgendo nelle aule parlamentari.
Falso. Non è stato chiuso un bel niente, la prima lettura del ddl costituzionale si chiuderà a settembre. Il vero coinvolgimento dell’opinione pubblica d’altra parte non dovrebbe avvenire adesso, quando ancora siamo alle prime schermaglie parlamentari sulle procedure, bensì quando le Camere saranno chiamate ad entrare nel merito delle proposte per votarle. Tirare in ballo adesso l’opinione pubblica è un’operazione politica strumentale, significa alzare un polverone preventivo sulle riforme con l’obiettivo non dichiarato di boicottarle. Ad ogni modo, sempre pensando al coinvolgimento diretto dei cittadini, il Governo ha creato uno strumento all’avanguardia – la consultazione pubblica sulle riforme costituzionali (www.partecipa.gov.it) – che dà la possibilità a chiunque voglia informarsi di esprimere la sua opinione sulla riforma. Questa “apertura”, del Palazzo verso la società, continuerà in autunno coinvolgendo il mondo delle scuole e delle università italiane. Di che “impedimenti” stiamo parlando?
5) In secondo luogo vi chiediamo di restituire al Parlamento e ai parlamentari il ruolo loro spettante nel processo di revisione della nostra Carta costituzionale. L’aver abbandonato la procedura normale di esame esplicitamente prevista dall’articolo 72 della Costituzione per l’esame delle leggi costituzionali, l’aver attribuito al Governo un potere emendativo privilegiato, l’impossibilità per i singoli parlamentari di sub-emendare, le proposte del Governo o del Comitato, la proibizione per i parlamentari in dissenso con i propri gruppi di presentare propri emendamenti, le deroghe previste ai Regolamenti di Camera e Senato, costituiscono altrettante scelte che umiliano e comprimono l’autonomia e la libertà dei parlamentari e quindi il ruolo e la funzione del Parlamento.
Falso. Il ruolo del Parlamento nel processo costituente resta centrale. Come ha osservato Massimo Luciani su L’Unità, due sono i principi fondamentali dell’articolo 138 che non possono e non devono essere violati: la tutela delle minoranze e l’attribuzione dell’ultima parola al popolo con il referendum costituzionale. Ebbene – è sempre Luciani che parla – il disegno di legge tanto criticato non solo rispetta, ma conduce a sviluppo coerente quei due principi: da una parte, tutela maggiormente le minoranze, perché costituisce un Comitato parlamentare composto in proporzione non solo dei seggi, ma dei voti ottenuti; dall’altra, consente in ogni caso il referendum (come abbiamo già ricordato). Il professor Mario Dogliani ha affermato, testualmente, che lo scopo del disegno di legge non è quello di avviare «un procedimento nemico della Costituzione» bensì di apportare minimi correttivi al procedimento dell’articolo 138, al fine di realizzare un giusto bilanciamento tra la rigidità del processo costituzionale e le esigenze di un esame parlamentare agile, snello e, per il possibile, rapido. Nello specifico:
- è falso che sia stata abbandonata la procedura prevista dall’articolo 72, perché il ddl costituzionale conferma la procedura normale di esame e di approvazione da parte delle Camere;
- è falso che il Governo ottenga un ‘potere emendativo privilegiato’, il potere è sempre quello previsto dai regolamenti parlamentari. Deputati e senatori mantengono il loro diritto di avanzare emendamenti ma con l’obbligo di presentarli preventivamente al Comitato (come accade già con la Legge di stabilità e i collegati). Obiettivo in questo caso non è quello di comprimere le funzioni parlamentari ma di razionalizzare l’attività delle aule e delle commissioni. In ogni caso l’Aula potrà comunque rivotare sugli emendamenti presentati;
- è vero che i parlamentari non possono sub-emendare, ma non è una novità. Nei regolamenti parlamentari vigenti, i subemendamenti ai disegni di legge possono essere presentati quando si è raggiunto un certo quorum di parlamentari.
6) Vi chiediamo ancora che i cittadini possano liberamente esprimere il loro voto su progetti di revisione chiari, ben definiti e omogenei nel loro contenuto. L’indicazione generica di sottoporre a revisione oltre 69 articoli della Costituzione, contrasta con questa esigenza e attribuisce all’istituendo Comitato parlamentare per le riforme costituzionali indebiti poteri «costituenti» che implicano il possibile stravolgimento dell’intero impianto costituzionale.
Falso. Non c’è nessun potere costituente, c’è solo una ragionevole uso del potere di revisione costituzionale, come molti autorevolissimi costituzionalisti hanno confermato, tra cui i 42 Esperti (compresi 3 ex presidenti della Corte costituzionale) che compongono la Commissione nominata dal Governo per istruire i contenuti della riforma. Il ddl costituzionale prevede come garanzia che i cittadini possano esprimersi su disegni di legge omogenei e definiti – nell’articolo 138 non c’è nulla del genere; se il ddl costituzionale non ci fosse avremmo avuto un’unica grande legge di riforma da sottoporre a referendum. Quanto ai 69 articoli da modificare si tratta di una cifra gonfiata per amor di polemica. Alcuni articoli vanno corretti formalmente solo per evitare incongruenze nel testo costituzionale.
7) Non si tratta di un intervento di «manutenzione» ma di una riscrittura radicale della nostra Carta fondamentale non consentita dalla Costituzione, aperta all’arbitrio delle contingenti maggioranze parlamentari.
Falso. Si tratta invece di razionalizzare la forma di governo per dare stabilità al Paese, di ridurre il numero di parlamentari, di superare il bicameralismo paritario e perfetto che ormai esiste solo in Italia, di rendere gestibile e ordinato il decentramento pasticciato introdotto con la riforma del Titolo V. Più che riscrivere si tratta di correggere e migliorare la Costituzione.
8) Chiediamo che nell’esprimere il vostro voto in seconda lettura del provvedimento di modifica dell’articolo 138, consideriate che la maggioranza parlamentare dei due terzi dei componenti le Camere per evitare il referendum confermativo, in ragione di una legge elettorale che distorce gravemente e incostituzionalmente la rappresentanza popolare, non coincide con la realtà politica del corpo elettorale del nostro Paese. Rispettare questa realtà, vuol dire esprimere in Parlamento un voto che consenta l’indizione di un referendum confermativo sulla revisione dell’articolo 138.
Falso. Il ddl costituzionale serve a rendere più fluido il processo di revisione rafforzando nello stesso tempo le garanzie democratiche con il referendum confermativo. Chiedere un referendum sul ddl costituzionale, invece, è l’ennesima mossa strumentale di chi si oppone pregiudizialmente alle riforme. Se qualcuno ritiene che le nostre istituzioni vadano bene così e non debba essere approvata alcuna riforma di modernizzazione abbia il coraggio di difendere questa posizione quando le proposte arriveranno in Parlamento senza attardarsi in polemiche strumentali relative alla legge sulla procedura delle riforme!
9) Vi chiediamo infine di escludere dalle materie di competenza del Comitato per le riforme costituzionali la riforma del sistema elettorale che proprio per il suo significato politico rilevantissimo ha un effetto distorsivo nell’ottica della revisione costituzionale.
Falso. L’esperienza di questo ventennio ci insegna che una riforma della legge elettorale fatta a prescindere da una revisione del sistema costituzionale nel suo complesso non funziona; l’errore è stato rendere la legge elettorale una sorta di faro al quale ogni riforma del nostro sistema istituzionale doveva guardare. Il risultato sono stati il Mattarellum prima e il Porcellum dopo, scelte di cui stiamo ancora pagando le conseguenze. Serve al contrario un quadro istituzionale organico all’interno del quale inserire la riforma della legge elettorale. Il ddl costituzionale prevede che il Comitato bicamerale esamini anche le proposte di riforma del sistema elettorale per garantire una coerenza con le altri parti della riforma costituzionale.
10) E’ in gioco il futuro della nostra democrazia. Assumetevi la responsabilità di garantirlo.
Falso. Le disfunzioni nella parte organizzativa della Costituzione rischiano di rendere inattuabili i grandi valori consacrati della Prima parte della Carta. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Governi debolissimi e un Parlamento paralizzato da un conflitto permanente tra le forze politiche, un federalismo pasticciato e ingestibile, una pletora di quasi mille parlamentari che complicano l’approvazione di qualsiasi cosa e costringono il governo a ricorrere a questioni di fiducia e decreti legge. Ancora, Camera e Senato che devono dare entrambi la fiducia al Governo; costi enormi derivanti dalla difficoltà a ristrutturare la spesa pubblica; quasi ogni legge statale o regionale impugnata alla Corte costituzionale. Sono inefficienze che nessun altro Paese europeo soffre nelle proporzioni italiane. Firmando l’appello non si garantisce la democrazia italiana; si garantisce solo di continuare a vederla affondare nella palude attuale.
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