Henry John Woodcock, nella posizione di indagato, è stato interrogato ieri dal procuratore Giuseppe Pignatone, dall’aggiunto Paolo Ielo e dal sostituto Mario Palazzi, titolari del procedimento CONSIP e di quello sulla fuga di notizie dopo la trasmissione degli atti da Napoli per competenza territoriale. Woodcock ha ribadito di non essere la “gola profonda” che consentì a Marco Lillo de “Il Fatto Quotidiano” di rivelare, nel giornale andato in edicola il 22 dicembre scorso, gli sviluppi dell’inchiesta sulla centrale di acquisti della pubblica amministrazione culminata nelle iscrizioni, fatte il giorno precedente, dell’attuale ministro dello Sport Luca Lotti, del comandante generale dell’Arma dei carabinieri Tullio Del Sette e del comandante dei carabinieri della Legione Toscana, generale Emanuele Saltalamacchia, per rivelazione del segreto d’ufficio.
Henry John Woodcock e la talpa dell’indagine CONSIP
Ma c’è qualcosa in più. Woodcock, assistito dall’avvocato Bruno La Rosa, ha offerto anche elementi utili alla ricostruzione di chi era a conoscenza delle informazioni finite sul quotidiano. Oltre ad avere fornito un elenco delle persone a conoscenza di quanto avvenne, il pm inquisito ha ricostruito i suoi movimenti fra Napoli e Roma in quelle stesse ore, sostenendo che nei momenti in cui Lillo parlò con la Sciarelli, lui non si trovava con lei; a dimostrazione di questo, avrebbe anche citato un prelievo da uno sportello bancomatdistante dal luogo in cui si trovata la giornalista mentre era al telefono con Lillo.
Il Fatto Quotidiano del 22 dicembre 2016
La sua ricostruzione è partita dal mattino del 20 dicembre, ovvero dal momento in cui i carabinieri del NOE e un ufficiale della Guardia di Finanza scoprono delle microspie disinnescate in CONSIP. Viene interrogato Luigi Marroni, che dice di aver saputo delle microspie da Luca Lotti, Emanuele Saltalamacchia, Luigi Ferrara e Filippo Vannoni. Qui la ricostruzione del Fatto Quotidiano:
Il capitano del Noe Scafarto, insieme con i colleghi presenti all’interrogatorio,chiude il verbale e telefona ai pm Woodcock e Celeste Carrano. Woodcock racconta che fu proprio Scafarto a chiamarlo, chiedendo ai pm di recarsi immediatamente a Roma, perché era necessario che la Procura interrogasse Marroni. Woodcock sottolinea però un dettaglio: Scafarto, per il loro incontro a Roma, non li invita direttamente in caserma, ma in un bar, in una piazza di Roma. I tre s’incontrano. Prendono un caffè. Parlano di quel che è accaduto durante la perquisizione in Consip.
Fu solo un caso, quell’invito al bar, prima di recarsi in caserma? Oppure, a posteriori, quell’in vito al bar è un tassello utile a ricostruire la fuga di notizie? Da dove arrivava Scafarto? Dov’era Lillo in quel momento? Sono alcune delle domande più logiche, per gli investigatori, dopo il dettaglio raccontato da Woodcock. Fatto sta che i pm e Scafarto, dopo il caffè, si recano in caserma. Dove avviene il secondo interrogatorio di Marroni. Questa volta dinanzi ai pm. E Marroni nella sostanza conferma.
La fuga di notizie e Marco Lillo
Woodcock successivamente informa i pm romani della necessità di iscrivere Lotti, Saltalamacchia e Del Sette nel registro degli indagati. E qui c’è ancora qualcosa di nuovo:
A questo punto, Woodcock sottolinea ai pm romani un fatto a loro già noto, ovvero che anche Scafarto rientra a Napoli, dove assiste agli interrogatori di Marroni e Ferrara. Il 21 Woodcock rientra a Roma e, ai colleghi romani, consegna gli atti personalmente proprio perché – racconta – vuol essere certo che non vi siano fughe di notizie.
Poi aggiunge un altro dettaglio su Scafarto: Woodcock sostiene di aver saputo che anche il capitano del Noe ritorna a Roma. Secondo il pm, avrebbe preso due corse precedenti il suo treno. Perché, se quanto sostiene Woodcock è vero, l’ufficiale rientra a Roma? Anche su questo, adesso, la Procura di Roma intende fare accertamenti.
Il Fatto Quotidiano di mercoledì 21 dicembre 2016
Una presa di distanza, con la rivendicazione di aver sempre rispettato le regole, già espressa da Woodcock non appena ricevuto l’invito a comparire nel quale si ipotizza la violazione dei doveri di riservatezza per il tramite della conduttrice di “Chi l’ha visto” Federica Sciarelli, a sua volta indagata e già interrogata a piazzale Clodio dove ha negato l’addebito. Un indizio che si collega a quanto detto dalla stessa Federica Sciarelli in un articolo pubblicato su La Verità a firma di Giacomo Amadori, che per primo parlò dell’affare CONSIP raccontando di un’inchiesta che veniva da Napoli e che preoccupava Tiziano Renzi, basandosi evidentemente su fonti toscane. «Quel giorno Lillo ha telefonato a me e io ho telefonato a Henry. Risultato: hanno indagato me ed Henry. Secondo me lui fa la telefonata a noi e poi contatta la vera fonte…», avrebbe detto la Sciarelli ad Amadori. E ancora: «Mi dicono che tutti sanno chi sia stato, che è stato un carabiniere… Lillo non lo può rivelare? Ho capito, ma quello a noi ci ha messo nella m…a».