La giunta Pizzarotti dà il via libera ad una espansione edilizia di 11mila metri quadri. Per la prima volta un consigliere non vota. Il Pd all’attacco: «La gente vi ha votato per altre ragioni. È l’ennesima volta che li tradite».
«Basta al consumo del suolo. Piuttosto ripartiamo da quello che Parma ha già a disposizione». Sembra trascorso un secolo da quando Federico Pizzarotti, in piena campagna elettorale, descriveva così la sua idea di città. Senza nuovi cantieri e senza quella “cementificazione selvaggia” più volte criticata alle vecchie amministrazioni.
Invece, da quando il 39enne ex informativo si è accomodato sulla poltrona più comoda e bollente del Municipio, la sua amministrazione grillina ha dovuto ritrattare in diverse occasioni. L’ultima, quella che forse segna un nuovo capitolo per l’esperienza parmigiana dei cinque stelle, risale a meno di una settimana fa e quanto accaduto ha tutti i tratti di un imprevisto, di quel proverbiale ‘bello della diretta’. Anche se solo in streaming sul sito istituzionale del Comune. I 20 consiglieri grillini, per la prima volta, hanno avuto un astenuto sulla questione “cemento”.
“ERA GIA’ SUL MIO TAVOLO” – L’assessore all’Urbanistica Michele Alinovi (nella foto con Pizzarotti) - nominato per il suo invidiabile curriculum da architetto – porta in aula la delibera di un progetto che prevede la realizzazione di residenze pubbliche e private in un’area da quasi 11mila metri quadrati in via Budellungo. Una strada non proprio nel cuore di Parma, ma dove diversi anni fa sono stati rinvenuti deireperti archeologici risalenti al VII d.C.
«Mi sono ritrovato questa delibera sul tavolo -ha provato a giustificarsi l’assessore- e ho fatto tutto il possibile per contenere il suo impatto ambientale». Ma alla fine, oltre ad aumentare le aree verdi e ad inserire innovazioni tecnologiche per il risparmio energetico, la Giunta grillina non ha potuto -o voluto – opporsi come altri avrebbero auspicato. L’ok ad un piano urbanistico studiato tre anni fa arriva. E da 19 dei venti consiglieri di maggioranza disposti a tapparsi il naso pur di non ricorrere a sanzioni penali che renderebbero ancor più preoccupanti le finanze di un Comune indebitato per un miliardo di euro.
L’unico ad astenersi è Fabrizio Savani. E questo è davvero un imprevisto.
LINEA DI PRINCIPIO – Classe 1967, diplomato in Geometria e membro del M5S parmigiano praticamente dagli albori, Fabrizio Saviani nel 2010 – proprio a fianco di Pizzarotti – si era anche candidato per le Regionali, ma senza portare a casa un numero di voti necessario alla nomina. Estensore anche di una mozione per la salvaguardia del paesaggio appena qualche settimana fa, Fabrizio Savani non è riuscito ad ingoiare il boccone amarissimo come i suoi compagni, ritenendolo “inadeguato” tanto da scegliere di non scegliere al momento del voto. Meglio agire «in coerenza con le proprie idee» ha poi confermato, mentre tra gli scranni della maggioranza – almeno in apparenza – la sua scelta non ha destato particolari preoccupazioni.
L’opposizione, al contrario, non ha potuto che cogliere la palla al balzo e rimarcare la scarsa coerenza grillina con le promesse elettorali. «In campagna elettorale si sentivano frasi come cambiare si può» ha chiosato subito il pd Giuseppe Bizzi, girando il coltello in una piaga aperta ormai da settimane. «La gente vi ha votato per altre ragioni. È l’ennesima volta che li tradite».
CENERE E CEMENTO: I PRECEDENTI – Ennesima, appunto. Da quando Federico Pizzarotti è infatti diventato sindaco di Parma, la maggioranza a cinque stelle ha dovuto fare più di un passo indietro, approvando delibere ed interventi pubblici non sempre in linea col programma elettorale a tinte green presentato alla città.
Al primo posto delle promesse non ancora mantenute c’è il nemico numero uno: l’inceneritore in costruzione alla periferia nord della città, quasi vicino lo stabilimento della Barilla e nel cuore della food valley. Gran parte della campagna elettorale si è basata proprio sul no secco all’impianto di combustione ormai pronto all’accensione prevista tra meno di due mesi, ma durante questo primo stralcio di mandato governativo, il Movimento 5 Stelle non è ancora riuscito a far valere le proprie ragioni su quelle di Provincia e Iren, la multiutility che una volta smantellato il cantiere gestirà il termovalorizzatore dei veleni, come qualcuno lo ha già soprannominato.
Nelle stanze dei bottoni, difatti, Pizzarotti e soci non sempre sono riusciti a trovare interlocutori disposti a scendere a patti, trovandosi costretti più volte a ritrattare.
Un altro episodio simile risale agli ultimi giorni di ottobre, quando l’assessore al Bilancio Gino Capelli ha dato i numeri in aula di Consiglio, parlando di un debito complessivo stimato oltre il miliardo di euro da ripianare solo attraverso dismissioni di quote comunali da alcune società partecipate o l’alienazione di beni patrimoniali.
Con queste operazioni c’è chi – il gruppo del Partito Democratico – ha ribattezzato subito Capelli come il “liquidatore” di un Comune ormai sull’orlo del fallimento. Sul suo curriculum si legge che «dal 2003 ha svolto incarichi in collegi sindacali di varie società, svolti anche in contesti di crisi aziendali», oltre ad aver ricoperto «incarichi di amministrazione di società con nomina giudiziaria, nell’ambito del dissesto Parmalat». Insomma, si tratta di uno che di fallimenti, in fine dei conti, se ne intende davvero.
“DOV’E SONO I PRINCIPI?” - Ma la prima vera battuta d’arresto per l’orgoglio grillino dalla erre francese risale a metà settembre. E sempre con l’aula consiliare (e l’immancabile diretta web) a fare da arena per lo scontro.
Anche in quell’occasione è toccato all’assessore Alinovi presentare un progetto consapevole delle conseguenti polemiche, tanto da ammettere che «non ci rappresenta per nulla, lo consideriamo un modello non emblematico di politica futura. Però ci sono precisi obblighi attuativi e ci sentiamo di concluderlo». Per senso di responsabilità o per frustrazione, anche il progetto per la realizzazione di un centro commerciale a San Pancrazio – un paio di chilometri fuori Parma – viene approvato. E al diavolo ancora una volta i principi e le ideologie: dove c’era uno storico kartodromo, la Decathlon ha ottenuto il via libera per occupare i quasi 9mila metri quadrati di superficie con i suoi scaffali, per un altro progetto già ideato dalle passate amministrazioni e che non poteva più essere rimandato.
«Ma se l’intervento non vi rappresenta, perché non votate contro?» ha provato a chiedere Massimo Iotti, altro esponente del Pd. «Potevate dare almeno un segnale» gli ha fatto eco Nicola Dall’Olio, il capogruppo dei democrat. Ma niente. Per la prima (e non ultima) volta, il Movimento 5 Stelle ha dovuto mettere da parte il programma, scontrandosi con una realtà forse troppo più grande del gruppo in cui uno vale uno. Almeno fino al gesto del ribelle Savani, il primo a farsi coraggio in una maggioranza arrivata dov’è con ben altri obiettivi.