Liberi cittadini contro il regime partitocratico, i privilegi della casta sindacale della triplice, la dittatura grillina e leghista, la casta dei giornalisti
sabato 15 febbraio 2014
Secondo il generale Pound la mafia e meglio dello stato. É proprio un ignorante.
CRONACA BASILICATA
ALLARME CRIMINALITA'
"La mafia si fa largo in Basilicata agevolata da amministratori locali corrotti"
Procura nazionale antimafia: "La mala infiltrata negli appalti pubblici"
di Redazione Basilicata24
Franco Roberti procuratore capo della Dna
La relazione annuale della Procura nazionale antimafia fa sfumare l'illusione di una terra libera dalla mafia. In Basilicata c'è e punta dritta agli appalti pubblici. Per la Superprocura è la camorra, nello specifico, ad avere oltrepassato il 'tranquillo confine' lucano infiltrandosi, là dove il piatto è più ghiotto.
E ciò è reso possibile grazie a "ipotesi di corruttela di amministratori locali". E' il solito giro insomma: camorra da una parte, amministratori corrotti dall'altra. In mezzo- sempre secondo la Direzione nazionale- spunta la manovalanza locale, "le nuove leve della criminalità lucana". Indeboliti i clan storici, infatti, si fanno largo, nel panorama criminale lucano, nuovi esponenti della malavita che sanno bene dove andare a cercare "alleati" per i clan campani, ma anche per quelli calabresi, interessati alla Lucania felix. Il particolare interesse alla "lucrose" attività imprenditoriali lucane- per la Dna- sarebbe emerso dall'inchiesta sull'omicidio di Donato Abbruzzese, ucciso a colpi di pistola nell'aprile del 2013. Dorino Stefanutti confessò quell'omicidio. Per gli inquirenti il delitto Abruzzese sarebbe maturato nella lotta per la gestione delle sale da gioco di Potenza.
Questi sono proprio da ricoverare. Il popolo sarebbe formato da quattro poveri diavoli davanti alla,camera.
M5s in piazza per le controconsultazioni
Fischi al Quirinale e al segretario Renzi
Dopo aver rinunciato di salire al Colle, gli attivisti e i parlamentari grillini
hanno organizzato un sit-in a Montecitorio
hanno organizzato un sit-in a Montecitorio
ANSA
Giulia Grillo durante la protesta a Montecitorio contro le consultazione 15 febbraio 2014 a Roma
“Controconsultazioni” del Movimento 5 Stelle davanti a Montecitorio. Dopo aver rinunciato di salire al Quirinale, i grillini stanno facendo un “sit-in” davanti alla Camera dei Deputati: un centinaio di persone ascoltano alcuni dirigenti del Movimento e li applaudono a più riprese, mentre contestano le modalità di formazione del Renzi One.
«Hanno paura delle elezioni, perché le vinciamo noi», arringa la folla il capogruppo alla Camera Alessandro Di Battista, tra gli applausi. «Quando una dittatura sanguinaria si avvicina alla fine diventano ancor più utili le menzogne, ci si arrocca per sopravvivere ed è quel che stanno facendo loro. Sentono l’odore della fine» perché «il sistema sta venendo giù e tentano di autoconservarsi», affonda Alessandro Di Battista. «Hanno paura - dice - alle Europee hanno sempre messo in lista il peggio -Zanicchi, Mastella, mancava solo Drupi- ora invece temono che arrivi gente in grado di far capire alla Merkel che il popolo italiano è sovrano e non servo. Sfondare quota 30% è possibile, ma abbiamo bisogno di tutti voi».
Tanti i fischi per Matteo Renzi, per il Capo dello Stato Giorgio Napolitano e per la presidente della Camera Laura Boldrini. Fischi accompagnati da qualche sonora pernacchia. Paola Taverna, senatrice M5S ed ex capogruppo a Palazzo Madama, “consulta” la piazza. «Noi abbiamo il “vizio” di consultarvi - dice Taverna - di chiedere alla gente cosa ne pensa. E allora voglio farvi alcune domande». Parte il fuoco di domande. «Vi sembra un esponente del centrosinistra Renzi? - chiede la senatrice - Vi piace questo nuovo Presidente del Consiglio? Vi sentite garantiti da questa presidente della Camera?». Un crescendo di fischi si leva contro Renzi e Boldrini. Segue l’affondo per il Colle. «Vi sentite garantiti da questo Presidente della Repubblica?». I fischi si levano ancor più copiosi e Taverna soddisfatta tira le somme: «Consegnamo al Paese queste consultazioni, le più democratiche possibili».
«Queste sono le consultazioni del Movimento 5 Stelle. Sono reali in mezzo ai cittadini». Federico D’Incà, il nuovo capogruppo di M5S lo sottolinea mentre è in corso la manifestazione a Piazza Montecitorio. Quelle che si svolgono al Quirinale «sono false. Tutto è già deciso per un governo Renzi e gli altri sono marionette al servizio del governo Renzi», aggiunge e dice: con «le marionette al servizio del potere noi non ci stiamo» e loro, la gente «sono con noi e con la nostra scelta».
Questo uomo che avrebbe voluto andare in pensione é oggetto di attacchi vergognosi dalle forze più eversive presenti in Italia: Lega Nord e grillini talebani. Che guerrieri coraggiosi a combattere contro un anziano.
IL FARDELLO DEL VECCHIO PRESIDENTE
Giorgio Napolitano e le sue dimissioni
Deve gestire un'altra crisi, stabilizzare l'era Renzi e varare la legge elettorale. Poi si dimetterà
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Ha accompagnato la sua rigidità, negli anni e col tempo, con una semplicità signorile, devota al culto dello stato, un’incandescente passione che tuttavia oggi deve sentire al tempo stesso come una dissipazione. E dunque, a ottantotto anni, Giorgio Napolitano pensa comprensibilmente alle proprie dimissioni come a una liberazione dalla politica inselvatichita, greve e caotica dell’Italia di Matteo Renzi e di Silvio Berlusconi, di Beppe Grillo e di Angelino Alfano. “Non siamo più dei ragazzini. E c’è un limite a tutto, anche allo spirito di servizio...”, mormora ogni tanto Emanuele Macaluso, l’ultimo dei miglioristi, il vecchio amico del vecchio presidente, l’uomo che ne raccoglie – e condivide – gli sbuffi e le confessioni più riservate, intime.
Ma dove passa Giorgio Napolitano non può esserci disordine. E dunque il presidente si dimetterà, sì, è una decisione presa da tempo, confessata persino pubblicamente, un anno fa: «La mia è una presidenza pro tempore». Ma il presidente vegliardo lascerà la cabina di regia soltanto dopo la riforma della legge elettorale che, lo ha detto anche ieri, va fatta «al più presto». Il carattere, la tempra, la sua stessa biografia gli impongono di completare il lavoro, prima di ritirarsi, malgrado gli acciacchi dell’età. E dunque Napolitano non mollerà prima di aver restituito un po’ di equilibrio al marasma istituzionale italiano: non può, non deve, non vuole lasciare attorno a sé un panorama ancora più confuso di quello che aveva trovato al momento in cui, un anno fa, i leader dei principali partiti italiani, compreso Berlusconi, gli chiesero la disponibilità a essere rieletto. Da qui deriva l’insistenza sulla legge elettorale che «va approvata al più presto». Per lui la politica, anche la più caotica, persino quella che si trova a dover gestire in queste ore dal Quirinale, si scompone e si ricompone sempre in un ordine lineare, rigido, quasi scolastico. E dunque, adesso che Enrico Letta si è dimesso e Matteo Renzi avanza con passo cadenzato verso Palazzo Chigi, il capo dello stato s’immerge nelle acque tumultuose dei partiti e le rimescola senza pietà. Sperando che sia l’ultima volta.
Avvolto dalla cantilena nasale di Grillo e del Cavaliere – “golpe”, “colpo di stato”, “attentato alla Costituzione” – l’anziano presidente è dunque spesso tentato di mandare tutti a quel paese. Testa ordinata e pignola, lui cerca che i dati della sgangherata politica quadrino tra loro secondo un rigido geometrizzarsi, ma di fronte a sé riconosce soltanto una capitale incoerenza, personaggi che considera storti, anguilleschi, e che devono dargli – così vuole la leggenda di Palazzo – anche un po’ di fastidio fisico. E così l’idea di lasciare tutto, di ritirarsi all’improvviso, talvolta lo ha sfiorato, forse avvolto, ma mai vinto, perché anche le dimissioni, finché saranno una fuga dal dovere, gli sono estranee come gli sono estranei Berlusconi, Grillo e Renzi. E non è la malagrazia a infastidirlo, ma – dicono – la malafede. Perché fu proprio il Cavaliere, un anno fa, a prendere la salita che porta al Quirinale per pregare Napolitano di ricandidarsi alla presidenza della Repubblica. Il presidente aveva deciso di abbandonare la politica, e soltanto l’esito confuso delle elezioni di febbraio 2013, con le insistenze disperate di Berlusconi e di Bersani, lo convinsero a rimanere lì dove stava, al Quirinale, stanco e malconcio com’era.
Da allora a oggi non è cambiato molto, e l’unica pressante preoccupazione del presidente adesso sembra quella del sistema istituzionale. Lui non considera le dimissioni di Letta come un suo personale fallimento, e non si mostra nemmeno troppo interessato alla natura – e alla qualità – del giovane Renzi. Per il capo dello stato, Letta e Renzi e Monti sono uguali: sue creature, dei premier da incaricare e guidare tra le pulsioni cialtronesche della politica impazzita. Napolitano rispetta gli equilibri parlamentari e i rapporti di forza tra i partiti, per quanto selvaggi e sconclusionati debbano sembragli questi equilibri e questi rapporti di forza. Il suo unico vero cruccio è che il sistema funzioni, cioè che all’Italia vengano restituite regole certe sul funzionamento del suo sfasciatissimo sistema istituzionale. E dunque vive queste sue ore al Quirinale sperando che possano essere le ultime da presidente della Repubblica, sognando la riforma elettorale e quella del Senato. Farà di tutto per ottenerle, per conquistare e restituire l’ordine all’Italia pazzotica. Poi, finalmente, sarà libero. Missione compiuta. Dimissioni.
PAROLE CHIAVE:
Uno che ha a uto già tutto dalla vita. Uno che viene da una dinastia. Uno che nn si é fatto da solo si permette di fare queste affermazioni offendendo milioni di giovani che ogni giorno partono per ogni luogo per trovare lavoro.
John Elkann: “Giovani disoccupati perché stanno bene a casa, non sono ambiziosi”
Pubblicato il 14 febbraio 2014 16.02 | Ultimo aggiornamento: 14 febbraio 2014 16.02
di Redazione Blitz
TAG: disoccupazione, fiat, john elkann
SONDRIO – I giovani non lavorano? Dipende anche dal fatto che stanno bene a casa e che hanno poca ambizione. Parola di John Elkann, presidente Fiat, nipote di Gianni Agnelli. Il giovane presidente era aSondrio dove ha incontrato alcuni studenti delle scuole superiori. E ha risposto così a chi gli chiedeva lumi sulla disoccupazione giovanile.
”Il lavoro c’è ma i giovani non sono così determinati a cercarlo. Se guardo a molte iniziative che ci sono, non vedo in loro la voglia di cogliere queste opportunità perché da un lato non c’è una situazione di bisogno oppure non c’è l’ambizione a fare certe cose”. Secondo Elkann ”ci sono tantissimi lavori nel settore alberghiero, c’è tantissima domanda di lavoro ma c’è poca offerta perché i giovani o stanno bene a casa o non hanno ambizione”.
Dopo i famosi “bamboccioni” dell’ex ministro dell’Economia Padoa Schioppa, dopo i giovani “choosy” di Elsa Fornero, dopo lo “sfigati” ai laureati con più di 28 anni pronunciato dall’ex viceministroMichel Martone, ecco i “poco ambiziosi” di John Elkann.
Sull’argomento il presidente Fiat ha poi intrattenuto due scambi di battute con gli studenti della provincia di Sondrio. A Nicola che si è presentato come ”studente dell’ultimo anno della scuola per elettricisti ed idraulici” e gli ha chiesto di poter lavorare in Fiat, Elkann gli ha replicato: ”prima diventa un elettricista e poi ne parliamo”. Infine a Mika che gli ha domandato cosa lo spingesse a lavorare pur avendo la possibilità di vivere senza doverlo fare, il rampollo di casa Agnelli ha replicato: ”io, Lapo e Ginevra abbiamo la grande fortuna di essere stati stimolati a fare delle cose e abbiamo tutti il desiderio di fare”.
A suo avviso ”è meglio fare una vita in cui hai interessi e fai cose che fare una vita in cui sei in vacanza tutto il tempo”. Infin John Elkann ha confessato di aver ”studiato al Politecnico perché interessato alla materie scientifiche” mentre il nonno lo avrebbe voluto ”veder studiare alla Bocconi, un’università che lui conosceva bene”.
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