Gaza, l’Egitto propone la tregua
Hamas: «Sarebbe una resa»
John Kerry vola al Cairo. In missione anche Federica Mogherini. Oltre 189 le vittime nella Striscia. Razzi su Tel Aviv. Israele abbatte drone
Il braccio armato del movimento islamista palestinese Hamas, le Brigate Ezzedin al-Qassam, ha rifiutato oggi la proposta egiziana di cessate il fuoco, minacciando di «inasprire» ulteriormente il conflitto con Israele. «Se il contenuto di questa proposta è quel che sembra, si tratterebbe di una resa e noi la rigettiamo senza appello», affermano le Brigate in un comunicato. «La nostra battaglia contro il nemico si intensificherà», aggiungono. Sfumano quindi le speranze di un possibile cessate il fuoco. Era stato l’Egitto a lanciare nella serata di lunedì la proposta di una tregua a partire da martedì mattina, con la cessazione delle ostilità aeree, marittime o terrestri e la disponibilità ad accogliere, entro 48 ore dalla tregua, delegazioni di alto livello israeliane e palestinesi per aprire i negoziati. E la Lega araba, già mediatrice in precedenti crisi, aveva chiesto a israeliani e palestinesi di accettare la proposta di tregua egiziana. Il presidente degli Usa, Barack Obama, aveva salutato positivamente la proposta, dichiarando che Israele ha il diritto di difendersi contro attacchi «inaccettabili», parlando però anche delle vittime civili palestinesi come una «tragedia». Secondo i media, il gabinetto di sicurezza israeliano si riunirà martedì mattina presto per discutere i termini di un accordo. Ma potrebbe essere inutile, dopo il netto «no» di Hamas.La notizia è arrivata dopo una giornata in cui il bilancio dei morti a Gaza è salito a oltre 180 vittime (più del 2012) con oltre 1.100 feriti. E mentre su Israele continuano ad arrivare i razzi (allarme anche lunedì su Tel Aviv), Hamas ha rivendicato di aver lanciato verso lo Stato ebraico alcuni droni (aerei senza pilota) di cui uno intercettato ed abbattuto su Ashdod.
Diplomazia al lavoro
Al Cairo sbarca martedì il segretario di Stato Usa John Kerry per discutere - osservano alcuni analisti - i punti di caduta di un eventuale cessate il fuoco. In arrivo nella regione anche due ministri degli Esteri della Ue: l’italiana Federica Mogherini e il tedesco Frank-Walter Steinmeier, che già lunedì da Amman ha chiesto la fine dei razzi su Israele. In agenda incontri con la leadership israeliana e quella palestinese alle quali porteranno la volontà europea e del resto della diplomazia internazionale di fermare lo scontro. Anche il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha ribadito l’appello a un cessate il fuoco. Lunedì ha anche telefonato al presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi per esaminare gli ultimi sviluppi nella Striscia di Gaza.
La bozza di accordo
I punti di una possibile intesa hanno come punto di partenza l’accordo per il cessate il fuoco raggiunto nel novembre del 2012 grazie alla mediazione egiziana. Secondo fonti informate del dossier, Israele chiederebbe da parte di Hamas la consegna delle riserve di razzi e lo smantellamento di tutti i tunnel tra la Striscia e Israele. Le richieste della fazione islamica indicano la liberazione dei 56 operativi di Hamas riarrestati da Israele in Cisgiordania dopo il rapimento dei tre ragazzi ebrei e liberati in cambio del rilascio di Gilad Shalit. Inoltre la riapertura del valico di Rafah tra la Striscia e l’Egitto e il denaro per pagare gli stipendi dei circa 40.000 impiegati di Hamas a Gaza. Ma ci sarebbe anche una ragione prettamente militare avanzata dalla fonte adHaaretz: l’intelligence israeliana ha stimato che circa il 50% dei siti di fabbricazione dei missili a Gaza (compresi quelli a lunga gittata) sono stati colpiti nei quasi 1500 raid aerei. Ad Hamas e agli altri gruppi resterebbe - secondo la stessa fonte - «solo il 55% dell’arsenale» dei razzi di prima che l’operazione cominciasse. Anche l’uso dei droni di lunedì, inoltre, sarebbe «un segnale» della possibilità di Hamas di discutere.
Sul campo
Nel frattempo si continua a registrare uno scontro durissimo: la situazione a Gaza è segnata dai continui raid israeliani che costringono la gente a rinchiudersi nelle case, quelli che non le hanno lasciate. Secondo l’associazione umanitaria Oxfam ci sarebbero «395mila civili in 18 località senza acqua e servizi igienico-sanitari». In Israele anche lunedì sono stati lanciati, secondo l’esercito, 100 razzi (15 intercettati dal sistema di difesa Iron Dome) e colpi di mortaio verso le zone del sud del Paese e anche al centro. Due bambine sono state ferite nel Neghev, una in modo grave. Segnalati anche razzi sul Golan, ma si è poi appreso che sarebbero stati lanciati dalla Siria. Dal Libano inoltre è stato lanciato un altro razzo caduto nel nord di Israele, nei pressi della città di Nahariya.
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