sabato 12 gennaio 2013


Quella che leggete sotto è la frase che Veltroni pronunciò a marzo del 2008. In quella occasione il Cavaliere coraggioso e che si presenta anche a Servizio Pubblico non accettò la sfida a due in televisione. Che strano ora la chiede e solo con Bersani. Questo ovviamente fa capire che cosa intenda per democrazia Berlusconi. Tutto è possibile quando viene comodo. E pensare che ancora a me è sfuggito se è il leader dello schieramento Lega-PDL o se è candidato a fare il ministro dell'economia. Peggio che peggio. Fa bene Bersani a non accettare. Se un uomo non è in grado neanche di farsi eleggere leader di una coalizione a quale titolo dovrebbe andare ad un confronto televisivo?



Veltroni torna sul mancato confronto tv con Berlusconi. "Lo si faccia anche perchè è come pic indolor, in un'ora passa tutto. Non dovrebbe essere un problema". In realtà, conclude Veltroni, "il fatto che non si voglia fare il confronto è testimonianza di difficoltà e di stanchezza".

Se ne va un altro. Certo Paluan, Salsi, Favia, Tavolazzi Pirini non vanno bene. I fascisti vecchio stampo si. Questa è una repubblica nata dall'antifascismo . Non c'è niente di vecchio in questo. Semmai vecchio è chi vuole far credere che essere fascisti è moderno.


Grillo apre a Casapound, consigliere comunale se ne va dai 5 Stelle

A Carpi, Lorenzo Paluan, sostenuto dalla lista civica 5 Stelle e Rifondazione Comunista rompe con il Movimento: "Troppa indulgenza verso i fascisti del terzo millennio. Noi siamo antifascisti"

Grillo apre a Casapound, consigliere comunale se ne va dai 5 Stelle
Non solo dibattiti e discussioni in rete. Dopo le parole di Beppe Grillo ai rappresentanti dell’associazione di estrema destra Casapound, tra gli eletti del Movimento 5 stelle c’è anche la prima defezione. A Carpi, in provincia di Modena, Lorenzo Paluan, consigliere comunale sostenuto dalla Lista civica 5 stelle e da Rifondazione comunista, ha deciso di abbandonare il simbolo di Grillo. Lo scrive in un lungo comunicato d’addio: “Possiamo dirci non antifascisti, quindi, per quanto mi riguarda, la mia esperienza con il Movimento 5 Stelle, si interrompe qui, perché quello che per me era chiaro ed evidente nella pratica quotidiana di questo movimento, non può compensare certe uscite ed esternazioni di quello che (purtroppo anche qui venendo meno rispetto alle premesse di due anni fa), si definisce il suo capo politico”.
Già in passato, Paluan, eletto nel 2009 al Comune di Carpi come indipendente sostenuto dalle liste di Grillo e di Rifondazione comunista, non aveva nascosto la delusione per i diktat e per la strategia delle espulsioni. Quella di Valentino Tavolazzi in primis. Ma è la conversazioni tra Grillo e il vicepresidente di Casapound, Simone Di Stefano, ad averlo spinto ad allontanarsi definitivamente dai 5 stelle. “Un movimento che nasce per chiedere più democrazia, non può essere non antifascista” scrive ancora.
Secondo il consigliere la posizione di Grillo è distante dall’attività politica, portata avanti dai rappresentanti locali. E non basta una semplice presa di distanza: “È una questione di logica e di senso delle parole, peraltro supportata, per quanto riguarda il Movimento 5 Stelle, dai temi e dalle campagne portate avanti fino a oggi, negli atti istituzionali delle persone che sono state elette in consigli regionali e comunali – va avanti – Dispiace vedere il lavoro di anni, di una moltitudine di persone, sprecato con questa leggerezza. Dispiace constatare che l’unica possibilità praticabile di avere un grande movimento ecologista e democratico in Italia, motore di uno dei principali risultati in difesa dei Beni Comuni, come i referendum del 2010, getti all’aria questa incredibile opportunità”
Troppo indulgente, secondo il consigliere, Beppe Grillo verso chi ama definirsi “fascisti del terzo millennio”. Rivendicando la militanza nell’Anpi, l’associazione nazionale partigiani, Paluan non risparmia parola durissime per la formazione di destra capitanata da Gianluca Iannone. “Su questo tema non ci possono essere margini di dubbio”.  Quindi, conclude, il divorzio è inevitabile. “Dopo aver ascoltato le parole dette in libertà da Grillo, proprio nel momento che ci apprestiamo a partecipare ad un’elezione non può per me essere valutata come uno dei tanti errori e mancanze nella gestione interna del movimento che ho segnalato da quando vi ho aderito fino a oggi”. Resta da capire se ora il consigliere deciderà di dimettersi, lasciando il seggio in Comune, o se preferirà proseguire solo con il simbolo di Rifondazione.

Come si può dire che il simbolo della lista civica di Rubiconto era uguale a quello della lista di Grillo. Come hanno il coraggio questi ladri di simboli di usare ancora il simbolo della lista civica di Rubiconto. E se sono tanto sicuri di avere avuto un grande risultato elettorale per merito di Grillo perché non si presentano ai cittadini di Voghera con lo stesso simbolo con il quale si presentano alle nazionali o alle regionali con quelli che furono trombati nelle ultime elezioni comunali? 
I vogheresi sanno e ricordano tutto. E di certo non voteranno una lista di trombati e di affamati di poltrone. Perché questo erano e questo saranno all'infinito: servi affamati di poltrone estremamente ignoranti.

Questo è il simbolo della lista civica "Movimento Voghera 5 Stelle - Rubiconto Sindaco"


Questo è il simbolo di Grillo e della sua lista.


Erano giorni che guardavo questo filmato e mi chiedevo:" Dove ho sentito queste parole, dove ho visto una persona uguale a Berlusconi, chi riesce a parlare per due ore dicendo bugie su bugie ma credendoci lui stesso?". Ma si. Berlusconi dice le stesse cose di grillo e Grillo è proprio uguale a Berlusconi. Anzi peggio perché i tratti da dittatore sono emersi in Grillo prima nel tempo. Ma non è che sono la stessa persona? Populisti, peronisti, ballisti, incapaci, incompetenti. Che tristezza per il nostro paese che meriterebbe molto di più. Il nostro è un grande paese con dei grandi uomini e noi lasciamo il potere a due comici/politici che hanno le dimensioni di due formiche.


Intervista da leggere senza alcun commento a quello che è il portavoce del Partito Pirata. Se non altro hanno il coraggio di chiamarsi partito. I grillini invece si definiscono movimento anche se sono un vero partito marxista-leninista/nazional-fascista. Vecchi come il comunismo dei bolscevichi e come il nazional-fascismo hitleriano.


I Pirati "molto scherzosi e altruisti" di Marsili

«Ti avevo promesso che ti saresti divertito: ho mantenuto la promessa?» Inizia così la mia chiacchierata con una delle persone che meglio di altre può spiegare cos’è accaduto al Viminale questa mattina, in sede di presentazione dei contrassegni elettorali. Marco Manuel Marsili, portavoce del Partito Pirata (quelli con il teschio e le due sciabole sul simbolo, per capirci) e indicato come capo di quella forza politica, parla alla fine di una giornata intensa: è stanco («Non dormo da lunedì!») e altri l’hanno intervistato in precedenza, ma si sottopone con pazienza alle mie domande.

Alla fine hai portato il “tuo” Partito Pirata, ma gli altri che c’erano prima di te erano legati a te?

Come sai si porta un solo contrassegno e io, giustamente ho portato il Partito Pirata.

Eppure mi sembrava di aver capito che anche gli altri avessero a che fare qualcosa con te…

C’è un ragazzo, questo Andrea Massimiliano Danilo Foti, che con altri nel 2007, dopo due anni di esperienze di meet-up, visto che Grillo diceva che non avrebbe mai partecipato alle elezioni, mentre loro avrebbero voluto farlo, aveva creato con tanto di atto costitutivo e statuto questo “Movimento 5 Stelle”, infatti il simbolo è molto simile e giustamente non c’è il riferimento al sito di Grillo perché questi hanno preso una strada autonoma già nel 2007. Quanto a noi, sai che i pirati per formazione vanno all’assalto, sono molto scherzosi, ma sono anche molto altruisti, quindi quando si può dare una mano a qualcuno, divertendosi anche…

E in questo caso, la mano qual è stata?

Quella del Signore, diciamo così… no? La mano invisibile.

… che ha fatto in modo che loro fossero tra i primi.

Eh, diciamo che non abbiamo certamente intralciato questo esercizio della democrazia.

Vi hanno contattato loro o sapevate già della loro esistenza?

Guarda, ci sono tante realtà politiche. Bossi non ha inventato la Lega, Grillo non ha inventato il Movimento 5 Stelle, l’ha detto anche Favia oggi: il M5S non è suo, quindi … probabilmente uscirà qualcosa di nuovo su questa vicenda nelle prossime ore. Stamattina, poi, c’erano tante di quelle democrazie cristiane che poi son sparite…

E l’altro simbolo prima dei pirati? La Rivoluzione civile senza Ingroia?

Quello l’ha presentato ufficialmente – perché ha già fatto dichiarazioni pubbliche e svariate interviste – Max Loda.

Che è sempre legato ai “tuoi” pirati…

Sì, è un dirigente nazionale del Partito Pirata. Aveva tutta la titolarità di portarlo, semplicemente perché era uno dei tanti simboli che lui aveva creato, sono varie decine, si trovano anche su internet e sui libretti del Viminale.

Quindi, nella bacheca c’è prima il Maie, poi il M5S di Foti, poi la RIvolzione civile di Loda, poi ci sono i tuoi Pirati.

Certo, il partito pirato ha il suo contrassegno solito e quello presenta.

Dalla tua hai le partecipazioni alle elezioni amministrative dell’anno scorso, ma a tuo sfavore hai le due ordinanze del tribunale di Milano che ti inibivano l’uso del nome “Partito pirata” e della bandiera nera.

Ma è roba che non fa testo! Quelle sono ordinanze cautelari: c’è una causa di merito in corso, aspettiamo quella e poi magari, tra una ventina d’anni come con la Democrazia cristiana, ne riparliamo. Non si può davvero pensare di tenere bloccato solo con una causa cautelare, che non accerta nulla a fondo, l’uso di un nome, peraltro da parte di un’associazione che finora non ha fatto politica come “quei” Pirati. Non hanno capito che per le elezioni vale una disciplina diversa rispetto alla titolarità dei segni distintivi: non a caso, anche nelle ultime elezioni cui abbiamo partecipato, per rinnovare l’amministrazione comunale di Camerata Nuova, abbiamo utilizzato lo stesso simbolo che abbiamo depositato poche ore fa, con scritto “Partito Pirata” e non più “Pirateparty.it” come avevamo indicato in precedenza, e la commissione non ha avuto alcuna difficoltà ad ammettere il nostro emblema.

Nell’eventualità che il Ministero dell’interno ti inviti a sostituire il tuo emblema, dichiarando che l’unico elemento di confondibilità è la vela nera e dunque suggerendoti di toglierla, lo farai?

Perché mai dovrebbe chiedermelo? Sarebbe molto al di fuori di quello che il Ministero può chiedere; casomai una domanda simile andrebbe fatta a questi altri signori. Loro e gli altri del Movimento 5 Stelle, imparassero ad arrivare prima, per tutelare i loro segni: noi ci siamo fatti una lunga veglia praticamente da lunedì, loro sono arrivati tardi e questa è la conseguenza.

Nella bacheca ministeriale è apparso anche un Movimento pirata: come mai ora è così inflazionato?

Beh, è semplice. Non si è occupato nessuno prima di noi di fare politica con quel nome. Casualmente, da quando noi abbiamo preso in mano quel nome e quel simbolo e ci siamo fatti il culo, qualcuno ha pensato bene di approfittarne: non lo ha fatto ricorrendo alla propria capacità politica, bensì ricorrendo alla magistratura. Forse perché la prima non ce l’hanno?

Se quei simboli passeranno il vaglio del Viminale, integrali o modificati, contate di presentare liste?

Noi certamente presenteremo le liste del Partito Pirata. Per il resto, abbiamo sempre aiutato tutti e lo faremo sempre nei limiti del possibile, sena che questo danneggi le nostre iniziative. Se ci sono esperienze che meritano e hanno qualcosa da dire, perché no? In questi giorni parecchi ci hanno chiesto “un aiutino” su vari fronti, noi invece non abbiamo mai chiesto niente a nessuno e infatti nessuno ci ha mai dato niente, andiamo sempre da soli, mai coalizioni.

C’è chi ti ha definito «un creatore di simboli»: ti ritrovi in questa etichetta?

Perché no? Con quelle schifezze che si vedono in giro, dalla lista Monti a Fli… credo che questi dovrebbero andare a lezione di buon gusto e, già che ci sono, anche di politica, non gli farebbe male, visto che non ne capiscono di politica e di economia. I loro simboli non dicono niente, perché non hanno niente da dire: il nostro simbolo è tutt’altra cosa. Ma vale anche per altri: vuoi mettere la bellezza del nostro manifesto di Johnny Depp, che tra l’altro è il nostro presidente onorario, contro il grigiore di Bersani?

Diamo qualche numero: nel 1994 è stato stabilito il record dei contrassegni ammessi, se ne sono contati 312. Credi che quel numero possa essere battuto in questi giorni?

No, quello è un record impossibile da battere: a provocarlo era stata la legge elettorale, con quelle doppie schede per la Camera, a far proliferare i contrassegni.

Eppure stamattina, anche a distanza, ho avvertito una grande quantità di energia che non aspettava altro che esplodere…

Beh, sì, c’è molto malcontento verso i partiti, i “carrozzoni”, quindi la stanchezza ha fatto tornare la voglia di fare qualcosa, di non essere servi della gleba. Oggi la politica che va per la maggiore è collusiva, lo mostrano anche queste offerte al “centro” di Monti da questa o dall’altra parte: chi non è lì per mercanteggiamenti, ha idee e fa politica per passione non tollera tutto questo. Lo devo dire, mi ero un po’ assentato in questi anni, ma sono stato richiamato in servizio. Per capirci, io non prendo un centesimo come consigliere comunale del Partito Pirata.

Marco Marsili politico per passione al 120%?

Sì, anche se ho cercato di smettere; se lo fai come noi ci devi veramente credere.

Mi hai detto altre volte che chi presenta simboli “particolari” lo fa anche per provare la tenuta delle discipline elettorali. Cosa diresti dopo questa giornata?

Il sistema ha dimostrato di non reggere lo stress test. Gli episodi di oggi dimostrano quanto sia vacuo e fallace il sistema elettorale italiano, ma noi lo sappiamo da sempre, gli altri sembrano accorgersene ora. Questo vale soprattutto per Grillo, che credo sia molto più pericoloso dei vari Berlusconi, Monti, Bersani, Bossi messi insieme. Paradossalmente è diventato il nostro primo avversario. Lui aveva detto che i “grillini” non avrebbero mai partecipato alla pagliacciata delle elezioni, che non sarebbe nato un partito: ora il M5S partecipa alle elezioni, Grillo è proprietario del simbolo e a ottobre ha provato a registrare un marchio con la parola Pirati. È coerenza questa? Io in fondo ho solo accompagnato alcune persone a fare qualcosa che non è illegale e, comunque, è giusto.

Chi di simbolo ferisce di simbolo perisce. I grillini vogheresi hanno rubato il simbolo alla lista civica facendo scomparire Rubiconto Sindaco e qualcuno ha rubato il simbolo alla setta facendo sparire il nome di Grillo. Ah, ah, ah....... e adesso Peppe 'u curtu si lamenta, fa la vittima utilizzando i mass media che fino ad oggi "facevano schifo". Nel prossimo articolo pubblicheremo il simbolo vero e quello rubato.


In questo video potete constatare la deriva di una setta capitanata da un politico che come comico non faceva ridere ma come "statista" riesce a far piangere dalle risate. Uguale a Berlusconi. Talmente uguale da farci pensare che Berlusconi stia facendo la campagna elettorale con la propria faccia e con quella di Grillo. Salsi, Favia e Tavolazzi non vanno bene. I fascisti vanno benissimo. Quando dicevamo che questa è la nuova destra populista peronista non ci sbagliavamo. Ci divertiamo a pensare a quei poveri diavoli che fino a ieri hanno votato IDV, SEL, PD, Rifondazione Comunista, ecc. ecc. e che delusi dai loro partiti per la prima volta voteranno il Berlusconi travestito da Grillo. Viva l'Italia come direbbe Totò "a prescindere".

http://youtu.be/pb2cX46I9HM

giovedì 10 gennaio 2013

Abbiamo capito finalmente perché Grillo sta chiedendo i soldi per gli avvocati ai suoi fedeli. Deve pagare Berlusconi. Secondo me quei soldi li usa anche per pagare i legali che mandano lettere di diffida a gente come Salsi e Favia.


LA SENTENZA

Diffamazione, Grillo paga il Cavaliere

Il comico condannato a risarcire Berlusconi con 50 mila euro per un articolo su Fininvest del 2004.

A due mesi dal voto, Silvio Berlusconi registra un'importante vittoria in tribunale.
Importante perché conquistata contro uno dei suoi acerrimi nemici, dentro e fuori dalla politica: Beppe Grillo.
Il comico genovese, fondatore del Movimento 5 stelle (M5s), infatti, è stato condannato dal tribunale di Roma a pagare 50 mila euro di risarcimento al Cavaliere per diffamazione a mezzo stampa.
Una mezza vittoria, a dire il verò, perché la richiesta era di 500 mila euro: 10 volte tanto. Al centro del caso, un articolo scritto da Grillo nel 2004 e apparso suInternazionale con il titolo «Il caso Parmalat e il crepuscolo dell'Italia».
FININVEST PARTE LESA. Parte lesa è Fininvest spa, di cui Grillo scrisse: «Il sistema Finivest e il sistema Italia per certi versi sono analoghi al sistema Parmalat: molta apparenza, conti falsi, corruzione, poca qualità, futuro in declino», parlando di «uno stretto legame con il sistema della politica italiana e della corruzione».
«NON FU SATIRA». A nulla è valsa la difesa dei legali del comico, che hanno definito queste frasi caratterizzate da una «palese riconoscibilità della finalità satirica». Secondo i giudici, «non vi sono metafore nell'articolo, non c'è la volontà di provocare il riso. Anzi: dove il comico ricorda il contenuto dei suoi spettacoli teatrali lo fa al limitato fine di dimostrare che egli aveva già da tempo denunciato i fatti riguardanti Parmalat». 
Venerdì, 04 Gennaio 2013

Ogni sera, prima di andare a letto, e tutte le mattine prima di recarmi al lavoro mi chiedo sempre: "Ma chi ne spara di più di balle Grillo o Salvini? Di Berlusconi è inutile dire. Povera Italia mia.


Lega nord, la bufala della macroregione

Maroni vuole trattenere il 75% di tasse in Regione. Ma la percentuale è già del 66%. L'ex ministro snobba Albertini.

di Ulisse Spinnato Vega
Il segretario lombardo della Lega nord, Matteo Salvini, va in televisione e spara cifre in libertà: «Se la mia Regione dà 10 allo Stato e si vede restituire tre allora vuol dire che c’è qualcosa che non va».
La bocca si apre solo per prendere aria: la proporzione infatti è sballata. Su un gettito fiscale totale nazionale che nel 2011 è stato pari a 411 miliardi di euro (e nel 2012 è già a 378 miliardi tra gennaio e novembre), i lombardi versano circa il 21%, ossia 86 miliardi. Percentuale che collima con quella della ricchezza, visto che la più popolosa regione italiana produce circa un quinto del Pil nazionale.
IL BALLETTO DELLE PERCENTUALI.Se Salvini avesse ragione, vorrebbe dire che in termini di trasferimenti, compartecipazioni e servizi, la sua regione ottiene indietro solo 25 miliardi di euro. Mentre in realtà i lombardi vedono rientrare il 66% delle risorse prodotte, dunque una percentuale non lontanissima dal 75% evocato nei proclami del Carroccio come la panacea di tutti i mali.
LA SOLIDARIETÀ NAZIONALE. La differenza fa circa 8 miliardi. Non i 20-25 miliardi di cui favoleggia il segretario federale Roberto Maroni. E comunque rappresenta una porzione di quella quota di trasferimenti da Nord a Sud (circa 50 miliardi) che giustificano la solidarietà nazionale e costituiscono il collante necessario per l’esistenza stessa di uno Stato unitario.
Certo, è naturale che poi i soldi elargiti al Meridione vadano usati meglio di quanto accaduto finora, ma questo è tutto un altro discorso.

Il Cav: «Al Nord rimane già il 75% delle tasse»

La Lombardia, peraltro, può contare su ben 11,5 miliardi di entrate dovute a tributi propri (bilancio di previsione 2012). E su 7,3 miliardi di tributi erariali e compartecipazioni attesi nel 2013. Senza dimenticare 1,2 miliardi di assegnazioni dallo Stato (parte corrente e conto capitale) nella previsione di competenza per il 2012.
I CASI DI VENETO E PIEMONTE. Tra l’altro, se si allarga il discorso alla vagheggiata macro-regione del Nord, il Veneto si riprende già oggi il 72% di quello che elargisce e il Piemonte arriva addirittura all’86%. Dunque, in base ai numeri, non si comprende in cosa consista questo presunto scippo ai danni dei poveri «padani».
LA RETTIFICA DI BERLUSCONI. In fondo, pochi giorni fa era stato lo stesso Silvio Berlusconi a smontare il giocattolo e a ridimensionare con gaffe forse involontaria la presunta portata storica del nuovo mantra leghista. In sede di accordo con il Carroccio, l’ex premier infatti aveva detto: «Il 75%? Al Nord rimangono già ora le stesse somme, se si intende questa percentuale come comprensiva delle spese di tutte le istituzioni situate al Settentrione quindi anche le Province, i Comuni e tutte le società o articolazioni che amministrano servizi pubblici».
Insomma, Maroni invoca la liberazione di schiavi che hanno già perso le catene. E a dirlo è il suo primo alleato in persona.
Mentre il problema vero è che l’Italia nel suo complesso ha una pressione tributaria troppo alta (nel 2013 sarà del 45,3%) e una spesa per gran parte inefficiente.
IL NODO DEL FEDERALISMO FISCALE. Ma cosa ne è stato del federalismo fiscale leghista? Un ballon d’essai rimasto nel limbo delle incompiute.
Nel frattempo nemmeno la ricca Lombardia copre il suo settore chiave d’intervento con risorse proprie. Secondo dati Copaff (la Commissione tecnica per l’attuazione del federalismo fiscale), il Pirellone nel 2010 ha speso 17,5 miliardi per la sanità e solo il 64% è stato foraggiato in modo autonomo. La precentuale scende al 52% per il Veneto e addirittura al 43% in Piemonte, poco meglio delle neglette regioni meridionali.

Il miraggio dell'autarchia secessionista

In più, la proposta leghista del 75% delle tasse ai lombardi ha un sapore di autarchia secessionista che gran parte degli osservatori bolla come eticamente discutibile, antistorica e persino tecnicamente impraticabile.
LA GEOGRAFIA DEI RICAVI. Se si considera la ricchezza imponibile, per esempio quella delle imprese, su cui viene impostata la rivendicazione delle camicie verdi che sottrarrebbe risorse allo Stato centrale per mantenerle sul territorio, va detto che in gran parte si tratta di ricavi che non scaturiscono da quello stesso territorio, ma derivano da vendite nel resto d’Italia o magari all’estero. Un fatturato che spesso viene realizzato da filiali che si trovano al Sud o in Europa e nel mondo. Allora sorge una domanda: perché un flusso di ricchezza che viene creato in Campania o in Sicilia, e ha in Lombardia solo la sede legale di riferimento, deve rimanere a beneficio esclusivo dei lombardi?
MEZZOGIORNO PRIMO MERCATO. Il Mezzogiorno d’Italia è il primo mercato per i prodotti delle regioni settentrionali. La sola Lombardia ricava più di 50 miliardi di euro l’anno dalla vendita dei suoi prodotti da Roma in giù.
Su chi ricadrebbe il peso di una fantomatica autarchia fiscale del Nord che provocherebbe ostracismi e una qualche, pur informale, ritorsione protezionistica da parte delle altre regioni d’Italia? Ha senso vellicare pulsioni secessionistiche totalmente anacronistiche?
L'OSTACOLO COSTITUZIONALE. Infine c’è il nodo istituzionale che lascia facilmente intendere come la promessa del «75% ai lombardi» sia mera propaganda.
I leghisiti evocano quale esempio da seguire il regime delle regioni a statuto speciale. Per trasformare la Lombardia in qualcosa di similie alla Sicilia o al Trentino, però, bisogna modificare il Titolo V della Costituzione, passando attraverso l’iter parlamentare lungo e difficile della procedura aggravata di riscrittura della Carta.
LA RIFORMA DEL TITOLO V. L’eventuale riforma con doppia lettura degli articoli 116, 117 e 119 avrebbe bisogno dei due terzi di maggioranza per evitare il referendum confermativo. La Lega pensa davvero di raccogliere numeri del genere in parlamento? O anche solo di raggranellare una maggioranza assoluta?
Il Carroccio minoritario e frontista del 2013 ritiene davvero di riuscire laddove ha fallito il partito bossiano che era in maggioranza e al governo nel 2008-2011?
Dopo il federalismo fiscale, ecco un altro ballon d’essai lanciato in cielo dalla dirigenza di via Bellerio.

dipocheparole     venerdì 27 ottobre 2017 20:42  82 Facebook Twitter Google Filippo Nogarin indagato e...