sabato 5 aprile 2014

Articolo consigliato caldamente ai grillini ed ai leghisti.

Perché gli stupidi sono sempre strasicuri

E perché gli intelligenti sono pieni di dubbi, come diceva Russell? È l’effetto Dunning/Kruger
  
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un paper tira l'altroFacciamocela, questa domanda: noi esseri umani siamo capaci di essere obiettivi su noi stessi e sulle nostre abilità? La risposta generale è: no. In particolare, quanto più qualcuno è incompetente su un certo tema o in una certa attività, tanto più crede di essere più bravo di quel che è. Invece quelli più competenti tendono a “fare i modesti”, cioè sottostimano la loro competenza. L’effetto per cui se sei scarso su un certo tema non sai neanche di esserlo si chiama “effetto Dunning/Kruger”, dal nome dei due psicologi che lo hanno dimostrato tramite una serie di esperimenti.
Si tratta in buona sostanza di una “stupidità al quadrato”, in quanto sei stupido – sempre su un certo tema, beninteso - e lo sei talmente tanto da non capire di esserlo. Dall’altro lato, il fatto che quelli competenti siano modesti sulla loro performance si può spiegare in questo modo: costoro ritengono che la bravura degli altri sia paragonabile alla loro, e dunque non pensano di essere così bravi. In effetti, i due autori mostrano che, se ai più bravi fai vedere qualcuno dei compiti fatti dagli altri, quelli bravi capiscono meglio e diventano meno modesti e più obiettivi, in quanto si rendono conto con chi hanno a che fare!
Invece l’incompetenza è una specie di buco nero: se in un esperimento fai vedere ai somari i compiti fatti dai più bravi, i somari continuano a pensare di essere meno somari di quel che sono, perché non riescono a vedere la differenza tra compiti fatti bene e compiti fatti male.
Questa ricerca è illuminante ma anche preoccupante: se non riesci ad allenare i somari, questi resteranno tali, perché continueranno a pensare di non esserlo. C’è anche spazio per la vita difficile di Antonio Salieri: se sei bravo ma non un genio, capisci con una precisione tremenda chi è il Mozart davanti a te, e nessuna ignoranza ti salva.
Per chi vuole saperne di più:
Justin Kruger e David Dunning [1999]. “Unskilled and unaware of it: how difficulties in recognizing one's own incompetence lead to inflated self-assessments.” Journal of Personality and Social Psychology 77(6) (1999): 1121-1134. Disponibile qui 

E pensare che ci hanno fatto pensare che era tutto sistemato. Si, e noi ci avevamo creduto!!!!!!

L’Aquila: la ricostruzione che non c’è

di   - 05/04/2014 - A cinque anni dal terremoto che ha distrutto il capoluogo abruzzese, c'è chi parla di «ricostruzione avviata». In realtà solo il 20% degli edifici della città sono stai ricostruiti, in gran parte edilizia residenziale. E cresce il disagio sociale in una comunità che torna a piangere le 309 vittime di quella notte

L’Aquila: la ricostruzione che non c’è<1/13>

L’Aquila: la ricostruzione che non c’è
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A cinque anni dal terremoto che nella notte del 6 aprile 2009 ha colpito l’Abruzzo, c’è chi parla di «ricostruzione avviata» in uno dei centri più feriti dal sisma: L’Aquila, andata in gran parte distrutta nella scossa di quella notte. «A cinque anni dal terremoto la ricostruzione del centro storico mi sembra avviata, e non è un fatto simbolico”. A parlare è Fausto Cardella, procuratore capo della Repubblica dell’Aquila, nonché procuratore distrettuale antimafia.
terremoto l'aquila 4
UNA COMUNITÀ DIMEZZATA - Cardella ha però sottolineato che le cose, a L’Aquila, non vanno per il meglio nonostante la ricostruzione: dopo il terremoto la comunità della città si è praticamente dimezzata: in molti si sono spostati altrove, per ricominciare una nuova vita. E quel che è peggio, come dice Cardella, a L’Aquila «si registra la crescita di un certo tipo di reati più che altro di sciacallaggio». Tra quelli che sono rimasti, per scelta o necessità, serpeggia quello che Cardella ha definito «un indubbio disagio sociale», dove le drammatiche conseguenze del terremoto sono aggravate «anche alla crisi generale in atto e alla ricerca di lavoro, soprattutto tra i giovani».
Guarda le foto del terremoto del 2009:
«SOLO IL 20% DEGLI EDIFICI SONO STATI RICOSTRUITI» – Ma all’Aquila i conti non tornano, e la denuncia viene da Legambiente che punta il dito contro i numeri incredibilmente bassi degli edifici che sono stati ricosruiti in questi cinque anni, nel capoluogo abruzzese come nel resto delle 56 frazioni colpite. «Con circa otto miliardi e mezzo di euro spesi, la devastazione dei centri è ancora tutta lì, il tempo quasi sospeso – scrive Legambiente in una nota  – Solo il 20% del centro storico dell’Aquila è stato ricostruito». I dati parlano chiaro: e a fornire questi dati è proprio il Comune dell’Aquila che parla di «11.825 interventi di ripristino conclusi a fine dicembre 2103 sui 22.841 previsti”, mentre “sono 18.657 le persone assistite, che vivono ancora in alloggi provvisori, di cui 11.699 nelle new town (progetto C.a.s.e L’Aquila) e 2.464 nei moduli abitativi provvisori (progetto map L’Aquila)». Questo a fronte dello stanziamento di 11,4 miliardi in cinque anni, suddivisi in diverse categorie: emergenza, assistenza e altro (4,7 miliardi), ricostruzione edilizia pubblica (1,5 miliardi), ricostruzione edilizia privata (5,2 miliardi). Nel complesso, sono stati impegnati 8,3 miliardi di euro e spesi 6,3 miliardi, di cui 3,5 durante la fase dell’emergenza per attivitaà differenti dalla ricostruzione pubblica e privata. Ma i risultati ancora non si vedono. Come non si vede, per ora, il ritorno alla vita per l’Aquila.


«UN GROVIGLIO DI PONTEGGI» - «Solo il 20% del centro storico dell’Aquila è stato ricostruito – commenta Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente – Il resto è ancora un groviglio di ponteggi e puntellamenti, una parte dei quali necessiterebbe di manutenzione, e quel 20% è quasi tutto riferito alla ricostruzione residenziale. Soltanto una chiesa è stata restaurata e riaperta al culto. Le frazioni, poi, in molti casi sono ancora alle prese con la progettazione di un piano di ricostruzione». Per l’Aquila, e per il resto dell’Abruzzo ferito dal terremoto, ci si aspetta un futuro diverso e concreto che permetta alle persone di tornare a una vita normale in una città finalmente ricostruita senza speculazioni e senza intercettazioni telefoniche che rivelano le risate della classe dirigente davanti alla tragedia.
309 RINTOCCHI NELLA NOTTE - E questa notte, per il quinto anno, L’Aquila ricorda le vittime del terremoto del 2009 con una fiaccolata che passa per via XX Settembre e raggiungerà piazza Duomo dopo una sosta davanti alla Casa dello Studente, nel cui crollo morirono otto giovani. Poi, alle 3.32, i 309 rintocchi della campana del la chiesa del Suffragio, uno per ognuna delle vittime di quella notte. Nella speranza che L’Aquila ritorni alla vita.

Riceviamo e pubblichiamo

Se nelle liste del M5S ci sono parenti è diverso: "si condivide un cammino assieme"

Ricordate i tempi in cui i grillini denunciavano a gran voce i casi di parentopoli all'interno di partiti, municipalizzate, RAI, liste elettorali, comuni, province, regioni, amministrazione centrale etc etc etc?

Tutti eravamo d'accordo nel combattere questi casi di non meritocrazia con loro.
Bene, una volta eletti però, ecco spuntare alcuni casi di parentele nelle varie liste grilline in giro per l'Italia (potete trovare un riassunto di qualche mese fa in questo post).
Dopo poco, ordunque ecco che ricapitano gli stessi vizi anche da quelli che facevano della lotta alla casta, ai favoritismi e agli sprechi il loro cavallo di battaglia.

L'ultimo caso di parentopoli però è curioso, più che altro per la giustificazione data dal diretto interessato.
Il candidato sindaco di Prato, Mariangela Verdolini, ha messo in lista, per esempio, il marito Vicenzo Del Mondo oltre alla coppia Manuela Biliotti e consorte Fabio Scarrone.  Proseguendo, si nota  l’accoppiata mamma e figlia, Marina Pulichino (figlia) e Loredana Angelozzi (mamma). Concludendo, anche se qui non si tratta proprio di parenti, ecco Chiara Bartalini, fidanzata del candidato alle Europarlamentarie Riccardo Vergombello.


Una volta scoppiata la polemica (qui per maggiori dettagli), ecco che la Verdolini se ne esce con una risposta epica (grassetti nostri):

"La mia lista è fatta da persone che sono attive nel Movimento da molto tempo. Se vi e' qualche rapporto di parentela è perché le persone stanno condividendo un cammino che vuole portare al bene di tutti. Siamo cittadini onesti che vivono i problemi della quotidianità e vogliamo cambiare le cose per tutti".

Ma come?!? Quando altri hanno rapporti di parentela sono dei ladri, fanno parte della casta, sono morti, sono zombie etc etc...quando un grillino però mette in lista suoi parenti, lo fa "perchè si condivide un cammino". Che vuol dire??

E la coda di paglia è palese. Come raccontato da "iltirreno":


"Dietro la presunta parentopoli a 5 Stelle, che ha più il sapore di “un affare di famiglia”, c'è un altro giallo: i nomi della lista di Verdolini comparivano su un video - quello inviato prima della tornata di Comunarie a Grillo e Casaleggio - fatto girare su Youtube che è scomparso già da ventiquattro ore (mercoledì 2 aprile). Ma non del tutto, però: qualcuno ha fatto i tempo a conservare il link e qualche screenshot."

Si arrampicano proprio sugli specchi. Hanno concordato la risposta davdare alla stampa ieri sera.

http://youtu.be/QHA6xUIYXQ0

Perché i leghisti come Mognaschi e Centinaio e Salvini non fanno interpellanze per Di Maio che va nelle scuole durante "la campagna elettorale" europea? Il problema non è il contraddittorio a scuola. Il problema é essere razzisti contro una persona perbene che ha solo il colore della pelle nero.

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=660022210700995&set=a.522465337790017.1073741826.522391027797448&type=1

Ho partecipato ad un convegno a Baveno nel quale vecchi dirigenti e relatori approssimati parlavano di aziende. Ovviamente senza sapere neanche cosa è o come é fatta un'azienda. In alcune aziende italiane é meglio non mandarli gli alunni. Bisognerebbe poi capire perché le aziende norvegesi vanno così bene. Occorrerebbe capire perchè i nostri laureati migliori trovano posti prestigiosi in Germania e negli Usa mentre in Italia fanno lavori nei quali mettono in campo 1% delle loro capacità professionali. In quel convegno si é passato più tempo a ringraziare per le relazioni di aria fritta tenute che per capire come lavorano le aziende nella Silicon Valley. E come potrà cambiare mai la scuola fino a quando starà nelle mani di questi incompetenti

NEW YORK - Tesla corre, da Wall Street alla Norvegia. Mentre un colosso come General Motors è nel mirino di inchieste sulla sicurezza, il re dell'auto elettrica è diventato il produttore dell'auto in assoluto più venduta in un solo mese in Norvegia, il suo secondo mercato globale.
In marzo la sua Model S, la berlina del gruppo, ha venduto 1.493 veicoli nel Paese nordico. Il precedente record spettava a Ford nel 1986: aveva consegnato 1.454 modelli di Sierra. Nelle vendite di marzo la Norvegia ha visto al secondo posto il modello Golf della tedesca Volkswagen con 624 vetture messe in strada.
La Norvegia, per Tesla , oltre a essere il secondo mercato dopo gli Stati Uniti è anche una finestra sull'Europa: è pronta a conquistare il mercato del Vecchio continente, dove i volumi di vendita potrebbero essere molto più alti. Il fondatore e miliardario Musk ha promesso 30 nuovi punti vendita e centri di rifornimento. Per ora ci sono 14 distributori, la maggior parte proprio in Norvegia.
Tesla continua a farsi strada anche in America: ha presentato ricorso in New Jersey contro un divieto a vendere direttamente le proprie vetture ai consumatori senza passare dai concessionari, con buone speranze di vincere. E a New York ha raggiunto un accordo con la stessa associazione dei concessionari per legittimare le sue vendite dirette.
Il titolo del gruppo a Wall Street è a sua volta passato di successo in successo: da inizio anno ha guadagnato quasi un terzo del suo valore, salendo da 150 a 230 dollari. E nell'ultimo anno si è impennato, moltiplicando il suo prezzo di quasi sei volte rispetto ai 40 dollari dell'aprile 2012. I risultati del primo trimestre, stando agli analisti, potrebbero battere nettamente le attese, con vendite globali oltre le 6mila vetture finora pronosticate. La Norvegia, insomma, potrebbe non essere un exploit isolato.

Articolo da leggere sicuramente.

L'interessante studio di Forbes Insight

La strenua resistenza alla crisi dei super ricchi

Il trend dei grandi patrimoni in Europa è in (apparente) contraddizione con la condizione di crisi

Louis Gouliamakis / AFP, Getty Images

  
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La crisi che ha tormentato vaste parti d’Europa dal 2008 ha provocato drammi sociali che non si vedevano da tempo. Ma non per tutti: le grandi fortune non solo non sono state intaccate, ma al contrario sono aumentate. Lo si sapeva, guardando anche l’aumento stratosferico della disparità tra più ricchi e più poveri, ma a metterlo nero su bianco è uno studio appena pubblicato da Forbes Insight, in collaborazione con Société Générale Private Banking. Uno studio intitolato Behind the Staying Power of Wealth Creation in Europe (che approssimativamente potremmo tradurre:Che cosa c’è dietro il permanente potere di creazione di patrimoni in Europa).

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Ebbene, i dati parlano chiaro: negli ultimi 25 anni l’Europa ha aumentato la sua quota di grandi fortune (i famosi “miliardari”) dal 27% al 29%, un aumento che diventa ancora più vistoso se si guarda all’aumento della quota in termini di valore: dal 24% del 1989 al 30% di oggi. E la riprova che la crisi non ha sostanzialmente intaccato i super ricchi è dato dal fatto che negli ultimi due anni la sola Europa occidentale ha visto aumentare le fortune del 17%, contro il 9% dell’Europa emergente (Est Europa e Russia), anche se meno, certo, del 18% degli Usa e soprattutto del 34% dell’Asia. Andiamo a guardare il dettaglio: mentre nel 1989 il numero di miliardari in Europa era pari a 53, nel 2013, se non si considera la Russia, siamo a 299 - un aumento del 460%. Se ci si inseriscono anche i russi, ovviamente si schizza ancora più in alto: 409 grandi fortune (l’aumento è allora del 670%). In valori assoluti l’Europa nel suo complesso è passata in 25 anni da super patrimoni per un totale di 85 miliardi di dollari alla bellezza di 1.627 miliardi di dollari (un aumento del 1.814%), seconda solo agli Usa (passata da 96 miliardi di dollari a 1.872, con un aumento del 1.850%). Da notare però che, quando si parla di valore delle ricchezze complessive dell’Europa, un grosso contributo negli ultimi 15 anni è arrivato da Turchia, Russia e paesi dell’Est Europa (che dispongono oggi del 39% delle grandi fortune complessive del Vecchio Continente).

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Guardando poi i paesi, si vede che l’Italia ha seguito il trend, fino a tutto il 2013: è passata da 6 miliardari del 1989 a 23 del 2013, ovvero da super patrimoni da 10 miliardi a 113 miliardi di euro. Per raffronto, la Germania è passata da 31 miliardi di dollari a 296, la Francia da 9 miliardi a 143, il Regno Unito da 9 a 121 e la Spagna da 4 a 100. Nel complesso i paesi nell’Europa Occidentale con il più alto tasso di crescita di miliardi e relativi patrimoni sono Regno Unito e Spagna. A Est spiccano - e non ci si stupisce - la Russia e la Turchia.
Non finisce qui. L’Europa è prima in classifica per quanto riguarda la longevità delle fortune: sempre in riferimento agli ultimi 25 anni, il Vecchio Continente registra un tasso di sopravvivenza del 78%, seguito dagli Stati Uniti (73%). E quelle che meglio sopravvivono (stiamo parlando qui dell’Europa Occidentale, dove le grandi fortune sono più vecchie) sono quelle controllate dalle famiglie (il 67%) e per lo più ormai giù alla terza o quarta generazione (52%). Molte, insomma, sono fortune ereditate, «contraddicendo - commenta lo studio - il mito secondo cui la prima generazione di una famiglia imprenditoriale crea la fortuna di famiglia, la seconda la consolida e la terza la dilapida». L’unico paese europeo che si avvicina all’ideale del self-made man è la Gran Bretagna, dove l’81% dei miliardari di oggi si è fatto da sé, contro il 33% della Germania o il 43% della Francia. «Il vantaggio dell’accumulazione delle ricchezze nell’Europa Occidentale - si legge nel rapporto - sta tradizionalmente nell’aver creato marchi molto forti che sono stati e sono tuttora oggetto di desiderio in tutto il mondo» - da Bmw a Ferrari, da l’Oréal a Nivea, da Swarowski a Vuitton, ad Armani.
Van Gogh, Donne che portano sacchi di carbone, 1882

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Forbes avverte tuttavia che per l’Europa c’è un tallone d’Achille da tener d’occhio nei prossimi anni: mentre hanno creato marchi storici, «gli europei non sono stati capaci di costituire fortune basate sulla tecnologia nella stessa misura di altre regioni. Il russo Yuri Milner è¨ stato un grande sostenitore delle compagnie tecnologie Usa, e poi c’è il re dell’Internet francese Xavier Niel, ma altrimenti non ci sono molte fortune originarie dell’Europa basate sulla tecnologia, mentre ci sono svariate fortune high tech in Usa e ora anche in Asia». Eppure, raccomanda il rapporto, molti dei grandi patrimoni storici ancora vigorosi si basano su avventure antesignane di quelle odierne dell’era Internet: basta guardare alla tedesca Siemens, fondata a metà Ottocento puntando proprio sulla tecnologia. «Le famiglie europee (occidentali n.d.r.) - conclude il rapporto - sono riuscite nell’arte di mantenere in vita imprese di successo per generazioni, e molte delle nuove fortune nella regione dimostra che il fenomeno prosegue. Ma non sarà che l’Europa occidentale ha bisogno anche di un altro tipo di imprenditore, uno che sia indipendente da legami familiari e vada al di là della tradizione di insegnare il buon gusto al mondo?». La risposta, nel rapporto, non c’è.

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