L’ingresso “solenne” della ‘Ndrangheta in una liturgia papale, dalla porta principale dell’omelia, evocata per la prima volta e per nome da un successore di Pietro, non è durato che pochi istanti: il tempo, per gli uomini d’onore, di esserne subito scacciati con il marchio canonico del disonore: la scomunica per idolatria. Peggio per satanismo. Davanti alla loro gente.
"La ’ndrangheta è questo, adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato! Bisogna dirgli di no! Coloro che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati! Quando all'adorazione del Signore si sostituisce l'adorazione del denaro, si apre la strada al peccato, all'interesse personale e alla sopraffazione. Quando non si adora il Signore si diventa adoratori del male, come lo sono coloro che vivono di malaffare, di violenza, la vostra terra, tanto bella, conosce le conseguenze di questo peccato. La 'ndrangheta e' questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato, bisogna dirgli di no. La Chiesa che so tanto impegnata nell'educare le coscienze, deve sempre più spendersi perché il bene possa prevalere. Ce lo chiedono i nostri ragazzi. Ce lo chiedono i nostri giovani, bisognosi di speranza. Per poter rispondere a queste esigenze, la fede ci può aiutare".
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D’un tratto, agli occhi dei duecentomila convenuti nella piana, è parso che il massiccio del Pollino assumesse i contorni del Sinai e Bergoglio fosse disceso da lì, non dall’elicottero, mentre scolpiva la sua sentenza sulle tavole della legge interiore, direttamente nelle coscienze, comminando “ai grandi assenti” il 41 bis dell’isolamento più estremo e il sequestro preventivo della vita eterna.
Nel solstizio d’estate, il giorno più lungo del “liberatore” era iniziato all’alba e in solitudine, sotto l’ala del suo Signore, per poi decollare dall’eliporto e prepararsi allo sbarco. Dirigendo a Sud, lo sguardo ha sorvolato a lungo il meridione d’Italia, che a un secolo e mezzo dall’unità non riesce a trovare l’indipendenza, ostaggio dei contropoteri che lo attraversano e lo attanagliano.
Il calendario, come dicevamo, ha fatto coincidere con il debutto della stagione estiva, il 21 giugno, l’arrivo di un pellegrinaggio annunciato a Natale ma cominciato idealmente allo start di primavera, il 21 marzo, quando Francesco radunò i familiari dei morti di mafia per ricordare uno a uno i loro cari. Litania di preghiera e pista sangue che in Calabria portavano dritto alle campagne di Cassano, in contrada Fiego, e al nome dell’ultima vittima, Cocò Campolongo, assassinato a tre anni con un colpo alla testa e arso in macchina insieme al nonno, dando alle fiamme l’antica regola per la quale i bambini non si toccano: “Questo accanimento su un bambino così piccolo sembra non avere precedenti nella storia della criminalità”, denunciò inorridito Francesco all’Angelus, sebbene avvezzo all’efferatezza dei narcos.
Dall’equinozio al solstizio dunque. L’intervallo che in natura fa maturare dal fiore il frutto. E in effetti la terra dei mandaranci, le “clementine” della piana di Sibari, ha impregnato del suo sapore agrodolce la giornata del Papa sin dall’atterraggio a Castrovillari, davanti alla casa circondariale, dove ha onorato “l’appuntamento” con il padre di Cocò, recluso in carcere: “Mai più violenza ai bimbi, mai più succeda che un bambino debba vivere queste sofferenze, io prego per lui continuamente, non disperate”.
Assorbendo all’istante il “Genius Loci”, Bergoglio ha intrapreso una Via Crucis nei siti del dolore, ricreando a ogni tappa il microclima, l’equilibrio dolceamaro di quest’angolo di Calabria, e riversando sulle asperità esistenziali, singole o collettive, la tenerezza dei gesti, come la brezza che dal golfo lambisce i contrafforti montani. Nelle nove ore di permanenza il Pontefice si è inerpicato sui sentieri più scoscesi: dalle vite “interrotte” dei giovani alcolisti e tossicodipendenti della comunità Mauro Rostagno, invitati a pranzo, alle storie terminali dell’Hospice San Giuseppe Moscati per le cure palliative, visitato stanza per stanza.
La sua sagrestia e il suo sagrato, mentre si recava sul litorale, all’orizzonte del mare, è stata la frazione Lattughelle, nel luogo in cui la sera del 2 marzo fu ucciso a sprangate Don Lazzaro Longobardi, martire dell’accoglienza, come l’ha definito il vescovo Galantino. E’ là che Francesco si è “caricato” spiritualmente per l’omelia, calandosi nell’habitus mentale dei preti frontalieri, ai quali la soglia delle chiese non riserva un “cortile dei gentili”, dove i “lontani” li cercano per confrontarsi sulla summa del pensiero, ma un territorio spesso ostile, dove i “vicini” li affrontano per estorcergli somme di denaro.
I viaggi di Francesco stanno ridisegnando le carte geografiche, portando le periferie alla ribalta. Se la penisola comincia dall’appendice insulare di Lampedusa, l’Europa muove invece dalla cenerentola d’Albania, dove il Pontefice atterrerà il 21 settembre.
Cristo per Bergoglio non si è fermato a Eboli, ma prosegue il cammino fino a Cassano allo Ionio, promossa “capoluogo” della CEI, da quando il suo vescovo pendolare, Nunzio Galantino, è stato chiamato alla segreteria generale: “Non ho ancora avuto il piacere di conoscervi di persona, ma spero di poterlo fare presto. Per una missione importante nella Chiesa italiana ho bisogno che Monsignor Galantino venga a Roma…”, scriveva il Papa il 28 dicembre.
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Ansa
papa Francesco in Calabria
Nella “coabitazione” del prossimo quinquennio tra un presidente di mediazione, “indicato” dai vescovi, e un segretario di “decisione”, scelto direttamente dal Pontefice, Cassano occupa sulla mappa ecclesiale un posto analogo alla Genova di Bagnasco (e Bertone), nell’era di Ratzinger. Onore e onere che da cittadina la fa cittadella.
Con Francesco, diventa obsoleto altresì e va in archivio il vecchio distinguo fra viaggi dentro e fuori d’Italia, tuttora in uso in Vaticano e sul sito della Sala Stampa. Classificazione che giornalisticamente e geograficamente “non tiene”, nel senso letterale nonché materiale, poiché gli eventi di cui Bergoglio è protagonista travalicano i confini, facendo notizia e tendenza sulla stampa internazionale: a riprova di ciò la zona del muro fra Messico e USA, dove s’infrangono a ondate i clandestini “indocumentados”, che guadano il Rio Grande pagando un pedaggio di morte al deserto e al fiume, nel glossario dell’episcopato statunitense viene ormai ribattezzata “Lampedusa d’America”.
Per un comune di diciottomila abitanti ricevere la visita del Papa, precedendo le “grandi” e le teste di serie, da Firenze a Venezia, da Milano a Napoli, equivale a giocare una finale di coppa del mondo. Con una differenza: che mentre il Brasile all’indomani si ritrova con stadi nuovi e vecchie inquietudini, le chiese di Cassano restano scrostate, serenamente, senza restyling o maquillage. "Preferisco che crollino le chiese e i saloni", piuttosto che chiedere soldi ai politici, aveva intimato in campagna elettorale l’energico Galantino.
Accogliendo l’equazione del presule, per cui “la ‘Ndrangheta non si nutre solo di soldi e malaffare, ma di coscienze addormentate e perciò conniventi”, Francesco ha privato le mafie del loro humus e foraggio atavico, dando fuoco ai fienili.
Come avevamo anticipato all’inizio della settimana, il Vicario di Cristo sta verosimilmente scavando una trincea e lanciando una crociata legalitaria, che potrebbe segnare il volto della Chiesa italiana e orientarne l’impegno per gli anni a venire, con speciale riguardo al Sud.
Da scalo periferico, il Mezzogiorno si trasforma in hub dell’immaginario globalizzato. Con una “potenza di fuoco” che non conosceva dai tempi della Magna Grecia e degli specchi di Archimede. E con una piattaforma dalla quale problemi e simboli, sollevati abilmente da Francesco, s’involano alla volta dei satelliti e rimbalzano sugli schermi dei media. Incendiando le coscienze.