http://www.today.it/foto/politica/tutti-espulsi-m5s/ap-grillo.html
Liberi cittadini contro il regime partitocratico, i privilegi della casta sindacale della triplice, la dittatura grillina e leghista, la casta dei giornalisti
sabato 10 maggio 2014
Questo diceva Grillo un po' di tempo fa.
Grillo contro i talk show, i conduttori tv contro Grillo
Altra guerra aperta dal leader del Movimento 5 Stelle. Stavolta nel mirino ci sono i programmi di approfondimento politico. E arriva il divieto per i 'suoi' di esserne ospiti
Redazione10 Maggio 2012
Non accenna a placarsi la polemica sui talk show tra gli attivisti del Movimento 5 Stelle. Da una parte il loro 'guru',Beppe Grillo. Dall'altra uno dei volti nuovi della politica genovese, Paolo Putti, candidati sindaco della città ligure del M5S. Per Putti hanno votato 36.579 persone. E oggi Putti, insieme al suo compagno 'di movimento', il parmense Federico Pizzarotti arrivato addirittura al ballottaggio, è ambito da tutti i talk show del nostro palinsesto televisivo.
Grillo contro le 'ospitate' in tv - Ed è proprio contro le ospitate dei 'suoi' candidati ai programmi che discutono di politica che si scaglia Beppe Grillo. "Se il Movimento 5 Stelle avesse scelto la televisione per affermarsi, oggi sarebbe allo zero qualcosa per cento. Partecipare ai talk show fa perdere voti e credibilità". E ancora: "Nei talk show il dibattito avviene con conduttori di lungo corso e con le mummie solidificate dei partiti". Alla fine, l'avvertimento: "Comunque, chi partecipa ai talk show deve sapere che d'ora in poi farà una scelta di campo.
L'attacco di Grillo sul suo blog viene a pochi minuti - martedì sera - dall'apparizione di Paolo Putti a Ballarò. Putti fa finta di niente e poche ore dopo eccolo su La7, ad Omnibus. Ed è qui che 'risponde' a Grillo: "Grillo non è un leader ma una persona che ha messo a disposizione risorse e intuizioni e che fa da megafono al Movimento". Quindi, dopo la reprimenda del non-leader, Putti si adegua e spiega che "Non andrò più dove mi inviteranno".
Ma sul blog del movimento la discussione è aperta. Tv si, tv no. Sta di fatto che, nell'attesa della decisione del popolo grillino, un'altra categoria di nemici Grillo se l'è fatta: parliamo dei conduttori dei talk show televisivi. Per capire, ecco il video dell'attacco di Andrea Vianello di Agorà: "Grillo rispetti il mio lavoro".
Qualche tempo prima. Fuori un altro.
Favia: "Casaleggio è un problema". Grillo lo scomunica, Di Pietro gli tende la mano
Il consigliere 'del fuorionda' torna a parlare alla stampa: "All'interno del M5S c'è un problema di democrazia". Grillo contrattacca: "Favia non ha più la mia fiducia". E nella questione interviene Di Pietro: "Rispetto per lui e anche per Casaleggio"
Redazione11 Settembre 2012
Ha scelto le colonne del Fatto Quotidiano, Giovanni Favia, per continuare nella sua denuncia contro il "sistema antidemocratico" che vige nel Movimento 5 Stelle. E il suo attacco riparte da Gianroberto Casaleggio, che il consigliere regionale dell'Emilia Romagna definisce "un problema".
Quindi la precisazione: "Il problema non è la persona Casaleggio ma il suo metodo gestionale". Casaleggio "pianifica e gestisce. Non entra nel merito delle liste locali ma decide a 360 gradi la linea politica, i blog, i messaggi da lanciare, la struttura dei messaggi".
Dalle parole di Favia emerge un Casaleggio 'burattinaio' in quanto "persona capace" ma che sta lì, al vertice, "perché all'interno del Movimento c'è una lacuna in merito alla democrazia reale attraverso internet".
E alla domanda "Casaleggio le ha fatto terra bruciata attorno in questo anno e mezzo?" Favia risponde: "Sì, non ascoltava me, ma altre persone a lui più vicine".
LA CONTROFFENSIVA DI GRILLO - Torna a scrivere sul suo blog Beppe Grillo. E lo fa in un breve post intitolato "Fiducia". Poche parole, che però hanno il sapore di una vera e propria scomunica per il consigliere 'dissidente': "Io non caccio nessuno, ma Favia non ha più la mia fiducia"
DI PIETRO CAVALCA IL CAOS - Che per l'Idv il Movimento 5 Stelle sia uno dei principali antagonisti è cosa nota. Per questo, da politico navigato qual è, Antonio Di Pietro 'approfitta' del momento di difficoltà dei grillini per provare a spostare l'ago della bilancia rappresentato dal 'voto di protesta' verso l'Idv.
"Io credo che quando ci sono milioni di cittadini che si ribellano fino a dare un voto di protesta bisogna dare delle risposte. Allora l'Idv invece di criticare Favia o Casaleggio, conoscendoli entrambi, ha ampio rispetto per entrambi perché li ritiene brave persone che cercano di rappresentare un mondo che sta protestando contro chi ha rovinato il Paese". Lo dice il leader Idv, Antonio Di Pietro, ospite di 'Un caffe' con...' a Sky Tg24.
Sulla questione democrazia interna al Movimento 5 stelle, Di Pietro sottolinea che "Favia è stato eletto dai suoi elettori in Emilia-Romagna non da Casaleggio. Io conosco Casaleggio è una bravissima persona, onesta, perbene e paga le tasse rispetto a tanti altri. Così come conosco Favia che è una persona perbene e si confronto con i cittadini". Quindi "hanno la mia solidarietà. Io sono bene che cittadini sono arrabbiati, ma quando il cittadino è esasperato bisogna risolevere i problemi per cui lo è non prendersela con chi cerca di amalgamare questa esasperazione". Allora, conclude, "se la prossima volta in parlamento, oltre che l'Idv, ci saranno anche una parte di grillini tanto meglio".
Quindi la precisazione: "Il problema non è la persona Casaleggio ma il suo metodo gestionale". Casaleggio "pianifica e gestisce. Non entra nel merito delle liste locali ma decide a 360 gradi la linea politica, i blog, i messaggi da lanciare, la struttura dei messaggi".
Dalle parole di Favia emerge un Casaleggio 'burattinaio' in quanto "persona capace" ma che sta lì, al vertice, "perché all'interno del Movimento c'è una lacuna in merito alla democrazia reale attraverso internet".
E alla domanda "Casaleggio le ha fatto terra bruciata attorno in questo anno e mezzo?" Favia risponde: "Sì, non ascoltava me, ma altre persone a lui più vicine".
LA CONTROFFENSIVA DI GRILLO - Torna a scrivere sul suo blog Beppe Grillo. E lo fa in un breve post intitolato "Fiducia". Poche parole, che però hanno il sapore di una vera e propria scomunica per il consigliere 'dissidente': "Io non caccio nessuno, ma Favia non ha più la mia fiducia"
DI PIETRO CAVALCA IL CAOS - Che per l'Idv il Movimento 5 Stelle sia uno dei principali antagonisti è cosa nota. Per questo, da politico navigato qual è, Antonio Di Pietro 'approfitta' del momento di difficoltà dei grillini per provare a spostare l'ago della bilancia rappresentato dal 'voto di protesta' verso l'Idv.
"Io credo che quando ci sono milioni di cittadini che si ribellano fino a dare un voto di protesta bisogna dare delle risposte. Allora l'Idv invece di criticare Favia o Casaleggio, conoscendoli entrambi, ha ampio rispetto per entrambi perché li ritiene brave persone che cercano di rappresentare un mondo che sta protestando contro chi ha rovinato il Paese". Lo dice il leader Idv, Antonio Di Pietro, ospite di 'Un caffe' con...' a Sky Tg24.
Sulla questione democrazia interna al Movimento 5 stelle, Di Pietro sottolinea che "Favia è stato eletto dai suoi elettori in Emilia-Romagna non da Casaleggio. Io conosco Casaleggio è una bravissima persona, onesta, perbene e paga le tasse rispetto a tanti altri. Così come conosco Favia che è una persona perbene e si confronto con i cittadini". Quindi "hanno la mia solidarietà. Io sono bene che cittadini sono arrabbiati, ma quando il cittadino è esasperato bisogna risolevere i problemi per cui lo è non prendersela con chi cerca di amalgamare questa esasperazione". Allora, conclude, "se la prossima volta in parlamento, oltre che l'Idv, ci saranno anche una parte di grillini tanto meglio".
Fuori un altro.
La vera "stella" in tv, le altre a casa: Beppe Grillo va a "Porta a Porta"
Beppe Grillo caccia dal M5s il consigliere emiliano Andrea Defranceschi, coinvolto in un uso improprio dei fondi regionali: l'Emilia resta senza rappresentati M5s. Poi la notizia: il leader sarà da Bruno Vespa
Redazione10 Maggio 2014
ROMA - Una mano di fresco. E una di "vecchio". Giornata dalla doppia faccia per il Movimento cinque stelle che da un lato perde uno dei suoi esponenti "più importanti" e dall'altro "rinnega" una delle regole costituenti. L'ultimo, in ordine di tempo, a dire addio al M5s è il capogruppo dell'Assemblea legislativa Emilia Romagna, Andrea Defranceschi, che paga la scarsa chiarezza sull'uso dei fondi in Regione. Il primo ad andare in uno studio tv - e che studio tv - con la "approvazione" del resto del gruppo sarà Beppe Grillo.
E' stato proprio il leader, con l'immancabile post sul blog, ad annunciare l'esclusione di Defranceschi, arrivata dopo la richiesta a tutti i parti della Corte dei Conti dell'Emilia Romagna di restituire 150mila e 876 euro di spese effettuate nel 2013. "A seguito di questa richiesta formale della Corte dei Conti il consigliere regionale Defranceschi è sospeso dal M5S e diffidato a utilizzarne il simbolo - ha scritto Grillo -. Il M5S ha grande rispetto della Corte dei Conti e se si viene sanzionato si chiede scusa e ci si autosospende". L'organo di vigilanza regionale ha contestato ai gruppi consiliari di tutti spese per il personale, consulenze e cancelleria. "Il gruppo con la cifra maggiore - ricorda anche il blog - è il Pd, a cui vengono contestati poco meno di 85mila euro. Poi il Movimento 5 Stelle, con 22mila, l'allora Pdl con più di 20mila euro e l'Idv con 10mila. E infine si va dai 5mila euro della Federazione della sinistra a Sel, ultima con soli 645 euro".
Le classifiche, evidentemente, non contano per Grillo che optato per la cacciata del proprio consigliere. Una cacciata che di fatto "spoglia" l'Emilia Romagna di ogni stella. Dopo l'esclusione di Giovanni Favia - che disse addio nel 2012 per una divergenza con il leader - e quella di Defranceschi di oggi, il M5s non ha più rappresentanti in quella che fu la regione simbolo dello Tsunami.
Presto però la "rappresentanza", e non è cosa da poco, ci sarà in tv. Sarà proprio Grillo, ha annunciato la redazione della trasmissione, a partecipare alla puntata di "Porta a Porta" di lunedì diciannove maggio. Come sono lontani i momenti in cui il salotto di Bruno Vespa era poco più che il "terzo ramo del Parlamento". Come sono vicini i giorni delle "cacciate".
Un popolo di piagnucoloni che vota sempre le stesse persone corrotte e poi si lamenta. Non contento questo popolo cambia i ladri con i fessi. Senza mai cambiare niente. Perché questa è la natura del nostro paese. Chiedere sempre ad altri quello che potremmo e dovremmo fare noi.
#Italia2014 Piangere sempre, cambiare mai
Perché il Paese non impara mai dagli errori. Cinque riflessioni sugli arresti di questi giorni
Parole chiave:
Siamo il paese dello stupore, delle false sorprese, delle discussioni infinite. Ci stracciamo le vesti per 3-4 giorni, gridiamo allo scandalo su giornali e tv, gettiamo qualche mostro tra le braccia di un'opinione pubblica abituata a reclamare i propri trofei e poi ricominciamo come prima e più di prima. La coazione a ripetere è il vero sport nazionale perché non impariamo mai dalle cose che accadono. Piangere sempre (lacrime di coccodrillo), cambiare mai. L'emergenza e l'iperbole sono la nostra normalità.
Negli ultimi giorni in Italia c'è stata una raffica di arresti che sta facendo scalpore. Personaggi più o meno noti ma tutti a loro modo importanti. Dall'ex ministro forzista Claudio Scajola all'ex presidente della pallacanestro Siena "vinci tutto" Ferdinando Minucci (fresco di nomina alla guida della Lega basket); dai tre fratelli Magnoni, personaggi tra i più noti e frequentati nell'inner circle della finanza italiana fino alla retata Expo che ha colpito il "responsabile dell'ufficio contratti" Angelo Paris, imprenditori in vista come Enrico Maltauro e faccendieri evergreen legati alla politica come Primo Greganti e Gianstefano Frigerio. Solo un mese prima, la struttura Expo era già stata falcidiata dall'arresto diAntonio Rognoni, ex potente amministratore delegato di Infrastrutture Lombarde. Con le elezioni europee che cadono tra due settimane, secondo alcuni ci sarebbe un meccanismo a orologeria alla base di questi blitz, clamorosi e ravvicinati. Una specie di spallata a quel che resta del sistema, riassunta icasticamente nei titoli di due giornali per molti versi agli antipodi: "Li stanno arrestando uno a uno" (Il Fatto Quotidiano); "Manette grilline" (Libero). Non sarebbe la prima volta che la magistratura si muove con tempistiche maliziose, facendo supplenza, tanto più oggi che mostra profonde divisioni al suo interno. Ma qui a Linkiesta c'interessa di più riflettere su altri vizi che emergono da queste ultime retate. Cinque brevi riflessioni sul perchè questo paese continua a ripetere gli stessi errori e gli stessi autogol.
Moralismo contro regole. Ogni volta che scoppia uno scandalo, vero o presunto che sia, in Italia tendiamo a fissarci sulle persone e sulle intercettazioni, da consumare in un sorso come un caffè al banco del bar. Ci soffermiamo sul gossip, la commedia umana, le note spesa di batman Fiorito, i post-it con la divisione delle tangenti infilati nelle mutande di qualche faccendiere o le frasi pecorecce sulla moglie di tizio o di caio finendo per perdere di vista la sostanza: l'intreccio malato tra politica e affari, la quantità sterminata di soldi pubblici gestiti con discrezionalità tra le pieghe di regole troppo stratificate, troppo barocche, troppo burocratiche. Brodo di coltura perfetto per faccendieri, trafficoni e corruzioni di ogni risma. Nel caso di Expo, se verranno provate le accuse, saremmo al ritorno dell'identico: imprenditori a caccia di appalti e manager pubblici in carriera che si accompagnano in progetti sempre sul filo del tempo che scade. E si sa che l'emergenza è la mamma di tutte le deroghe. Purtroppo in Italia va così da tempi immemori e ogni tangentopoli che scoppia non serve a nulla perché il moralismo fa premio su tutto. Invece che regolare con trasparenza il mestiere del lobbysta, come avviene negli Usa, o di ridurre il perimetro di quel che gestisce uno stato moderno, ci si affida al lavacro giudiziario o si scrive l'ennesima nuova legge che puntualmente va a sommarsi alle precedenti, generando nuova discrezionalità, nuova palude, nuove interpretazioni. Con una aggravante: ai tempi di Mani Pulite c'erano i partiti, oggi si sono ridotti in comitati d'affari, caciccati, movimenti personali. E la malapolitica può essere persino peggiore.
Etica sotto i tacchi. Dire che il moralismo è il nemico di ogni vera riforma non significa sottovalutare la gravissima caduta di etica che attraversa questo paese, anzi. Comunque finiranno le inchieste, dalle intercettazioni di queste ore esce fuori un sottobosco di frequentazioni, amicizie, tresche che lascia sbalorditi (anche scontando millanterie e mitomanie di qualche protagonista). S'incontrano faccendieri pregiudicati e intermediari pluri condannati che parlano con politici, ministri, cardinali, manager pubblici e funzionari dello stato di prima fascia. Come si fa a dare credito o incarichi a questa gente se sei una importante cooperativa, un'azienda statale, un politico di peso? Come si fanno ad avere questi interlocutori? Siamo davvero caduti così in basso? Ci siamo assuefatti a tal punto che certi curriculum non producono più sanzione sociale? Anche il caso dei fratelli Magnoni è sintomatico: sono amici (o sono stati amici) di tutti i grandi capitalisti di questo paese, nessuno escluso, hanno fatto gli advisor per mezzo salotto buono, moltissimi deal degli ultimi 25 anni portano la loro firma, la privatizzazione Telecom in testa. Delle due l'una, se venissero provate le accuse: o nessuno si è mai accorto di avere come amici, consulenti o confidenti, questa gente, oppure una riflessione va estesa a tutto un sistema che, per cinismo, connivenza o semplice ipocrisia, ha totalmente sbragato su regole, controlli e sanzioni sociali.
Che ne sarà di Expo? Anche se finirà tutto in una bolla di sapone, lo sputtanamento internazionale di Expo è assicurato e sembra il normale destino di un grande evento (sulla scia dei Mondiali di nuoto, le universiadi, Italia 90, l'anno santo o il G8) che comincia tra i litigi e le beghe politiche, si scontra con la tirannia del tempo che scorre e finisce per fare tutto in deroga e sotto commissariamento, spesso apripista di commistioni e intrallazzi. Sembra che questo paese non riesca mai a valorizzare le cose che fa. Il proprio potenziale. Non vale solo per il profondo sud, qui siamo nella ricca e civile Lombardia dove la sanità è da anni nell'occhio del ciclone, gli appalti pubblici sono intossicati da mafie, politici e imprenditori collusi, le bonifiche sono diventate una grande torta da spartirsi, e una grande opera come Malpensa non si è stati in grado di sfruttare e valorizzare. Non possono essere solo casi isolati, presi nel mirino da una magistratura "nemica". La verità è che in Italia e anche al nord c'è un deficit devastante di classe dirigente su cui per troppi anni si è colpevolmente glissato.
Il ruolo improprio della magistratura. Altro elemento che emerge è il protagonismo della magistratura. In questi anni è stata spesso supplente di una politica che ha deciso di auto castrarsi, restando succube del partito dei giudici (a sinistra) o lanciandosi in una invettiva continua contro le toghe rosse (a destra). Delle volte i pm hanno fatto politica industriale, impropriamente, intervenendo con l'accetta in campi altrui (Ilva docet), altre volte si sono divisi ferocemente come in queste settimane in una guerra politica tra correnti rivali. La Procura di Milano sta pagando pesantemente questo scontro intestino, Bruti Liberati contro Robledo, i refoli arrivano fuori dal palazzo lasciando non pochi dubbi su tempi, oggettività e scelte delle varie inchieste. Anche qui: da vent'anni la magistratura andrebbe riformata, il sistema fa acqua da tutte le parti, è lento, burocratico e inefficiente ma il bipolarismo di guerra lo ha sempre impedito: cosa si aspetta ancora?
Il dividendo di Grillo. Questa girandola di manette aumenta la distanza già siderale tra la gente e il palazzo, anzi i palazzi e le loro caste. Beppe Grillo si frega le mani perché è quello che tra 15 giorni lucrerà di più su questi scandali: Scajola simbolo del berlusconismo corrotto, Expo sentina di ogni magna magna con soldi pubblici, i Magnoni incarnazione della finanza rapace, amica dei soliti noti. Questo è quel che passa nell'immaginario collettivo. Chapeau.
Come vorrei che queste parole fossero pronunciate da un sindacalista o da un politico o da un burocrate nominato con spoil sistem. Impossibile troppo fessi.
Papa Francesco: “Educazione e incontro. Ecco perché amo la scuola…”
"La scuola non è un parcheggio, - ha detto il Papa - è un posto di incontro nel cammino", "e oggi noi abbiamo bisogno di questa cultura dell'incontro per conoscerci, amarci, camminare insieme".
Pubblicato il 10 maggio 2014 18:33 | Ultimo aggiornamento: 10 maggio 2014 19:17
di Redazione Blitz
ROMA - “Amo la scuola perché é sinonimo di apertura alla realtà”, perché “è luogo di incontro” e “perché ci educa al vero, al bene, al bello”. Lo ha detto Papa Francesco a “We care”, il raduno davanti a oltre 300mila persone in piazza San Pietro, organizzato dalla Cei a sostegno di tutta la scuola italiana.
“La scuola non è un parcheggio, – ha detto il Papa – è un posto di incontro nel cammino”, “e oggi noi abbiamo bisogno di questa cultura dell’incontro per conoscerci, amarci, camminare insieme”.
“Oggi – ha detto il Papa – abbiamo sentito qui che è più bella una sconfitta politica che una vittoria sporca, ricordatelo, questo ci farà bene per la vita. Diciamolo insieme ‘sempre è più bella una sconfitta pulita che una vittoria sporca’”. La frase era stata citata dal ginnasta Jury Chechi.
L’incontro si è sviluppato tra canti e letture di brani di autori tra cui Don Milani. Presenti il presidente dei vescovi italiani Angelo Bagnasco e il ministro della Istruzione Stefania Giannini. Piazza San Pietro e il colonnato del Bernini sono oggi “una immensa aula che si prolunga fino a Castel Sant’Angelo per accogliere tutte le persone che festeggiano con noi ed evocare tutte le scuole che sono in Italia” ha detto Bagnasco, mentre il minsitro ha a espresso “l’emozione sincera” non solo sua personale ma “di tutti i ragazzi che vede in questa splendida piazza, tanti, veramente tanti – ha detto – che da tutta Italia sono qui in questa classe speciale per una lezione speciale”.
Roma in tilt.
Nell’ambito della manifestazione “La Chiesa per la scuola”, Papa Francesco ha infatti incontrato 300mila fedeli del mondo dell’istruzione. Nonostante il piano traffico messo in campo dal Comune di Roma per facilitare l’afflusso dei pellegrini al Vaticano, dalle prime ore del pomeriggio nella zona attorno a piazza San Pietro la circolazione è rimasta bloccata. I fedeli si sono radunati non solo davanti alla basilica, ma anche in via della Conciliazione, sul lungotevere e attorno a Castel Sant’Angelo. Le strade sono state chiuse al traffico e le vie limitrofe sono diventate ostaggio di un maxi-ingorgo. La città è rimasta praticamente divisa in due e arrivare da Roma Nord a Roma Sud per molti automobilisti è stata un’odissea. Bloccata la circolazione dalle Mura Vaticane, in via Leone IV, al lungotevere. E caos traffico fino al centro storico.
(foto Ansa)
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