Davigo scaricato dai colleghi magistrati. Cantone, Bruti Liberati, Ardituro e gli altri: "Non ci sono toghe buone contro Italia dei cattivi"
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"Dire che i magistrati devono parlare solo con le loro sentenze equivale a dire che devono stare zitti". Il presidente dell'Anm Piercamillo Davigo non ha fatto nomi ma ha fatto arrabbiare tutti. Con un uno-due, costituito da una intervista al Corriere della Sera e da un successivo intervento pomeridiano, il neo presidente dell'Anm Piercamillo Davigo schiera la sua Associazione contro la politica in generale, e più in particolare contro il Pd e il governo. Ma i suoi colleghi, soprattutto quelli più rappresentativi, hanno preso le distanze e hanno criticato duramente le sue parole tanto da far venire alla luce una spaccatura nel mondo della magistratura.
Parlano tutti: Raffaele Cantone, presidente dell'autorità nazionale Anticorruzione; Edmondo Bruti Liberati, ex procuratore capo di Milano, ex membro del Csm, per anni all'Associazione nazionale magistrati, dopo le dichiarazioni del presidente dell'Anm; Antonello Ardituro di Area; Luca Palamara, predecessore di Davigo alla guida dell'Anm; Antonello Racanelli, procuratore aggiunto a Roma e leader di Magistratura indipendente.
Cantone al Corriere della Sera: "Le manette non bastano, per questo 'Mani pulite' ha fallito"
"Mani Pulite ha fallito perché le manette da sole non bastano. La fiaba della magistratura tutta buona e della politica tutta cattiva è falsa. Non sono la ruota di scorta di Renzi. Constato solo che il governo contro la corruzione si sta muovendo. Oggi è meglio che nel 1992".
Che in Italia abbiano vinto i corrotti, spiega Cantone, "non è assolutamente vero. Dire che tutto è corruzione significa che niente è corruzione, e il sistema non può essere emendato.
"Io non accetto questo pessimismo cosmico. Mi ribello a questa visione che esclude qualsiasi ricetta. Non è vero che oggi è peggio di Tangentopoli, è vero che Tangentopoli non sradicò la corruzione, che è continuata come un fiume carsico. Ma ora vedo molte persone che vogliono provare a uscirne. E pensano che la soluzione non sia solo la repressione, che la ricetta non sia solo la stessa del 1993, che all'evidenza ha fallito (...). L'idea che tutto si risolva con le manette è stata smentita dai fatti".
Sul fatto che anche Pier Camillo Davigo parli di prevenzione, Cantone spiega di continuare "a farlo" anche lui: "Ho parlato di agenti infiltrati un mese fa, a un convegno di magistrati. Capisco che Davigo possa non seguire quello che dico, ma in questo caso non è molto informato". Cantone segnala anche "gli aspetti critici" che esistono nella magistratura.
"La magistratura molto spesso non riesce a dare risposte ai cittadini, perché è sovraccaricata di compiti non suoi. Si pensa che debba occuparsi soprattutto dei grandi temi, e un pò meno del senso di giustizia individuale. La magistratura ha meriti eccezionali, ma sarebbe scorretto non evidenziare che certi meccanismi organizzativi non funzionano. Ci sono criticità, ma c'è uno sforzo autentico, e se ne vedranno i risultati (...). Scandali e arresti? Sono fatti molto gravi. Ma se emergono è la prova che il sistema reagisce. Fino a poco fa qualche leader politico sosteneva che la corruzione non esisteva; oggi nessuno la nega. Non dico che la strada sia conclusa, sarei un folle. Ma è sbagliato non prendere atto di quel che è avvenuto, grazie al Parlamento che ha votato andando oltre la maggioranza di governo". "Giudici inquinati perché in politica - dice anche - ? Diano le prove o si finisce come quando Falcone venne definito eroe da chi gli aveva dato del traditore".
Bruti Liberati, sulla stessa lunghezza d'onda, dice a la Repubblica: "I magistrati non diano voti classe dirigente. Non ci sono toghe buone contro Italia dei cattivi"
"Non esiste una magistratura buona contro un'Italia di cattivi, vederla così è in linea di principio sbagliato, e inoltre si scontra con la realtà. Lo scontro viene a galla quando la magistratura acquisisce nei fatti un'indipendenza e una volontà di non fermarsi di fronte ai santuari, dagli scandali Lockheed e petroli, alla strage di piazza Fontana, ma i paragoni con il passato servono a comprendere l'evoluzione, non l'oggi. L'essenziale per l'Anm è esprimere con chiarezza la propria opinione sui problemi della giustizia, ma altrettanto essenziale è che l'Anm non esca dal suo ruolo".
Alla domanda su come se ne esce se una parte del Paese chiede ai politici corrotti un passo indietro e i politici non ascoltano, l'ex procuratore capo di Milano osserva:
"Comunque non tocca ai magistrati affrontare 'il problema della corruzione', i magistrati si occupano di casi singoli che costituiscono reato. Non danno ricette né affrontano i problemi deontologici altrui. E, sinceramente, un passo avanti c'è sull'aspetto della prevenzione grazie all'Anac, l'autority anti-corruzione. L'abbiamo vista a Milano con l'Expo. L'Anac ha ricoperto il suo ruolo di 'investigatore' nelle pratiche amministrative, la magistratura ha svolto indagini penali e i processi in tempi rapidi, mentre il prefetto con le interdittive antimafia ha eliminato alcune aziende sospette. Fine. L'Anac è giovanissima, deve ancora assestarsi, ma uno strumento per non sprecare denaro pubblico con appalti fasulli ora c'è".
Luca Palamara, predecessore di Davigo alla guida dell'Anm, ha preso le distanze: "Le generalizzazioni a me non piacciono non dobbiamo cadere nella trappola del conflitto" ma che ai magistrati non giova. Stesso ragionamento in Antonello Racanelli, procuratore aggiunto a Roma e leader di Magistratura indipendente, critico per i "toni eccessivi, parole esagerate, generalizzazioni superficiali e ingiuste". "Bisogna evitare di alzare la tensione tra politica e magistratura, che non fa bene a nessuno. Anziché offendersi a vicenda - suggerisce Racanelli- occorre rivendicare i mezzi per far funzionare meglio e con maggiore efficienza la giustizia".
Intervengono anche i magistrati di Area (il gruppo che riunisce le correnti 'di sinistra' della magistratura) che ribadiscono la propria fiducia a Davigo e allo stesso tempo lo invitano a non generalizzare:
"Siamo consapevoli che la semplificazione è condizione necessaria di una comunicazione efficace e tuttavia i toni e i contenuti della intervista che il presidente dell'Anm Piercamillo Davigo ha rilasciato al Corriere della Sera ci lasciano perplessi".E' quanto scrive in una nota il coordinamento nazionale di Area (il gruppo che riunisce le correnti 'di sinistra' della magistratura) che ribadisce "la propria fiducia e il proprio sostegno alla giunta 'unitaria' e alla attuale presidenza Davigo, ma il ruolo istituzionale dell'Anm richiede che le esternazioni del suo Presidente riflettano il sentire comune dell'intera magistratura associata e trovino espressione attraverso modalità di comunicazione che sappiano essere rispettose degli altri soggetti istituzionali".Il tema del rapporto "tra giurisdizione, politica e società civile, come quello, certamente centrale della lotta alla corruzione - si legge ancora nella nota di Area - non possono essere affrontati con generalizzazioni, che non aiutano a farne comprendere la complessità e la delicatezza, ma finiscono col creare confusione nell'opinione pubblica e sterili contrapposizioni tra la politica e la magistratura". In particolare, la lotta alla corruzione "è tema che non può essere affrontato esaltando esclusivamente la pur necessaria risposta repressiva: come l'Anm ha sempre sostenuto - ricorda il Coordinamento di Area - esige un impegno riformatore a 360 gradi, che investa la riqualificazione della pubblica amministrazione, le forme della politica, le pratiche e la cultura della società civile e del mondo economico. Richiede anche, come sanno per primi i magistrati, una giurisdizione di qualità, consapevole che una efficace repressione dei fenomeni corruttivi non può che avvenire nel rispetto rigoroso delle regole del processo. Siamo certi che questo sia anche il pensiero del nostro presidente - conclude la nota - e confidiamo che, per il futuro, egli sarà in grado di chiarirlo con l'efficacia e l'incisività che tutti gli riconoscono".