venerdì 5 settembre 2014

Inaccettabile l'atteggiamento delle forze dell'ordine della polizia. Come sempre è il sindacato ad aver determinare l'irresponsabilità dei lavoratori. Ha fatto bene Renzi a far capire che la polizia deve muoversi all'interno delle regole della democrazia.

Stipendi, le forze dell'ordine non tornano indietro: "Sciopero sarà"

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Non tornano indietro. “Smentiamo categoricamente la notizia e i rumours dati da qualche telegiornale per cui lo sciopero proclamato (senza una data, però, ndr) dalla Consulta delle forze di pubblica sicurezza (24 sigle tra sindacati di polizia e Rappresentanze delle forze armate ndr) possa essere ritirata. "Lo sciopero è una probabilità concreta al 95 per cento” scandisce le parole Gianni Pitzianti, maresciallo delegato del Cocer dei carabinieri. Felice Romano, potente segretario del Siulp di polizia nella cui segreteria in via Vicenza giovedì pomeriggio è stato firmato il comunicato congiunto della Consulta, assicura che “sciopero sarà anche se i cittadini possono stare tranquilli che non faremo mai mancare i servizi essenziali”. 
Non tornano indietro, Polizia, Carabinieri, Finanza, Penitenziaria, Forestale, Vigili del fuoco, i Cocer di Marina, Aeronautica, Esercito. Perché sono stufi. “Abbiamo chiesto almeno 5 volte al Presidente del Consiglio di essere ricevuti” spiega Pitzianti. “Non ci hanno neppure risposto” fa eco Romano.
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Bisogna cominciare da qui per spiegare la rabbia e la determinazione senza precedenti nella storia della Repubblica degli uomini e delle donne che ogni giorno, pur tra i progressivi tagli della spesa pubblica, cercano di assicurare sicurezza e legalità. “Sarà sciopero” è la frase che troneggia sul sito del Siulp. Peccato che lo sciopero sia vietato agli uomini in divisa, militari (carabinieri e finanza) e anche civili (polizia, penitenziaria e forestale) come recita l’articolo 84 della legge 1231 del 1981. E in questa contraddizione dove pezzi dello Stato vanno allo scontro con lo Stato si capisce la drammaticità della situazione.
Che è stata colta benissimo dal premier Renzi che giovedì sera, per quanto impegnato a Newport nel vertice Nato, si è attaccato al telefono e ha parlato prima con i vertici della polizia, il prefetto Alessandro Pansa, poi dei carabinieri, il generale Leonardo Gallitelli. Ma il suo aut aut ribadito oggi – “sono disponibile al confronto ma non accetto ricatti, nessun paese al mondo ha cinque polizie” – non ha certo risolto la situazione. Anzi. “Delle due l’una: o il premier Renzi non ha compreso bene di cosa stiamo parlando visto non stiamo parlando di aumenti dello stipendio; o chi di dovere, i nostri vertici tecnici e politici, non hanno saputo rappresentare la nostra situazione” tuona Daniele Tissone, segretario della Silp-Cgil.
La proclamazione dello sciopero è senza precedenti perché, si spiega, “è stato proclamato dalla Consulta delle forze di difesa, sicurezza e di pubblico soccorso”, un blocco, diciamolo chiaramente, che può mettere in ginocchio il sistema Paese. E apre due fronti. Il primo è politico. Spiega Tissone: “A luglio i ministri competenti, Alfano, Orlando, Pinotti, Martina ci hanno rassicurato circa lo sblocco a partire dal primo novembre dei tetti salariali. E ieri il ministro Madia comunica che invece è tutto bloccato. Qualcosa non torna”. I sindacati di polizia puntano il dito contro il capo Alessandro Pansa reo, a sentir loro, “di usare toni sufficienti con i sindacati”. Il Cocer dei carabinieri difende invece il generale Gallitelli. Il sospetto è che il ministro di tutti, Angelino Alfano, “sia da sempre troppo impegnato con il suo partito per occuparsi del Viminale”.
Il secondo fronte invece è tecnico. E contiene la soluzione. Servita sul tavolo del premier e del governo. Le forze di sicurezza e di polizia, infatti non chiedono lo sblocco del contratto e quindi un aumento dello stipendio. “Siamo perfettamente consapevoli della situazione economica” dicono. Chiedono invece “il superamento dei tetti salariali”, il riconoscimento cioè di un diritto contrattuale. I “tetti” sono di due tipi: le promozioni, gli avanzamenti di carriera non hanno seguito in busta paga; così come sono bloccati gli scatti di anzianità. E’ così dal 2010, uno dei tanti tagli lineari delle manovre dell’ex ministro Tremonti. “Per essere chiaro – spiega Tissone – in questo momento in Italia un questore promosso dopo il 2010 prende meno del suo vicario. Il nostro sistema di carriera si basa su qualifiche e progressioni. E il 50% per cento del nostro stipendio (nel pubblico impiego è solo il 10%) è formato dalla cosiddette accessorie. Ecco perché noi in questi quattro anni abbiamo nei fatti perso la tredicesima”.
Sindacati di polizia e Cocer militari indicano possibili soluzioni per recuperare risorse ed evitare sprechi. Gli acquisti, ad esempio. “Se non è possibile un’unica centrale di acquisti, possiamo però razionalizzare le centrali di spesa. Se i carabinieri sono più bravi nell’acquisto delle divise, siano pure loro a farlo per conto di tutte le forze di sicurezza. Se la polizia è più brava ad acquistare macchine, lo faccia per tutti”. Tutti d’accordo poi sulla necessità di “riorganizzare i presidi, stazioni, caserme, questure, posti di polizia”. E invece che pensare all’accorpamento delle forze di polizia (in Italia ce ne sono cinque, Ps, Cc, Forestale, Penitenziaria, vigili urbani) sarebbe più facile “suddividere i compiti”. Chi-deve-fare-cosa-e-dove per evitare doppioni da una parte e assenze dall’altra. Sap e Silp, sigle sindacali di destra e di sinistra, hanno invece presentato progetti di accorpamento.
Il presupposto di tutto resta però lo sblocco dei tetti salariali. Serve un miliardo, almeno, che può essere recuperato, si spiega, “dal diverso utilizzo di risorse interne”. Senza questo impegno il dialogo non può neppure cominciare. E lo sciopero resta proclamato. Sorge il dubbio che però il premier Renzi non sia stato correttamente informato sulla causa della rabbia degli uomini e delle donne in divisa.

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