Liberi cittadini contro il regime partitocratico, i privilegi della casta sindacale della triplice, la dittatura grillina e leghista, la casta dei giornalisti
sabato 14 settembre 2013
Ecco chiarito da dove possiamo prendere i soldi.
"Si metta la testa sui beni confiscati alle mafie". Ecco come può arrivare la svolta
Venerdì, 13 settembre 2013 - 15:10:00
di Lorenzo Lamperti
@LorenzoLamperti
"Dare pieno impulso al riutilizzo dei beni confiscati alla mafia significherebbe dare concretezza alla lotta contro la criminalità organizzata. Ma forse non tutti questa concretezza vogliono darla". L'avvocato Ilaria Ramoni, esperta di temi antimafia, illustra il problema dei beni confiscati (affrontato insieme alla giornalista Alessandra Coppola nel libro "Per il nostro bene" edito da Chiarelettere) in un'intervista ad Affaritaliani.it: "Possono valere una piccola manovra finanziaria. Il loro corretto utilizzo può essere una soluzione per far fronte alla crisi economica". Che cosa manca per farli funzionare? "La spinta della politica. Troppo spesso questi beni restano inutilizzati o vengono occupati dai parenti dei mafiosi..."
PER IL NOSTRO BENE - CHIARELETTERE EDITORE
Un reportage dal fronte, tra le fortezze espugnate a quella mafia che ha fatto la storia, e che ancora soffoca il Paese. La villa di Tano Badalamenti a Cinisi, la reggia di “Sandokan” Schiavone a Casal di Principe, l’enclave dei Casamonica nella periferia romana, perfino una residenza principesca a Beverly Hills, proprietà di Michele Zaza, ’o Pazzo, re del contrabbando. E poi cascine di ’ndrangheta in Piemonte, tenute in Toscana, castelli, alberghi, discoteche, campi di calcio, maneggi. Trincee di ieri e di oggi. Questo libro racconta cos’erano e cosa sono diventate. Un patrimonio che vale una Finanziaria. Un’occasione che rischiamo di perdere. Scuole e uffici pubblici pagano l’affitto mentre migliaia di immobili restano abbandonati. Tra ostacoli di ogni tipo, terreni occupati, edifici distrutti, una legislazione carente, amministratori pavidi, funzionari di banca che concedono mutui ai clan per aiutarli a “salvare” il patrimonio: un terzo delle case sottratte ai mafiosi e non assegnate è gravato da ipoteche, inutilizzabile. Per non parlare delle aziende, quasi tutte, che nel passaggio dalla criminalità organizzata allo Stato falliscono. C’è un’Agenzia nazionale che gestisce e destina i beni sequestrati e confiscati: trenta dipendenti in tutto, zero risorse, rischia lo stallo. Tra le pieghe di un clamoroso insuccesso, questo libro racconta le vicende di tante persone che con intelligenza e straordinaria determinazione hanno tentato di far rinascere la vita là dove prima si predicava solo morte. Come dei partigiani, in questa nuova guerra di liberazione italiana.
Avvocato Ilaria Ramoni, quanto valgono i beni confiscati alle mafie?
È molto complicato dare un’entità al valore di questi beni confiscati per tutta una serie di motivi. A detta anche del direttore dell’agenzia si può parlare di una piccola manovra finanziaria. Una cifra molto elevata. È un punto cruciale perché in un momento di crisi come quello che sta vivendo il nostro Paese il corretto utilizzo dei beni confiscati potrebbe essere uno dei modi per far fronte alla crisi economica.
Nel libro viene citata una frase di Don Ciotti secondo il quale su questi temi “chi doveva metterci la testa non ce l’ha messa”. A chi alludeva?
È vero che ci sono dei problemi logistici e organizzativi per la gestione delle risorse in particolare per quanto riguarda l’Agenzia nazionale dei beni confiscati istituita nel marzo del 2010 però è anche vero che sembra quasi che sia mancata la spinta politica propulsiva che aveva avuto all’inizio dal ministro Maroni. Sembra che quella spinta politica iniziale molto forte utile a far funzionare il sistema dei beni confiscati sia andata scemando fino a diventare quasi del tutto assente.
L’Agenzia nazionale dei beni confiscati funziona in modo adeguato?
Va assolutamente rivista e potenziata. Ad oggi, sulla carta, dovrebbero lavorarci circa 130 persone ma nella sostanza sono molte di meno e per lo più si tratta di personale distaccato da altre amministrazioni. E comunque 130 è in ogni caso un numero esiguo per far fronte all’enorme mole di lavoro dell’agenzia. Ci vorrebbe anche una maggiore professionalizzazione. Non vuol dire che chi già ci lavora non abbia le competenze ma servirebbe una formazione specifica sulla valorizzazione in termini economici e sociali dei beni confiscati. Poi c’è il problema che, con cinque sedi in tutta Italia, c’è una minore presenza sul territorio rispetto a quando dominus della procedura erano le Prefetture. Ma l’elemento dirimente è la mancata volontà politica di far funzionare in modo efficiente tutto il sistema dell’aggressione ai patrimoni dei mafiosi e dunque anche l’agenzia.
Com’è possibile che alcuni beni confiscati restano inutilizzati e altri vengano addirittura occupati dai parenti dei mafiosi colpiti dal provvedimento?
Succede più spesso di quanto si possa immaginare. Quando un bene resta inutilizzato bisognerebbe andare a indagare caso per caso le problematiche specifiche. Alcuni sono gravati da ipoteche, altri confiscati pro quota e diventa più complicato poterli riutilizzare. Altri sono dei fortini che restano assediati dalle altre case dei familiari del boss, del prevenuto. In molti casi si verificano occupazioni di familiari dei mafiosi.
Con Cancellieri e Alfano al Viminale dopo Maroni è cambiato qualcosa?
Con Maroni c’è stata la nascita dell’Agenzia, fortemente voluta da più parti ma, come dicevo, questa forte spinta politica iniziale non è stata affatto costante nel tempo. E invece che metterci seriamente la testa si parla sempre della vendita dei beni come la panacea di tutti i mali. Il problema della vendita va approfondito e analizzato caso per caso. Molte volte la vendita potrebbe essere vista come una sconfitta ma altre volte si rende necessaria e in questo caso va effettuata utilizzando tutti gli strumenti necessari affinchè i beni non vengano riconquistati dai mafiosi. Ci vuole molta serietà e meno ideologia quando si parla di vendita dei beni confiscati.
In che modo si può scongiurare la sconfitta dello Stato?
Si può scongiurare, riprendendo le parole di Don Ciotti, mettendoci la testa e facendo ognuno il proprio dovere. L’aggressione dei patrimoni mafiosi è lo strumento principale del contrasto alla criminalità organizzata e tutto il procedimento va analizzato e ripensato in termini economici. I beni confiscati non sono un peso o un onere e sta a noi valorizzarli come elemento produttivo per il territorio affinchè possano offrire posti di lavoro e dare una spinta all’economia. Siamo a una terza svolta decisiva: dopo la legge Rognoni-La Torre del 1982 e il riutilizzo sociale dei beni confiscati con la legge 109 del 1996 bisogna rendere davvero produttivi questi beni confiscati. Devono diventare una reale risorsa per il territorio.
Il sospetto è però che spesso il mercato italiano punisca le aziende pulite?
È così, purtroppo. Nel caso delle aziende confiscate bisogna snellire le procedure e la burocrazia. I tempi imprenditoriali delle aziende non coincidono quasi mai con i tempi di attesa dettati dalla burocrazia. Si potrebbe anche ragionare su particolari incentivi per le aziende confiscate, una sorta di “avviamento alla legalità”, favorire la possibilità che le aziende confiscate interagiscano tra loro in termini produttivi o su degli sgravi fiscali per chi reimpiega la manodopera proveniente dalle aziende confiscate fallite o comunque chiuse. Delle 1708 aziende confiscate al 31 dicembre 2012 soltanto 60 risultano essere attive sul mercato, vale a dire con dei dipendenti. Di miglioramenti se ne potrebbero fare a migliaia, però ci vuole la volontà politica.
Prima si parlava del ruolo delle prefetture. Il riordino giudiziario previsto dal governo Letta è cosa buona e giusta?
Sicuramente alcuni tribunali andavano chiusi ma in altri territori, non solo quelli del Sud, sapere che c’è un tribunale disincentiva i crimini. Mi viene in mente il caso di Vigevano: anche per la forte presenza criminale su quel territorio togliere il tribunale sarebbe un errore. L’importante è che facendo le riforme non si usi l’accetta.
Com’è messa l’Italia in termini di legislazione antimafia?
Il nostro Paese ha una delle legislazioni antimafia più avanzate al mondo anche se da più parti si denuncia che con il codice antimafia del 2011 sono addirittura stati fatti passi indietro . Il nuovo codice non ha preso in considerazione troppe cose: la riforma dell’articolo 416 ter sullo scambio politico-mafioso, non si è introdotto il reato di autoriciclaggio, non si è detto nulla sui reati ambientali e non è stata riformata e armonizzata la normativa su testimoni di giustizia e vittime di racket e usura. Insomma, parrebbe esserci ancora molto da fare e questo anche in tema di confisca dei beni perché dare sostanza all’aggressione dei patrimoni mafiosi vuol dire anche dare concretezza all’antimafia. E forse non tutti questa concretezza vogliono darla.
I grillini ci vogliono dare una soluzione per questo problema?
Cgia: “Addizionale Irpef cresciuta in 3 anni fino a + 284 euro”
Pubblicato il 14 settembre 2013 09.56 | Ultimo aggiornamento: 14 settembre 2013 09.56
di Redazione Blitz
VENEZIA – Dal 2010 ad oggi le addizionali regionali e comunali Irpef hanno subito un vera e propria impennata. A dirlo è la Cgia di Mestre che ha analizzato gli effetti di questi aumenti sulle retribuzioni degli operai e degli impiegati residenti nei 40 comuni capoluogo di Provincia che hanno già deciso per l’anno in corso l’aliquota dell’addizionale Irpef comunale.
In particolare per un’operaio l’Irpef pesa 89 euro in più, per un impiegato di 117 euro per un quadro di 284 euro. Questo il calcolo, nel dettaglio, fatto dalla Cgia. Per un operaio con un reddito annuo di 20.000 euro (pari a una retribuzione mensile netta di 1.240 euro) l’aggravio fiscale maturato tra il 2010 ed il 2013 è di 89 euro. In merito alle decisioni prese quest’anno, nel 2014 dovrà versare ben 401 euro. Per un impiegato con un reddito annuo di 32.000 euro (che corrisponde ad una retribuzione mensile netta di quasi 1.840 euro) la maggiore trattenuta fiscale avvenuta sempre tra il 2010 ed il 2013 è stata di 117 euro.
Alla luce delle decisioni prese nel 2013, l’anno prossimo il peso delle addizionali Irpef sarà di 664 euro. Infine, per un quadro con un reddito annuo di 60.000 mila euro (pari ad uno stipendio mensile netto di quasi 3.100 euro) la maggiore trattenuta fiscale verificatasi sempre nello stesso periodo di tempo è stata pari a 284 euro. L’anno venturo saranno 1.328 gli euro che dovrà versare alla Regione e al suo Comune di residenza.
“Quest’anno – ricorda Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia – gli enti locali hanno tempo sino al 30 novembre per decidere le aliquote dei tributi e delle tariffe comunali. Sono molteplici le incertezze e le problematiche che i Sindaci devono affrontare, si pensi all’Imu e alle risorse compensative che dovrebbero ricevere dall’erario, al delicato passaggio alla nuova Tares e al fatto che non si è certi su come si ripartiranno i 2,2 miliardi di euro di tagli del fondo di solidarietà comunale decisi dalla ‘Spending review’ e dalla Legge di Stabilità del 2013″. “Di fronte a queste problematiche – prosegue Bortolussi – la tentazione di ritoccare all’insù le aliquote delle addizionali comunali Irpef è molto forte. Per l’anno in corso sono 40 i Comuni capoluogo di provincia che hanno già deliberato l’aliquota. Undici l’hanno aumentata e gli altri 29 hanno confermato l’aliquota del 2012 che in 13 casi era già stata innalzata al livello massimo dello 0,8%”.
I giovani del PDL sono nati già vecchi.Come i grillini.
ATREJU
I giovani del Pdl: «Il centrodestra deve emanciparsi da Berlusconi»
Per molti B va difeso. Per altri bisogna prima salvare il partito. E iniziare a pensare al futuro.
di Francesco Curridori
“Processo alla giustizia”. È il tema su cui Filippo Facci e Marco Travaglio si sono scontrati e confrontati il 13 settembre a Roma. La cornice è stata quella del Parco del Celio che ogni anno ospita Atreju, la manifestazione politica organizzata da Giorgia Meloni, giunta alla sua 16esima edizione. La figura di Berlusconi e le incognite sul suo futuro e su quello del centrodestra fanno da sfondo tra i giovani che ascoltano il dibattito.
Nelle prime fila la platea sembra irritarsi quando la “iena” Paolo Calabresi fa irruzione per importunare Ignazio La Russa ma poi, dopo pochi secondi, quando il dibattito riprende si scoprono posizioni a favore di Berlusconi.
IL CAV VA DIFESO A OLTRANZA. Marco e Maria, una giovane coppia di elettori di centrodestra non “meloniani” difendono il Cavaliere. Lei, elettrice del Pdl, è convinta che Berlusconi vada difeso ad oltranza perché la legge Severino è ingiusta e il Senato deve votare contro la sua incandidabilità.
«Se lo cacciano dal Senato si deve tornare alle urne e il leader del centrodestra deve continuare a esser lui così come fa Grillo», dice lei.
LEGGE INCOSTITUZIONALE. Lui, elettore de La Destra, mette invece in evidenza l’incostituzionalità della legge Severino perché «anche se la norma non rientra nel codice penale, è comunque una pena afflittiva e in quanto tale non può essere retroattiva». Anche lui, in caso di decadenza di Berlusconi, vede come unica via d’uscita le elezioni e nel caso non sia possibile una sua candidatura «deve scendere in campo la figlia Marina».
NUOVI LABORATORI POLITICI. Camminando tra i vari stand si notano quelli di due testate online, Barbadillo.it e Qelsi.it, acronimo di “Questa è la sinistra italiana”, nate recentemente con lo scopo di essere nuovi laboratori di idee del centrodestra.
Nelle prime fila la platea sembra irritarsi quando la “iena” Paolo Calabresi fa irruzione per importunare Ignazio La Russa ma poi, dopo pochi secondi, quando il dibattito riprende si scoprono posizioni a favore di Berlusconi.
IL CAV VA DIFESO A OLTRANZA. Marco e Maria, una giovane coppia di elettori di centrodestra non “meloniani” difendono il Cavaliere. Lei, elettrice del Pdl, è convinta che Berlusconi vada difeso ad oltranza perché la legge Severino è ingiusta e il Senato deve votare contro la sua incandidabilità.
«Se lo cacciano dal Senato si deve tornare alle urne e il leader del centrodestra deve continuare a esser lui così come fa Grillo», dice lei.
LEGGE INCOSTITUZIONALE. Lui, elettore de La Destra, mette invece in evidenza l’incostituzionalità della legge Severino perché «anche se la norma non rientra nel codice penale, è comunque una pena afflittiva e in quanto tale non può essere retroattiva». Anche lui, in caso di decadenza di Berlusconi, vede come unica via d’uscita le elezioni e nel caso non sia possibile una sua candidatura «deve scendere in campo la figlia Marina».
NUOVI LABORATORI POLITICI. Camminando tra i vari stand si notano quelli di due testate online, Barbadillo.it e Qelsi.it, acronimo di “Questa è la sinistra italiana”, nate recentemente con lo scopo di essere nuovi laboratori di idee del centrodestra.
Esiste un centrodestra diverso
Antonio Rapisarda, caporedattore di Barbadillo.it, spiega di non essere tanto interessato al destino politico del Cavaliere quanto più alle prospettive future: «Il problema non è tanto l’agibilità politica di Berlusconi ma quella del centrodestra che deve emanciparsi. La destra esisteva prima di Berlusconi e deve continuare a esistere non solo per il bene del centrodestra ma anche dell’Italia. Il Pdl deve dimostrare che il governo delle larghe intese non è stato fatto per attuare una “pacificazione” ma per dare risposte ai problemi dell’Italia come la crisi economica, l’Ilva e non solo».
Rapisarda continua: «Di fronte a un Pdl incastrato nella questione giustizia, c’è un centrodestra diverso, rappresentato dalla Meloni e da Tosi che riesce ad avere un rapporto diretto con la base e la grande partecipazione dei giovani ad Atreju ne è la dimostrazione evidente».
IL VOTO POTREBBE SLITTARE A OTTOBRE. Silvia Cirocchi, direttrice di Qelsi, invece ha una visione ben precisa di ciò che potrebbe accadere da qui alle prossime settimane: «Mercoledì (il 18 settembre, ndr) si voterà la mozione Augello che verrà respinta. Dopo di che verrà nominato un nuovo relatore e, tra una cosa e l'altra, la decadenza di Berlusconi non si voterà prima di metà ottobre quando lui dovrà iniziare a scontare la pena. Poco dopo i suoi figli chiederanno la grazia a Napolitano e lui potrà fare propaganda come Grillo».
Cirocchi, per il ruolo di premier vede la Meloni o Tosi ma «il leader del centrodestra resterà lui anche perché sono sicura che alle prossime elezioni Forza Italia sarà il primo partito».
LA FRONDA DEGLI ANTI-BERLUSCONIANI. Proseguendo tra i banchetti delle varie associazioni affiliate al mondo giovanile del centrodestra si incontrano anche dei veri e propri anti-berlusconiani come Giuseppe, militante di Palermo che vende magliette con la scritta 'Meglio un giorno da Borsellino che cento da Ciancimino': «Non lo sopporto non per i suoi guai giudiziari ma perché è inaffidabile e deve andarsene e basta». «L'alleanza con Berlusconi», spiega il giovane militante è politica, «strategica e serve solo per prendere voti ma io non lo voterei mai».
Rapisarda continua: «Di fronte a un Pdl incastrato nella questione giustizia, c’è un centrodestra diverso, rappresentato dalla Meloni e da Tosi che riesce ad avere un rapporto diretto con la base e la grande partecipazione dei giovani ad Atreju ne è la dimostrazione evidente».
IL VOTO POTREBBE SLITTARE A OTTOBRE. Silvia Cirocchi, direttrice di Qelsi, invece ha una visione ben precisa di ciò che potrebbe accadere da qui alle prossime settimane: «Mercoledì (il 18 settembre, ndr) si voterà la mozione Augello che verrà respinta. Dopo di che verrà nominato un nuovo relatore e, tra una cosa e l'altra, la decadenza di Berlusconi non si voterà prima di metà ottobre quando lui dovrà iniziare a scontare la pena. Poco dopo i suoi figli chiederanno la grazia a Napolitano e lui potrà fare propaganda come Grillo».
Cirocchi, per il ruolo di premier vede la Meloni o Tosi ma «il leader del centrodestra resterà lui anche perché sono sicura che alle prossime elezioni Forza Italia sarà il primo partito».
LA FRONDA DEGLI ANTI-BERLUSCONIANI. Proseguendo tra i banchetti delle varie associazioni affiliate al mondo giovanile del centrodestra si incontrano anche dei veri e propri anti-berlusconiani come Giuseppe, militante di Palermo che vende magliette con la scritta 'Meglio un giorno da Borsellino che cento da Ciancimino': «Non lo sopporto non per i suoi guai giudiziari ma perché è inaffidabile e deve andarsene e basta». «L'alleanza con Berlusconi», spiega il giovane militante è politica, «strategica e serve solo per prendere voti ma io non lo voterei mai».
Sabato, 14 Settembre 201
Mi chiedo sempre: "Perchè ci dobbiamo tenere Grillo, Berlusconi, grillini e Pdellini mentre mandiamo all'estero persone come Anna Gatti". Mandiamo questi imbecilli all'estero e riprendiamoci le nostre menti migliori.
Parla Anna Gatti, manager di una startup
“Da Google alla start up, lavoro nella Silicon Valley”
Smentite le critiche sugli orari eccessivi, “il lavoro non è lavoro: è passione”. Basta organizzarsi
Il Marine Park di Alviso nella Silicon Valley (Foto, Robin Liao © Flickr)
All’inizio sembrava il paradiso dei lavoratori. Negli uffici italiani arrivavano leggende di giovani che trovavano investitori per realizzare le proprie idee, prati verdi accanto alle scrivanie, donne manager che riuscivano a essere perfette a casa e al lavoro. Negli ultimi tempi, però, sono arrivate le critiche. Il famoso spirito della Silicon Valley non convince più tutti.
Prima ci sono stati i dietrofront. Come quello di Marissa Mayer, ceo di Yahoo (assunta con un pancione di sei mesi), che ha detto stop a flessibilità e telelavoro. E quello di Google, che ha cancellato il benefit che permetteva ai dipendenti di dedicare il 20% delle ore lavorative a idee innovative (per intenderci: così è nata Gmail).
Non sono mancate le inchieste giornalistiche che hanno mostrato come accanto alla struttura dei sogni di Googleplex, gli homeless (i senzatetto) siano cresciuti del 20%, e con loro vere e proprie tendopoli. Non ultimo, è arrivato il monito di Sheryl Sandberg, direttore operativo di Facebook, prima a Google, che ha invitato le donne a darsi una mossa (il titolo del suo libro è Lean In, tradotto in Italia Facciamoci avanti. Le donne, il lavoro e la voglia di riuscire), che ha denunciato sul New Yorker denunciando la cultura maschilista della valle.
L’ennesima critica è stata recapitata da Forbes, nell’articolo “Why Silicon Valley’s Work Culture Is Killing Us”, “Perché la cultura del lavoro della Silicon Valley ci sta uccidendo”, che denuncia come con la storia del welfare aziendale e della flessibilità nella valle delle valli californiana «il lavoro sia diventato una religione e la vita privata qualcosa da schiacciare dentro». La proposta è quella di mettere delle regole. Come: “Non mandare email alle 10 di sera”.
Ma davvero il modello Silicon Valley è in crisi e sta fallendo? «Non sono d’accordo», risponde da San Francisco Anna Gatti, alla guida di una startup per l’e-commerce dopo esperienze da manager tra Google, YouTube e Skype. Mamma e manager, lei la Silicon Valley la frequenta da quasi 15 anni. E dice: «Bisogna focalizzarsi mentre si è al lavoro e darsi una disciplina senza perdere tempo. Così non rinuncio alle cose importanti, come la cena con mia figlia. Almeno quattro vole alla settimana».
Come sei arrivata nella Silicon Valley e qual è stato il tuo percorso finora?
Sono arrivata nella Silicon Valley nel 1999 per finire il programma di PhD iniziato in Bocconi all’università di Stanford, dopo una laurea in Economia aziendale all’Università Bocconi di Milano. Dopo un post-doc a Stanford, mi hanno offerto una posizione come ricercatrice all’Università di Berkley. Nel 2002 sono stata contattata dall’Onu per un lavoro a Ginevra, all’Organizzazione mondiale della sanità. Poi mi sono stancata di Ginevra, mi mancava lo spirito della Silicon Valley. Ho deciso di tornare. Mi hanno assunto a MyQube, fondo di venture capitalist che investe nelle startup. Dopo un paio di anni cercavo una esperienza più operativa. Ho fatto colloqui a Google e mi hanno assunto come capo di Consumer Operation International. Il passaggio successivo è a YouTube, come capo della parte internazionale di Online Sales and Operations. Dopo qualche anno, Skype, dove ero direttore di monetizzazione. Dopo che Microsoft ha comprato Skype, sono uscita e ho creato la mia startup, che si occupa di intelligenza artificiale per fare personalizzazione di e-commerce. È una bella sfida.
Sono arrivata nella Silicon Valley nel 1999 per finire il programma di PhD iniziato in Bocconi all’università di Stanford, dopo una laurea in Economia aziendale all’Università Bocconi di Milano. Dopo un post-doc a Stanford, mi hanno offerto una posizione come ricercatrice all’Università di Berkley. Nel 2002 sono stata contattata dall’Onu per un lavoro a Ginevra, all’Organizzazione mondiale della sanità. Poi mi sono stancata di Ginevra, mi mancava lo spirito della Silicon Valley. Ho deciso di tornare. Mi hanno assunto a MyQube, fondo di venture capitalist che investe nelle startup. Dopo un paio di anni cercavo una esperienza più operativa. Ho fatto colloqui a Google e mi hanno assunto come capo di Consumer Operation International. Il passaggio successivo è a YouTube, come capo della parte internazionale di Online Sales and Operations. Dopo qualche anno, Skype, dove ero direttore di monetizzazione. Dopo che Microsoft ha comprato Skype, sono uscita e ho creato la mia startup, che si occupa di intelligenza artificiale per fare personalizzazione di e-commerce. È una bella sfida.
Cos’è lo spirito della Silicon Valley di cui parli?
La Silicon Valley è un’area dove c’è la voglia di spingersi oltre i limiti. Davanti a un problema si cerca la soluzione migliore. Le persone si siedono e pensano “the best solution to any problem”. Ci sono persone disposte a parlare della tua idea, ad aiutarti a realizzarla. Non ci sono pregiudizi. Sai che puoi sperimentare. Non pensi “non ci provo se no faccio una brutta figura”. Se credi in qualcosa qui puoi farlo: “You can change the world”. La respiri per strada questa cosa. Qui è nata Tesla, qui ci sono le startup per le spedizioni nello spazio, il 3D printing del Dna.
La Silicon Valley è un’area dove c’è la voglia di spingersi oltre i limiti. Davanti a un problema si cerca la soluzione migliore. Le persone si siedono e pensano “the best solution to any problem”. Ci sono persone disposte a parlare della tua idea, ad aiutarti a realizzarla. Non ci sono pregiudizi. Sai che puoi sperimentare. Non pensi “non ci provo se no faccio una brutta figura”. Se credi in qualcosa qui puoi farlo: “You can change the world”. La respiri per strada questa cosa. Qui è nata Tesla, qui ci sono le startup per le spedizioni nello spazio, il 3D printing del Dna.
Come vive una mamma manager nella Silicon Valley?
Sono soddisfatta per stile di vita, qualità e professionalità. Sono una single mother e mia figlia è completamente integrata nella mia vita. Lei viaggia con me per lavoro o piacere da quando aveva quattro settimane. Qui durante la gravidanza si lavora fino a due settimane prima del parto. A me non è pesato. Sono una manager, non faccio lavoro fisico di fatica. A YouTube ho preso una responsabilità maggiore con il compito di creare una una nuova funzione quando ero incinta di 7 mesi. Al colloquio di lavoro, dissi che avrei preso tutti e sei i mesi di maturità che Google offre (la legge americana garantisce sei settimane). E loro mi risposero che mi avrebbero aspettato. La mia bimba è nata il 18 febbraio, io ho lavorato fino al 7.
Sono soddisfatta per stile di vita, qualità e professionalità. Sono una single mother e mia figlia è completamente integrata nella mia vita. Lei viaggia con me per lavoro o piacere da quando aveva quattro settimane. Qui durante la gravidanza si lavora fino a due settimane prima del parto. A me non è pesato. Sono una manager, non faccio lavoro fisico di fatica. A YouTube ho preso una responsabilità maggiore con il compito di creare una una nuova funzione quando ero incinta di 7 mesi. Al colloquio di lavoro, dissi che avrei preso tutti e sei i mesi di maturità che Google offre (la legge americana garantisce sei settimane). E loro mi risposero che mi avrebbero aspettato. La mia bimba è nata il 18 febbraio, io ho lavorato fino al 7.
Come si organizzi la tua giornata lavorativa?
Devi essere molto focalizzata. In Italia si butta via molto tempo. Si prende il caffè con i colleghi e si perdono 15 minuti. Sono 15 minuti che toglierei al gioco con mia figlia. Bisogna aumentare l’efficienza, devi essere disciplinata, ci sono cose che voglio fare e le faccio. Non organizzo meeting di mattina prima delle 9 perché voglio accompagnare mia figlia a scuola. Allo stesso modo ho deciso che devo cenare a casa con mia figlia almeno quattro volte alla settimana. E lo faccio. Certo, c’è una tata che mi aiuta e che vive praticamente con noi. Ma sono molta rigorosa sul rispetto dei tempi, delle responsabilità e delle persone.
Devi essere molto focalizzata. In Italia si butta via molto tempo. Si prende il caffè con i colleghi e si perdono 15 minuti. Sono 15 minuti che toglierei al gioco con mia figlia. Bisogna aumentare l’efficienza, devi essere disciplinata, ci sono cose che voglio fare e le faccio. Non organizzo meeting di mattina prima delle 9 perché voglio accompagnare mia figlia a scuola. Allo stesso modo ho deciso che devo cenare a casa con mia figlia almeno quattro volte alla settimana. E lo faccio. Certo, c’è una tata che mi aiuta e che vive praticamente con noi. Ma sono molta rigorosa sul rispetto dei tempi, delle responsabilità e delle persone.
C’è chi ha scritto però che lo stile di vita della Silicon Valley ha fatto del lavoro una religione, a scapito della vita privata.
Non condivido quelli che criticano lo stile di lavoro della Silicon Valley, dicendo che il lavoro è una religione e la vita privata è solo qualcosa da incastrare dentro. Se voglio alle 10 di sera rispondo alle email, come chi scrive il post su Facebook prima di andare a letto. Se dalle 18,30 alle 21 non ho guardato assolutamente il computer perché ho voluto giocare con mia figlia, posso anche mandare una email alle dieci di sera. Ma non mi aspetto che mi rispondano alle 23. A Google si facevano dei meeting internamente per parlare di queste cose. Si diceva di non mandare le email a mezzanotte ai nuovi assunti, perché magari si sarebbero sentiti in dovere di rispondere subito. È una cosa di cui si discute sempre nelle aziende sane come Google. Questo modo di lavorare lo vedo più come un’opportunità che come un sacrificio. Ho lavorato nel team di Sheryl Sandberg, oggi direttore operativo di Facebook. Come italiana vedo enormemente la differenza tra l’Italia e la Silicon Valley. È una comunità che è nata su basi produttive e innovative. È un’area che nasce con il microchip.
Non condivido quelli che criticano lo stile di lavoro della Silicon Valley, dicendo che il lavoro è una religione e la vita privata è solo qualcosa da incastrare dentro. Se voglio alle 10 di sera rispondo alle email, come chi scrive il post su Facebook prima di andare a letto. Se dalle 18,30 alle 21 non ho guardato assolutamente il computer perché ho voluto giocare con mia figlia, posso anche mandare una email alle dieci di sera. Ma non mi aspetto che mi rispondano alle 23. A Google si facevano dei meeting internamente per parlare di queste cose. Si diceva di non mandare le email a mezzanotte ai nuovi assunti, perché magari si sarebbero sentiti in dovere di rispondere subito. È una cosa di cui si discute sempre nelle aziende sane come Google. Questo modo di lavorare lo vedo più come un’opportunità che come un sacrificio. Ho lavorato nel team di Sheryl Sandberg, oggi direttore operativo di Facebook. Come italiana vedo enormemente la differenza tra l’Italia e la Silicon Valley. È una comunità che è nata su basi produttive e innovative. È un’area che nasce con il microchip.
In che modo si organizza il lavoro nella Silicon Valley?
Qui tutto si basa sulla performance. Gli orari di lavoro sono di otto ore, 9-18 o 8,30-17,30. Poi magari ci si ferma mezzora in più. Ma dopo le 18,30 è difficile che le persone siano in ufficio. Si possono avere meeting di lavoro alle 7,30 di mattina, anche per una questione di fusi orari. Quello che conta sono le performance e gli obiettivi. Ma la differenza fondamentale è un’altra.
Qui tutto si basa sulla performance. Gli orari di lavoro sono di otto ore, 9-18 o 8,30-17,30. Poi magari ci si ferma mezzora in più. Ma dopo le 18,30 è difficile che le persone siano in ufficio. Si possono avere meeting di lavoro alle 7,30 di mattina, anche per una questione di fusi orari. Quello che conta sono le performance e gli obiettivi. Ma la differenza fondamentale è un’altra.
Quale?
Ma la differenza fondamentale è che qui il lavoro non è concepito come lavoro. Quello che tu fai non è lavoro, è la tua passione. Così come in una conversazione si può parlare di libri, cibo o viaggi, qui si parla dei progetti. Il business lo fai al barbecue. Così come un giornalista legge il New York Times alle dieci di sera, lo fa per lavoro o per passione? In Silicon Valley si trasferiscono le persone più ambiziose da tutte le parti del mondo. Qui c’è molto driver. Ci sono persone che vogliono migliorarsi. Io potevo fare benissimo la professoressa universitaria in Italia, come mi avevano proposto, invece sono volata qui.
Ma la differenza fondamentale è che qui il lavoro non è concepito come lavoro. Quello che tu fai non è lavoro, è la tua passione. Così come in una conversazione si può parlare di libri, cibo o viaggi, qui si parla dei progetti. Il business lo fai al barbecue. Così come un giornalista legge il New York Times alle dieci di sera, lo fa per lavoro o per passione? In Silicon Valley si trasferiscono le persone più ambiziose da tutte le parti del mondo. Qui c’è molto driver. Ci sono persone che vogliono migliorarsi. Io potevo fare benissimo la professoressa universitaria in Italia, come mi avevano proposto, invece sono volata qui.
E il mito del welfare aziendale? È tutto vero?
Ho lavorato per aziende incredibili come Google. Ma ovviamente non tutte le aziende sono così. A Google nel mio ufficio c’era una piscina bellissima. Quando ero incinta, prima di lavorare facevo un’ora di nuoto. C’erano i miei colleghi che portavano i cani. Googleplex è il posto del welfare aziendale per eccellenza.
Ho lavorato per aziende incredibili come Google. Ma ovviamente non tutte le aziende sono così. A Google nel mio ufficio c’era una piscina bellissima. Quando ero incinta, prima di lavorare facevo un’ora di nuoto. C’erano i miei colleghi che portavano i cani. Googleplex è il posto del welfare aziendale per eccellenza.
Eppure, come ha ricordato anche Sheryl Sandberg, le donne nel top management sono poche. Così come gli ispanici. La Silicon Valley è davvero così meritocratica?
La Silicon Valley è meritocratica. Certo, resta ancora molta differenza tra uomini e donne. Ma rispetto all’Italia è il paradiso della donna per le opportunità professionali. In termini assoluti l’uomo ha più facilità. Questo secondo me è anche una tendenza biologica. Noi esseri umani siamo abbastanza isomorfi, rassicurati dai nostri simili. In un team di tre maschi, assumeranno piu’ facilmente un altro maschio perché pensano di capirlo meglio. Così come accade tra donne. Non c’è la parità. Ovviamente questi atteggiamenti si possono e devono cambiare. È un tema di cui si discute molto nella Silicon Valley. Questa situazione è dovuta sia al fatto che gli uomini ottengono una posizione di comando più facilmente, sia perché le donne non hanno imparato a negoziare con il capo gli aumenti, le promozioni. Quando si offrono posizioni di responsabilità a una donna, spesso pensa “se poi mi sposo, rimango incinta”, gli uomini no.
La Silicon Valley è meritocratica. Certo, resta ancora molta differenza tra uomini e donne. Ma rispetto all’Italia è il paradiso della donna per le opportunità professionali. In termini assoluti l’uomo ha più facilità. Questo secondo me è anche una tendenza biologica. Noi esseri umani siamo abbastanza isomorfi, rassicurati dai nostri simili. In un team di tre maschi, assumeranno piu’ facilmente un altro maschio perché pensano di capirlo meglio. Così come accade tra donne. Non c’è la parità. Ovviamente questi atteggiamenti si possono e devono cambiare. È un tema di cui si discute molto nella Silicon Valley. Questa situazione è dovuta sia al fatto che gli uomini ottengono una posizione di comando più facilmente, sia perché le donne non hanno imparato a negoziare con il capo gli aumenti, le promozioni. Quando si offrono posizioni di responsabilità a una donna, spesso pensa “se poi mi sposo, rimango incinta”, gli uomini no.
Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/lavoro-silicon-valley#ixzz2etWm0DLU
Grandissimo Saviano sull'Espresso di questa settimana.
L'antitaliano
Che silenzio su Dell'Utri
di Roberto Saviano
Oltre 500 pagine di motivazioni della sentenza d'appello sui rapporti tra lui, Berlusconi e Cosa Nostra. In qualsiasi altro Paese avrebbero avuto conseguenze devastanti. Da noi invece sono passate come acqua
(12 settembre 2013)
Dell'Utri mediatore tra Cosa nostra e Berlusconi», si legge nelle motivazioni della sentenza che ha condannato l'ex senatore a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Un vero e proprio "mediatore contrattuale", secondo la corte d'appello di Palermo, tra Silvio Berlusconi e la mafia. Tutto sarebbe stato stabilito durante un incontro nel 1974: "Protezione del Cavaliere in cambio di denaro". Quasi cinquecento pagine per quello che Dell'Utri chiama, con ironica superficialità, "il suo romanzo criminale".
Quasi cinquecento pagine che raccolgono la genesi di questo patto che sarebbe durato quasi trent'anni. Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri si sarebbero incontrati con i boss mafiosi Gaetano Cinà, Stefano Bontade e Mimmo Teresi. Il risultato sarebbe stata la "garanzia della protezione personale all'imprenditore tramite l'esborso di somme di denaro che quest'ultimo ha versato a Cosa nostra tramite Dell'Utri, che ha consentito che l'associazione mafiosa rafforzasse e consolidasse il proprio potere".
Per la Corte D'Appello di Palermo, Berlusconi avrebbe pagato "quantomeno fino al 1992". Qui i giudici si fermano e iniziano le analisi e l'indignazione. Qui, aspettando che la Cassazione si pronunci ancora una volta, alla recente condanna definitiva di Berlusconi si aggiungono, come tasselli, quelle di chi gli è stato più o meno vicino.
Quasi cinquecento pagine che raccolgono la genesi di questo patto che sarebbe durato quasi trent'anni. Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri si sarebbero incontrati con i boss mafiosi Gaetano Cinà, Stefano Bontade e Mimmo Teresi. Il risultato sarebbe stata la "garanzia della protezione personale all'imprenditore tramite l'esborso di somme di denaro che quest'ultimo ha versato a Cosa nostra tramite Dell'Utri, che ha consentito che l'associazione mafiosa rafforzasse e consolidasse il proprio potere".
Per la Corte D'Appello di Palermo, Berlusconi avrebbe pagato "quantomeno fino al 1992". Qui i giudici si fermano e iniziano le analisi e l'indignazione. Qui, aspettando che la Cassazione si pronunci ancora una volta, alla recente condanna definitiva di Berlusconi si aggiungono, come tasselli, quelle di chi gli è stato più o meno vicino.
Il PDL è per la trasparenza! Usano lo stesso criterio di selezione dei funzionari della Cisl. La capacità di intrallazzare nella Pubblica amministrazione.
Decadenza Berlusconi, Renato Schifani blinda il voto segreto al Senato: "Il regolamento è chiaro, non si tocca"
L'Huffington Post | Pubblicato: 14/09/2013 12:29 CEST | Aggiornato: 14/09/2013 18:53 CEST
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Si allarga il fronte di quanti vorrebbero che il voto in Senato sulla decadenza di Silvio Berlusconi fosse palese e non coperto da segreto. Dopo la richiesta dei Cinque Stelle, è stato il turno della Lega Nord. Poi è arrivato anche il Pd. "Mi auguro che si voti con voto palese, bisogna avere il coraggio delle proprie posizioni, ancor più in un passaggio così delicato", ha detto il senatore Dem. Una posizione ribadita anche da Luigi Zanda, presidente del gruppo Pd al Senato.
Alle crescenti pressioni per l'abolizione del voto segreto il Pdl risponde con un secco "no". "Il regolamento del Senato è chiaro e prevede il voto segreto, a meno che non si realizzino nuove maggioranze anche in termini di regolamenti, ma non vi sarebbero i tempi", ha argomentato il capogruppo del Pdl al Senato, Renato Schifani. Gli dà ragione il presidente del Senato, Piero Grasso: "Si applicheranno i regolamenti del Senato", ha detto Grasso. "Non è previsto il voto palese. Quando si vota per una persona, il voto è segreto".
I primi ad avanzare la richiesta di voto palese sono stati, nella giornata di ieri, i Cinque Stelle, nell'obiettivo di zittire una volta per tutte le malelingue che vedevano in loro i possibili "salvatori occulti" del Cav.
Alla richiesta dei Cinque Stelle si è unita questa mattina anche la Lega Nord. "La Lega chiederà la votazione palese quando arriverà in Aula al Senato il voto sulla decadenza di Silvio Berlusconi", ha detto Massimo Bitonci, capogruppo al Senato. "Su questa vicenda riteniamo che ogni partito debba assumersi in maniera limpida le proprie responsabilità davanti ai cittadini senza sotterfugi o giochi politici".
Infine, il Pd. "Io spero che si voti con il voto palese: bisogna avere coraggio delle proprie posizioni tanto più in un passaggio oggettivamente così delicato ed è giusto che di ciò si dia conto all'Italia. Sono assolutamente tranquillo, il Pd è compatto su questo".
La conferma della posizione ufficiale del Pd è poi arrivata da parte di Luigi Zanda. "Il nostro desiderio e indirizzo è che ci sia il voto palese" in Aula al Senato quando si dovrà decidere sulla decadenza. "Nei precedenti casi - ha sottolineato - il Pd ha sempre chiesto che in Aula si possa votare con scrutinio palese e d'altra parte questo accadrà anche in giunta mercoledì prossimo. Finora i lavori della giunta del Senato si sono svolti in modo impeccabile, tanto è vero che sul calendario c'è stato un voto all'unanimità. Naturalmente il Pd si atterrà a quelle che saranno le decisioni della presidenza del Senato e ai regolamenti vigenti. Se il presidente del Senato indicherà il voto segreto, previsto dal regolamento, il Pd si atterrà".
Di fronte a questa doppia accelerazione, è chiara la volontà del Pdl di blindare il regolamento, nel disperato tentativo di tenere una porticina aperta alla salvezza del leader. Intanto la tensione, in casa Pdl, continua a crescere. "La tenuta del Governo? Occorre verificare se dopo eventuali strappi, che si stanno consumando quotidianamente sull'alterazione dei tempi della prassi, vi saranno i margini della convivenza" (ancora Schifani). E una frecciatina al Pd, colpevole - a suo dire - di voler "far saltare i nevi a qualcuno".
"Un maggiore contegno, una maggiore compostezza da parte di alcuni soggetti del Parlamento avrebbe sicuramente svelenito il clima e avrebbe potuto anche fugare i sospetti che per me ormai sono certezze che c'è chi adoperando questa metodologia vuol far saltare i nervi a qualcuno".
Più cauta l'Udc, che fa da sponda al Pdl nel dire che "il regolamento del Senato è inequivocabile e prevede il voto segreto" (parole di Pier Ferdinando Casini). "Sotto il profilo personale mi augurerei la trasparenza di un voto palese perchè è giusto che in quella sede ciascuno si assuma la propria responsabilità, in Senato e davanti agli italiani".
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ansa
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