domenica 31 agosto 2014

In realtà vi è più di un gufo che dovrebbe scusarsi.

La rivincita (e lo sfogo) di Renzi: 

ora qualcuno dovrebbe scusarsi

Dopo la nomina della Mogherini, il premier si toglie qualche sassolino. E sul governo dice: «Mai esistiti piani B. Al momento esclusi rimpasti, solo il cambio agli Esteri».

di Maria Teresa Meli

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DALLA NOSTRA INVIATA BRUXELLES - «Quanta gente in Italia dovrebbe chiedere scusa per quello che ha detto e scritto sull’operazione Mogherini, con la convinzione che non sarebbe andata in porto». Con i fedelissimi e i collaboratori Matteo Renzi si toglie qualche sassolino dalla scarpa. Anche se ufficialmente sono solo sorrisi e abbracci per festeggiare una vittoria che ha cercato e voluto in tutti i modi. Ma dura un attimo, non di più, lo sfogo del premier. La gioia per la missione compiuta, per la contentezza di «non avere mai dubitato né cambiato idea» è troppo grande per indulgere in recriminazioni sul passato: «Io ero convinto di farcela. Nella mia testa non c’erano piani B, c’era solo Federica, come avevo spiegato a tutti i miei interlocutori, esteri e non. Il resto erano giochetti italiani per metterci in difficoltà. Le ipotesi Letta e D’Alema non sono mai esistite se non per i giornali italiani e per qualche politico. Il nostro provincialismo, alle volte, non ha confini».
E, sempre con i fedelissimi, il premier bolla con le stesse paroleanche il gioco del totonomine sul successore di Mogherini, iniziato da giorni e destinato a proseguire fino a novembre, quando la titolare della Farnesina assumerà ufficialmente il suo incarico in Europa. Circolano diverse ipotesi ma la più accreditata al momento è quella che non prevede un rimpasto, piccolo o grande che sia. Nessun passaggio di ministri da una casella all’altra, bensì una semplice sostituzione di Mogherini. Con chi? Le voci che da Roma rimbalzano a Bruxelles indicano il favorito in Lapo Pistelli. Anche se chi conosce bene Renzi non esclude una sorpresa.
Del resto, di tempo per pensare alla questione il premier ne ha ancora un po’. Di tempo per recriminare ulteriormente su chi non scommetteva sul suo successo invece non ne ha più. Lo sfogo sulle polemiche passate si esaurisce presto, perché poi la natura dell’uomo prende il sopravvento. Va bene che da ora in poi Renzi ha deciso di procedere passo dopo passo, come un maratoneta e non come un centometrista, ma incassata la vittoria in una partita giocata con grande determinazione, il premier va oltre e pensa già al vertice europeo sulla crescita che si terrà il 7 ottobre prossimo. A Milano, probabilmente, ma la sede non è ancora stata decisa, benché sia certo che l’incontro si svolgerà nel nostro Paese, che ha fortissimamente voluto, chiesto e sollecitato l’appuntamento. In compenso l’evento e la data sono stati già stabiliti e il premier mira a questo vertice per dare ulteriore peso all’azione del suo governo nello scacchiere dell’Unione: «La vicenda di Federica è andata bene, ora lavoriamo a ottenere un nuovo risultato».
Questo il succo dei suoi ragionamenti: «Noi dobbiamo avere la forza di cambiare il modello di politica economica della Ue, basato tanto sul rigore e poco sulla crescita. Dobbiamo quindi mettere in campo tutti gli strumenti di flessibilità che ci sono». E ancora: «L’Europa deve cambiare strada e verso perché la risposta che ha dato finora alla crisi economica e finanziaria che ha investito tutto il continente non è stata sufficiente». Sono parole che il capo del governo va ripetendo fino allo sfinimento. Sì, perché da sempre Renzi è convinto che «sarebbe miope non coniugare il rigore con la crescita»: «Non chiediamo certo una mancia per l’Italia, non è di questo che si sta parlando, visto che non siamo certo un osservato speciale nella Ue. Stiamo piuttosto parlando di una strategia più ampia che serva anche all’Europa».
Non solo, il premier è convinto che occorra fare anche un’altra operazione. Ossia, quella di rendere la Ue meno distante dai «suoi cittadini». E anche meno invisa: «L’Europa deve stare accanto ai cittadini, non contro di loro». Il che non vuol dire, lo ha ribadito anche ieri con i suoi interlocutori degli altri Paesi della Ue, che pensi di ottenere questo risultato sforando il 3%: «Io non faccio il lobbista dell’Italia e posso assicurare che noi rispetteremo le regole, ma bisogna che l’Europa prenda atto che c’è bisogno di maggiori investimenti e che è più che mai necessario cambiare politica economica» . 

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