sabato 24 ottobre 2015

Se riuscissimo anche a mandare a casa tutti quei distaccati sai che risparmi.

L.Stabilità: Relazione, 3,1 miliardi tagli a ministeri 

Baretta, tagli spesa totali oltre 7 miliardi. Revisione ammonta a 218 milioni, Perotti lotta insieme a noi. Ulteriori rincari di Iva e accise per 19,5 mld in 2018 e 2019 

"Il contributo proposto dai Ministeri alla manovra di finanza pubblica", in pratica i tagli imposti dalla legge di stabilità, ammontano a 3,1 miliardi di euro. Lo si legge nella Relazione tecnica, in cui si prevedono ulteriori tagli lineari di 2,5 miliardi nel 2017 e 1,7 miliardi nel 2018.
"Il taglio della spesa complessivo è cresciuto negli ultimi dati, siamo arrivati a oltre 7 miliardi".
Lo afferma il sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta, precisando a Radio24 che la "revisione della spesa", cioè i tagli non lineari, ammonta invece a 218 milioni. "Possono sembrare pochi ma sono uno sforzo di sistemazione di molte cose: stiamo facendo i costi standard per Regioni e Comuni". Sulle voci di dimissioni del commissario Perotti, Baretta precisa: "Mi pare che stia saldamente nella squadra e lotti insieme a noi".
Baretta, possibile abolire pubblicità giochi - "Si può abolire la pubblicità" sul gioco d'azzardo, "lo Stato italiano può prendere questa decisione con tranquillità". A dirlo è il sottosegretario all'Economia Pier Paolo Baretta, che su Radio24 conferma che il governo si aspetta 500 milioni di euro per l'aumento della tassa e altrettanto dal rinnovo delle concessioni alla cui gara "potranno partecipare anche gli ex 'ctd' (centri trasmissione dati) che aderiranno a una nuova sanatoria". In arrivo il taglio di 100.000 slot machine dalle attuali 400.000
'Per Regioni piano di rientro da 2 miliardi' - "La questione sanità è la stessa dell'anno scorso. Anziché operare tagli non diamo alle Regioni il previsto aumento". A ribadirlo è il sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta, aggiungendo però a Radio24 che "complessivamente, c'è un piano di rientro di 2 miliardi di euro previsto perché sono emersi dei buchi per una gestione delle risorse che dovevano essere usate per pagare i debiti della Pa e che invece sono state usate per spesa corrente. Dobbiamo vedere con le Regioni come definire questo piano di rientro".
Relazione, in 2017 clausole per 15,1 mld - La legge di stabilità ha sterilizzato nel 2016 16,8 miliardi di clausole di salvaguardia tra Iva e accise, ma lascia comunque "in eredità" per il 2017 15,1 miliardi di altrettanti aumenti, seguiti nel 2018 e nel 2019 da ulteriori rincari pari a 19,5 miliardi. Lo si legge nella relazione tecnica alla manovra.

La regione meglio amministrata.

Rincari sui biglietti e vigilantes aggressivi: l’inferno quotidiano dei pendolari lombardi

In quattro anni tariffe salite del +25% e risorse per i servizi congelate: lo scrive Legambiente. La tratta peggiore è la Bergamo-Milano, con 4 treni su 10 in ritardo cronico a 60 km/h di media. A Rho Fiera "un carnaio" per Expo e la provocazione della security a "gettarsi sui binari"

(FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)

23 Ottobre 2015 - 15:22
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La quiete prima della tempesta: parafrasando il poeta si può descrivere la situazione del Passante di Milano, stazione di Porta Venezia, alle ore 17:30. Fra una manciata di minuti la banchina comincerà a brulicare di persone in attesa febbricitante, disposte a tutto pur di accaparrarsi un posto a sedere nel viaggio che li porta a casa, dopo una giornata di lavoro. Le mete d’arrivo? Varese, Novara, Saronno da una parte, Treviglio dall’altra.
Un esercito di 760mila persone, che ogni giorno usano i treni per spostarsi in Lombardia, con Milano a fare la parte del leone come destinazione privilegiata. Il solo Passante ne ospita circa 160mila al giorno. Cifre e numeri di cui spesso si è vantata Trenord – la società del trasporto ferroviario regionale – sopratutto se confrontati con le performance di altre regioni italiane. Tuttavia un dato che letto decontestualizzato non significa molto: quanti e quali sono i pendolari che privilegiano l’auto o i bus extraurbani? Sono operai che lavorano nelle imprese fuori dai centri abitati e quindi non servite dalle ferrovie. Oppure lavoratori flessibili e studenti, che invece di iniziare alle 9 del mattino, ‘‘timbrano’’ alle 11:30. Hanno un vantaggio e uno svantaggio allo stesso tempo: evitano la calca e lo stress degli orari di punta ma devono inventarsi soluzioni e incastri per recarsi sul posto di lavoro. Per loro il tempo di percorrenza medio di una tratta aumenta.
E, sopratutto, che senso ha il confronto fra la rete lombarda e quella campana? «Quasi nessuno», risponde Dario Balottaresponsabile trasporti di Legambiente Lombardia, «i confronti vanno fatti fra città simili. Per Milano il paragone più opportuno è Monaco di Baviera: le due città si assomigliano per superficie, popolazione e composizione dell’hinterland. Nella capitale della Baviera il solo Passante ospita ogni giorno 800mila persone». Ed ecco che il ‘‘primato’’ milanese stenta a decollare.
«Il confronto Milano deve farlo con Monaco di Baviera, non Reggio Calabria o Napoli. Nel Land tedesco il Passante ferroviario ospita 800mila persone al giorno. Nel capoluogo lombardo circa un sesto delle persone. E Negli ultimi 4 anni i rincari complessivi sulla rete sono stati del 25 per cento»
Dario Balotta, responsabile trasporti Legambiente Lombardia
Legambiente pubblica ogni anno il rapporto Pendolaria (ultimo disponibile 2014), che analizza la situazione del pendolarismo in Italia, regione per regione: nel quadriennio 2010-2014 in Lombardia si è assistito a un aumento complessivo delle tariffe del 24,1 per cento, a fronte di un saldo netto nelle risorse destinate ai servizi pari a zero. Non si raggiungono certo le vette piemontesi, dove i tagli sono pari al 7,5 per cento delle risorse disponibili e i rincari sui biglietti al 47,3 per cento – ma rimane comunque una bella batosta per le tasche dei consumatori. Tanto che Federconsumatori è addirittura arrivata a titolare un proprio report con la frase ‘‘Essere pendolari, una scelta difficile’’.
Sempre Legambiente ha pubblicato l’elenco delle ‘‘10 peggiori linee d’Italia per i pendolari’’. Assieme a siracusani, salernitani e messi viaggiatori diretti a Ciampino, svetta l’infausto terzo gradino del podio per la linea Bergamo-MilanoTasso di puntualità crollato nell’autunno 2014 al 65 per centovelocità di percorrenza media 60 km/h. Per rendere l’idea, ci sono stati anni del Giro d’Italia in cui Nibali&Co viaggiavano quasi a una media di 50 km/h – guadagnandoci peraltro in salute. Il tutto all’interno di uno dei territori più ricchi dell’intero continente europeo. Se ne sono accorti i viaggiatori ancora prima che Legambiente certificasse questa situazione: nella pagina Facebook del Comitato Pendolari Bergamaschi ogni giorno vengono certificati i disservizi, i ritardi, le scene da ammucchiata selvaggia.
Dietro agli slogan e ai numeri ci sono poi le vite delle persone. Giulia è una studentessa di Lodi, sono tre anni che fa spola fra la città fondata dal Barbarossa e l’Università Statale. Alle 7:30 del mattino la frequenza delle locomotive è di circa una ogni 8-10 minuti. La cifra da versare nei bilanci della società di piazzale Cadorna, per la singola corsa, è 4 euro. Superate le 9:30, i tempi di attesa si alzano fino a trenta-quaranta minuti – ritardi inclusi. Perché i ritardi? «Perché i treni si fermano in mezzo al nulla anche se hanno già accumulato minuti, dove non si vedono nemmeno animali da pascolo (cit.). Danno la precedenza a Intercity, Italo e treni ad alta percorrenza. E mentre aspetti di ripartire, in certe stagioni, ho visto anche persone sedute nel bagno». Pendolari di serie A e di serie B quindi? «È vero ma su questo punto non bisogna essere ingenui» spiega Balotta di Legambiente, «noi li definiamo ‘‘treni di mercato’’, quelli per cui il prezzo del biglietto equivale al servizio fruito, contro i ‘‘treni sussidiati’’, dove il ticket obliterato copre a malapena il 30 per cento delle spese». Non è dunque una questione di classismo ma piuttosto una carenza infrastrutturale della rete ferroviaria.
Treni regionali che si fermano in mezzo al nulla per dare precedenza a Intercity e Italo. Ma non è classismo: esistono ‘‘treni di mercato’’, dove il biglietto copre le spese e ‘‘treni sussidiati’’, dove il ticket non copre nemmeno il 30 per cento del servizio. Il problema è la rete infrastrutturale
Nelle ultime settimane a peggiorare la situazione – talvolta a renderla grottesca – ci si è messo anche Expo. A Rho Fiera distinguere fra un turista/visitatore e un lavoratore è facile come bere un bicchier d’acqua: cappello cinese a cono di paglia e spezie orientali in pugno, per i primi, sguardo esausto e valigia 24 ore, per i secondi.
Alle 18:30 sulla banchina si assiste a scene esilaranti di vita quotidiana: mentre i ragazzini delle scolaresche in visita all’Esposizione Universale ‘‘giocano’’ a lanciare i compagni oltre la linea gialla, una signora anziana per qualche ragione sta pregando. Immagini da dissonanza cognitiva.
Il tutto sotto lo sguardo vigile degli uomini della GF Protection Intelligence & Safety. Un nome da far impallidire i servizi segreti statunitensi, in realtà si tratta della società incaricata da Trenord della sicurezza sui propri treni, servizio intensificato dopo il caso di cronaca nera che a giugno ha coinvolto un capotreno e un macchinista, feriti gravemente alla testa e alle braccia da cinque membri di una gang di latinos armati di machete, nella stazione di Villapizzone.
La security a un certo punto chiama al telefono i colleghi del piano interrato e scandisce le seguenti parole: «Chiudete le scale d’accesso ai binari». Ma come fanno le persone che devono per forza salire a bordo adesso? – è la domanda ingenua de Linkiesta. «Se vuoi puoi fargli spazio tu gettandoti sui binari».
Parafrasando Federconsumatori, anche lavorare con i pendolari deve essere una scelta difficile.

Riceviamo e pubblichiamo.

Caselli voleva la standing ovation dei giudici contro Renzi

Il Fattone
Gian Carlo Caselli alla presentazione della riforma per i reati agroalimentari a Expo, Milano, 27 luglio 2015.  ANSA/DANIELE MASCOLO
Per l’ex Procuratore di Torino il mancato applauso non è dovuto alle parole usate da Sabelli, ma alla voglia di quieto vivere.
Mentre i sindacalisti dell’Anm si riuniscono a Bari per lanciare le abituali invettive contro la democrazia rappresentativa e lo Stato di diritto, il Fatto si rivolge a Gian Carlo Caselli per un parere disinteressato. E l’ex Procuratore di Torino e di Palermo non delude: se Rodolfo Sabelli – il Landini delle toghe dure e pure – ha avuto pochi applausi per la sua requisitoria contro il governo, è perché “una polemica dopo l’altra, una bastonata dopo l’altra, il magistrato medio è sempre più stanco e tentato dal quieto vivere”.
E’ una dichiarazione molto grave, che merita tutta l’attenzione del caso. Se non applaudi il capo del sindacato non è perché non sei d’accordo con lui, non è perché sostenere che Renzi si occupa più di intercettazioni che di lotta alla mafia è un’affermazione lievemente esagerata, non è perché la solitaria battaglia dell’Anm contro il governo può forse danneggiare l’esercito di magistrati perbene che lavorano in silenzio lontani dai riflettori: no, se non applaudi il capo del sindacato è perché sei un vigliacco.
Ma se così stanno le cose, se il “magistrato medio” che Caselli tanto disprezza è “tentato dal quieto vivere” e, anziché fare comizi incendiari, rilasciare interviste, affollare i talk show e fondare partiti si piega spaventato e intimorito all’arbitrio del potere politico, come si può poi sostenere, come sostiene Caselli nella stessa intervista, che “l’unico privilegio della magistratura è l’indipendenza”? Delle due l’una: se i magistrati sono davvero indipendenti e ragionano con la loro testa, possono anche pensare che la politicizzazione selvaggia della magistratura sia un danno prima di tutto al loro lavoro di onesti amministratori della giustizia. Se invece non sono altro che un gregge opaco di pecorelle impaurite, perché mai dovremmo fidarci di loro? Insomma, o Caselli ha ragione, e allora la giustizia in Italia non c’è più, oppure a sbagliare è la magistratura militante, e allora tutte le giaculatorie sull’indipendenza e l’autonomia sono soltanto il paravento sempre più esile dietro il quale un manipolo di attivisti vorrebbe nascondere il proprio fallimento professionale e politico.

Questa è la vera destra europea altro che quella becera accozzaglia italiana.

Bruxelles, summit migranti: Merkel padrona di casa

Domenica 25 ottobre Juncker convoca il vertice sui profughi. Scavalcando Tusk. Ma a comandare è Angela. Che vuole quote obbligatorie. Pure per i Paesi Baltici.

24 Ottobre 2015
da Bruxelles 

A parole è una «riunione tecnica».
Nei fatti è un vertice in versione ristretta, quello che il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha convocato per domenica 25 ottobre 2015, scavalcando ufficialmente, per la prima volta nella storia, il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk, al quale spetta l'organizzazione del summit dei 28 capi di Stato e di governo dell'Ue.
Un mini-vertice con i leader dei Paesi dei Balcani occidentali, che stanno affrontando l'emergenza profughi sempre più grave.
Con la decisione dell’Ungheria di chiudere il confine con la Serbia e poi con la Croazia, il percorso di migrazione è stato completamente modificato negli ultimi due mesi.
MIGRANTI, FLUSSO CONTINUO. Da metà settembre la Croazia ha registrato il transito di 224 mila migranti.
Dopo varie tensioni con la Serbia, i due Paesi hanno raggiunto un accordo sull'accoglienza e il passaggio dei profughi che vogliono raggiungere l'Austria e la Germania.
Solo il 21 ottobre dalla Serbia sono entrate in Croazia circa 7 mila persone.
Più di 3 mila provenienti dalla Slovenia sono state accolte il 23 ottobre in Austria, intanto in Slovenia ne sono arrivate altre 6 mila e il 22 ottobre è stata superata la quota dei 40 mila dall'inizio della seconda ondata migratoria, iniziata il 17 ottobre.
BERLINO E BRUXELLES ALLARMATE. La Slovenia, un piccolo Paese di 2 milioni di persone, sta affrontando un flusso migratorio di circa 10 mila persone ogni giorno.
L'aumento delle tensioni tra tutte queste capitali dei Balcani sta preoccupando non poco Bruxelles e Berlino, vista la storia violenta della regione dopo lo scioglimento dell'ex Jugoslavia.

Juncker: «Guardando i rifugiati mi capita di piangere»

A fare i conti con questa situazione devono dunque essere i capi di Stato e di governo di Austria, Bulgaria, Croazia, Macedonia, Germania, Grecia, Ungheria, Romania, Serbia e Slovenia che Juncker ha voluto riunire domenica attorno a un tavolo.
Sperando di eliminare ogni tensione e «concordare su conclusioni operative comuni che possano essere immediatamente implementate», si legge nella convocazione.
COME A FINE GUERRA. «Non mi capita spesso di piangere, ma guardando sera dopo sera le immagini di questo lungo corteo di rifugiati che mi ricorda le immagini in bianco e nero della fine della Seconda guerra mondiale, che ho visto quando ero giovane, ho pianto», ha detto il lussemburghese Juncker a Madrid.
«So bene che non possiamo accogliere sul nostro territorio tutta la miseria del mondo, ma dobbiamo almeno guardare la miseria del mondo prima di agire».
Ed è quella che ha guardato Juncker prima di convocare il mini-vertice, mettendo in un angolo Tusk.
TRAVOLTO DALLA CRISI. Vuole lasciare il segno Juncker.
Quello a capo dell'esecutivo europeo sarà forse il suo ultimo incarico da big.
Primo presidente a essere eletto secondo il trattato di Lisbona (che prevede la sua nomina tenendo conto delle elezioni europee), Juncker ha cercato sin dall'inizio di rafforzare il ruolo di palazzo Berlaymont come vera guida dell'Ue.
Ma più che Luxleaks (lo scandalo delle agevolazioni fiscali per le multinazionali in Lussemburgo), è la crisi rifugiati ad aver travolto tutto e tutti.
PIANO DI RIDISTRIBUZIONE. Sin da aprile Juncker ha spinto per la ridistribuzione obbligatoria di 40 mila migranti, e poi altre 120 mila arrivate in Italia e in Grecia. Relocation approvate a malincuore, su base volontaria, dagli Stati membri e contro la volontà di 4 Paesi.
Nonostante i niet, Juncker ha presentato anche un 'meccanismo permanente' per distribuire le persone automaticamente da un Paese interessato da un massiccio afflusso, come per esempio la Germania, che quest'anno conta di ricevere 800 mila richiedenti asilo di quest'anno.
TUSK VICINO AL VISEGRAD GROUP. Ma davanti alle problematiche della Germania, dell'Italia o della Grecia, davanti ai richiami all'unità e alla solidarietà del lussemburghese Juncker, il polacco Tusk è stato invece più attento ad ascoltare i veti del Visegrad group (Repubblica ceca, Ungheria, Polonia e Slovacchia).
Il 15 ottobre, durante la conferenza stampa del vertice Ue sull'immigrazione, Tusk ha infatti sottolineato l'importanza della protezione delle frontiere esterne, sollecitata più volte dall'Ungheria, lasciando cadere la richiesta della Merkel per una redistribuzione automatica dei migranti in tutto il blocco Ue.
Così se sinora Juncker ha lasciato fare senza interferire - «sei tu il padrone di casa», aveva ribadito a Tusk nella conferenza stampa dopo il primo summit Ue della legislatura - ora che la casa brucia sembra aver cambiato idea.

Mini-summit: la vera padrona di casa è Angela Merkel

Il 25 ottobre è lui che deve fare gli onori di casa aprendo le porte di palazzo Berlaymont ai leader dei Paesi dei Balcani occidentali.
Anche se la padrona di casa è, anche questa volta, Angela Merkel, la vera ispiratrice del mini-summit.
Secondo quanto ha riportato il Wall street journal, è stata la cancelliera tedesca a chiedere a Juncker di organizzare a Bruxelles la riunione inizialmente pensata a Berlino, proprio per dare una connotazione comunitaria maggiore.
Merkel non ha infatti nessun intenzione di gestire l'emergenza da sola, ma di coordinarla sì.
IPOTESI QUOTE OBBLIGATORIE. Il quotdiano britannico Guardian riferisce di un progetto tedesco che parte proprio dalla proposta della Commissione europea sul ricollocamento obbligatorio dei rifugiati per introdurre quote «obbligatorie e permanenti» di migranti da accogliere nei Paesi Ue.
Secondo il quotidiano britannico la proposta è di far arrivare probabilmente centinaia di migliaia di rifugiati direttamente in Europa dai campi profughi in Medio Oriente.
Un'opzione sinora respinta prima di tutto dai Paesi Baltici e dell'Est, ma che Merkel non intende abbandonare e che metterà di nuovo sul tavolo domenica.
ROTTA POLITICA A LUNGO TERMINE. Insomma quella del 25 ottobre non è solo una riunione per decidere quanti finanziamenti stanziare per aiutare i Paesi in difficoltà o coordinare la fornitura di coperte, tende riscaldate e altri aiuti umanitari immediati.
Quello di Juncker e di Merkel è un mini-vertice che vuole segnare una grande rotta politica a lungo termine, che va ben oltre quella dei Balcani.
ALTRO CHE DECADENZA TEDESCA. Così, per quanto proprio in questi giorni l'economista Daniel Gros abbia pronosticato la fine dell'egemonia tedesca assoluta «a partire dalla crisi finanziaria del 2008», il rallentamento della locomotiva per ora non si vede. Merkel è ancora ben salda al comando.

dipocheparole     venerdì 27 ottobre 2017 20:42  82 Facebook Twitter Google Filippo Nogarin indagato e...