mercoledì 30 agosto 2017

Christian Raimo dalla vostra parte
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SIAMO TUTTI CHRISTIAN RAIMO. QUELLO CHE NESSUNO AVEVA MAI OSATO FINORA ALLA TRASMISSIONE «DALLA VOSTRA PARTE» | VIDEO

È difficile reggere una trasmissione come Dalla vostra parte, in onda nel pre-serale su Rete 4, già come spettatore, figurarsi come ospite. Il coraggio di Christian Raimo, giornalista di Internazionale, si è manifestato innanzitutto quando ha accettato di essere protagonista di un collegamento con lo studio diretto da Maurizio Belpietro, ma è emerso ancor di più quando ha scelto il modo in cui portare avanti lo stesso collegamento.

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CHRISTIAN RAIMO DALLA VOSTRA PARTE, LO SCONTRO CON SALLUSTI

Raimo ha deciso di non giocare un ruolo passivo, ma di attaccare una trasmissione che – nella puntata del 28 agosto come in altre occasioni – aveva l’unico scopo di proporre agli italiani una versione dei fatti tarati su una certa opinione politica: l’attacco indiscriminato ai migranti, accusati di essere tutti stupratori, terroristi, delinquenti e artefici del declino dell’Italia. Dall’altra parte dello schermo, sempre in collegamento, c’era il direttore de Il GiornaleAlessandro Sallusti, con cui Raimo, nei giorni scorsi, aveva avuto un’altra, fortissima discussione su La7, durante la trasmissione In Onda.

CHRISTIAN RAIMO DALLA VOSTRA PARTE, GUARDA L’INTERVENTO

Proprio durante un intervento del direttore de Il Giornale, Raimo ha deciso – all’ennesimo attacco gratuito nei confronti dei migranti – di abbandonare lo studio, non prima di aver mostrato dei cartelloni – scritti al momento – con frasi provocatorie. L’ultimo diceva «Non c’avete un altro servizio sui negri cattivi?» e intendeva denunciare proprio il continuo ciclo di interventi proposti dalla trasmissione sul rapporto tra l’Italia e i migranti, caratterizzato da un forte pregiudizio nei confronti di quest’ultimo.

CHRISTIAN RAIMO DALLA VOSTRA PARTE, IL POST SU FACEBOOK

Raimo ha poi spiegato il suo punto di vista in un lungo post su Facebook, in cui metteva in luce l’approssimazione di un certo tipo di giornalismo, che non offre dati numerici e che si basa soltanto sulle reazioni «di pancia» nei confronti di questo o di quell’argomento. «A un certo punto – scrive Raimo su Facebook -, visto che si parlava di occupazioni, ho chiesto a Belpietro, se si era preparato qualche dato sull’emergenza abitativa. Ha balbettato che glieli fornissi io. Gli ho detto: ‘Ma come hai fatto un pezzo di trasmissione su questo e non c’hai manco un dato?’, e poi glieli ho detti io. Ho detto a Sallusti che tutto ciò che stava dicendo su immigrazione e occupazioni non aveva nessuna base dal punto di vista dell’informazione. Mi ha risposto che è vero è d’accordo anche lui che i giornali dovrebbero fare più inchieste; gli ho detto che gli basterebbe leggere mezzo libro, o qualche giornale fatto appena decentemente, e ripetere quello che c’è scritto lì». Il post, tuttavia, è stato rimosso dal social network qualche ora dopo, quando era stato condiviso ormai oltre 19mila volte

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Ma è proprio la trasmissione Dalla vostra parte a rappresentare una delle pagine peggiori del giornalismo in Italia. Raimo – sempre su Facebook – l’ha definita «una trasmissione orripilante, che si compone essenzialmente di servizi, girati con i piedi, su neri che stuprano, neri che rubano, neri che minacciano bambini, neri che occupano le case degli italiani, neri che sono troppi, neri che se ne dovrebbero andare, neri che è già tanto che li sopportiamo e non li facciamo affogare tutti».

CHRISTIAN RAIMO DALLA VOSTRA PARTE, LE OFFESE SUI SOCIAL

Il suo post ha scatenato un ampio dibattito sul social network, farcito di insulti e offese. Dalle più banali volgarità riferite direttamente alla persona, sino ad arrivare a discorsi più ampi, a sfondo populista e razzista. C’è chi scrive: «ma lo fai o ci sei? vivi su Marte? ti piacciono? la mia città è rovinata da questi spacciatori del c***o. E se questo vuol dire essere razzista, ok: IO SONO RAZZISTA E ME NE FOTTO DI QUELLI COME TE E QUANDO SARAI A PECORA CON LORO IO RIDERÒ», o ancora: «Ridiamo l’Italia agli italiani! Poi se rimane spazio qualcuno può rimanere! E voi radical chic del c***o fatela finita di fare i finti buonisti».
Anche da questo punto di vista, Raimo ha avuto il coraggio di denunciare. Sempre nel suo post su Facebook ha scritto: «Oggi sulla mia bacheca ci sono commenti di insulti, minacce di stupro a donne che commentano, la feccia della feccia. Risponderò ad uno ad uno, appena avrò tempo. Ma risponderò con la stessa franca risata con cui, prima di andarmene a metà, ho opposto ieri a Sallusti che affermava che nel Corano c’è scritto di fare attentati terrori

Come mai Salvini e Centinaio non chiedono i soldi indietro? Forse paura che gli accusati facciano nomi nuovi?

Oggi è stato chiesto il rinvio a giudizio per il Senatùr e l'ex tesoriere della Lega. Ma il Carrocco ha rinunciato alla comparsa civile. Il perché? Bisognerebbe chiederlo a lui...
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Oggi la procura di Genova ha chiesto per l’ex segretario della Lega Umberto Bossi e l’ex tesoriere Francesco Belsito il rinvio a giudizio per la presunta truffa sui rimborsi elettorali ai danni dello Stato da circa 40 milioni di euro. Oltre a Bossi e a Belsito, è stato chiesto il giudizio anche per altri tre componenti del comitato di controllo di secondo livello del Carroccio: Stefano Aldovisi, Diego Sanavio e Antonio Turci. A chiedere il rinvio a giudizio è stato il pm Paola Calleri che ha ereditato l’inchiesta dalla procura di Milano, che l’ha trasferita per competenza territoriale.

COME MAI SALVINI NON CHIEDE INDIETRO I SOLDI A BOSSI E BELSITO?
Francesco Belsito, ex tesoriere della Lega Nord, è accusato anche di appropriazione indebita aggravata oltre che di truffa sui rimborsi elettorali ai danni dello Stato. E’ quanto si legge nella richiesta di rinvio a giudizio fatta oggi dal pm Paola Calleri nei confronti dell’ex segretario del Carroccio Umberto Bossi e dei tre componenti del comitato di controllo di secondo livello del partito. In particolare, Belsito si sarebbe impossessato della somma complessiva di 5,7 milioni di euro. Una prima tranche (pari a 1,2 milioni di euro) sarebbe stata stornata ‘‘dal conto corrente della Lega attraverso un bonifico in favore della società inglese Krispa Enterprices della quale Paolo Scala era titolare effettivo, presso la banca di Cipro, somma della quale una parte pari a 850 mila euro è stata restituita nel febbraio 2012”. Un secondo importo (pari a 4.500.000 euro) sarebbe stato trasferito, sempre tramite bonifico, dal conto del Carroccio a quello ”intestato a Stefano Bonet presso la Fbme Bank della Tanzania, somma non accreditata per il rifiuto di quest’ultima banca, la quale non aveva ritenuto sufficiente la documentazione allegata, ma restituita soltanto nel febbraio 2012”. Nel provvedimento vengono indicate come parti offese la Camera dei Deputati, il Senato e la Lega Nord. Eppure, come è risaputo, la Lega Nord nella persona del suo attuale segretario Matteo Salvini ha rinunciato a chiedere questi soldi indietro a Belsito e a Bossi. Belisto è stato di recente graziato con la rinuncia alla costituzione di parte civile che ha ha salvato anche altri protagonisti dello scandalo dei rimborsi elettorali 2008-2009: Stefano Bonet e Paolo Scala, accusati di aver riciclato 5,7 milioni di euro della Lega. Domenico Aiello, avvocato della Lega Nord, annunciò all’epoca che la decisione di Salvini è di natura politica.
++ LEGA: BELSITO, NON E' COLPA MIA, NON HO MAL AGITO ++
COSE CHE FANNO PARTE DEL PASSATO?
I motivi sono due, spiegava Salvini: il primo è che queste «sono cose che fanno parte del passato»; il secondo è che spiacerebbe al leader della Lega candidato a diventare il nuovo capo dell’intero centrodestra, «intasare i tribunali andando a chiedere quattrini che certa gente neppure ha: in ogni caso noi non possiamo spendere soldi e perdere tempo in cause che durano anni». Un terzo motivo può essere forse rintracciato nelle molte dichiarazioni rilasciate da Belsito a proposito di fondi neri nella Lega Nord.
L’ex cassiere parla di fondi neri, sottolineando che “il nero che gli imprenditori versavano venva utilizzato a volte per la campagna elettorale dagli esponenti politici e veniva gestito senza passare dalle casse del partito”. Ed è qui che viene tirato in ballo il segretario, eletto domenica scorsa alle primarie: “Ricordo che Bonini, in quota Lega alla Sea (Giuseppe Bonomi ex deputato leghista, ndr), diede in contanti 20 mila euro a Salvini. Salvini, per sanare i suoi obblighi verso la Lega, intendeva girare al partito questa somma, cosa che non mi risulta sia avvenuta”.
Succede infatti che il tesoriere leghista abbia cominciato un anno fa a vuotare il sacco con i magistrati, raccontando delle molte “leggerezze contabili” del Carroccio negli anni in cui lui è stato responsabile della cassa. Belsito nelle sue dichiarazioni ai magistrati coinvolse anche il governatore del Veneto, Luca Zaia:
In un interrogatorio del 13 maggio, l’ex tesoriere ricostruisce il pagamento di un milione di euro arrivato alla Lega del Veneto da parte di una multinazionale francese, la Siram, specializzata in appalti ospedalieri. Belsito avrebbe affermato che tutto lo stato maggiore del partito era informato di quel finanziamento. “Anche Zaia – è la tesi dell’ex cassiere del Carroccio – fu informato“. “La Lega Nord del Veneto – racconta Belsito – aveva chiesto un milione al finanziere Stefano Bonet (tramite con la società francese, ndr)”. L’ex cassiere sostiene che nel 2010 informò sia Bossi sia Calderoli “che tale Cavaliere aveva chiesto questi denari alla Siram”. E questi soldi sarebbero stati pagati con un bonifico a una società, “credo riconducibile a Cavaliere (ex presidente del Carroccio in consiglio regionale del Veneto, ndr). Belsito racconta di più: “Cavaliere trattava su incarico del sindaco di Verona Flavio Tosi”. “Da quello che ricordo – dice ai magistrati del capoluogo lombardo – la somma degli appalti di Bonet a Siram in Veneto era di circa 25 milioni in un triennio“.
SALVINI E BOSSI, UN VECCHIO LEGAME
Roberto Maroni ha ufficialmente reagito con perplessità alla storia della rinuncia alla comparsa civile. E si capisce il perché, visto che Belsito non aveva grandi rapporti con Maroni e a lui non rispondeva: ha eventualmente ben poco da temere da eventuali leaks. Diverso il discorso nei confronti del resto della Lega. Che non si è nemmeno attivata per riavere qualcosa nel processo nei confronti di Umberto Bossi e del figlio Renzo, presto a giudizio per appropriazione indebita. D’altro canto che Salvini fosse legato a doppio filo al vertice della Lega Nord non è un mistero. Il Corriere della Sera giusto una decina d’anni fa raccontò uno dei più penosi casi di nepotismo ante litteram in cui furono coinvolti i seguaci del Carroccio. Sotto la lente c’era l’assunzione come assistenti parlamentari di Franco Bossi e Riccardo Bossi, rispettivamente fratello e primogenito del Senatùr. Particolare curiosità suscitò il caso di Franco, diplomato in terza media e poi dotato di un negozio di autoricambi a Fagnano Olona, ma piazzato a legiferare a Strasburgo «in aiuto» agli europarlamentari leghisti. E indovinate da chi fu assunto, il Franco? Già, proprio da Matteo Salvini.
In copertina: vignetta da Meridionali per Salvini

Le sentenza di ieri ha anche ordinato la confisca diretta alla Lega Nord di 48 milioni e 969.000 euro di finanziamento pubblico. Se non arriva prima la prescrizione...
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Probabilmente alla fine, come per tutte le cose in Italia, non se ne farà niente perché maturerà prima la prescrizione sui reati. Però è interessante ricordare che la sentenza di ieri con cui il tribunale ha condannato Umberto Bossi e Francesco Belsito nonché i tre ex revisori contabili leghisti Diego Sanavio, AntonioTurci e  Stefano Aldovisi ( 2 anni e 8 mesi i primi due, 1 anno e 9 mesi il terzo), ha anche ordinato la confisca diretta alla Lega Nord di 48 milioni e 969.000 euro di finanziamento pubblico: cioè di quei rimborsi elettorali che nel 2008-2010 rimpinguarono le casse degli avversari di «Roma ladrona» sulla scorta di rendiconti ingannatori del Parlamento di «Roma Ladrona», perché o senza giustificativi o con spese per finalità estranee al partito. Racconta oggi Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera:
La confisca, essendo in primo grado, non è immediatamente esecutiva, ma lo spettro per il partito è che comunque prima o poi arriverà, indipendentemente dal fatto (assai possibile) che nelle more dei futuri processi d’Appello e di Cassazione maturi la prescrizione del reato.
Anche se nel 2015 la Corte Costituzionale con la sentenza n.49 ha invece aperto a questa possibilità, lungo binari poi precisati dalle Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza Lucci: il principio è che, anche se la prescrizione elide le condanne degli imputati, resta la confisca diretta del profitto quando (come qui) ci sia stata una precedente condanna con giudizio di merito sul reato, sulla responsabilità dell’imputato e sulla qualificazione del bene da confiscare.
umberto bossi renzo bossi
Quindi, spiega Ferrarella, la Lega può sperare di salvare i 49 milioni solo se in appello Bossi e Belsito dovessero essere assolti nel merito; altrimenti è solo questione di tempo, ma, anche in caso di prescrizione di Bossi e Belsito, la Lega si vedrebbe comunque confiscare il finanziamento pubblico incassato ingannando Camera e Senato. Intanto Salvini, sempre intervistato dal Corriere, è pronto a gridare al complotto:
Preoccupato, Matteo Salvini, per la sentenza di condanna con confisca? 
«Mi viene da ridere. Noi oggi qui siamo i danneggiati. Al massimo possiamo pagare 49 euro».
È una confisca pesante. 
«Abbiamo già tagliato le spese della Lega, ci finanziamo con le feste di partito, io non ho nemmeno l’aria condizionata in ufficio. Questa è la realtà».
Ma un verdetto è un verdetto. 
«Se politicamente qualcuno sta cercando d’intimidirci, d’imbavagliarci, s’illude. E poi, in Italia capita non poche volte che i verdetti dei giudici vengano ribaltati.Aspetteremo»

Ladroni a casa nostra. Ma se fosse stato un imprenditore a fare tutto questo non sarebbe finito in galera? Vai Salvini, Vai Centinaio,sempre così.


Bossi & Belsito: l'era dello spendi e spandi tra i Lumbard con i soldi pubblici di Roma Ladrona finisce con le sentenze del tribunale. Ma il PM chiede anche il sequestro di conti ed eventuali immobili prima della conclusione del processo
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La Procura di Genova ha chiesto al tribunale di sequestrare i 49 milioni che la Lega ladrona deve all’Italia, immediatamente, prendendoli ovunque sia possibile: sui conti, se c’è qualcosa, oppure bloccando patrimoni immobiliari, sempre che esistano ancora. Quando nel luglio scorso il tribunale ha condannato Umberto Bossi e Marco Belsito, ha anche ordinato la confisca diretta alla Lega Nord di 48 milioni e 969.000 euro di finanziamento pubblico: cioè di quei rimborsi elettorali che nel 2008-2010rimpinguarono le casse degli avversari di «Roma ladrona» sulla scorta di rendiconti ingannatori del Parlamento, perché o senza giustificativi o con spese per finalità estranee al partito.

La Lega rischia il fallimento

I giudici si pronunceranno a breve e non è difficile capire quanto potrebbero essere drastiche le ripercussioni sui bilanci leghisti: il 2016 è stato chiuso con un rosso da un milione, 164 mila euro di depositi bancari e 436 di «valori in cassa». Anche perché all’epoca della sentenza si pensava che la prescrizione del reato avrebbe salvato anche il conto da pagare a Roma. Oggi invece l’ipotesi più gettonata è un’altra: la confisca, essendo in primo grado, non è immediatamente esecutiva, ma lo spettro per il partito è che comunque prima o poi arriverà, indipendentemente dal fatto (assai possibile) che nelle more dei futuri processi d’Appello e di Cassazione maturi la prescrizione del reato.
Nel 2015 la Corte Costituzionale con la sentenza n.49 ha invece aperto a questa possibilità, lungo binari poi precisati dalle Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza Lucci: il principio è che, anche se la prescrizione elide le condanne degli imputati, resta la confisca diretta del profitto quando (come qui) ci sia stata una precedente condanna con giudizio di merito sul reato, sulla responsabilità dell’imputato e sulla qualificazione del bene da confiscare. Spiega oggi Matteo Indice sulla Stampa:
A margine della sentenza genovese era stata quindi disposta la confisca di 48.969.617 euro, in teoria da compiersi dopo il terzo grado e basandosi sullo stesso principio sposato dal sostituto procuratore Paola Calleri, che nelle ultime ore ha impresso la svolta: è vero che i reati sono stati compiuti da altri, ma parte dei finanziamenti fuorilegge sono stati incassati dalla Lega pure dopo – sia quando il leader era Roberto Maroni che con la consacrazione di Salvini – ed è il movimento nel suo complesso ad averne beneficiato, perciò da lì vanno presi.

“Sequestrare subito i 49 milioni”

Anche Repubblica spiega che il rischio di non trovare più un solo centesimo nelle casse della Lega per la Procura della Repubblica di Genova è reale. E i vertici di via Bellerio, sede dei Lumbard, non nascondono le preoccupazioni: non tanto per gli effetti politici del provvedimento (qualora fosse accolto), quanto per quelli economici.
Il sequestro dei conti correnti impedirebbe al partito di prelevare un solo euro per il suo funzionamento. E il raduno di Pontida – ad esempio – non si fa senza soldi. Dalla confisca sono escluse le somme destinate agli stipendi dei 24 dipendenti rimasti.
Non è un mistero che le casse del Carroccio siano prosciugate. da informazioni ufficiose pare che nei depositi bancari vi siano non più di 350mila euro. Va ricordato che la legge-Letta nel 2014 ha abolito gradualmente il finanziamento pubblico ai partiti, concedendo ai contribuenti di destinare il 2 per mille a favore di un partito politico.
lega ladrona bancarotta

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