La piattaforma di lancio si trova nella storica base spaziale di Bajkonur, nel Kazakhstan, da cui partì il primo uomo nello spazio, Jurij Gagarin. E da dove venne lanciata, nel 1963, anche la prima donna, Valentina Tereskhova. Da lì, domani, quando in Italia saranno le 21,59, un razzo Sojuz porterà in orbita il Capitano Samantha Cristoforetti, prima astronauta italiana dell’Agenzia spaziale europea.
Trentasette anni, pilota dell’Aeronautica Militare e astronauta dal 2009, trentina di origine, Samantha si appresta a prendere posto sul sedile di sinistra: «È quello dell’ingegnere dei sistemi e di co-pilota - ci ha raccontato -. Il mio ruolo è supportare il comandante durante il lancio e l’avvicinamento alla Stazione, che durerà sei ore, dopo quattro orbite. Al centro ci sarà il comandante, il russo Anton Shkaplerov, e a destra l’ingegnere di bordo della Nasa, Terry Virts».
«Abbiamo già simulato tutte le operazioni del lancio - aggiunge - quando abbiamo fatto parte dell’equipaggio di riserva della missione partita a maggio e quando abbiamo accompagnato l’equipaggio fino alla rampa. Insomma, siamo davvero pronti, e non vediamo l’ora di partire».
Le ultime settimane prima del lancio le ha trascorse ad addestrarsi per il lancio: «Trascorreremo sei mesi in orbita e solo poche ore nella Sojuz, cioè per il lancio e per il ritorno a Terra. Eppure gran parte dell’addestramento è dedicato a queste fasi, perché sono i momenti più dinamici e potenzialmente pericolosi. Con il comandante ho trascorso molte ore a settimana nel simulatore Sojuz. Abbiamo ripetuto più volte le procedure principali e abbiamo affrontato assieme le molteplici avarie che il nostro istruttore inseriva per farci operare negli scenari più diversi, anche d’emergenza».
E così coronerà il suo sogno di bambina: «Il fatto è che per diventare astronauta non c’è un percorso diretto: ero appassionata di tecnologia e di scienza, per cui dopo il diploma ho studiato ingegneria aerospaziale, mi sono appassionata al volo e sono diventata pilota militare. Queste esperienze mi hanno poi indirizzata verso la possibilità di realizzare il sogno di sempre».
Ora la felicità lascia un po’ di spazio anche all’orgoglio: «Soprattutto perché questa è una grande impresa italiana. Gli elementi pressurizzati in cui vivono gli astronauti sono in gran parte made in Italy e un grande contributo durante la fase di costruzione è stato dato dagli Mplm, i moduli logistici forniti dall’Asi, l’Agenzia spaziale italiana. E la mia missione, Futura, è il frutto di quell’impegno della nostra agenzia spaziale e della nostra industria».
Durante i sei mesi in orbita lavorerà su diversi esperimenti: «Sì, dallo studio dell’equilibrio all’utilizzo di nanotecnologie per contrastare la decalcificazione delle ossa, dall’insufficienza venosa alle stampanti 3D, dai problemi del sonno a sistemi innovativi di monitoraggio della salute».