sabato 22 luglio 2017

Un Montecitorio di spese folli. La vera casta sono i dipendenti: ci costano 80 milioni in più dei deputati

  
di Carmine Gazzanni
Cronaca
Montecitorio
Altro che onorevoli, altro che vitalizi. A scorrere il bilancio della Camera dei Deputati per il 2017 (ora al vaglio dell’Aula) si rimane increduli per un piccolo “enorme” particolare: la spesa più alta non è per pagare indennità parlamentari e pensioni d’oro, ma per pagare l’enorme struttura di personale di Montecitorio. I numeri parlano da sé:  considerando solo le spese per gli “onorevoli” stipendi, quest’anno Montecitorio ci costerà 81,2 milioni di euro, 145 se aggiungiamo anche i vari rimborsi, tra soggiorno e viaggi. Cifra astronomica, non c’è che dire. Ma inferiore alla spesa che invece la Camera dovrà affrontare per il proprio personale: 205,2 milioni di euro (capitolo peraltro che è diminuito rispetto all’anno scorso del 5,54%).
Ma non è finita qui: perché se volessimo poi aggiungere anche il personale non dipendente, il conto salirebbe di ulteriori 17 milioni di euro. Ergo: complessivamente la struttura di Montecitorio costerà nel 2017 oltre 222 milioni di euro, 80 milioni di euro in più rispetto ai deputati stessi.
Tutti in viaggio – Non è questo, ovviamente, l’unico dato che emerge dal bilancio di Montecitorio. Perché se è vero, come si specifica nella relazione, che “la spesa complessiva per il 2017 risulta pari a 950,4 milioni di euro, inferiore di 15,3 milioni di euro rispetto al 2016 (meno 1,59%)”, è altrettanto vero che di amene curiosità, come ogni anno, il bilancio è pieno. Per dire: affinché venga garantita a personale, dirigenti e onorevoli la possibilità di spostarsi, il fondo per eventuali trasferte tocca i 10 milioni di euro. Si prevede, ad esempio, che nel corso di quest’anno solo per il trasporto aereo si possa arrivare a spendere oltre 7 milioni, cui si aggiungono 2,4 milioni di biglietti ferroviari e  400mila euro di pedaggi autostradali. Ma non finisce qui. Dalle tabelle, infatti, emergono gli esborsi evergreen: dalla ristorazione (2,1 milioni) alla lavanderia (30mila euro), dal servizio di pulizia (6,1 milioni) fino al facchinaggio (1,6 milioni).
Corsi e foto – Non poteva poi mancare il capitolo di spesa per assicurare ai dipendenti sempre nuovo vestiario (200mila euro), né quello per i consueti corsi di aggiornamento professionale e di inglese, sia per il personale (550mila euro) che per i deputati stessi (200mila euro). Ovviamente centrale è pure la comunicazione istituzionale che, nel suo insieme, ci costerà quest’anno circa 4 milioni di euro. Piccola curiosità: nel computo del capitolo spiccano i 175mila euro che saranno utilizzati esclusivamente per “servizi fotografici”. Per restare in tema, infine, non si può non citare il cerimoniale, per cui quest’anno l’esborso sarà di 750mila euro, tra spese di missione e di rappresentanza.
Contributi per tutti – C’è poi il lungo elenco di tutti coloro che, per un motivo o per un altro, vengono foraggiati dalla Camera dei Deputati. Pochi forse lo sanno ma Montecitorio versa una piccola quota anche “al rettore della chiesa di San Gregorio Nazianzieno” e all’associazione di ex parlamentari: tra le due incombenze, altri 55mila euro di spesa per la Camera. E poi spiccano i tanti altri contributi a organi internazionali: nel 2017 verseremo all’Ocse 150mila euro, alla cosiddetta “Unione interparlamentare” 215mila euro e, infine, altri 55mila euro alla “Assemblea parlamentare per il Mediterraneo”. Altro piccolo finanziamento ad hoc, ancora, è previsto per la Fondazione Carlo Finzi, cui andranno ulteriori 280mila euro. E, ovviamente, non possiamo dimenticare il finanziamento ai gruppi parlamentari. Spesa invariata rispetto agli anni passati: 31,6 milioni di euro.
Vitalizi e pensioni – Ultima curiosità per chiudere il cerchio. I tanti (giustamente) odiati vitalizi, nel 2017 ci costeranno la bellezza di 133 milioni di euro (contando nel computo anche gli assegni di reversibilità). Le pensioni invece del personale in quiescenza (considerando, esattamente come prima, sia assegni diretti che quelli di reversibilità) ci costeranno quasi 266 milioni di euro. Anche qui, insomma, la voce grossa alla fine dei conti la fanno i dipendenti. A questo punto, i veri “onorevoli”.

Grillina asina.


"Le amministrative? Sono tutte elezioni a sé stanti. Conta moltissimo il peso e l'immagine del candidato. In Italia abbiamo assistito a un fenomeno di crescita M5S dappertutto. Abbiamo ballottaggi in nove città, solo due in provincia di Roma".
   istituzioni Pubblicato:23.06.2017 Origine:21.06.2017 Fonte dichiarazione

Lo scorso 21 giugno il sindaco di Roma, commentando la portata nazionale del voto amministrativo di giugno 2017, ha rivendicato un buon risultato del Movimento 5 Stelle, che sarebbe “in crescita”.
Si tratta di un’affermazione fortemente discutibile.
Il sindaco di Roma prende quasi sicuramente spunto da quanto affermato da Beppe Grillo, che in un post sul blog rivendica: "rispetto al 2012 abbiamo triplicato i ballottaggi (furono solo tre all'epoca) e siamo cresciuti in tutte le città in cui ci siamo presentati".
Tuttavia prendere come pietra di paragone un dato vecchio - di quando il Movimento 5 Stelle non era rappresentato in Parlamento né amministrava alcun comune - ci sembra inadeguato per valutarne la parabola del consenso. Fu anzi proprio nel 2012 che il M5S riuscì ad eleggere i primi propri sindaci: a Sarego, Comacchio, Mira e Parma.
Da allora sono passati cinque anni, durante i quali i pentastellati sono entrati in Parlamento e hanno vinto importanti elezioni amministrative. Il dato che è più indicativo è quindi quello del più recente voto amministrativo, quello del giugno 2016. Rispetto a un anno prima risulta evidente un calo nei consensi del M5S.
I comuni vinti o portati al ballottaggio
In primo luogo su 1.364 comuni che andavano al voto, allora i pentastellati ne conquistarono 4 al primo turno e 19 ai ballottaggi (su 20 a cui partecipavano), tra cui città importanti come Roma e Torino.
Nel 2017, quando andavano al voto 1.004 comuni, il M5S ha vinto due comuni al primo turno (Sarego e Parzanica, rispettivamente 5.184 e 377 elettori) e si presenta in 10 ballottaggi (non nove, come sostiene il sindaco di Roma). Questi ultimi riguardano comuni con meno di 100 mila elettori e solo in 3 casi con più di 50 mila (Asti, Carrara e Guidonia Montecelio). Due di questi dieci sono in effetti in provincia di Roma: la già citata Guidonia Montecelio e Ardea.
Quanti sindaci eletti al primo turno?BallottaggiSindaci elettiPartito DemocraticoForza Italia+Lega NordForza ItaliaM5SLega Nord/Noi conSalvini020406080Highcharts.com

Anche ipotizzando li vinca tutti, il numero di comuni conquistati sarebbe significativamente inferiore all'anno precedente: 12 contro 23, circa la metà.
La percentuale nazionale
In secondo luogo la percentuale che ottiene il Movimento 5 Stelle nei comuni, proiettata come media a livello nazionale, si è parimenti dimezzata (sottolineiamo che si tratta di una proiezione che non ha particolare rilevanza in termini di sondaggio per eventuali elezioni politiche: le ultime rilevazioni di questo genere danno il M5S al 29%).
Dal 20,6% che aveva ottenuto nel 2016 è crollata nel 2017 al 10,3%. Una percentuale questa, elaborata da Youtrend, che oltretutto tiene conto solo dei risultati nei 160 comuni con più di 15 mila abitanti, dove i partiti nazionali ottengono in media percentuali più alte che nei piccoli centri.
È vero che il dato del 2016 tiene conto dell’esito dei ballottaggi e quello del 2017 no, ma il numero di elettoricoinvolti nei 10 ballottaggi a cui parteciperà il M5S (340.417 contro i 9.172.026 elettori del primo turno) non è tale da poter alterare significativamente la percentuale.
Il verdetto
Premesso che, per le ragioni già dette, abbiamo preso come pietra di paragone i risultati delle amministrative 2016, e non di quelle 2012 come fa Grillo, possiamo dire che Virginia Raggi meriti un "Pinocchio andante”. In attesa comunque dei ballottaggi di domenica 25 giugno, che potranno dare delle dimensioni più precise al calo del M5S.
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Virginia Raggi
sindaco di Roma

«Le amministrative? Sono tutte elezioni a sé stanti. Conta moltissimo il peso e l'immagine del candidato. In Italia abbiamo assistito a un fenomeno di crescita M5S dappertutto. Abbiamo ballottaggi in nove città, solo due in provincia di Roma»

https://youtu.be/qVSq1pKH0-g
MIGRANTI

Il cancelliere austriaco Kern: "Nessuna emergenza al Brennero, siamo con l'Italia. Non possiamo finire con Orban e Salvini"

Il quotidiano viennese Die Press riporta di una telefonata tra il primo ministro austriaco e Gentiloni

 22/07/2017 17:34 CEST | Aggiornato 1 ora fa
DOMINIC EBENBICHLER / REUTERS
Per il cancelliere austriaco Christian Kern, "al Brennero viene messa in scena un'emergenza che non esiste". "Ancora oggi - ha detto a Presse am Sonntag - dai Balcani arrivano più richiedenti asilo che dal Brennero. Una chiusura del Brennero colpirebbe soprattutto l'Alto Adige".
Secondo Kern, Vienna "deve stare attenta a non finire in un gruppo con Viktor Orban e la Lega Nord. Chi è contro tutti, resta solo. La reputazione dell'Austria non va messa a rischio per una campagna elettorale", ha aggiunto in riferimento alle prossime elezioni.
Il tema migranti "va tenuto fuori dal dibattito pubblico e dalla campagna elettorale austriaca", ha proseguito il cancelliere austriaco. "La politica estera e la diplomazia vanno fatte a porte chiuse", ha aggiunto.
Kern ha comunque criticato il sindaco di Lampedusa, definendo "inaccettabile" il paragone del ministro degli Esteri Sebastian Kurz con "un naziskin". In Austria si voterà il prossimo 15 ottobre.
Il quotidiano viennese Die Press riporta di una telefonata tra il primo ministro austriaco e Paolo Gentiloni: "Così non va, non possiamo posizionarci contro l'Italia" verso la quale serve "più sensibilità", ha detto il leader d'oltralpe. Il cancelliere socialdemocratico ammonisce così il suo ministro degli Esteri Sebastian Kurz, leader del Partito popolare e rivale di Kern alle elezioni del 15 ottobre.
Kurz, dopo un incontro a Vienna con il collega italiano Angelino Alfano, aveva chiesto di fermare il traghettamento di migranti italiani da Lampedusa alla terraferma, minacciando in caso contrario di chiudere nuovamente i confini. A tal proposito, Kern ha definito comprensibile il rammarico dell'Italia.

C’è rabbia per l’emergenza rifiuti. Ma Virginia è soddisfatta delle ‘green machine’

Roma
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Il trionfalismo della sindaca di Roma non viene corrisposto dall’opinione pubblica. E c’è chi ha dei dubbi
 
Il Campidoglio e Ama si preparano a rimettere in funzione 70 macchine pulitrici in città ferme in magazzino fino ad oggi. Nella conferenza di presentazione della novità la sindaca di Roma Virginia Raggi ha parlato di “una bella scoperta: 67 `green machine´ abbandonate da qualche anno. Circa 20 potranno essere utilizzate già da subito, altre, dopo tanti anni di fermo, hanno bisogno di essere sistemate. È vergognoso che siano stati abbandonati macchinari ancora validi. Continua il riutilizzo delle risorse che Ama ha che possono fornire un aiuto importante”. Ma concretamente poi si capisce che da lunedì saranno al lavoro su due itinerari solo due green machine  per tirare a lucido marciapiedi e aree pedonali con un sistema di spazzole rotanti. “Manteniamo le promesse – ha aggiunto l’assessore all’Ambiente Pinuccia Montanari – Il grande obiettivo è Roma pulita. Queste sono macchine acquistate nel 2009 con 2 milioni di euro e possono continuare a svolgere un’attività importantissima in aree non preposte al traffico veicolare”.
Ma c’è chi solleva dei dubbi: “La Raggi ha presentato oggi le ”Green Machine”: 67 spazzatrici, acquistate dal Comune nel 2009, che adesso i grillini vorrebbero ”rispolverare’, prendendosi meriti eccezionali per un’operazione assolutamente normale, che avrebbe attuato qualsiasi altra amministrazione” sottolineano in una nota il consigliere regionale FI, Adriano Palozzi, e il delegato all’Ama FI Roma, Fabio Fiesole.
“A fronte di tutto questo trionfalismo ingiustificato, inoltre – proseguono – ci giungono segnalazioni, secondo cui la maggior parte di queste macchine sarebbe mal funzionante. Alla Raggi chiediamo: corrisponde al vero questa ipotesi? Che manutenzione è stata effettuata su questi mezzi? Non sarebbe stato più logico procedere prima con la manutenzione complessiva delle Green Machine e poi renderle note all’opinione pubblica? Non vorremmo, infatti, che si ripeta quanto già accaduto in primavera, quando la Raggi presentò i filobus per il Corridoio Laurentino: filobus che rientrarono in deposito a causa di guasti e inconvenienti tecnici. La sindaca non prenda in giro i cittadini”.
E in effetti la grande soddisfazione del sindaco non viene condivisa. Le risposte su twitter mettono in evidenza come il vero problema siano i cassonetti da svuotare. Così tra ironia e rabbia i romani dicono la loro.
Rabbia che sicuramente cresce, anche perché in parte la “colpa” dello stato dell’arte viene data ai cittadini che non collaborano.
“Tutti devono fare la loro parte. Le green machine sono un’ottima risorsa nelle aree in cui non riescono a passare mezzi più grandi. Questo però non vuol dire che siamo autorizzati a buttare cicche e carte per terra. Invitiamo i cittadini a tenere pulito, perchè Ama passa, dovrà migliorare il servizio e sicuramente abbiamo ancora qualche difficoltà, sarebbe sciocco negarlo, ma chiediamo che anche i cittadini facciano la loro parte. Altrimenti noi potremo passare 20 volte ma Roma sara’ sempre sporca. Noi dobbiamo fare non il 100%, il 110% ma le green machine non saranno mai abbastanza non può essercene una per ogni persona” ha detto la sindaca di Roma Virginia Raggi nel corso della conferenza stampa.

Che grande sindaco Raggi. Lei è il sindaco di Roma e il problema dell'acqua lo devono risolvere gli altri.

CRONACA

Nicola Zingaretti: "Sta finendo l'acqua a Roma, problema grave". Acea: "Unica soluzione il razionamento"

A Bracciano "rischio catastrofe ambientale". Raggi: "Trovino una soluzione"

 22/07/2017 12:39 CEST | Aggiornato 1 ora fa
FRANCESCO FOTIA / AGF
"Purtroppo è una tragedia. Il livello del lago di Bracciano si è abbassato con il rischio di catastrofe ambientale fino a questo evento. Abbiamo tempo 7 giorni per trovare tutte le possibilità al fine di limitare al massimo il disagio per i cittadini, ma è sbagliato chiudere gli occhi. Il problema c'è ed è grave. Sta finendo l'acqua a Roma". Così Nicola Zingaretti, governatore del Lazio, a Tgcom24.
"Acea preleva dal lago di Bracciano solo l'8% di tutto il fabbisogno e quindi immagino una quantità non importante dell'acqua - aggiunge-. Per ridurre al massimo i disagi, Acea ha stabilito degli orari di eventuale blocco. Sui dati che ha fornito però dovete chiedere a loro".
E ancora Zingaretti a Tgcom24: "Basta andare con una fotocamera a Bracciano per capire che sta accadendo l'inimmaginabile - aggiunge -. Far uscire l'acqua dai rubinetti è un diritto ma dobbiamo fare i conti con un problema enorme che è la siccità. Mi piacerebbe invitare qui Donald Trump per fargli capire cosa significa non rispettare gli accordi sul clima".
Raggi: "Regione e Acea trovino una soluzione". "Chiaramente la mia preoccupazione come sindaca di roma è che sia fatto tutto il possibile per assicurare l'acqua ai cittadini, agli ospedali, ai vigili del fuoco, alle attività commerciali. Mi auguro che Regione e Acea trovino quanto prima una soluzione condivisa. Va fatto quanto necessario per aiutare e tutelare oltre un milione di romani. Come amministrazone capitolina siamo stati i primi a denunciare la situazione drammatica del lago di Bracciano e anche a subire critiche ingiustificate per alcune misure che con largo anticipo abbiamo messo in campo per evitare l'emergenza". Lo ha detto la sindaca di Roma Virginia Raggi interpellata dai giornalisti in merito alla stop ai prelievi di acqua dal lago di Bracciano stabilito dalla regione Lazio la prossima settimana.
Acea, ha spiegato ancora Raggi, "ha ridotto la captazione di acqua dal bacino di bracciano negli scorsi mesi: credo che in breve tempo sia passata da 1.500 A 900 litri al secondo. Allo stesso tempo l'azienda`sta monitorando e riparando la rete idrica per mettere fine alle dispersioni. Insomma un bel cambiamento rispetto al passato. Spero che soluzioni siano trovate quanto prima da Regione e Acea".
Acea: "Unica soluzione il razionamento. "In 7 giorni non troveremo altra soluzione che razionare l'acqua a 1,5 milioni di romani, alle attività produttive, turistiche, ai palazzi delle istituzioni, al Vaticano: questo succederà. Non faremo il bene dell'immagine della Capitale d'Italia". Così il presidente di Acea Ato 2 Paolo Saccani, a SkyTg24. "Noi l'acqua non la fabbrichiamo - ha aggiunto - Le soluzioni strutturali le abbiamo proposte alla Regione Lazio con una mia lettera del 4 luglio. Il problema delle perdite c'è, non lo neghiamo. Sono un male nazionale, non di Acea. L'azienda su mandato dei sindaci ha investito negli anni scorsi in fognatura e depurazione perché lì era l'emergenza - ha concluso - non è una responsabilità di Acea".
Pd: "Da Acea terrorismo". "Oltre l'indifferenza dimostrata in questi mesi di fronte alle gravi condizioni del Lago di Bracciano, Acea si permette anche il lusso di fare terrorismo psicologico minacciando una turnazione idrica per un milione e mezzo di romani, a seguito della decisione assunta ieri dalla Regione Lazio di bloccare i prelievi dal bacino a nord della Capitale". Lo hanno riferito i parlamentari dem Emiliano Minnucci, Fabio Melilli, Andrea Ferro, Ileana Piazzoni e Marietta Tidei.
"Sostenendo che Roma possa incorrere il rischio di una seria crisi idrica, Acea contraddice se stessa e i dati che ha fornito in questi ultimi mesi". I dem ricordano che "lo scorso 7 luglio, alla presenza della Regione Lazio e dei sindaci dei paesi del lago, il presidente Saccani ha ribadito che le captazioni dal bacino lacustre incidevano appena per l'8% del fabbisogno di Ato2. A riguardo, dunque, si evince che il venir meno dell'apporto del lago non avrebbe comportato una situazione così allarmante come Acea oggi vuol far pensare. Il 13 luglio, Acea ha comunicato formalmente alla Regione Lazio di avere già posto in essere degli accorgimenti e dei lavori per il risparmio idrico che, a quella data, gli avevano consentito di recuperare ben 1.770 litri/secondo di acqua. In quest'ottica, sottraendo ai 1.770 l/s recuperati i circa 1.200 l/s captati dal lago di Bracciano, si evince che oggi Acea può addirittura contare su un surplus di acqua pari a circa 570 l/s", Infine, "lo scorso 23 maggio, con la diffusione di un suo report, Acea ha palesato inequivocabilmente che nel periodo successivo a luglio il prelievo dal lago di Bracciano avrebbe inciso in misura inferiore sul bilancio idrico di Ato2".
Per gli esponenti del Pd, dunque, "Acea, invece di iniziare questa indegna campagna di terrorismo psicologico, pensi a investire una parte di quei 70milioni annui di utili al fine di trovare soluzioni adeguate e continuare a garantire il normale servizio idrico anche nella Capitale. A riguardo è auspicabile un intervento serio e rigoroso anche della stessa Virginia Raggi che non può continuare a fare melina e lasciare le responsabilità esclusivamente agli altri. Come sindaca di Roma, sindaca metropolitano e socia di maggioranza di Acea, Virginia Raggi ha il dovere di uscire allo scoperto e onorare i suoi compiti e i suoi doveri. Invece di rilasciare dichiarazioni a mezzo stampa, iniziasse a imporre ad Acea il silenzio, tanto da mettere fine a questo allarmismo, invitandola di contro a lavorare al fine di garantire ai romani il corretto e normale utilizzo del servizio idrico".

L’Italia è ancora un Paese fascista (e lo è sempre stato)

Il fascismo ha dato i galloni e una presunta dignità a una categoria sociale, la piccola borghesia, votata alla semplificazione dialettica e al bisogno di fare bella figura il giorno della prima comunione dei propri figli. A guardar bene, le cose non sono cambiate

GIULIO NAPOLITANO / AFP

GIULIO NAPOLITANO / AFP

22 Luglio 2017 - 08:30
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"I love (e qui c'è da immaginare un bel cuore rosso) Duce". Idealmente, ma forse neppure tanto, questa variante d'adesivo politico-sentimentale, c'è modo di vederlo figurare su ogni lunotto d'utilitaria della piccola borghesia nazionale, tra la pecetta, metti, del Parco Nazionale d'Abruzzo con l'amico orso e il bruco di peluche della squadra sempre del cuore, poco importa se giallorosso, biancoazzurro o bianconero. E questo perché la piccola borghesia italiana, cioè la quasi totalità della popolazione residente nello Stivale, ancora adesso custodisce nell'arcipelago più intimo di se stessa il ricordo del fascismo, s'intende accompagnato dal testone-feticcio del prim'attore, Mussolini, souvenir fermacarte per le bollette d'Equitalia.
Statista, condottiero, tribuno autarchico, simbolo di prestanza sessuale mai dimenticato, evocato e sospirato ancora adesso, come gagliardo e prestante amante che debba, prima o poi, fare ritorno a casa per ristabilire “ordine disciplina e gerarchia”, i cardini pratici della sua venuta al mondo della prassi politica e culturale.
La ragione di tutto questo? Semplice: il fascismo ha dato i galloni e una presunta dignità, ha fatto sentire davvero importante una categoria sociale votata alla semplificazione dialettica e al bisogno di fare bella figura il giorno della prima comunione dei propri figli, conquistando così l'invidia del vicinato.
In verità, il fascismo, più che una tunica (al Sud, i piccoli maschi, per l'occasione, in verità vestono da cadetti d'aeronautica, con tanto di spadino) fece loro dono di una uniforme affinché ogni piccolo-borghese potesse finalmente mostrarsi in portineria innalzando un sonoro: "Lei non sa chi sono io!", anzi, un Voi, più virile. Da figlio della lupa a balilla moschettiere, da piccola a giovane italiana, e così via fino ad avanguardista e, su su, arrivando a capomanipolo, centurione o addirittura seniore, console generale, perfino caporale d'onore. Buttali via nel paese dei cav, dei cav uff, dei comm, dei gr cr..., come ricorda Vittorio De Sica!
Non è poco per chi reputi che il sale della dialettica risieda appunto nella semplificazione. Un esempio? Si racconta che quando fu chiesto a Mussolini di inasprire le pene per gli omosessuali, anzi, per i "finocchi" (sic), sempre lì a battere vespasiani littori e solite fratte, questi rispose così: «Ma in Italia non ci sono omosessuali!» Sarebbe stato bello, in quel frangente, ascoltare la voce del poeta Sandro Penna su una sentenza rassicurante per la virilità nazionale.
Il presente non smentisce gli antichi amori. L'altro giorno, per esempio, il giornale "indipendente" di Belpietro, "La Verità", ha offerto ai suoi lettori, bisognosi di puntualizzazioni etiche in fatto di storia patria, la lettura di un testo compassionevole di Curzio Malaparte sull'esposizione del cadavere di Mussolini a testa in giù da un distributore “Esso” di piazzale Loreto, il 29 aprile 1945. Un dono significativo, che sembra ancora adesso accompagnare la convinzione che i partigiani, cioè i “comunisti”, si siano macchiati di un crimine inemendabile, giustiziando uno zio amato, e poco importa che il congiunto avesse portato il suo paese alla disfatta morale e bellica, e questo perché appunto il fascismo resta un gioiello di famiglia della memoria nazionale, accanto alla mafia ovviamente, dunque Benito dimora ancora adesso accanto al santino di Padre Pio e alle foto d'ogni altro caro trapassato.
Ho trascorso l'intera giovinezza, non più “primavera di bellezza”, sentendo citare un libro dai compagni di scuola inclini al rispetto appreso in famiglia per il tempo littorio, "Navi e poltrone" dell'ufficiale pilota Antonio Trizzino. Nel tomo si affermava infatti che le responsabilità della sconfitta nel secondo conflitto mondiale erano da attribuire ai “traditori” dello stato maggiore della Marina militare.
In verità il fascismo, più che una tunica fece dono agli italiani di un’uniforme affinché ogni piccolo-borghese potesse finalmente mostrarsi in portineria innalzando un sonoro: "Lei non sa chi sono io!", anzi, un Voi, più virile
«È scritto tutto lì dentro, leggi leggi...», così dicevano, ancora nei Settanta, mostrando il “Diario Balilla” a tutti noi che avevamo invece il “Vitt” o il “B.C.”. Una modalità mentale che, se volete, appare ancora adesso intatta in altri movimenti politici votati non meno del fascismo alla semplificazione, dalla questione immigrazione ai diritti civili. E poi, appunto, perché negare che il lucidante subculturale del fascismo possa sempre tornare utile di fronte a ogni questione che sembri intaccare le certezze domestiche del costume rionale?Pensate, appunto, all'idea dei immigrati percepiti come "invasori", una certezza che sembra così cancellare perfino ogni faida familiare tra cognati.
Lo so, il discorso meriterebbe una trattazione per nulla apodittica, semmai improntata alla laicità, e non servirà dire che in altri paesi dotati di semplice coscienza civica perfino portatile, la condanna dei fascismi è cosa tacita, non soggetta a un continuo, strumentale, processo di revisione apologetico, necessario per avere consenso presso la pancia, di più, l'intestino di un paese cui ancora adesso sembra inutile ricordare la vergogna delle leggi razziali contro i cittadini ebrei e perfino la semplice retorica bellica e militaresca, tanfo di fureria o da mattinale di questura. E questo perché, citando Francesco De Gregori, la destra italiana non può dimenticare che “Mussolini ha scritto anche poesie”, cominciando da quella dell'Inps. Inutile ricordare che in Italia la previdenza sociale nasce nel 1898 con la fondazione della “Cassa nazionale di previdenza per l’invalidità e la vecchiaia degli operai”, un’assicurazione volontaria integrata da un contributo di incoraggiamento dello Stato e dal contributo anch'esso libero degli imprenditori. E che la pensione sociale viene introdotta solo nel 1969. La leggenda resiste.
Perfino nelle contestazioni alla presidente Laura Boldrini, che giunge a Latina-Littoria per il cambio di nome del parco da “Arnaldo Mussolini”, fratello, a “Falcone e Borsellino”, accolta da un bosco di braccia tese nel saluto romano, c'è infatti lo stesso sentire “familiare”, la cara piccola borghesia che della storia sembra avere trattenuto poche semplici informazioni, il ricordo deferente del “Duce" accanto a quello di Italia-Germania 4-3.
“Un delitto perfetto”, così “Il Giornale” di Alessandro Sallusti ha definito la rimozione del nome dell'amato consanguineo del dittatore in orbace dai pubblici giardinetti della cittadina dell'“agro redento". Con queste premesse, da qui all'eternità, dimenticando che in quella stessa piazza i fascisti avevano esposto i cadaveri di 15 partigiani trucidati dalla Legione “Ettore Muti”, ledisfide per il consenso elettorale vedranno sempre in cima a tutto, come orologio a pendolo da tinello, il feticcio di Mussolini a testa in giù.
«È scritto tutto lì dentro, leggi leggi...», dicevano i neofascisti negli anni Settanta mostrando il “Diario Balilla”. È una pigrizia mentale che appare ancora adesso intatta in altri movimenti politici votati non meno del fascismo alla semplificazione, dalla questione immigrazione ai diritti civili

dipocheparole     venerdì 27 ottobre 2017 20:42  82 Facebook Twitter Google Filippo Nogarin indagato e...