sabato 17 dicembre 2016

Onestà, onestà, onestà, Rodotà, Rodotà tra là là..........

Atac, assunti 15 capotreno: c’è anche il presidente M5S del XIV municipio

M5S
treni
La procedura era stata annullata alla fine dello scorso mese di giugno dall’allora Dg Marco Rettighieri, per sospette anomalie
 
È arrivato a compimento l’iter del concorso interno in Atac per l’assunzione di 15 capitreno per la ferrovia Roma-Viterbo. La procedura era stata annullata alla fine dello scorso mese di giugno dall’allora Dg Marco Rettighieri, per sospette anomalie. Con una disposizione firmata ieri dall’amministratore unico Manuel Fantasia, sono stati comunicati i nomi dei 15 in graduatoria. Al primo posto dell’elenco c’è Alfredo Campagna, conducente di tram e presidente M5S del Municipio XIV, oltre che amico dell'(ex) marito di Virginia Raggi Andrea Severini (nella foto con lui).
A renderlo noto è il sindacato Faisa Confail Lazio. “Dopo tutto questo caos che sta succedendo a Roma – dichiara Claudio De Francesco, segretario Faisa Confail Lazio – i manager di ATAC nominati dalla giunta stessa fregandosene di tutto pensano a fare delle nomine. Proprio ieri, ad esempio, è uscita la graduatoria del concorso interno per i capitreno della Roma Viterbo che l’ex dg Rettighieri annullò e porto in procura. E la cosa ancora più sorprendente, è vedere al primo posto della lista un esponente della maggioranza che guida il Campidoglio, per di più una persona che ha incarichi amministrativi guidando un municipio, risultando in azienda stessa in distacco continuativo. A questo punto, o il concorso viene nuovamente annullato, oppure viene il sospetto che avesse ragione l’allora dg Rettighieri a fermare la procedura per possibili anomalie”.
“Prima delle nomine, inoltre, ci sono questioni più urgenti – conclude il sindacalista – ad esempio a tutt’oggi ancora stiamo aspettando i turni per le festività quando al Natale mancano ormai pochissimi giorni, impedendo ai cittadini di conoscere le modalità del servizio di trasporto con un congruo anticipo e impedendo ai lavoratori di programmare il tempo da passare in famiglia sotto le feste”. pif

Cantone: “Sala è sempre stato corretto, leale e disponibile”

Politica e Giustizia
Raffaele Cantone Presidente Autorità nazionale anticorruzione durante il tavolo di lavoro sul Parco della Salute di Torino presso il Palazzo della Regione Piemonte, Torino , 8 settembre 2015 ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO
Il presidente dell’Autorità anticorruzione: da lui massima disponibilità a collaborare
 
La premessa di Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, su quanto sta succedendo a Milano dove è indagato il sindaco Sala è d’obbligo: «L’appalto oggetto delle indagini è del 2012, molto precedenti al nostro arrivo, si tratta di atti che noi non abbiamo verificato». Il magistrato lo spiega ad esempio a margine di un’iniziativa a Napoli. Ma poi non rinuncia ad aggiungere quella che è «la mia valutazione, che ho ripetuto tante volte pubblicamente: dal giugno 2014, quando per decreto del governo Renzi come Anac abbiamo cominciato a lavorare con Expo, ho collaborato con il dottor Sala, allora ad di Expo e ho avuto con lui uno scambio continuo di collaborazione. È sempre stato corretto, leale e disponibile».
Una valutazione, precisa ancora Cantone, «non solo dal punto di vista personale, che pure è importante, ma dal punto di vista dei comportamenti istituzionali: comportamenti molto corretti». Il numero uno dell’Anac non entra invece nel merito della scelta «personale» del sindaco di autosospendersi. Quanto alle accuse di falso ideologico e materiale, Cantone precisa che si tratta di reati «per i quali non si applica in modo automatico la legge Severino (sull’incompatibilità degli incarichi, ndr), nemmeno in caso di condanna, perché tecnicamente non sono reati della pubblica amministrazione.
Ovviamente hanno una loro oggettiva gravità, ma non stiamo parlando di corruzione», conclude. Molto ha contato, nella decisione del sindaco, la tempistica dell’indagine della Procura generale. Cantone si limita a osservare che «a oggi quello dell’iscrizione nel registro degli indagati appare come un atto dovuto, nell’ambito dell’apertura di una nuova indagine, e non contiene tecnicamente nessuna valutazione di responsabilità». Certo è che la novità ha riacceso le polemiche tra chi ha sempre parlato di «opacità» di Expo e dei suoi appalti. «Il governo si era mosso proprio perché gli arresti avevano evidenziato delle criticità – ricorda il presidente dell’Anac – ma dal nostro arrivo c’è stato sicuramente un cambiamento dal punto di vista della correttezza». Un cambiamento a cui lo stesso Sala avrebbe contribuito, «quasi tutte le nostre osservazioni da allora sono state accolte».

E questo era il nuovo che doveva cambiare il nostro paese. E ci sono ancora degli imbecilli che continuano a votarli.

Tra i grillini c'è chi valuta la possibilità di togliere il simbolo e cacciare via la sindaca. Sarebbe una scelta suicida, ma la fronda interna non vuole sentire ragioni. E punta anche a Di Maio
ALESSANDRO D'AMATO
La Giunta Raggi è pericolante. Il MoVimento 5 Stelle è pronto ad abbandonare Virginia Raggi e i parlamentari soffiano nell’orecchio del monarca Grillo per convincerlo a toglierle il simbolo. Le pressioni del fronte dei dissidenti e l’obiettivo comune della leadership di Di Maio fanno sì che l’ipotesi di sospendere la sindaca o di toglierle il simbolo come a Quarto siano le più gettonate tra i grillini. Mentre nella veste di frenatore arriva oggi Davide Casaleggio, il quale avrebbe comunque cercato di frenare Beppe. A ragione, visto che staccare la spina alla sindaca vorrebbe dire commettere l’errore politico del millennio per il M5S.

Così il M5S vuole cacciare Virginia Raggi

I retroscena si susseguono anche sui giornali che fino a ieri hanno difeso la sindaca e Marra, come il Fatto Quotidiano. Luca De Carolis fa sapere che la Raggi ha un piede fuori dal Comune:
E alla fine il bilancio di fine giornata racconta che Raggi traballa come mai: tantissimi la vogliono cacciare, e alimentano i dubbi di Grillo con la paura di nuove mosse della Procura di Roma. Per dirla come un parlamentare: “Se arrivasse qualcosa a carico della sindaca, Beppe non potrebbe difenderla”. COSÌ ORA il garante riflette su ogni ipotesi: compresa quella di revocare il simbolo alla Raggi, diespellerla. Anchese Davide Casaleggio frenerebbe. Oggi Grillo continuerà con i colloqui. Ma la strada si è fatta stretta, per la sindaca. Lo fa capire sin dalla mattina Roberto Fico: “L’arresto di Marra è una cosa gravissima, ora ci riuniamo e troviamo la linea del gruppo”. Ma non c’è nessuna riunione. L’emergenza la gestisce a Grillo, che si rinchiude in albergo coi responsabili della Comunicazione, Rocco Casalino e Ilaria Loquenzi. Ma il caso trabocca.
virginia raggi sfiducia m5s
Anche Annalisa Cuzzocrea su Repubblica disegna un partito in rivolta contro la Raggi con l’obiettivo Di Maio nel mirino:
Stavolta parla chi dice da tempo che qualcosa – nella capitale – non sta funzionando. Che la difesa a oltranza di Raffaele Marra da parte di Virginia Raggi è inaccettabile. E che non chiudere la partita adesso, significherebbe ritrovarsi in difficoltà ancora maggiori se – come pensano in molti nel Movimento – arrivassero nuovi guai giudiziari, magari per la stessa sindaca o per il capo della segreteria politica Salvatore Romeo. L’obiettivo dei falchi è togliere il simbolo 5 stelle alla giunta romana e spingere i consiglieri «a staccare la spina». Ma è una scelta difficilissima, e si continua a parlarne fino a notte. Il fondatore ascolta. Sa che perdere Roma significa perdere molto, in termini di consenso.
Per la prima volta però sta a sentire chi aveva cercato di avvisarlo. Quasi si scusa per non averlo fatto prima. L’unico a tacere – stavolta e per tutto il tempo – è Luigi Di Maio. Il vicepresidente della Camera è accusato dai suoi stessi colleghi di aver dato copertura politica all’operato del “raggio magico” chiedendo autonomia per la sindaca di Roma. Ieri non ha detto una parola, forte – forse – di un’altra resistenza: quella di Davide Casaleggio, che da Milano invita alla prudenza. La serata si chiude così: con Grillo convinto che bisogna rinunciare a Roma per salvare il Movimento e con il figlio del cofondatore che frena e chiede: «E se poi lei non fosse coinvolta?».

Togliere il simbolo e cacciare Virginia?

Il Messaggero invece racconta che anche il M5S Roma valuta la sfiducia alla Raggi. Perché, con l’arresto del braccio destro della sindaca, è indubbio che gli ‘ortodossi’ rivendichino una rivincita e, allo stesso tempo, che la linea di Luigi Di Maio, prodigo nel sostegno alla Raggi, finisca nel mirino. Grillo, lascia trapelare, prende tempo. “Qualsiasi decisione vi verrà comunicata, il M5S ne uscirà”, si limita a dire Paola Taverna uscendo dall’albergo. Da quell’albergo, ormai ‘fortino’ romano di Grillo, che, però, vedrà gli ortodossi pentastellati tornare per chiudere la lunga giornata e, forse, tirare le fila. Intorno alle 22, con Fico ancora all’interno, Carla Ruocco e Nicola Morra varcano il portone. Pochi minuti per riuscirne e scandire che, no, le scuse della Raggi non bastano. E a evitare che la linea dura venga diluita in dichiarazioni di circostanza, ci pensa Fico, dopo un lungo faccia a faccia col leader 5 Stelle: “è chiaro che per me Marra non è solo un tecnico”. Una decisione ‘politica’, dunque, sulla quale, a questo punto, le ore notturne al Forum determineranno il futuro del binomio Raggi-Cinque stelle. Per tutto il pomeriggio la tensione è stata palpabile. Mentre Daniele Frongia valuta la possibilità di dimettersi:
Nei mille colloqui, è lo stesso Frongia a fare la mossa: «Se volete – dice – me ne vado io». Fu lui, infatti, a presentare Marra a Virginia, quando Frongia era un semplice consigliere di opposizione e “don Raffaele” un dirigente del Campidoglio, suo “suggeritore” per il libro che denunciava gli sprechi dell’amministrazione capitolina. Frongia viene trattenuto, le dimissioni restano nell’aria ma il clima è molto pesante. La situazione sembra precipitare quando il capogruppo Paolo Ferrara varca la porta dell’hotel Forum dove c’è Grillo con avvocati e leader del Movimento.
Ferrara va, poi torna in Campidoglio per l’ennesima riunione di maggioranza. C’è anche Marcello De Vito, presidente dell’aula, che se ne va prima del tempo. I consiglieri sono spiazzati, delusi, increduli, arrabbiati. Molti si chiedono come sia stato possibile gestire così, anche dal punto di vista comunicativo, questa situazione. Alla fine, dopo una giornata, si va a dormire. Ma un “grillino”, scendendo la scalinata del Vignola, si lascia scappare: «Ci arriviamo a Natale?».
raffaele marra 1
Fatale, del resto, risulterebbe un avviso di garanzia diretto alla sindaca. Notizia che circola nei corridoi di palazzo ma che, al momento, non trova alcuna conferma. Al forum va in scena anche il faccia a faccia tra chi, come Di Maio ha sempre difeso Raggi (finendo nel mirino per la vicenda della mail nascosta su Paola Muraro) e chi, come Lombardi, ha da tempo rotto ogni ponte con la sindaca. Quella stessa Lombardi che, secondo l’Espresso, il 22 novembre avrebbe presentato un esposto proprio contro Marra. E va in scena la rivincita degli ‘ortodossi’. “Sono fiera di stare dalla parte giusta”, sottolinea Lombardi laddove Taverna, rivolgendosi a Raggi, incalza: “non basta chiedere scusa”.

I grillini sono la mediocrità permanente.

http://www.unita.tv/interviste/perche-la-raggi-ha-difeso-marra-fino-in-fondo-parla-sabrina-alfonsi/

VIENI AVANTI CRETINO.........

Ma quanti errori deve fare "un cittadino" grillino sindaco di Roma perché si possa affermare che è un incompetente e mediocre amministratore di una comunità.
Tra dimissioni, avvisi di garanzia e arresti di assessori e di funzionari tutti "certificati" dalla "cittadina" Raggi per onestà e capacità il Campidoglio assomiglia più ad un aeroporto internazionale che alla sede del sindaco di Roma. 
Gente che va e gente che viene. Non semplici dipendenti comunali ma "cittadini" scelti personalmente del "cittadino sindaco" di Roma.
Tutto questo mentre Roma affonda. Tutto questo in un paese nel quale si votano ancora quelli che hanno amministrato l'Italia per venti anni distruggendo il nostro paese. Tutto questo mentre gli italiano votano questi "neo adolescenti cittadini" affinché possano fare prove di amministrazione sbagliando nove volte su dieci.
E la Lega Nord? 
Al sindaco di Milano, persona perbene, chiedono di tirare dritto anche dopo che il primo cittadino ha ricevuto un avviso di garanzia. 
Signori si nasce diceva Totò e Sala lo nacque. Certamente non i leghisti. Loro di solito querelano con i soldi del contribuente le persone perbene e insultano tutto e tutti ogni giorno dell'anno.
Fabio Rizzi, che campava di "dentiere"ed è stato l'ideatore di quella che Salvini considera la migliore sanità d'Italia, ha patteggiato qualche anno di galera (se non ricordiamo male) e la stessa cosa ha fatto Donato Castiglioni, sempre della Lega Nord.
Eppure i leghisti suggeriscono a Sala di tirare dritto. E tirando dritto, a Pavia, leghisti DOC hanno fatto sparire dalle casse dell'ASM diversi milioni di euro. 
Quante volte devono sbagliare i leghisti ed i grillini per consentire ai "cittadini" di capire che non vanno più votati?
Milioni e milioni di volte possono sbagliare. Quanti sono i soldi che scorrono a fiumi nelle mani di "cittadini" grillini e "cittadini" leghisti, in questo sistema clientelare attraverso il quale "campano" i politici ed i comuni cittadini della società civile i quali, in termini di onestà, assomigliano molto ai loro eletti. E' proprio il caso di dire che "uno vale uno".

Ma andatevene a............

Via il “Raggio magico”. La sindaca debole sui numeri

M5S
raggi-piange
Sul tavolo, a quanto si apprende, c’è la possibilità di andare avanti anche senza il simbolo del M5S
 
Se il sindaco di Roma, Virginia Raggi, si mostrasse irremovibile nel non voler sciogliere il “Raggio magico” una parte dei consiglieri pentastellati in Campidoglio sarebbe pronta a chiedere le dimissioni del primo cittadino. E se Grillo toglierà il simbolo alla giunta Raggi, l’ipotesi di andare avanti incontra già una prima opposizione forte. A essere contrari infatti sarebbero il presidente dell’Assemblea capitolina Marcello De Vito e il capogruppo del Movimento Paolo Ferrara. Secondo i due questa ipotesi non sarebbe assolutamente praticabile. Stamani Grillo ha lasciato Roma ma nel pomeriggio di oggi si terrà una nuova riunione di maggioranza del M5S in Campidoglio.
E’ un movimento dilaniato quello che esce dalla crisi di Roma. Uno psicodramma in cui tutti erano contro tutti, in in cui i nodi sono venuti al pettine e ci si è scambiate accuse e rancori. L’arresto di Raffaele Marra é uno choc e il M5S si spacca tra chi vorrebbe fare piazza pulita dell’esperienza romana e chi invece cerca di sminuire cavalcando le parole della sindaca che ieri in una conferenza stampa (senza domande) ha “scaricato” definendolo un semplice dipendente.
Eppure Marra è stato ben altro: un pupillo, un braccio destro da difendere, anche in contrasto con le indicazioni del leader Beppe Grillo. Ed è Grillo che avrebbe detto a Virginia “Ora rimetti a posto le cose”. Un po’ come Roma fosse un giocattolo rotto.
Ma con Roma i grillini volevano dimostrare di poter governare. E ora sono gli equilibri del Movimento nazionale a subire, inesorabilmente, il colpo di colui che Lombardi definì “un virus che infetta”. La riunione fiume all’Hotel Forum dove i big pentastellati si sono incontrati per il “consiglio d’emergenza” con Beppe Grillo non è servito a sedare i malumori. Bocche cucite, volti scuri: la resa dei conti che, con la vittoria al referendum, era stata siglata è già partita. E nel blog sarebbe già pronto il post in cui viene tolto il simbolo alla giunta Raggi
La fazione degli ortodossi capeggiata da Roberto Fico con al fianco le irriducibili romane Lombardi e Taverna. Quella dei realisti guidata da Luigi Di Maio e sostenuta da Di Battista(assente alla riunione).”Qualsiasi decisione vi verrà comunicata, il M5S ne uscirà”, si limita a dire Paola Taverna uscendo dall’albergo.
Da quell’albergo, ormai ‘fortino’ romano di Grillo però, ha visto gli ortodossi pentastellati tornare per chiudere la lunga giornata e, forse, tirare le fila. Intorno alle 22, con Fico ancora all’interno, Carla Ruocco e Nicola Morra che varcano il portone. Pochi minuti per riuscirne e scandire che, no, le scuse della Raggi non bastano. E a evitare che la linea dura venga diluita in dichiarazioni di circostanza, ci pensa Fico, dopo un lungo faccia a faccia col leader 5 Stelle: “E’ chiaro che per me Marra non è solo un tecnico”.
In questo momento sarebbe fatale un avviso di garanzia diretto alla sindaca. Notizia che circola nei corridoi di palazzo ma che, al momento, non trova alcuna conferma.
I vertici, a partire da Grillo, al momento non sembrano voler cedere alle pressioni degli ortodossi  e abbandonare la sindaca, ma cercano di capire cosa abbia fatto Marra duranta la gestione pentastellata della Capitale.

I grandi giornalisti non tramontano mai.


Roma docet, ecco perchè i grillini non vogliono votare

Terza Repubblica
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Tutto l’apparato di propaganda grillino è impegnato nel denunciare le malefatte altrui. Ma per vincere le elezioni tutto questo potrebbe non bastare
 
A sentire quei grillini che non hanno mai amato Virginia Raggi, e che politicamente si riconoscono nel gruppo romano guidato da Paola Taverna, l’avviso di garanzia per la sindaca cinquestelle sarebbe imminente. E, in caso di avviso di garanzia, le dimissioni della giunta dovrebbero essere automatiche, e nuove elezioni a Roma inevitabili.
In realtà non è detto che vada così: il sindaco grillino di Livorno ha ricevuto il suo bravo avviso di garanzia ed è ancora al suo posto; quello di Parma, in circostanze analoghe, è stato “sospeso” dal Movimento ma non indotto alle dimissioni (lascerà poi spontaneamente il M5s). E’ dunque piuttosto difficile, almeno per quanto si sa delle inchieste in corso, che la giunta capitolina sia ormai al capolinea: del resto, elezioni anticipate a meno di un anno dalla vittoria sarebbero per il M5s un’autentica catastrofe.
Ciò nonostante, e qualunque sia l’esito giudiziario e politico delle inchieste, è evidente che la corsa grillina verso palazzo Chigi ha subito in queste ore un brusco rallentamento. Sapremo dai prossimi sondaggi se l’asticella del consenso è scesa, e in che misura: ma dal punto di vista politico la situazione è senza dubbio molto grave.
Grillo aveva infatti scelto Roma – dopo le catastrofi di Alemanno e di Marino – per sfidare l’establishment e i partiti tradizionali: ma, dopo una vittoria ampiamente preannunciata e tuttavia non adeguatamente preparata dallo stesso Movimento, Roma rischia oggi di dimostrare l’esatto contrario: e cioè che i grillini, molto banalmente, non sono (ancora) pronti ad assumere responsabilità di governo. Roma è difficile da amministrare, d’accordo: ma l’Italia non è certo più semplice da governare.
Se proiettiamo l’implosione della giunta Raggi sullo scenario più generale del governo e della sua durata, dunque, potremmo incontrare qualche sorpresa. Siamo sicuri che il M5s desideri davvero andare subito alle elezioni? L’unica vera forza di cui dispone è la debolezza degli altri: è sulle difficoltà, gli insuccessi, l’inefficienza (quando non la corruzione) degli altri partiti che il partito di Grillo ha costruito e costruisce le sue fortune; viceversa, ogni volta che i riflettori si spostano sulle esperienze di governo grilline, il consenso inesorabilmente diminuisce.
Tutto l’apparato di propaganda grillino è impegnato nel denunciare le malefatte altrui, vere o presunte o spesso inventate (ieri sera Di Battista ha tenuto una conferenza stampa sul Monte dei Paschi, anziché sul Campidoglio), o a rivendicare una pretesa “diversità” nella gestione dei rimborsi e dei contributi pubblici. Ma per vincere le elezioni tutto questo potrebbe non bastare: è ben vero, infatti, che quote crescenti di elettorato sono sempre più disgustate dalla classe politica di centrosinistra e di centrodestra, ma è altrettanto vero che chi non ne può più della vecchia politica vuole e chiede un’alternativa praticabile, non il caos.
Non dovremo dunque stupirci se, nelle prossime settimane, all’invocazione urlata delle urne e alla farsa dell’Aventino si accompagnerà, in silenzio e lontano dai riflettori, un movimento contrario diretto a prolungare la durata della legislatura oltre giugno, e magari anche oltre l’autunno. Già l’indisponibilità a discutere qualsiasi legge elettorale che non sia la propria è indice di un’ambiguità di fondo, perché chi vuole votare dovrebbe anche volere al più presto una legge che gli consenta di farlo.
Ma se questo è il vero disegno di Grillo – rafforzato nelle motivazioni reali dalla catastrofe capitolina – sarebbe bene che gli altri partiti, di maggioranza e di opposizione, si decidano ad affrontare presto e bene il problema, approvando già prima della sentenza della Consulta una riforma elettorale dignitosa.

Le mie 10 domande alla Raggi e al M5S, colpiti al cuore

M5S
Beppe Grillo con Luigi Di Maio, Virginia Raggi e Alessandro Di Battista, sul palco al termine della manifestazione M5s per il No al referendum costituzionale, dalla Basilica di San Paolo alla Bocca della Verita', a Roma, 26 novembre 2016. ANSA/ CLAUDIO PERI
La triste parabola di un Movimento che voleva la trasparenza e finisce in pratiche opache
 
Al di là del fatto che si dimetta, che continui teleguidata da Beppe Grillo, o che inventi qualche altra soluzione, Virginia Raggi è una dead woman walking.
Al di là delle parole ce lo dice la faccia depressa che appare in quei tristi video diffusi sulla rete che sembrano girati in una cantina male illuminata.
Non sarà con gli slogan improvvisati “il mio braccio destro sono i cittadini”, o con i ridicoli ridimensionamenti del ruolo di Marra (“un dipendente comunale”) che ricordano il Craxi che definiva “un mariuolo” Mario Chiesa, non sarà con questi espedienti che Virginia Raggi riemergerà dall’abisso nel quale lo zombie Marra (tornato da un passato che non passa) l’ha trascinata.
Il problema non è il fatto in sé, perché il reato per il quale Marra viene arrestato è stato commesso durante la giunta Alemanno e non è dunque imputabile all’attuale sindaco del quale sarebbe pertanto sbagliatissimo chiedere le dimissioni. Neppure se dovesse ricevere un avviso di garanzia, come è probabile avvenga, per le vicende legate all’inchiesta sull’assessora Paola Muraro. È ovvio che nessuna persona onesta intellettualmente può pensare che il Sindaco sia personalmente coinvolta nelle attività illecite, se saranno provate in giudizio, di Marra, né in quelle della Muraro.
Sono pronto, metaforicamente s’intende, a raccogliere le firme per chiederle di restare al suo posto. E non solo perché sarebbe opportuno essere sempre garantisti. È che non bisogna concedere, né a lei né al M5S, la comoda via della fuga.
Abbia piuttosto la compiacenza, l’onorevole Sindaco, di parlare, magari in un solenne consiglio comunale, in streaming e aperto ai cittadini, oppure in una conferenza stampa in cui siano possibile le domande dei giornalisti, invece che rifugiarsi in quelle tristi comunicazioni unilaterali.
Spieghi come e quando sia accaduto che una giunta votata dai cittadini nella speranza di fare piazza pulita di Mafia capitale e della politica corrotta si sia consegnata nelle accoglienti braccia di quella burocrazia asservita agli interessi privati che è il vero dominus della macchina capitolina.
Quel che emerge dall’arresto di Marra e dall’avviso di garanzia all’assessora all’ambiente è infatti la persistenza di un sistema di potere impermeabile a ogni cambio politico, organicamente legato  al  ventre molle e marcio del potere romano, con gli studi professionali che stanno sempre dentro tutti gli scambi, con le consulenze milionarie, con certi circoli esclusivi in cui si cementano alleanze e carriere. Il fatto è che, una volta vinte le elezioni, la Sindaca si è affidata a questo mondo.
Ecco dieci domande inquietanti cui i grillini dovrebbero rispondere:
1) Perché lei, onorevole Roberta Lombardi, avversaria di Virginia Raggi, ha definito Marra “un virus che sta infettando il Movimento”?
2) Perché quella definizione: sapeva cose che noi non sapevamo?
3) Aveva avuto notizia degli affari di Marra?
4) Sospettava che intrattenesse rapporti illeciti?
5) Un virus è un agente patogeno, diffonde la malattia: perché non siete riusciti a fermarlo prima che infettasse la giunta capitolina?
6) Perché lei, Signora Sindaca Virginia Raggi, ha difeso il dirigente comunale e l’Assessoraperinde ac cadaver, contro tutto e contro tutti?
7) Perché ha affermato che senza la Muraro la giunta non sapeva dove mettere le mani nella delicata questione dei rifiuti?
8) Perché ha reso di fatto Marra un intoccabile, resistendo alle pressioni dei vertici del Movimento per allontanarlo?
9) Perché si è assunta la responsabilità della promozione del fratello di Marra per proteggere così il suo potente alleato?
10) Ha stretto patti, prima delle elezioni, con ambienti che le hanno poi presentato il conto?
In attesa di una risposta a queste domande, resta l’effetto devastante dell’arresto di Raffaele Marra, una deflagrazione che colpisce al cuore la narrazione grillina. Ovvero, l’idea che la purezza sta tutta dalla loro parte e che basti affidarsi alla loro immacolatezza (che poi tale non è) per poter governare ieri Roma, domani il Paese.
Quel che emerge a Roma con cristallina limpidezza è che il M5S non è in grado assicurare un ricambio di classe dirigente perché, come sostiene Roberto Saviano, non ha strumenti democratici di selezione, perché, se è in grado di essere una sorta di contenitore neutro per la rabbia e l’esasperazione dei cittadini, non riesce a aggregare le competenze necessarie per governare sistemi complessi.
Triste parabola quella di un Movimento nato per aprire le istituzioni come una scatoletta di tonno ritrovarsi coinvolto in pratiche opache. Ma il vero fallimento non sono gli avvisi di garanzia o gli arresti, bensì il vuoto totale di idee, la paralisi amministrativa di sette mesi di governo della Capitale. La politica non sopporta il vuoto e se chi governa non è in grado di farlo ecco arrivare in soccorso potentati, lobby, affaristi.
E così il virus Marra s’insinua e corrompe, perché il populismo vive solo dell’insulto, della post-verità, dell’urlo liberatorio, ma non conosce gli strumenti della buona politica. L’onestà è il prerequisito del buon governo, ma non è un mantra e può persino aprire la strada ai disonesti se non si accompagna a responsabilità, trasparenza, spirito di servizio, conoscenza dei problemi e ricerca delle soluzioni.

Raggi scarica Marra, Grillo scarica Raggi. Psicodramma M5S

Roma
Il neo sindaco di Roma Virginia Raggi, affaccia al balcone dello suo studio in Campidoglio, 02 luglio 2016. ANSA/ANGELO CARCONI
Orfini: “Non ha perso solo il suo uomo di fiducia, ma anche il senso del ridicolo”
 
Virginia Raggi tira dritto e minimizza l’arresto del suo braccio destro. “Abbiamo appreso con sorpresa dell’arresto di Marra per fatti che non riguarderebbero in alcun modo questa amministrazione”, ha detto in una conferenza stampa lampo. “Sostituiremo subito Marra. Ci siamo fidati e abbiamo sbagliato, dispiace nei confronti dei cittadini, del Movimento 5 Stelle e di Grillo che aveva sollevato perplessità. Marra non è un esponente politico della giunta ma un dirigente dell’amministrazione da 10 anni. Faremo di tutto per fare luce collaborando con la magistratura”.
Immediata la reazione del Partito Democratico, affidata al tweet del presidente Matteo Orfini: “La Raggi ora ci spiega che Marra è un dipendente comunale qualunque. Non ha perso solo il suo uomo di fiducia, ma anche il senso del ridicolo”.
Le dichiarazioni della sindaca suonano infatti ancora più strane se rileggiamo, ad esempio, le sue stesse parole, pronunciate solo un mese e mezzo fa, il 30 ottobre scorso: “Marra viene attaccato in maniera così violenta proprio perché lui è nemico dei poteri forti, quegli stessi poteri che noi stiamo cercando di combattere. Perciò abbiamo il dovere di difenderlo”.
Ma la cosa più preoccupante, per Virginia Raggi, è che la sua posizione light sulla vicenda Marra non convince, in primis, lo stesso Movimento 5 Stelle, che rischia di essere travolto dalla gestione a dir poco precaria del dossier Roma. “Le scuse non bastano”, ha detto la senatrice Paola Taverna, storica nemica interna della sindaca. Roberto Fico, ex membro del direttorio pentastellato, ha parlato di “fatti gravissimi” e invocato la convocazione di un’assemblea per decidere il da farsi. “Sono fiera di essere dalla parte giusta. Parlano i fatti”, ha sottolineato Roberta Lombardi.
Tutti gli occhi sono puntati su Beppe Grillo, asserragliato nell’hotel Forum di Roma, dove per tutta la giornata di ieri si è susseguito un via vai di ‘big’ del Movimento: dagli stessi Fico, Taverna e Lombardi a Luigi Di Maio, Carla Ruocco Nicola Morra. Un cambio di programma forzato per i Cinque Stelle che ieri dovevano spostarsi in pompa magna a Siena per un flashmob di protesta sulla vicenda Monte dei Paschi.
Tutti aspettano un segnale da Grillo. E il segnale, in qualche modo, arriva. Lo descrivono furioso. Anche se molti capiscono l’esigenza di non ‘scaricare’ la sindaca di Roma, perché il danno di immagine “sarebbe troppo grande” anche in vista delle prossime elezioni politiche, in tanti pensano che la Raggi non abbia dimostrato “molta intelligenza” dal momento che – così viene raccontato – fino a due giorni fa Grillo aveva espresso perplessità ancora una volta su Marra chiedendole lumi sul perché lo difendesse. “Io te l’avevo detto – è il senso della telefonata intercorsa ieri tra il comico genovese e la prima cittadina – ora è solo colpa tua, devi rimediare”.
Ora nessuno scenario è da escludere, dalle dimissioni alla possibilità che venga tolto alla sindaca il simbolo pentastellato. La sensazione è che le strade tra il Movimento e la Raggi, sempre più isolata (alcuni giornali rivelano che dieci consiglieri capitolini abbiamo già detto che toglierebbero la fiducia alla sindaca), si possano dividere. Non sarà una fase facile e neanche breve. La resa dei conti è iniziata.
Particolarmente significativo, in questo contesto, il tweet del sindaco di Parma Federico Pizzarotti, in aperta polemica con il Movimento 5 Stelle.

VIENI AVANTI CRETINO.........

Ma quanti errori deve fare "un cittadino" grillino sindaco di Roma perché si possa affermare che è un incompetente e mediocre amministratore di una comunità.
Tra dimissioni, avvisi di garanzia e arresti di assessori e di funzionari tutti "certificati" dalla "cittadina" Raggi per onestà e capacità il Campidoglio assomiglia più ad un aeroporto internazionale che alla sede del sindaco di Roma. 
Gente che va e gente che viene. Non semplici dipendenti comunali ma "cittadini" scelti personalmente del "cittadino sindaco" di Roma.
Tutto questo mentre Roma affonda. Tutto questo in un paese nel quale si votano ancora quelli che hanno amministrato l'Italia per venti anni distruggendo il nostro paese. Tutto questo mentre gli italiano votano questi "neo adolescenti cittadini" affinché possano fare prove di amministrazione sbagliando nove volte su dieci.
E la Lega Nord? 
Al sindaco di Milano, persona perbene, chiedono di tirare dritto anche dopo che il primo cittadino ha ricevuto un avviso di garanzia. 
Signori si nasce diceva Totò e Sala lo nacque. Certamente non i leghisti. Loro di solito querelano con i soldi del contribuente le persone perbene e insultano tutto e tutti ogni giorno dell'anno.
Fabio Rizzi, che campava di "dentiere"ed è stato l'ideatore di quella che Salvini considera la migliore sanità d'Italia, ha patteggiato qualche anno di galera (se non ricordiamo male) e la stessa cosa ha fatto Donato Castiglioni, sempre della Lega Nord.
Eppure i leghisti suggeriscono a Sala di tirare dritto. E tirando dritto, a Pavia, leghisti DOC hanno fatto sparire dalle casse dell'ASM diversi milioni di euro. 
Quante volte devono sbagliare i leghisti ed i grillini per consentire ai "cittadini" di capire che non vanno più votati?
Milioni e milioni di volte possono sbagliare. Quanti sono i soldi che scorrono a fiumi nelle mani di "cittadini" grillini e "cittadini" leghisti, in questo sistema clientelare attraverso il quale "campano" i politici ed i comuni cittadini della società civile i quali, in termini di onestà, assomigliano molto ai loro eletti. E' proprio il caso di dire che "uno vale uno".


giovedì 15 dicembre 2016

La Raggi è fiducioso. Io non tanto!!!!!!

Di che cosa è accusata Paola Muraro?

Roma
L'assessora alla Sostenibilità Ambientale Paola Muraro, durante la conferenza di presentazione "Il nuovo corso di Ama: più vicina ai cittadini con servizi mirati di raccolta differenziata" nella sala della Protomoteca in Campidoglio, Roma, 28 novembre 2016. ANSA/ANGELO CARCONI
Le contestazione avanzate dai pm sono molto gravi e chiamano in causa anche Luigi di Maio e la stessa Sindaca Raggi
 
E’ durato oltre un’ora l’incontro a Montecitorio fra il leader Beppe Grillo e i parlamentari M5s. E sul tavolo non poteva non mancare il caso Muraro, l’assessore all’Ambiente che si è dimessa nei giorni scorsi perché indagata in un’indagine delicata. Fra i pentastellati in molti hanno ostentato tranquillità ma la patata è bollente e rischia di minare la credibilità, già intaccata, della Sindaca di Roma.
Le contestazione avanzate dai pm sono infatti molto gravi e chiamano in causa anche Luigi di Maio e la stessa Sindaca. Secondo le accuse, la Muraro quando era dirigente di Ama, è responsabile di aver “truccato” le autorizzazioni per gli impianti di smaltimento dei rifiuti e di inquinamento ambientale.
Il Corriere della Sera riporta che: “Agli atti dell’inchiesta ci sono i verbali dell’ex assessore al Bilancio Marcello Minenna e dell’ex amministratore delegato della municipalizzata Alessandro Solidoro che ricostruiscono quanto accaduto dopo la nomina di Muraro al Comune di Roma e specificano il ruolo di Luigi Di Maio che – anche nei momenti più delicati, come quello della notizia sull’iscrizione al registro degli indagati – avrebbe “offerto copertura politica a lei e a Raggi”.
 I pubblici ministeri contestano alla Muraro queste accuse: “Gli impianti di Rocca Cencia e Salario operavano una gestione dei rifiuti in violazione delle prescrizioni delle autorizzazioni riguardanti la gestione degli impianti per quanto concerne le percentuali di trasformazione dei rifiuti in ingresso e gli scarti di lavorazione”. Il sospetto dei pm – spiega il Corsera – è che i macchinari abbiano lavorato in regime ridotto per favorire altri impianti privati. In particolare quelli di Manlio Cerroni, ras dei rifiuti della Capitale, anche lui indagato, che avrebbe beneficiato della permanenza di Muraro in Ama.
Ma c’è di più. All’ormai ex assessore viene contestato anche il reato di inquinamento ambientale. Nel suo ruolo d “responsabile tecnico e referente” degli impianti Ama – sostengono i pm – avrebbe consentito “lo stoccaggio di rifiuti in aree non autorizzate per l’impianto di Rocca Cencia”, mentre per il Salario “non venivano rispettate le aree di stoccaggio rifiuti: i cassoni di rifiuti contenenti metalli ferrosi, gli scarti del processo e le balle di Cdr non erano infatti ubicati conformemente a quanto previsto dagli atti autorizzativi”.

dipocheparole     venerdì 27 ottobre 2017 20:42  82 Facebook Twitter Google Filippo Nogarin indagato e...