Al di là del fatto che si dimetta, che continui teleguidata da Beppe Grillo, o che inventi qualche altra soluzione, Virginia Raggi è una dead woman walking.
Al di là delle parole ce lo dice la faccia depressa che appare in quei tristi video diffusi sulla rete che sembrano girati in una cantina male illuminata.
Non sarà con gli slogan improvvisati “il mio braccio destro sono i cittadini”, o con i ridicoli ridimensionamenti del ruolo di Marra (“un dipendente comunale”) che ricordano il Craxi che definiva “un mariuolo” Mario Chiesa, non sarà con questi espedienti che Virginia Raggi riemergerà dall’abisso nel quale lo zombie Marra (tornato da un passato che non passa) l’ha trascinata.
Il problema non è il fatto in sé, perché il reato per il quale Marra viene arrestato è stato commesso durante la giunta Alemanno e non è dunque imputabile all’attuale sindaco del quale sarebbe pertanto sbagliatissimo chiedere le dimissioni. Neppure se dovesse ricevere un avviso di garanzia, come è probabile avvenga, per le vicende legate all’inchiesta sull’assessora Paola Muraro. È ovvio che nessuna persona onesta intellettualmente può pensare che il Sindaco sia personalmente coinvolta nelle attività illecite, se saranno provate in giudizio, di Marra, né in quelle della Muraro.
Sono pronto, metaforicamente s’intende, a raccogliere le firme per chiederle di restare al suo posto. E non solo perché sarebbe opportuno essere sempre garantisti. È che non bisogna concedere, né a lei né al M5S, la comoda via della fuga.
Abbia piuttosto la compiacenza, l’onorevole Sindaco, di parlare, magari in un solenne consiglio comunale, in streaming e aperto ai cittadini, oppure in una conferenza stampa in cui siano possibile le domande dei giornalisti, invece che rifugiarsi in quelle tristi comunicazioni unilaterali.
Spieghi come e quando sia accaduto che una giunta votata dai cittadini nella speranza di fare piazza pulita di Mafia capitale e della politica corrotta si sia consegnata nelle accoglienti braccia di quella burocrazia asservita agli interessi privati che è il vero dominus della macchina capitolina.
Quel che emerge dall’arresto di Marra e dall’avviso di garanzia all’assessora all’ambiente è infatti la persistenza di un sistema di potere impermeabile a ogni cambio politico, organicamente legato al ventre molle e marcio del potere romano, con gli studi professionali che stanno sempre dentro tutti gli scambi, con le consulenze milionarie, con certi circoli esclusivi in cui si cementano alleanze e carriere. Il fatto è che, una volta vinte le elezioni, la Sindaca si è affidata a questo mondo.
Ecco dieci domande inquietanti cui i grillini dovrebbero rispondere:
1) Perché lei, onorevole Roberta Lombardi, avversaria di Virginia Raggi, ha definito Marra “un virus che sta infettando il Movimento”?
2) Perché quella definizione: sapeva cose che noi non sapevamo?
3) Aveva avuto notizia degli affari di Marra?
4) Sospettava che intrattenesse rapporti illeciti?
5) Un virus è un agente patogeno, diffonde la malattia: perché non siete riusciti a fermarlo prima che infettasse la giunta capitolina?
6) Perché lei, Signora Sindaca Virginia Raggi, ha difeso il dirigente comunale e l’Assessoraperinde ac cadaver, contro tutto e contro tutti?
7) Perché ha affermato che senza la Muraro la giunta non sapeva dove mettere le mani nella delicata questione dei rifiuti?
8) Perché ha reso di fatto Marra un intoccabile, resistendo alle pressioni dei vertici del Movimento per allontanarlo?
9) Perché si è assunta la responsabilità della promozione del fratello di Marra per proteggere così il suo potente alleato?
10) Ha stretto patti, prima delle elezioni, con ambienti che le hanno poi presentato il conto?
In attesa di una risposta a queste domande, resta l’effetto devastante dell’arresto di Raffaele Marra, una deflagrazione che colpisce al cuore la narrazione grillina. Ovvero, l’idea che la purezza sta tutta dalla loro parte e che basti affidarsi alla loro immacolatezza (che poi tale non è) per poter governare ieri Roma, domani il Paese.
Quel che emerge a Roma con cristallina limpidezza è che il M5S non è in grado assicurare un ricambio di classe dirigente perché, come sostiene Roberto Saviano, non ha strumenti democratici di selezione, perché, se è in grado di essere una sorta di contenitore neutro per la rabbia e l’esasperazione dei cittadini, non riesce a aggregare le competenze necessarie per governare sistemi complessi.
Triste parabola quella di un Movimento nato per aprire le istituzioni come una scatoletta di tonno ritrovarsi coinvolto in pratiche opache. Ma il vero fallimento non sono gli avvisi di garanzia o gli arresti, bensì il vuoto totale di idee, la paralisi amministrativa di sette mesi di governo della Capitale. La politica non sopporta il vuoto e se chi governa non è in grado di farlo ecco arrivare in soccorso potentati, lobby, affaristi.
E così il virus Marra s’insinua e corrompe, perché il populismo vive solo dell’insulto, della post-verità, dell’urlo liberatorio, ma non conosce gli strumenti della buona politica. L’onestà è il prerequisito del buon governo, ma non è un mantra e può persino aprire la strada ai disonesti se non si accompagna a responsabilità, trasparenza, spirito di servizio, conoscenza dei problemi e ricerca delle soluzioni.