30.7.2014
L’Argentina ha tempo fino a mezzanotte del 30 luglio per evitare il suo ottavo default della storia. Una sentenza della Corte suprema americana ha intimato al Paese di ripagare in toto i suoi creditori, inclusi quelli che si erano rifiutati di accettare lo swap offerto dall’Argentina ai tempi del default del 2001 (fra cui alcuni hedge fund americani). Lo swap prevedeva uno scambio dei titoli emessi prima del default con titoli a rendimento inferiore e scadenza più lunga.
La sentenza si basa sulla clausola “pari passu” contenuta nella documentazione originale dei bond, secondo la quale non è possibile privilegiare alcuni creditori (in questo caso quelli che, ai tempi, avevano accettato la ristrutturazione, per i quali il governo argentino avrebbe messo a disposizione più di 800 milioni di dollari) su altri (i creditori che hanno rifiutato l’accordo). Quindi, in assenza di un accordo last minute, il Paese rischia una nuovo default. Ma perché l’Argentina sembra trovarsi periodicamente in crisi? Riproponiamo una nostra intervista a Tommy E. Murphy, economista argentino dell’Università Bocconi di Milano.
«Ci sono quattro tipi di paesi: i paesi sviluppati, i paesi in via di sviluppo, il Giappone e l’Argentina» diceva Simon Kuznets, premio Nobel per l’Economia. All’inizio del XX secolo il Pil pro capite argentino era circa il 72% di quello statunitense, più elevato di quello francese, tedesco o svedese; oggi il livello si attesta attorno al 30%. Perché un paese con elevato potenziale ha perso così tanto terreno, afflitto da periodiche crisi e da persistenti problemi di inflazione? Ma soprattutto, perché l’Argentina non sembra essere capace di imparare dagli errori del passato? Ne abbiamo parlato con Tommy E. Murphy, economista argentino dell’Università Bocconi di Milano che lavora su argomenti di storia economica.
Esiste un comun denominatore dietro alle recenti crisi del paese?
In generale i problemi dell’Argentina derivano da un misto di cattive politiche e cattive aspettative. In parte, l’Argentina ha avuto un destino avverso, segnato da dittature che hanno impedito la formazione di una classe politica adeguata e l’adozione di politiche economiche lungimiranti. Quando finalmente è arrivata la democrazia, ha portato con sé molte promesse e speranze ma anche una pessima eredità da un punto di vista economico. Tuttavia, la democrazia non ha saputo ritarare le scelte di politica economica, prediligendo sempre quelle di breve periodo - più popolari - sacrificando quelle necessarie nel lungo periodo (ad esempio le riforme per ridurre la corruzione nel settore pubblico, aumentare l’apertura al commercio e favorire maggiore imprenditorialità). Di conseguenza, il paese non è riuscito a raggiungere un equilibrio stabile, ma è sprofondato in una situazione di forte volatilità alternando cicli positivi a cicli negativi. E non importa molto di quelle che sono le conseguenze di tali politiche, se c’è una cosa che hanno imparato gli argentini è che alle crisi e alle situazioni di forte volatilità si sopravvive; le crisi arrivano e passano.
L’Argentina ha un problema di inflazione cronica, perché il paese sembra ritrovarsi periodicamente a far fronte alle stesse questioni?
L’Argentina ha un problema cronico di mala gestione che persiste da almeno 60 anni. Ma la cosa che aggrava questo problema è che la popolazione sa che queste questioni si ripresentano periodicamente.
Ci sono essenzialmente tre modi in cui un paese può finanziarsi: attraverso la tassazione, attraverso l’emissione di titoli di stato, e stampando moneta. L’Argentina ha una base imponibile piuttosto ridotta, a causa degli alti livelli di evasione e tendenzialmente la tassazione colpisce chi esporta. Inoltre, il paese ha un limitato accesso ai mercati di capitali, per questo, ora che i soldi stanno finendo, l’unica possibilità che il governo ha a sua disposizione è quella di stampare moneta. In questo senso, l’Argentina è diversa dagli altri paesi perché la popolazione, attraverso le sue aspettative, anticipa l’inflazione che si creerà stampando denaro. Vista la sua lunga storia e memoria di forti spinte inflazionistiche, il sistema si auto-alimenta. Per questo il problema dell’inflazione è più difficile da gestire in Argentina che in altri paesi.
Però ora l’Argentina ha rilassato i controlli sui capitali
Si, ma solo in parte. Ora le persone possono comprare dollari ma ci sono ancora dei limiti a quanti se ne possono acquistare. Inoltre è necessario dimostrare di guadagnare più di 7,200 Pesos; dati i livelli di evasione, solo alcuni sono in grado di farlo. Per molti il reddito dichiarato è molto inferiore a quello reale.
La banca centrale ha alzato i tassi al 26%, sarà sufficiente per ridare stabilità al peso?
No, non sarà mai abbastanza. Anche se questo tasso è indubbiamente elevato, l’Argentina ha sperimentato, non troppo tempo fa, tassi ancora più elevati. Nel 1989 il tasso di interesse mensile è stato alzato al 50%, e nemmeno quello è stato sufficiente a dare stabilità alla valuta. Come ho detto, se i fondamentali economici non cambiano, le aspettative prevedono che il governo continuerà a stampare moneta, e questo di per sé rende il Peso molto vulnerabile.
Sembra esserci un problema legato alla credibilità delle statistiche ufficiali. Partendo dal presupposto che questa sia una decisione politica, che cosa ci guadagna il governo da questa scarsa credibilità?
Sì, tutti - anche all’interno del paese - sono consapevoli che i dati ufficiali sull’inflazione sono truccati. Ma il governo ci guadagna da questa situazione almeno in due modi. Il primo è molto pratico: la maggior parte del debito argentino è indicizzato all’inflazione, se l’inflazione rimane bassa, il debito rimane sotto controllo. Se invece il debito fosse aggiustato per il reale livello di inflazione, semplicemente esploderebbe.
In aggiunta,mantenendo l’inflazione ufficiale bassa il numero di persone che rimane al di sopra della soglia di povertà (calcolata come il numero di persone con disponibilità economiche non sufficienti per acquistare alcuni beni essenziali) appare in diminuzione, anche se chiaramente non è così, basta fare un giro nei supermercati per capire qual è il reale livello dei prezzi. Tuttavia, con questa strategia, il governo può comunque sostenere che, nonostante la difficile situazione economica, la povertà è in diminuzione.
Quale crede che siano le scelte o le riforme economiche più urgenti per il paese?
Innanzitutto,
vanno immediatamente eliminati i controlli sui capitali, in modo da ottenere un solo tasso di cambio reale e non uno ufficiale e uno sul mercato nero. Finché non ci sarà un singolo tasso di cambio i problemi continueranno. Poi, si deve avviare delle politiche per stabilizzare l’economia e eliminare l’incertezza . Ad esempio, nel 1990 il piano di convertibilità – che ha impedito al paese di stampare moneta e ha ancorato il Peso al dollaro – implementato da Cavallo ha funzionato, almeno inizialmente. L’Argentina per la prima volta in molto tempo ha avuto un periodo di stabilità economica. Tuttavia, quando l’instabilità monetaria ha cessato di essere un problema invece di affrontare gli altri problemi chiave dell’economia, l’Argentina ha scelto, come altri paesi dell’America latina, di seguire alcune politiche anche giuste (come quelle suggerite dal
Washington Consensus), ma non prioritarie per il paese. Questi programmi hanno assorbito molte risorse, impedendo successivamente l’utilizzo della politica fiscale durante le crisi finanziare di fine anni ’90.
In ogni caso, il punto è che non so se il piano di convertibilità potrebbe funzionare oggi, se oggi il paese smette di stampare moneta, finirà i soldi e non sarà più in grado di erogare i sussidi ai ceti più poveri. Questo porterà a forti scontri sociali senza precedenti.
Quali pensa saranno i prossimi sviluppi?
Credo che, se il governo non aggiusta rapidamente il tiro, ci sarà una forte svalutazione seguita da iperinflazione. Poi, saranno necessari interventi di stabilizzazione in seguito ai quali il paese entrerà in recessione. Non credo che l’attuale presidente peronista Cristina Fernández de Kirchner guiderà il processo di stabilizzazione, per lei sarebbe come vendersi al nemico. Ma il suo governo non è in grado di gestire l’economia, per questo penso che stia crescendo la probabilità che la Kirchner scelga di dimettersi. Potrebbe lasciare che un’altra persona si occupi della stabilizzazione e tentare un ritorno in politica quando la situazione economica sarà migliorata. Ovviamente, per la Kirchner lasciare il timone ha un costo politico enorme, sarebbe il primo presidente peronista a non finire il mandato.
Nel breve periodo, il problema più grave che vedo è quello sociale. Nel momento in cui i soldi finiscono e il governo smette di erogare sussidi cosa faranno le persone più povere, i beneficiari di tali sussidi? Fra l’altro, il governo ha incoraggiato molte di queste persone ad essere “piqueteros”, a manifestare contro l’opposizione. Queste persone sono abituate a scendere in piazza e creare scompiglio; questo ora potrebbe ritorcersi contro il governo.
Questo circolo vizioso di crisi e svalutazione in cui sembra trovarsi l’Argentina può essere spezzato?
Onestamente non vedo nessuna volontà da parte del governo a implementare le riforme necessarie, quindi al momento no, non vedo nessuna possibilità di rompere questo circolo vizioso. Servirebbe una persona competente che riesce a farsi strada nell’attuale sistema viziato; in qualche modo come ha fatto Lula in Brasile. Lula aveva un passato da sindacalista, e tutti si aspettavano che una volta al potere avrebbe attuato solo politiche sociali, erogato sussidi etc. Invece ha anche implementato delle importanti riforme di lungo periodo che andavano al di là di quello che ci si sarebbe potuti aspettare da una persona come lui.
In aggiunta per cambiare il paese, da un lato va cambiata la struttura dei partiti politici, dall’altro, dev’esserci maggiore maturità politica da parte degli elettori. Bisogna abbandonare le ideologie che rendono le persone fedeli ad un partito come ad una squadra di calcio e imparare a valutare i partiti in base alle loro proposte. Questo tipo di discussione è inesistente in Argentina, in particolare nella sinistra. A sinistra si parla di proteggere i più poveri ma non c’è mai una discussione su quali politiche di tassazione e redistribuzione utilizzare per farlo, mentre i partiti di destra sono percepiti come “capitalisti cattivi”.
Infine, c’è molta disillusione in Argentina, il sistema tende a penalizzare i più onesti, e a premiare i disonesti. Ad esempio nel 2001, chi ha sofferto di più è stato il ceto medio, le persone che avevano conti corrente in dollari che dalla sera alla mattina, sono stati convertiti in Pesos; che si sono successivamente svalutati del 300%. Viceversa, chi lavorava nel mercato nero, ad esempio, e teneva i dollari non dichiarati sotto il materasso si è arricchito di molto grazie questa manovra. Le persone che avevano messo i loro risparmi in banca erano quelli che avevano creduto che l’Argentina avesse preso la piega giusta, che l’economia si fosse effettivamente stabilizzata. Poi, l’economia è crollata e in molti ripetevano a quelle persone speranzose «ve l’avevamo detto».