venerdì 1 agosto 2014

L'Italia affonda e i nostri parlamentari perdono tempo.

Riforme: in Senato riprende la discussione degli emendamenti (DIRETTA)

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RIFORME
Si è chiusa con l'ennesima bagarre in Aula e con il trasporto in ospedale della senatrice Laura Bianconi per una sospetta lussazione alla spalla la difficile giornata di ieri in Senato. Il presidente Pietro Grasso, che ha rinviato a questa mattina le discussioni sugli emendamenti alle riforme, parla di "colpo drammatico alla credibilità del Senato". Ieri il governo è stato battuto su un emendamento alle riforme, ma il premier Renzi sgombra il campo da chi parla di un ritorno dei 101 dissidenti del caso Prodi. "Non è il remake - dice - ma nel merito lascia l'amaro in bocca".
"Noi usciremo da questa aula. O si cambia registro e si va avanti su binari diversi, altrimenti, non è un aventino, ma non possiamo più partecipare ai lavori". Lo dice in aula il senatore leghista Sergio Divina.
"Abbiamo deciso di non prendere più la parola e di parlare su un solo atto alla fine di questo articolo 1". Lo annuncia in aula Sergio Divina, senatore leghista.
Di fronte "a questa conduzione dell'aula il gruppo del M5s non parteciperà ad alcun lavoro e non voteremo più nessuno degli emendamenti". Lo annuncia in aula il capogruppo del M5s Vito Petrocelli, che poi si mette un bavaglio tricolore davanti alla bocca. Parole che non scalfiscono il presidente del senato pietro grasso: "prego di non avere atteggiamenti che non sono consoni all'aula, prendiamo atto".
"Lei non permette perchè non può permettere. Fino a prova contraria qua ci sono io che permetto".
Il presidente del Senato, Pietro Grasso, replica così a un senatore del M5s. Poi spiega al senatore Endrizzi (M5s) che "non si può interrompere la discussione e non saranno tollerate più interruzioni. La parola è solo per le dichiarazioni di voto e con tempo limitato".
Alle proteste del 'grillino' Airola, Grasso è netto: "senatore Airola la richiamo all'ordine ed è la prima volta".
"Non consentirò più offese e insulti sul presidente. Al primo accenno farò un richiamo ordine, poi un secondo, infine censura ed espulsione. Ho tollerato fin troppo, la mia gestione sarà giudicata non certamente con queste modalità. Non accetto più allusioni alla conduzione della presidenza, da tutti". Lo dice il presidente del senato, Pietro Grasso, in aula.
"Non consentirò più offese e insulti sul presidente. Al primo accenno farò un richiamo ordine, poi un secondo, infine censura ed espulsione. Ho tollerato fin troppo, la mia gestione sarà giudicata non certamente con queste modalità. Non accetto più allusioni alla conduzione della presidenza, da tutti". Lo dice il presidente del senato, pietro grasso, in aula.
In relazione ai gravi fatti accaduti ieri il consiglio di presidenza ha verificato che i senatori appartenenti al gruppo della lega, disattendento i richiami della presidenza hanno causato disordini, impedendo il prosieguo dell'assemblea. Tali condotte sono inaccetabili per il decoro istituzionale e minano la dignità del senato". Lo dice il presidente del senato, pietro grasso, in apertura di seduta, leggendo le decisioni del consiglio di presidenza che si è tenuto ieri sera dopo gli incidenti avvenuti in aula.

Andiamo a votare.

Il Pd (auto)rallenta le riforme, Renzi: "Amaro in bocca"

Sempre più in salita la strada verso le riforme costituzionali. La sconfitta del governo, battuto ieri in voto segreto al Senato, apre il caso franchi tiratori: qualcuno del Pd, e di Fi, ha votato contro Renzi
Redazione 1 Agosto 2014
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ROMA - Sconfitto e rallentato. Ieri il governo è stato battuto, con il voto segreto, su un emendamento della riforma costituzionale. Grazie a quaranta franchi tiratori del Pd, che si sono sommati ad altrettanti dissidenti della maggioranza e di Forza Italia, è passata in Senato una proposta di modifica della Lega che lascia a Palazzo Madama il potere di parola sui temi eticamente sensibili. Ma il premier Matteo Renzi non si è lasciato scoraggiare: "Certo, questo fatto lascia l'amaro in bocca ma l'elemento importante e significativo è che la riforma va avanti".
In realtà, però, con buona pace del premier, la riforma va avanti con grande lentezza. Ieri le barricate dell'opposizione hanno rallentato i lavori fino a paralizzarli per tutto il pomeriggio. Dopo il voto segreto, la Lega ha preparato un altro trabocchetto per la maggioranza con un emendamento che, coperto dalla tutela delle minoranze linguistiche, puntava a ridurre il numero dei deputati. Ma il presidente Pietro Grasso richiamandosi al regolamento e al precedente di due giorni prima, ha negato la votazione segreta. Una decisione che le opposizioni non hanno accettato e che ha portato a un caos in aula al grido "libertà, libertà".
Grasso ha difeso le sue decisioni assicurando di voler continuare a rispettare il suo ruolo terzo, ha cercato di rimettere ordine, minacciando anche espulsioni ma alla fine ha dovuto sospendere l'Aula e convocare la capigruppo. La sospensione è durata quasi tre ore, il presidente ha dovuto ricordare ai capigruppo che in caso di tumulti l'articolo 69 del regolamento gli dà il potere di fare intervenire la Polizia del Senato, ossia i commessi, ma questa minaccia non ha fatto che aumentare il livello di tensione. Con la maggioranza che protestava per la difesa del suo legittimo diritto ad andare avanti con la seduta e le votazioni.
I gruppi di M5s, Sel e Lega hanno infatti esaurito i tempi concessi dal contingentamento deciso giorni fa e ora non possono hanno altra via che creare il caos per rallentare le votazioni. Anche per questo Grasso ha rinviato la ripresa della seduta serale: "Spero che il clima migliori", ha detto dopo aver incontrato separatamente per circa un'ora i capigruppo di minoranza.
Sui quaranta franchi tiratori si è poi aperta una polemica tra Pd e Fi in un rimpallo della responsabilità. Il voto segreto non consente di avere la certezza sull'appartenenza di quei voti ma Renzi su questo ha voluto svelenire il clima tra i suoi: "Non è il remake dei 101 - ha detto riferendosi ai franchi tiratori che avevano bloccato l'elezione di Romano Prodi al Colle - e non credo sia vicenda tutta interna al Pd".
Intanto, la bagarre in aula - tra senatori feriti e strafalcioni grammaticali - ha fatto passare quasi sotto silenzio la conclusione dell'esame dell'articolo 1 del ddl Boschi: quello che sancisce la fine del bicameralismo perfetto, distinguendo le funzioni delle due camere. La Camera dei deputati sarà "titolare del rapporto di fiducia con il governo", mentre al Senato spetterà il compito di "rappresentare le istituzioni territoriali" e di "concorrere alla funzione legislativa e partecipare alle decisioni sulle politiche dell'Ue". Nella versione uscita dalla commissione, il Senato ha anche acquisito il potere di "concorrere a esprimere pareri sulle nomine di competenza del governo nei casi previsti dalla legge" e infine grazie all'emendamento della Lega potrà dire la sua anche sui temi eticamente sensibili, almeno per ora, visto che nel passaggio a Montecitorio il testo verrà con ogni probabilità modificato.

Ma si aboliamo anche i controlli sugli abusi edili e sulla evasione fiscale perché costano anche di più di quelli per stanare i falsi invalidi. Povera Italia in mani abbiamo messo il nostro paese.

Falsi invalidi, controlli per stanarli sono troppo costosi. M5s: “Aboliamoli”

ROMA – Inutili i controlli per stanare i falsi invalidi. E’ quanto sostenuto in un ordine del giorno, poi respinto, presentato alla Camera dal Movimento 5 Stelle, durante la discussione sul dl Boschi. La proposta è stata avanzata dalle grilline Giulia Di Vita e Silvia Giordano:
“È ormai accertata la inutilità dei piani straordinari di contrasto nei confronti dei falsi invalidi. In quanto i riscontri a fronte di centinaia di migliaia di verifiche ed ingenti costi sostenuti non sono risultati congrui rispetto ai risultati attesi quindi sarebbe meglio procedere alla sospensione dei piani straordinari di contrasto ai falsi invalidi”.
In pratica, secondo il M5s, la spesa non vale l’impresa. Secondo il Movimento guidato da Beppe Grillo, il piano per smascherare i finti disabili è fallimentare e a farne le spese sarebbero proprio le persone disagiate. Ma per il Giornale, questa è solo l’ultima rischiosa trovata dei pentastellati. Scrive Francesca Angeli sul quotidiano diretto da Alessandro Sallusti:
“Sarebbe come dire dato che furti e omicidi non vengono definitivamente debellati dal contrasto delle forze dell’ordine, che oltretutto costa, tanto vale lasciar perdere”.
A onor del vero, l’ordine del giorno oltre alla sospensione dei controlli proponeva una contestualeriforma del sistema di accesso, riconoscimento e certificazione della condizione di disabilità. In Sicilia, dove la piaga dei falsi invalidi è più profonda che altrove, le recenti stime recenti parlano di 20 mila finti disabili su un totale di quasi 300 mila veri. E sistematicamente a ridosso delle elezioni si assiste a un curioso aumento delle pensioni riconosciute. Ecco che allora è un problema di burocrazia e corruzione più che di controlli a tappeto, almeno secondo i Cinque Stelle.
 
 
Non dello stesso avviso però è il Giornale che sottolinea:
“Ma il primo diritto delle persone veramente disabili non è proprio veder smascherati quelli falsi? Anche perché i soldi percepiti da un falso invalido vengono sottratti prima di tutto agli invalidi veri. Un fatto evidente. A tutti ma non a Grillo e soci”.


Questo è il paese che secondo Grillo noi dovevamo imitare.

Perché l’Argentina è spesso sull’orlo del default

L’Argentina rischia un nuovo default. Ecco perchè un Paese a così alto potenziale è spesso in crisi
argentina, crisi

Una coppia scatta una foto davanti ad uno scatto di una mostra sulle proteste del 2001 (Afp)

  
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30.7.2014
L’Argentina ha tempo fino a mezzanotte del 30 luglio per evitare il suo ottavo default della storia. Una sentenza della Corte suprema americana ha intimato al Paese di ripagare in toto i suoi creditori, inclusi quelli che si erano rifiutati di accettare lo swap offerto dall’Argentina ai tempi del default del 2001 (fra cui alcuni hedge fund americani). Lo swap prevedeva uno scambio dei titoli emessi prima del default con titoli a rendimento inferiore e scadenza più lunga.
La sentenza si basa sulla clausola “pari passu” contenuta nella documentazione originale dei bond, secondo la quale non è possibile privilegiare alcuni creditori (in questo caso quelli che, ai tempi, avevano accettato la ristrutturazione, per i quali il governo argentino avrebbe messo a disposizione più di 800 milioni di dollari) su altri (i creditori che hanno rifiutato l’accordo). Quindi, in assenza di un accordo last minute, il Paese rischia una nuovo default. Ma perché l’Argentina sembra trovarsi periodicamente in crisi? Riproponiamo una nostra intervista a Tommy E. Murphy, economista argentino dell’Università Bocconi di Milano.
«Ci sono quattro tipi di paesi: i paesi sviluppati, i paesi in via di sviluppo, il Giappone e l’Argentina» diceva Simon Kuznets, premio Nobel per l’Economia. All’inizio del XX secolo il Pil pro capite argentino era circa il 72% di quello statunitense, più elevato di quello francese, tedesco o svedese; oggi il livello si attesta attorno al 30%. Perché un paese con elevato potenziale ha perso così tanto terreno, afflitto da periodiche crisi e da persistenti problemi di inflazione? Ma soprattutto, perché l’Argentina non sembra essere capace di imparare dagli errori del passato? Ne abbiamo parlato con Tommy E. Murphy, economista argentino dell’Università Bocconi di Milano che lavora su argomenti di storia economica.
Esiste un comun denominatore dietro alle recenti crisi del paese?
In generale i problemi dell’Argentina derivano da un misto di cattive politiche e cattive aspettative. In parte, l’Argentina ha avuto un destino avverso, segnato da dittature che hanno impedito la formazione di una classe politica adeguata e l’adozione di politiche economiche lungimiranti. Quando finalmente è arrivata la democrazia, ha portato con sé molte promesse e speranze ma anche una pessima eredità da un punto di vista economico. Tuttavia, la democrazia non ha saputo ritarare le scelte di politica economica, prediligendo sempre quelle di breve periodo -  più popolari - sacrificando quelle necessarie nel lungo periodo (ad esempio le riforme per ridurre la corruzione nel settore pubblico, aumentare l’apertura al commercio e favorire maggiore imprenditorialità). Di conseguenza, il paese non è riuscito a raggiungere un equilibrio stabile, ma è sprofondato in una situazione di forte volatilità alternando cicli positivi a cicli negativi. E non importa molto di quelle che sono le conseguenze di tali politiche, se c’è una cosa che hanno imparato gli argentini è che alle crisi e alle situazioni di forte volatilità si sopravvive; le crisi arrivano e passano.

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L’Argentina ha un problema di inflazione cronica, perché il paese sembra ritrovarsi periodicamente a far fronte alle stesse questioni?
L’Argentina ha un problema cronico di mala gestione che persiste da almeno 60 anni. Ma la cosa che aggrava questo problema è che la popolazione sa che queste questioni si ripresentano periodicamente.
Ci sono essenzialmente tre modi in cui un paese può finanziarsi: attraverso la tassazione, attraverso l’emissione di titoli di stato, e stampando moneta. L’Argentina ha una base imponibile piuttosto ridotta, a causa degli alti livelli di evasione e tendenzialmente la tassazione colpisce chi esporta. Inoltre, il paese ha un limitato accesso ai mercati di capitali, per questo, ora che i soldi stanno finendo, l’unica possibilità che il governo ha a sua disposizione è quella di stampare moneta. In questo senso, l’Argentina è diversa dagli altri paesi perché la popolazione, attraverso le sue aspettative, anticipa l’inflazione che si creerà stampando denaro. Vista la sua lunga storia e memoria di forti spinte inflazionistiche,  il sistema si auto-alimenta. Per questo il problema dell’inflazione è più difficile da gestire in Argentina che in altri paesi.
Però ora l’Argentina ha rilassato i controlli sui capitali
Si, ma solo in parte. Ora le persone possono comprare dollari ma ci sono ancora dei limiti a quanti se ne possono acquistare. Inoltre è necessario dimostrare di guadagnare più di 7,200 Pesos; dati i livelli di evasione, solo alcuni sono in grado di farlo. Per molti il reddito dichiarato è molto inferiore a quello reale.
La banca centrale ha alzato i tassi al 26%, sarà sufficiente per ridare stabilità al peso?
No, non sarà mai abbastanza. Anche se questo tasso è indubbiamente elevato, l’Argentina ha sperimentato, non troppo tempo fa, tassi ancora più elevati. Nel 1989 il tasso di interesse mensile è stato alzato al 50%, e nemmeno quello è stato sufficiente a dare stabilità alla valuta. Come ho detto, se i fondamentali economici non cambiano, le aspettative prevedono che il governo continuerà a stampare moneta, e questo di per sé rende il Peso molto vulnerabile.
Sembra esserci un problema legato alla credibilità delle statistiche ufficiali. Partendo dal presupposto che questa sia una decisione politica, che cosa ci guadagna il governo da questa scarsa credibilità?
Sì, tutti - anche all’interno del paese - sono consapevoli che i dati ufficiali sull’inflazione sono truccati. Ma il governo ci guadagna da questa situazione almeno in due modi. Il primo è molto pratico: la maggior parte del debito argentino è indicizzato all’inflazione, se l’inflazione rimane bassa, il debito rimane sotto controllo. Se invece il debito fosse aggiustato per il reale livello di inflazione, semplicemente esploderebbe.
In aggiunta,mantenendo l’inflazione ufficiale bassa il numero di persone che rimane al di sopra della soglia di povertà (calcolata come il numero di persone con disponibilità economiche non sufficienti per acquistare alcuni beni essenziali) appare in diminuzione, anche se chiaramente non è così, basta fare un giro nei supermercati per capire qual è il reale livello dei prezzi. Tuttavia, con questa strategia, il governo può comunque sostenere che, nonostante la difficile situazione economica, la povertà è in diminuzione.

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Quale crede che siano le scelte o le riforme economiche più urgenti per il paese?
Innanzitutto, vanno immediatamente eliminati i controlli sui capitali, in modo da ottenere un solo tasso di cambio reale e non uno ufficiale e uno sul mercato nero. Finché non ci sarà un singolo tasso di cambio i problemi continueranno. Poi, si deve avviare delle politiche per stabilizzare l’economia e eliminare l’incertezza . Ad esempio, nel 1990 il piano di convertibilità – che ha impedito al paese di stampare moneta e ha ancorato il Peso al dollaro – implementato da Cavallo ha funzionato, almeno inizialmente. L’Argentina per la prima volta in molto tempo ha avuto un periodo di stabilità economica. Tuttavia, quando l’instabilità monetaria ha cessato di essere un problema invece di affrontare gli altri problemi chiave dell’economia, l’Argentina ha scelto, come altri paesi dell’America latina, di seguire alcune politiche anche giuste (come quelle suggerite dal Washington Consensus), ma non prioritarie per il paese. Questi programmi hanno assorbito molte risorse, impedendo successivamente l’utilizzo della politica fiscale durante le crisi finanziare di fine anni ’90.
In ogni caso, il punto è che non so se il piano di convertibilità potrebbe funzionare oggi, se oggi il paese smette di stampare moneta, finirà i soldi e non sarà più in grado di erogare i sussidi ai ceti più poveri. Questo porterà a forti scontri sociali senza precedenti.

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Quali pensa saranno i prossimi sviluppi?
Credo che, se il governo non aggiusta rapidamente il tiro, ci sarà una forte svalutazione seguita da iperinflazione. Poi, saranno necessari interventi di stabilizzazione in seguito ai quali il paese entrerà in recessione. Non credo che l’attuale presidente peronista Cristina Fernández de Kirchner guiderà il processo di stabilizzazione, per lei sarebbe come vendersi al nemico. Ma il suo governo non è in grado di gestire l’economia, per questo penso che stia crescendo la probabilità che la Kirchner scelga di dimettersi. Potrebbe lasciare che un’altra persona si occupi della stabilizzazione e tentare un ritorno in politica quando la situazione economica sarà migliorata. Ovviamente, per la Kirchner lasciare il timone ha un costo politico enorme, sarebbe il primo presidente peronista a non finire il mandato.
Nel breve periodo, il problema più grave che vedo è quello sociale. Nel momento in cui i soldi finiscono e il governo smette di erogare sussidi cosa faranno le persone più povere, i beneficiari di tali sussidi? Fra l’altro, il governo ha incoraggiato molte di queste persone ad essere “piqueteros”, a manifestare contro l’opposizione. Queste persone sono abituate a scendere in piazza e creare scompiglio; questo ora potrebbe ritorcersi contro il governo.
Questo circolo vizioso di crisi e svalutazione in cui sembra trovarsi l’Argentina può essere spezzato?
Onestamente non vedo nessuna volontà da parte del governo a implementare le riforme necessarie, quindi al momento no, non vedo nessuna possibilità di rompere questo circolo vizioso. Servirebbe una persona competente che riesce a farsi strada nell’attuale sistema viziato; in qualche modo come ha fatto Lula in Brasile. Lula aveva un passato da sindacalista, e tutti si aspettavano che una volta al potere avrebbe attuato solo politiche sociali, erogato sussidi etc. Invece ha anche implementato delle importanti riforme di lungo periodo che andavano al di là di quello che ci si sarebbe potuti aspettare da una persona come lui.
In aggiunta per cambiare il paese, da un lato va cambiata la struttura dei partiti politici, dall’altro, dev’esserci maggiore maturità politica da parte degli elettori. Bisogna abbandonare le ideologie che rendono le persone fedeli ad un partito come ad una squadra di calcio e imparare a valutare i partiti in base alle loro proposte. Questo tipo di discussione è inesistente in Argentina, in particolare nella sinistra. A sinistra si parla di proteggere i più poveri ma non c’è mai una discussione su quali politiche di tassazione e redistribuzione utilizzare per farlo, mentre i partiti di destra sono percepiti come “capitalisti cattivi”.
Infine, c’è molta disillusione in Argentina, il sistema tende a penalizzare i più onesti, e a premiare i disonesti. Ad esempio nel 2001, chi ha sofferto di più è stato il ceto medio, le persone che avevano conti corrente in dollari che dalla sera alla mattina, sono stati convertiti in Pesos; che si sono successivamente svalutati del 300%. Viceversa, chi lavorava nel mercato nero, ad esempio, e teneva i dollari non dichiarati sotto il materasso si è arricchito di molto grazie questa manovra. Le persone che avevano messo i loro risparmi in banca erano quelli che avevano creduto che l’Argentina avesse preso la piega giusta, che l’economia si fosse effettivamente stabilizzata. Poi, l’economia è crollata e in molti ripetevano a quelle persone speranzose «ve l’avevamo detto».

dipocheparole     venerdì 27 ottobre 2017 20:42  82 Facebook Twitter Google Filippo Nogarin indagato e...