Roma, la grande incertezza. Raggi senza benzina, tutto è possibile
A 7 giorni dal primo turno nella Capitale massima incertezza
Niente sondaggi, questa settimana, ma solo impressioni, sensazioni, previsioni personali. A 7 giorni dal primo turno delle amministrative è però possibile valutare la campagna elettorale dei principali candidati a Roma cercando di leggere punti di forza e punti di debolezza di ciascuno cercando di mettere in fila un po’ di fatti, un po’ di pensieri.
Noi in questo #tomtom scriviamo da settimane che nella Capitale la partita è apertissima, anche se finora Virginia Raggi è sempre stata davanti, anzi secondo molti ha già vinto. Invece la sensazione delle ultime ore è che i tre candidati in lizza per il ballottaggio (Raggi, Giachetti e Meloni, giacché Marchini è quasi scomparso) siano molto vicini.
Quindi a noi sembrano ipotizzabili tutti gli scenari: scommetteremmo su un ballottaggio Raggi contro Giachetti; ma non si può escludere Raggi contro Meloni, e neppure Giachetti contro Meloni, con una clamorosa esclusione della grillina (la profezia di Berlusconi). Uno di questi tre sarà il prossimo sindaco di Roma. A oggi la situazione ci sembra questa.
== VIRGINIA RAGGI, ALLARME BENZINA ==
L’avvocatessa di Cinque Stelle è partita forte, fortissimo, staccando tutti dopo pochi giri. La sua vettura ha acquistato subito velocità, alimentata dalla grande disillusione dei romani dopo anni difficili, fra scandali enormi (Mafia Capitale) e débacle di governo (Ignazio Marino e le polemiche nel Pd). Il suo portamento gradevole, seppur sempre lievemente imbronciato, unito a quella che a Roma chiamano “parlantina”, l’ha molto aiutata: e soprattutto il suo presentarsi come rappresentante del “nuovo”, fuori dai tradizionali giri della politica, ha rappresentato la molla decisiva per il gran balzo iniziale.
Poi, col passare dei giorni, Virginia si è come smarrita, innervosita, stancata, dimostrando di essere più una spider veloce che una vettura solida. Ha cominciato a infilare una serie di perle, fra le quali memorabili rimarranno la funivia, i pannolini, il baratto. In tv appare scocciata dalle domande del conduttore di turno. La benzina scarseggia. Essere telecomandata da Grillo evidentemente non basta. Anche perché la sua stella ha dato segni di calo in concomitanza con la crisi del M5S dopo il caso-Pizzarotti: quel M5S e i suoi inafferrabili staff cui lei stessa ha fatto riferimento come i veri centri decisionali.
Negli ultimi giorni molte volte ha dato buca (#virginiascappa) è lei ad essere entrata nel mirino un po’ di tutti. Non solo di Giachetti ma persino di quel Stefano Fassina che in una prima fase non aveva disdegnato l’ipotesi di appoggiarla al ballottaggio.
Conclusione: sta rallentando troppo, la benzina scarseggia. Rischia.
== ROBERTO GIACHETTI, IL MOTORE SU DI GIRI ==
E’ il classico passista, nel gergo ciclistico. E’ un pilota alla Niki Lauda: costante, senza strappi, senza errori: diremmo che aspetta l’errore di chi gli sta davanti per passarlo senza spingere troppo sull’acceleratore. Giachetti è partito così così, quasi senza darlo a vedere, come chiedendo il permesso. Anzi, prima di vincere le primarie del centrosinistra sembrava quasi riluttante a correre. Poi, appunto, la vittoria alle primarie lo ha galvanizzato. Di lì ha imbastito una campagna molto in stile radicale (stile che ben conosce, essendo egli stesso radicale): piano piano, strada dopo strada, comitato dopo comitato, volantino dopo volantino. Sempre senza squilli di tromba. In scooter (lo abbiamo intervistato proprio in questa modalità).
Ha corso i primi giri dietro, un po’ (troppo?) anonimo ma negli ultimi giorni il motore è salito su di giri. Il programma, e poi lo spot-no spot, e la squadra di governo (che solo lui ha presentato), suggerendo l’immagine di una persona che ci crede, evocando l’idea di poter vincere una sfida alla vigilia impossibile. Perché nessuno avrebbe scommesso sul Pd, dopo la catastrofe della giunta Marino e le responsabilità dello stesso Pd. Se andrà al ballottaggio, Giachetti avrà già vinto buona parte di questa mission impossible. E il ballottaggio, come sanno tutti, è un’altra partita.
Conclusione: guida senza strappi, aspetta l’errore dell’avversario. Rimonta.
== GIORGIA MELONI, SCOMPOSTA MA AGGRESSIVA ==
Lo strano sidecar con Giorgia in sella e Salvini nel carrozzino è partito rombando fra gli schiamazzi della destra lepenista e populista, dopo aver scaricato un esangue Bertolaso, la prima scelta. Lei, la Meloni, ha messo da parte i problemi della gravidanza e l’unità del centrodestra (non mettendo nel conto la ritorsione berlusconiana pro-Marchini): sicché nella campagna elettorale è parsa un pochino più frastornata del solito – lei, sempre così assertiva – e insomma tendenzialmente ai margini del gioco. Lui, il felpato capo leghista, non le ha dato certo una mano: a Roma è disprezzato; e più del delirante pedaggio sul raccordo Anulare non ha saputo dire.
Comunque, la sorellina minore di Alemanno probabilmente verrà fuori all’ultimo giro. Il penultimo, quello segnato dalla proposta di intitolare una strada di Roma a Giorgio Almirante obiettivamente non ha scaldato i cuori. Ma c’è anche da capirla: con tutto lo stato maggiore del fu Msi schierato con Marchini a lei non restava che riscoprire l’icona del capo della Fiamma. Eppure nemmeno la moglie Assunta ha gradito.
Vuole fare davvero il sindaco di Roma, Giorgia Meloni? O preferirebbe una onorevole sconfitta (scaricabile su Berlusconi) in vista di una premiership al femminile della destra, come in Francia? Forse, la seconda che hai detto.
Conclusione: sempre aggressiva ma la macchina non va.
== ALFIO MARCHINI ==
La grande delusione del Gran Premio di Roma è lui. Eppure, eclissatosi Bertolaso mestamente, “Arfio” era parso incarnare gli abiti del moderato, competente, bello e spietato, un vincente: così almeno lo aveva inteso Berlusconi, ansioso di mordere Salvini ai polpacci. Ma subito ha pasticciato, facendo imballare il motore, sbagliando i cambi, sbandando in curva, perdendo terreno. L’apice lo ha raggiunto facendo casino sulle unioni civili (“Non le celebrerò”) e con tutta una seria di argomentazioni destrorse in chiave di competiton con la Meloni: dagli elogi al Mussolini urbanista alle aperture sentimentali a Storace. Tutta roba che ai romani non può interessare di meno.
Della competenza si sono perse le tracce, della sua Ferrari meglio tacere, dei programmi neanche a parlarne. Per avere una destra “normale” bisognerà trovare un’altra faccia: Marchini ha accumulato troppo ritardo sugli altri e forse si è depresso, sarà per un’altra volta.
Conclusione: L’eterna promessa torna ai box.
== STEFANO FASSINA ==
Partito dalle retrovie, il vecchio modello della vettura di Fassina ha sbuffato da subito, denotando problemi di tenuta della sua stessa squadra. Fino al clamoroso pit stop decretato dal Tar per un pasticcio nelle presentazione delle liste, un blocco che ha irrigidito i muscoli del campioncino della scuderia “rossa”. Quando è ripartito, malgrado l’esultanza dei seguaci, Fassina non è apparso in grado di rimontare. Sempre nervoso, ha inseguito come un matto Giachetti, che intanto però si allontanava irrimediabilmente, alla caccia dei delusi del Pd.
Che farà ora Fassina alla guida di una squadra che non riesce a entrare nella seria A della politica? Dicono che al ballottaggio la sua linea sarà quella del né con la Raggi né con Giachetti. Una non-scelta che assomiglia da vicino alla morte della politica. Ce lo ritroveremo al prossimo Gran Premio, con le ruote sempre troppo sgonfie.
Conclusione: gara senza storia, alla prossima.