Strano a dirsi ma quelli che si lamentano che il nostro Paese è al 77° posto della classifica della libertà di stampa sono i primi ad andare a manganellare sul web un giornalista quando pubblica qualcosa che non piace al MoVimento
Il prevedibile epilogo della surreale vicenda delle “confessioni” smentite, ritrattate e negate dell’assessore all’Urbanistica di Roma Capitale Paolo Berdini è quello che sta succedendo ora sul profilo Facebook del giornalista della Stampa Federico Capurso, autore dello scoop che ieri ha portato Berdini rimettere il mandato nelle mani della sindaca, dimissioni che però sono state respinte “con riserva” da Virginia Raggi. Ieri la Stampa ha pubblicato la prova audio che dimostra che quella conversazione è effettivamente avvenuta e che Berdini era a conoscenza che Capurso fosse un giornalista – precario – della Stampa.
Quelli che definisco “merda” e “pennivendolo” Federico Capurso
In un’intervista a RaiNews Berdini aveva definito Capurso “mascalzone”, “un poveretto”, “povero disgraziato”, “piccolo delinquente” accusandolo di aver contraffatto l’intervista, di non essersi presentato come giornalista e di aver origliato un colloquio privato (fatti questi che sono poi stati successivamente smentiti proprio dalla pubblicazione della registrazione). Non stupisce quindi che il popolo pentastellato si sia riversato sul profilo personale di Capurso per rincarare la dose di legnate, il tutto ovviamente in nome della libertà di stampa e della necessità di far avanzare il nostro Paese dal famigerato 77° posto della ben nota classifica che viene solitamente utilizzata dagli attivisti a Cinque Stelle per dimostrare che in Italia i giornalisti sono al servizio della Ka$ta. Alcune avvisaglie c’erano già state nei commenti sulla pagina Facebook de La Stampa ma sul profilo privato del giornalista le cose sono degenerate.
Il giornalista viene definito “spione” e qualche persona di buon cuore gli augura senza troppi problemi di morire per rendere l’Italia “un po’ meno merda”.
La questione dei 15 euro ad articolo sembra stare parecchio a cuore alla masnada di manganellatori che, sulla scorta di quanto detto da Berdini (ma siamo sicuri che anche senza l’input dell’assessore il moto peristaltico si sarebbe messo in moto).
La notizia che un assessore della giunta Raggi è solito confidare al primo che passa segreti e opinioni personali sul lavoro della giunta e sulla vita privata della sindaca e soprattutto il fatto che Berdini conosce ed è amico del procuratore Paolo Ielo passa in secondo piano, anzi diventa “gossip” a livello della stampa scandalistica.
Alcuni di questi difensori del diritto alla privacy non hanno alcun problema a insinuare che Capurso abbia fatto “certi servizietti a prelati viziosi” perché è chiaro che uno che scrive articoli del genere la laurea (dalle informazioni del profilo Capurso ha studiato Scienze della Comunicazione all’Università Pontificia Salesiana) se la deve essere per forza comprata in qualche modo. Se non altro questi Cinque Stelle sono onesti, non si sono fatti fermare dal fare certe basse insinuazioni dal fatto che Capurso sia un uomo: finalmente raggiunta la parità di genere degli insulti, ora anche un maschio (se ha studiato dai preti) può essere accusato di indulgere in certe pratiche “sconce”.
I benaltristi chiedono come mai non abbia fatto la stessa cosa con Sala (e allora il PD???), qualcuno ha pudore di scrivere “merda” e preferisce ricorrere al simpatico emoji della cacca, un altra invece accusa Capurso di essersi venduto “per un piatto di lenticchie” e di aver distrutto il futuro dei nostri figli (perché nessuno pensa i bambini???).
C’è quello che fa il magnanimo ma poi non si trattiene più e scrive “mai vista una montagna di merda così tutta assieme”. Mentre una giovane donna con le lacrime agli occhi scrive che avrebbe voluto fare la giornalista ma dopo aver scoperto che è un mestiere senza dignità rivendica con orgoglio il suo ruolo di moglie e madre di figli “studiosi e onesti”. Ce n’è anche per Myrta Merlino (già finita nel ciclone dei ridicoli boicottaggi pentastellati) colpevole di aver intervistato Capurso dopo la prima smentita di Berdini e definita per questo “cerebrolesa”
Il Popolo della Rete ha anche validi analisti che dopo una rapida analisi del profilo di Capurso (poco meno di 200 amici e quasi tutte i post con privacy settata su privato e non su pubblico) sentenzia che Capurso è un troll, un fake. Un’analisi dei comportamenti web talmente raffinata che alla Stampa se la sognano e che ci fa scoprire che nel mondo di certi pentastellati la trasparenza si traduce in una visione panottica della società.
Non poteva mancare quello laureato in giornalismo alla prestigiosa Università della Strada (l’unica senza servizietti) che ci spiega la deontologia professionale senza tenere conto due cose: in primo luogo che è perfettamente legale registrare – anche di nascosto – una conversazione, in secondo luogo che quando qualcuno, come ha fatto Berdini, ti accusa di esserti inventato tutto e di essere “sceso al secondo scantinato” della cronaca, è addirittura doveroso pubblicare la registrazione che dimostra che Paolo Berdini mente. Chissà che ne pensa di questi attacchi alla libertà di stampa e ad un giornalista l’onorevole – e giornalista – Luigi Di Maio che nei giorni scorsi ha stilato una lista di proscrizione dei giornalisti “sgraditi” al MoVimento riportando in auge la simpatica rubrica dal titolo “Il giornalista del giorno” dove lo Staff del M5S schedava e metteva alla gogna, con nome, cognome e foto i giornalisti “ostili” al partito di Grillo. Perché bisogna ricordare che il cattivo rapporto degli attivisti del MoVimento con i giornalisti viene da lontano e da un posto ben preciso.