Beppe Grillo - Pensioni e voto anticipato: il M5S sbaglia le date
“Venerdì 8 settembre 2017 ricorre il decimo anniversario del primo V-Day. Le elezioni domenica 10 settembre con la cancellazione dei privilegi sarebbero un modo magnifico per festeggiarlo”.
La legge elettorale è tornata al centro del dibattito politico. Dopo l’apertura da parte del Partito Democratico in favore del sistema tedesco, in sostanza un proporzionale puro con soglia di sbarramento al 5%, l’intesa con Forza Italia e il Movimento 5 Stelle pare vicina. Il partito di Berlusconi ha infatti espresso da tempo una preferenza per un sistema proporzionale e Grillo ha ottenuto il consenso degli iscritti al blog al sistema tedesco in una consultazione online.
Il contraltare di questa accelerazione sull’accordo a proposito della legge elettorale è la probabile fine anticipata della legislatura. Già, ma quando votare?
Abolire le pensioni
In un post sul suo blog, Beppe Grillo ha scritto che votare domenica 10 settembre permetterebbe di evitare la maturazione delle pensioni per i parlamentari. Luigi Di Maio ha proposto il voto addirittura il 14 settembre, il giorno prima la data fatidica. Anche Davide Casaleggio, figlio di Gianroberto e tra i leader del M5S, ha scrittosu Facebook il 24 maggio scorso: “Noi vogliamo andare al voto il prima possibile, prima che i parlamentari prendano il vitalizio, ovvero prima del 15 settembre”.
Si parla infatti di elezioni a settembre, e alcuni esponenti del M5S di primissimo piano hanno collegato questo tema a un altro che ha tenuto banco negli ultimi mesi di polemiche politiche: i “vitalizi”, o meglio, le pensioni dei parlamentari (come abbiamo già ricordato, i vitalizi sono stati aboliti).
I parlamentari alla prima legislatura, infatti, matureranno la pensione dopo 4 anni e sei mesi dall’inizio del mandato. Poiché la prima seduta della XVII legislatura si è svolta il 15 marzo 2013, il periodo sarà trascorso il 15 settembre 2017. Secondo OpenPolis, sono in attesa di maturare la pensione 401 deputati e 191 senatori, ovvero circa il 60 per cento dell’attuale Parlamento (per amore di precisione: 23 deputati e dieci senatori, subentrati successivamente e di prima nomina, la matureranno in realtà più avanti del 15 settembre).
Sia Grillo che Casaleggio e Di Maio sembrano intendere che, se si andasse al voto subito prima (addirittura il giorno prima) del 15 settembre, gli attuali parlamentari non maturerebbero la pensione. In realtà, se si votasse solo pochi giorni prima evitare la maturazione delle pensioni sarebbe praticamente impossibile.
Norme e tempistiche
Per avere la matematica certezza che i parlamentari – oltretutto solo quelli alla loro prima legislatura, in quanto gli altri hanno già maturato la pensione – non arrivino a maturare la pensione il 15 settembre, si dovrebbe andare al voto al più tardi il 26 agosto.
Nel diritto pubblico italiano vige infatti il principio della prorogatio: per evitare vuoti di potere, un organo decaduto rimane in carica fino a che non gli subentra quello successivo. Nel caso del Parlamento, le Camere decadono quando vengono sciolte ma restano in carica fino alla prima riunione di quelle successive. I membri del Parlamento precedente, restando in carica, ricevono dunque le indennità, pagano i contributi e maturano la pensione anche nel tempo intermedio.
In base all’articolo 61 della Costituzione, poi, “la prima riunione [delle nuove Camere ndr.] ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni”. Dunque la certezza matematica di non far maturare le pensioni, sottratti 20 giorni dalla data del 15 settembre, si avrebbe votando la fine di agosto.
Ma i venti giorni sono un termine massimo: si potrebbe ipotizzare che i tempi effettivi siano inferiori, e che anche votando a ridosso del 15 settembre si riesca a non far maturare le pensioni parlamentari.
I precedenti storici
In base ai precedenti, questo sembra molto difficile. Guardando alle passate legislature, nella storia repubblicana italiana non sono mai serviti meno di 14 giorni per preparare l’insediamento delle Camere successive (elezioni del 20-21 giugno 1976: la settima legislatura iniziò il 5 luglio), e normalmente ne servono 17-18. Solo dopo le prime elezioni della storia repubblicana, il 18 aprile 1948, passarono tutti i 20 giorni previsti come massimo. La prima legislatura si insediò l’8 maggio.
Considerato che si vota nel fine settimana, anche considerando il minimo di 14 giorni mai verificatosi, il weekend del 3 settembre sarebbe troppo tardi. Quello precedente cadrebbe in agosto, il 27.
Per ipotizzare che la prossima legislatura inizi prima del 15 settembre, la data delle elezioni andrebbe quindi fissata comunque in agosto, cosa mai avvenuta nella Repubblica italiana (anche settembre sarebbe un inedito: finora si è sempre votato nei mesi compresi tra febbraio e giugno inclusi).
Insomma, probabilmente è troppo tardi
Escludendo i due mesi estivi di luglio e agosto, in cui mai si è votato finora, l’unica possibilità sarebbe andare a votare a giugno. Questo però renderebbe praticamente impossibile, da un punto di vista delle tempistiche, l’approvazione di una legge elettorale da parte sia di Camera che di Senato.
Per la materia elettorale è infatti prevista in Costituzione una “riserva di procedura ordinaria”: non è cioè possibile approvare la legge con decreto o con altro procedimento speciale rispetto alla normale procedura che prevede l’approvazione in forma identica del testo di legge da parte di Camera e Senato.
In conclusione, sembra ormai molto difficile evitare che i parlamentari in carica – quelli, ribadiamo, al loro primo mandato, gli altri già ce l’hanno – maturino il diritto alla pensione in questa legislatura, a meno di non voler andare al voto col sistema elettorale attualmente vigente.
Un’ipotesi, questa, fortemente contrastata dal Presidente della Repubblica. Sergio Mattarella ha chiesto a più riprese che vengano almeno resi omogenei i sistemi elettorali di Camera e Senato, rimasti diversi in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale sull’Italicum e alla mancata abrogazione dell’elezione diretta per il Senato contenuta nella riforma costituzionale bocciata lo scorso 4 dicembre.
Verdetto
Beppe Grillo e diversi esponenti del Movimento 5 Stelle hanno detto e scritto che, votando pochi giorni prima del 15 settembre - con proposte che vanno dal 10 al 14 di quel mese - si eviterebbe la maturazione delle pensioni dei parlamentari. In realtà, visti i tempi tecnici di insediamento del nuovo parlamento sarebbe probabilmente necessario votare alla fine di agosto. “Pinocchio andante” per il leader del M5S.
Questa analisi è stata pubblicata in origine, con modifiche, sul sito di AGI