venerdì 2 giugno 2017

Grillo pinocchio.

Beppe Grillo  -  Pensioni e voto anticipato: il M5S sbaglia le date

   
“Venerdì 8 settembre 2017 ricorre il decimo anniversario del primo V-Day. Le elezioni domenica 10 settembre con la cancellazione dei privilegi sarebbero un modo magnifico per festeggiarlo”.
   istituzioni Pubblicato:30.05.2017 Origine:28.05.2017 Fonte dichiarazione

La legge elettorale è tornata al centro del dibattito politico. Dopo l’apertura da parte del Partito Democratico in favore del sistema tedesco, in sostanza un proporzionale puro con soglia di sbarramento al 5%, l’intesa con Forza Italia e il Movimento 5 Stelle pare vicina. Il partito di Berlusconi ha infatti espresso da tempo una preferenza per un sistema proporzionale e Grillo ha ottenuto il consenso degli iscritti al blog al sistema tedesco in una consultazione online.
Il contraltare di questa accelerazione sull’accordo a proposito della legge elettorale è la probabile fine anticipata della legislatura. Già, ma quando votare?
Abolire le pensioni
In un post sul suo blog, Beppe Grillo ha scritto che votare domenica 10 settembre permetterebbe di evitare la maturazione delle pensioni per i parlamentari. Luigi Di Maio ha proposto il voto addirittura il 14 settembre, il giorno prima la data fatidica. Anche Davide Casaleggio, figlio di Gianroberto e tra i leader del M5S, ha scrittosu Facebook il 24 maggio scorso: “Noi vogliamo andare al voto il prima possibile, prima che i parlamentari prendano il vitalizio, ovvero prima del 15 settembre”.
Si parla infatti di elezioni a settembre, e alcuni esponenti del M5S di primissimo piano hanno collegato questo tema a un altro che ha tenuto banco negli ultimi mesi di polemiche politiche: i “vitalizi”, o meglio, le pensioni dei parlamentari (come abbiamo già ricordato, i vitalizi sono stati aboliti).
I parlamentari alla prima legislatura, infatti, matureranno la pensione dopo 4 anni e sei mesi dall’inizio del mandato. Poiché la prima seduta della XVII legislatura si è svolta il 15 marzo 2013, il periodo sarà trascorso il 15 settembre 2017. Secondo OpenPolis, sono in attesa di maturare la pensione 401 deputati e 191 senatori, ovvero circa il 60 per cento dell’attuale Parlamento (per amore di precisione: 23 deputati e dieci senatori, subentrati successivamente e di prima nomina, la matureranno in realtà più avanti del 15 settembre).
Sia Grillo che Casaleggio e Di Maio sembrano intendere che, se si andasse al voto subito prima (addirittura il giorno prima) del 15 settembre, gli attuali parlamentari non maturerebbero la pensione. In realtà, se si votasse solo pochi giorni prima evitare la maturazione delle pensioni sarebbe praticamente impossibile.
Norme e tempistiche
Per avere la matematica certezza che i parlamentari – oltretutto solo quelli alla loro prima legislatura, in quanto gli altri hanno già maturato la pensione – non arrivino a maturare la pensione il 15 settembre, si dovrebbe andare al voto al più tardi il 26 agosto.
Nel diritto pubblico italiano vige infatti il principio della prorogatio: per evitare vuoti di potere, un organo decaduto rimane in carica fino a che non gli subentra quello successivo. Nel caso del Parlamento, le Camere decadono quando vengono sciolte ma restano in carica fino alla prima riunione di quelle successive. I membri del Parlamento precedente, restando in carica, ricevono dunque le indennità, pagano i contributi e maturano la pensione anche nel tempo intermedio.
In base all’articolo 61 della Costituzione, poi, “la prima riunione [delle nuove Camere ndr.] ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni”. Dunque la certezza matematica di non far maturare le pensioni, sottratti 20 giorni dalla data del 15 settembre, si avrebbe votando la fine di agosto.
Ma i venti giorni sono un termine massimo: si potrebbe ipotizzare che i tempi effettivi siano inferiori, e che anche votando a ridosso del 15 settembre si riesca a non far maturare le pensioni parlamentari.
I precedenti storici
In base ai precedenti, questo sembra molto difficile. Guardando alle passate legislature, nella storia repubblicana italiana non sono mai serviti meno di 14 giorni per preparare l’insediamento delle Camere successive (elezioni del 20-21 giugno 1976: la settima legislatura iniziò il 5 luglio), e normalmente ne servono 17-18. Solo dopo le prime elezioni della storia repubblicana, il 18 aprile 1948, passarono tutti i 20 giorni previsti come massimo. La prima legislatura si insediò l’8 maggio.
Considerato che si vota nel fine settimana, anche considerando il minimo di 14 giorni mai verificatosi, il weekend del 3 settembre sarebbe troppo tardi. Quello precedente cadrebbe in agosto, il 27.
Per ipotizzare che la prossima legislatura inizi prima del 15 settembre, la data delle elezioni andrebbe quindi fissata comunque in agosto, cosa mai avvenuta nella Repubblica italiana (anche settembre sarebbe un inedito: finora si è sempre votato nei mesi compresi tra febbraio e giugno inclusi).
Insomma, probabilmente è troppo tardi
Escludendo i due mesi estivi di luglio e agosto, in cui mai si è votato finora, l’unica possibilità sarebbe andare a votare a giugno. Questo però renderebbe praticamente impossibile, da un punto di vista delle tempistiche, l’approvazione di una legge elettorale da parte sia di Camera che di Senato.
Per la materia elettorale è infatti prevista in Costituzione una “riserva di procedura ordinaria”: non è cioè possibile approvare la legge con decreto o con altro procedimento speciale rispetto alla normale procedura che prevede l’approvazione in forma identica del testo di legge da parte di Camera e Senato.
In conclusione, sembra ormai molto difficile evitare che i parlamentari in carica – quelli, ribadiamo, al loro primo mandato, gli altri già ce l’hanno – maturino il diritto alla pensione in questa legislatura, a meno di non voler andare al voto col sistema elettorale attualmente vigente.
Un’ipotesi, questa, fortemente contrastata dal Presidente della Repubblica. Sergio Mattarella ha chiesto a più riprese che vengano almeno resi omogenei i sistemi elettorali di Camera e Senato, rimasti diversi in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale sull’Italicum e alla mancata abrogazione dell’elezione diretta per il Senato contenuta nella riforma costituzionale bocciata lo scorso 4 dicembre.
Verdetto
Beppe Grillo e diversi esponenti del Movimento 5 Stelle hanno detto e scritto che, votando pochi giorni prima del 15 settembre - con proposte che vanno dal 10 al 14 di quel mese - si eviterebbe la maturazione delle pensioni dei parlamentari. In realtà, visti i tempi tecnici di insediamento del nuovo parlamento sarebbe probabilmente necessario votare alla fine di agosto. “Pinocchio andante” per il leader del M5S.

Questa analisi è stata pubblicata in origine, con modifiche, sul sito di AGI
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Beppe Grillo
Leader del M5S

«Venerdì 8 settembre 2017 ricorre il decimo anniversario del primo V-Day. Le elezioni domenica 10 settembre con la cancellazione dei privilegi sarebbero un modo magnifico per festeggiarlo» 

POLITICA

La base M5S insorge contro il Tedeschellum. "Beppe, teniamoci fuori da questa porcata. O non ti voteremo più"

Il post di Grillo inondato di commenti negativi sulla legge elettorale. "Non c'entra niente con il sistema tedesco"

 02/06/2017 19:28 CEST | Aggiornato 49 minuti fa
LAURA LEZZA VIA GETTY IMAGES
Il 'Tedeschellum' non piace alla base M5S, a cominciare dalle liste bloccate e delle pluricandidature. Nella bacheca del blog di Beppe Grillo, proprio in calce all'ultimo post del fondatore, le posizioni critiche sono nettamente prevalenti.
"Con questa cagata di legge elettorale – scrive Stefano Tartaglione - nemmeno i vincitori dei collegi plurinominali saranno sicuri di entrare in Parlamento, perché dovranno accodarsi dietro il capolista del listino proporzionale. Praticamente è un fake clamoroso, un finto plurinominale!". E aggiunge un invito ai parlamentari: "Ragazzi, non votate questa schifezza così com'è adesso, altrimenti è molto probabile che io finisca di credere in voi e che non vi voti più".
Uno stato d'animo comune a molti sostenitori M5S, che chiedono ai parlamentari di non scendere a patti con le altre forze politiche. "Da vostro elettore e accanito sostenitore sin dal lontano 2009 vi posso dire che del movimento originario non sta rimanendo più niente. Mi sembrate sempre più vicini a quello che avete sempre contestato", scrive per esempio luca Losavio da Torino.
Giuseppe sottolinea che la proposta messa al voto online non è quella che il M5S vuole votare adesso in Commissione. "Io ho votato sì al modello tedesco, che non prevede le liste bloccate. Questo abbiamo votato! Accordi a tutti i costi no, gioverebbe solo a Renzi e Berlusconi", dice. E molti la pensano come lui. Corrado P. ad esempio spiega: "Veramente non abbiamo votato il testo del Pd. Del sistema tedesco non ha nulla. Temo che abbia ragione il deputato Taverna".
Michele De Palma si rivolge direttamente a Grillo e cita l'analisi critica del Fatto Quotidiano, "che evidenzia come la legge proposta non abbia niente della legge tedesca, tranne il 5%, e come sia molto più simile all'Italicum nei suoi aspetti più negativi [...]. Non sono iscritto al M5S, ma da quando esiste gli ho dato sempre fiducia col voto (per inciso, ti informo che ho 76 anni). Si sono levate voci critiche nel Movimento che chiedono modifiche alla proposta, ma tu le minacci di espulsione, stando a quanto scrivi, dando valore alle critiche di chi dice che nel M5S non c'è democrazia. Forse gli iscritti – continua De Palma- hanno votato, ma a giudicare da alcuni commenti, anche chi ha votato a favore pensava che la proposta fosse diversa".
Anche Oreste si rivolge direttamente a Grillo: "Beppe visto come stanno andando le cose con l'inciucio tra Pd e Fi e qualche amico sarà nostra convenienza o meglio, convenienza dei cittadini abbandonare questo trabocchetto e rientrare sulla nostra prima legge elettorale che si presentò con Toninelli. Infine che si voti alla scadenza della legislatura, tanto le patate bollenti se le dovranno cucinare loro".
Nei post non mancano quelli a difesa del voto online, alcuni dei quali se la prendono coi parlamentari critici. Ma la stragrande maggioranza contesta l'intesa sul Tedeschellum. "Caro Beppe, anche io ho votato sì, ma mi riferivo al sistema tedesco vero, reale, non questo aborto. Capilista bloccati, niente voto disgiunto, nessuna preferenza se non i 4 nomi che portano a elezione sicura del capolista. Lasciagliela fare a loro questa porcata. Teniamoci fuori", è l'appello di Gaetano Amato.

Il grande statista Salvini che dovrebbe governare l'Italia dopo averla distrutta per anni insieme alla Meloni ed a Berlusconi.

2 giugno, Matteo Salvini boicotta la festa della Repubblica per protestare contro i troppi migranti

2 giugno Salvini

La protesta del leader leghista contro la festa della Repubblica 

Matteo Salvini ha deciso di boicottare il 2 giugno, la festa della Repubblica. Il leader della Lega Nord non parteciperà a nessuna cerimonia ufficiale della nostra festa nazionale, per accentuare la sua protesta contro l’immigrazione. Salvini infatti sarà in Toscana, a Marliana, in provincia di Pistoia, un comune dove all’interno della frazione, in cui ci sono 55 residenti, sono alloggiati 78 richiedenti asilo. L’annuncio è stato dato, come di consueto, sul seguito profilo Facebook di Matteo Salvini.
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Mentre le “autorità” sfileranno domani a Roma, io passerò il mio 2 giugno (alle 11) con i cittadini di Marliana, un comune di 3.200 abitanti in provincia di Pistoia, dove nell’omonima frazione ci sono 55 residenti e ben 78 presunti profughi che mangiano e bevono a spese nostre.
Cosa c’è da festeggiare in una Repubblica OCCUPATA dai clandestini e DISOCCUPATA per gli italiani???
#pdacasa #stopinvasione

2 Giugno Salvini, la protesta contro la festa della Repubblica

La polemica di Matteo Salvini contro il 2 giugno non rappresenta una novità, visto che storicamente la Lega Nord osteggia la maggior parte delle celebrazioni dell’Italia. Il segretario del Carroccio ha però impresso una svolta nazionalista che contrasta con le antiche abitudini secessioniste, ma il boicottaggio della festa della Repubblica è confermato per via dell’immigrazione. La scelta di Salvini evidenzia ancora una volta come il leader della Lega Nord voglia sfidare il Movimento 5 Stelle nel voto di protesta contro l’establishment, rinunciando all’anima più governativa che nel suo partito è rappresentata da Maroni e Zaia, presidenti di due delle più importanti regioni d’Italia, Lombardia e Veneto.

La leghista Bergonzoni ha affermato in TV che la Lega Nord non potrà mai allearsi con il M5S perché sugli immigrati le posizioni tra i due partiti populisti sono molto distanti. A dire il vero non sembrerebbe.

La candidata M5S a Canosa che si cancella da Facebook e si autosospende dopo i commenti razzisti

Candidata Canosa M5S

Aveva scritto: «Ma quanto fanno schifo i n***i?». In mattinata la nota del locale M5S 

Episodio locale, che però dice molto sulla lungimiranza politica di certe scelte. A Canosa di Puglia, in provincia di Barletta-Andria-Trani si è in piena campagna elettorale per le elezioni amministrative. Una candidata alla carica di consigliere del Movimento 5 Stelle, però, la combina grossa e fa uno scivolone clamoroso sui social network.

LE AFFERMAZIONI RAZZISTE DELLA CANDIDATA M5S CANOSA

Lei si chiama Antonella Di Nunno e ha esternato su Facebook la sua posizione nei confronti delle persone di colore (non si tratta semplicemente di immigrati, infatti, ma di tutti coloro che hanno una pelle diversa). La candidata scrive: «Ma quanto fanno schifo i n***i?» e, poi, nel corso di una conversazione rincara la dose: «Stupidi, incapaci di mettersi d’accordo e costruire un’identità nazionale, vivono in capanne di paglia e m***a, ridicoli quando provano a vestirsi all’occidentale, le n***e sono grezze, urlano quando parlano al telefono, cucinano il pesce senza pulirlo, puzzano di n***o. Non è essere razzisti, ma è un dato di fatto».
Candidata M5S Canosa
La candidata ha immediatamente chiuso il suo account Facebook dopo che le sue parole erano state notate da un’attivista del Partito Democratico – Anna Rita Leonardi – che aveva provveduto a salvare le immagini dei post della Di Nunno.

E in mattinata arriva la rettifica del Movimento 5 Stelle di Canosa di Puglia. Sempre via Facebook, il movimento fa sapere che si dissocia da quanto scritto dalla propria candidata, che quest’ultima ha intenzione di «denunciare alla Procura della Repubblica quanti hanno contribuito alla diffusione di tali contenuti, ledendo l’onore il decoro e la reputazione della stessa» e che, nel frattempo, si autosospende dal gruppo M5S di Canosa per «tutelare l’immagine e il decoro della lista civica».

Grillo asino come lo ha definito Sartori. Grillini bugiardi, bugiardi, bugiardi.

Sul blog il capo va all'attacco dei parlamentari che hanno osato criticare l'intesa raggiunta sulla legge elettorale. E già che c'è ricorda a ognuno che tutti i portavoce sono utili ma nessuno è indispensabile
ALESSANDRO D'AMATO
Ci risiamo. Beppe Grillo torna a cazziare i suoi eletti perché sono troppo indipendenti. Stavolta nel mirino c’è la legge elettorale e le critiche che sono arrivate nei confronti dell’accordo tra i tre maggiori partiti sul porcellum alla tedesca. Sul suo blog Beppe scrive il solito post senza nominare nessuno ma colpendo chi ha osato dissentire.

Beppe Grillo contro Roberto Fico e Paola Taverna

Spiega infatti Beppe che il 95% degli iscritti ha detto sì al sistema elettorale proposto al voto su Rousseau la settimana scorsa; poco gli interessa segnalare che quel sistema nulla c’entra con quello elaborato dal M5S quando aveva fatto la sua proposta politica e nulla c’entra anche con il Legalicum che avevano approntato dopo la sentenza della Corte Costituzionale.
Il MoVimento 5 Stelle chiede di andare al voto dal 4 dicembre e sin da allora abbiamo proposto di approvare una legge elettorale costituzionale che permettesse di farlo. Prima era il Legalicum, ora è il modello tedesco, votato a stragrande maggioranza dai nostri iscritti con oltre il 95% delle preferenze. I portavoce del MoVimento 5 Stelle devono rispettare questo mandato perché il testo depositato in commissione mercoledì sera corrisponde al sistema votato dai nostri iscritti: proporzionale con 5% di sbarramento e divisione tra seggi proporzionali e collegi uninominali con predominanza dei primi per assegnare i seggi.
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Il post sul blog di Beppe Grillo (2 giugno 2017)
Con chi ce l’ha Beppe? Federico Capurso sulla Stampa ha segnalato la particolare ostilità di Roberto Fico e Paola Taverna riguardo la questione del nuovo accordo sulla legge elettorale:
«L’accordo non è per nulla sancito, non è tutto fatto», avverte da Palermo Roberto Fico, leader M5S dell’ala ortodossa. E le truppe dei duri e puri rispondono alla chiamata. «Questa legge è quasi un mega-Porcellum. Io a quel tavolo non mi sarei nemmeno seduta», tuona la senatrice Paola Taverna nel corso di un’intervista radiofonica. E anche il «voto il prima possibile», mantra di Luigi Di Maio, viene messo in discussione: «Perchè così leviamo al Pd la patata bollente della legge di stabilità, di cui devono prendersi la responsabilità».
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L’articolo della Stampa su Fico e Taverna (2 giugno 2017)

Beppe Grillo e la minaccia sulla rielezione

Giova ricordare che già in un’altra occasione Roberto Fico aveva osato dissentire sulla scrittura del programma del M5S, finendo poi massacrato sul blog di Grillo e perdendo poi la voce per qualche giorno dopo la cazziata. Nell’occasione però Beppe affonda il coltello nella piaga del “lei non sa chi sono io” ricordando a ognuno (ma in particolar modo a chi dissente) che tutti sono utili ma nessuno è indispensabile:
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Anche qui il Verbo, per essere pienamente compreso, va interpretato. Ci aiuta a farlo Emanuele Buzzi che sul Corriere della Seraproprio oggi raccontava di una riunione dei parlamentari sulla legge elettorale con tanto di sano terrore per il pericolo di mancata rielezione. Anche nell’articolo del Corriere gli unici nominati sono Fico e Taverna:
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Gli attacchi di Paola Taverna e Roberto Fico all’accordo sulla legge elettorale sono un segnale inequivocabile dell’ala ortodossa, che non apprezza l’intesa. Le esternazioni sono giunte dopo ore arroventate: mercoledì sera si è svolta una riunione congiunta di deputati e senatori in cui sono state spiegate le regole del modello tedesco e i meccanismi per l’elezione. E proprio su questo punto si sarebbe aperta una spaccatura.
Molti parlamentari avrebbero compreso i rischi di non essere rieletti derivanti dalla combinazione tra il « tedesco» e le strette regole del Movimento, che fino a oggi prevedono gli over 40 al Senato, vietano le candidature multiple e legano la corsa all’area di residenza. Alcuni big temono la sconfitta nell’uninominale e una cattiva collocazione nella lista del proporzionale, le seconde linee, invece, si sentono spiazzati. Da qui un giro vorticoso di telefonate, chat roventi nei gruppi.
Insomma, anche i grillini si sono accorti che il combinato disposto della nuova legge elettorale, che prevede il paracadute per chi se la rischia nel collegio uninominale, e il divieto delle candidature multiple in vigore nel MoVimento 5 Stelle rischia di lasciare i candidati del collegio uninominale fuori dal parlamento. Ma Beppe è stato chiaro: “Non ci interessa garantire la rielezione di questo o quell’altro portavoce”. Figuriamoci dei non allineati. Chi ha orecchie per intendere, intenda.

dipocheparole     venerdì 27 ottobre 2017 20:42  82 Facebook Twitter Google Filippo Nogarin indagato e...