domenica 2 novembre 2014

Riceviamo e pubblichiamo.

20/10/2014

Come ha fatto la Nigeria a sconfiggere l’Ebola

Applicando rigorosamente le procedure sanitarie, oggi la Nigeria è “Ebola free”
CARL DE SOUZA/AFP/Getty Images

CARL DE SOUZA/AFP/Getty Images

     
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La Nigeria e l’Organizzazione mondiale della Sanità hanno dichiarato che il Paese è libero da Ebola, una vittoria nel contenimento di un’epidemia che ha messo a dura prova gli sforzi di altre nazioni nel rispondere alla minaccia.
Il punto di svolta è stato stabilito alle 10:00 italiane (le 9:00 a.m. di Greenwich), di lunedì 20 ottobre, 42 giorni dall’ultimo nuovo caso registrato. Il virus, che ha ucciso più di 4.500 persone in Africa occidentale, rimane fuori controllo in Liberia, Sierra Leone e Guinea, di conseguenza la Nigeria non può definirsi immune da altri contagi. «È possibile controllare Ebola. Il virus si può sconfiggere. Qui in Nigeria lo abbiamo visto», ha dichiarato il ministro della Sanità nigeriano Onyebuchi Chukwu” (Time).
La prima persona a portare Ebola in Nigeria è stata Patrick Sawyer, che ha lasciato un ospedale in Liberia contro le raccomandazioni dello staff medico ed è volato in Nigeria, secondo il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie americano (Cdc). Una volta arrivato a Lagos (capitale della Nigeria, ndr), è diventato chiaro che era malato e dall’aeroporto è stato trasferito in un ospedale della città, densamente popolata da venti milioni di abitanti. Sawyer aveva detto ai medici che non era stato esposto a Ebola, quindi era stato trattato per malaria. Dato che non reagiva al trattamento, i dottori hanno sospettato Ebola, e Sawyer è risultato positivo ai test.
Lo staff dell’ospedale ha riconosciuto il rischio di diffusione del virus, e si è rifiutato di lasciarlo andare. È morto cinque giorni dopo il suo arrivo, ma molte persone, che erano entrate in contatto con Sawyer per curarlo, avevano contratto Ebola.
Una volta che il primo caso è stato confermato, in Nigeria è iniziato un processo chiamato «tracciamento dei contatti», per limitare la diffusione della malattia ed è stato creato un centro per le operazioni d’emergenza per coordinare e monitorare la risposta del Paese. Il gruppo ha lavorato con l’aeroporto e le linee aeree, messo in triage ogni caso potenziale, e decontaminato sia l’aeroporto che le aree abitate da persone che avrebbero potuto entrare in contatto con il virus. Il controllo di entrate e uscite è stato stabilito anche per i porti della Nigeria.
Gli ufficiali medici hanno usato una varietà di risorse, incluse intercettazioni telefoniche, per tracciare le circa 900 persone che avrebbero potuto essere esposte al virus via Sawyer o le persone da lui infettate. Il gruppo è stato monitorato per ventuno giorni. I soggetti sotto osservazione dovevano fare due check-up al giorno per fornire aggiornamenti sul loro stato di salute. Appena qualcuno sviluppava sintomi che suggerivano Ebola, venivano isolati in reparti riservati al virus. Senza aspettare di vedere se un caso sospetto era registrato positivo, la squadra di tracciamento dei contatti nigeriana seguiva chiunque avesse avuto contatti con un paziente.
Durante questo processo, gli ufficiali hanno effettuato circa 18.500 visite faccia a faccia. Insieme al tracciamento dei contatti, la Nigeria ha assicurato una risposta altamente organizzata e metodica all’epidemia. I medici del centro per le operazioni di emergenza hanno avuto accesso alle risorse appropriate, e alcuni avevano esperienza nel contenimento di altre malattie virali, come la poliomielite.
Tutti i 19 casi confermati sono stati ricondotti a Sawyer, e nessun altra fonte è stata registrata oltre a lui, rimarcando un successo nel contenimento del virus.
Gli Stati Uniti usano molte di queste stesse procedure per trattare Ebola, limitando moltissimo il rischio di un’epidemia nel Paese. Il tracciamento del contatto è esattamente quanto si sta facendo a Dallas in questo momento. (Business Insider)
William Schafner, capo del Dipartimento di Medicina Preventiva, ed esperto di malattie infettive alla Vanderbilt University (Tennessee), sottolinea il fatto che la risposta degli Stati Uniti non è stata perfetta. «Non ci sono dubbi che abbiamo fatto passi falsi dal punto di vista clinico, con diagnosi sbagliate e addestramento e supervisione nell’ospedale insufficienti», permettendo all’infermiera infetta di prendere voli commerciali mentre era sotto sorveglianza, dice Schafner «ora che abbiamo sbagliato, non dobbiamo ripeterci». Le agenzie del governo americano sembrano stare imparando. Il Cdc si è lamentato dei protocolli di sicurezza applicato agli operatori sanitari a contatto con i pazienti infetti, e il monitoraggio dei contatti viene esercitato più strenuamente.
L’Oms, per esempio, raccomanda che anche gli operatori sanitari e lo staff per la pulizia che hanno usato equipaggiamento di protezione personale, e seguito tutte le regole di sicurezza mentre avevano a che fare con un paziente di Ebola, siano considerati “contatti ravvicinati” e monitorati per ventuno giorni. Questo va in contrasto con quanto fatto dai lavoratori non addestrati dell’ospedale di Dallas (…) a cui era richiesto inizialmente semplicemente di auto-monitorarsi.
I fattori chiave sono: coordinamento, tracciamento e monitoraggio. «L’esperienza nigeriana offre un’importante lezione ai Paesi della regione non ancora affetti da Ebola, così come ai Paesi in altre regioni del mondo», scrivono gli autori di un paper pubblicato su Eurosurveillance «Nessuna nazione è immune dal rischio, ma la rapida identificazione dei casi e interventi decisi possono fermare la trasmissione» (Scientific American).
Basate sui successi di Nigeria e Senegal (l’altro Paese dichiarato “Ebola free”, venerdì scorso, ndr) ecco le strategie che possono essere adottate da altre nazioni, inclusi gli Stati Uniti, per prepararsi alla minaccia del virus:
-Risposta rapida al primo caso
-Un sistema rigoroso e scrupoloso di tracciamento dei contatti
-Un’energetica campagna di educazione pubblica
-Istituzioni sanitarie pubbliche efficaci
-Implementazione di vigilanza e sorveglianza sulle frontiere, ma non interruzione di voli aerei.
La Nigeria e il Senegal hanno potenziato la sorveglianza per Ebola, specialmente alle frontiere di terra, ma non hanno mai chiuso i loro aeroporti. «La decisione iniziale del governo è stata criticamente importante: aprire un corridoio umanitario a Dakar per facilitare il movimento e l’attività delle organizzazioni umanitarie» ha dichiarato l’Oms «Questa decisione ha significato che cibo, medicine e altri aiuti essenziali sono potuti entrare nel Paese in maniera efficace e senza interruzione» (The Globe and Mail).

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