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"Non è accettabile, dal punto di vista sociale e civile prima ancora che giuridico, che una persona muoia, non per cause naturali, mentre è affidata alla responsabilità degli organi dello Stato". A dirlo è il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, a proposito del caso Cucchi.

A tre giorni dalla sentenza della Corte di appello che ha assolto tutti gli imputati (sei medici, tre infermieri e tre agenti della Polizia penitenziaria), dopo le polemiche interviene la Procura di Roma. "Se emergeranno fatti nuovi o comunque l'opportunità di nuovi accertamenti, la Procura di Roma è sempre disponibile, come in altri casi più o meno noti, a riaprire le indagini",  fa sapere Pignatone.

Parole cui ha immediatamente replicato Ilaria Cucchi, sorella di Stefano. "Prendiamo atto di questa importante decisione del procuratore capo della Repubblica di Roma - ha detto -  Rimaniamo in attesa di giustizia e verità come abbiamo sempre fatto in questi cinque anni. Possiamo dire che vanno azzerate tutte le perizie e le consulenze che hanno fatto solo fumo e nebbia sui fatti".

E in un tweet il sindaco di Roma, Ignazio Marino, dice: "Orgoglioso che Roma abbia un procuratore capo come Giuseppe Pignatone, disponibile a riaprire le indagini".


In mattinata la famiglia Cucchi aveva nuovamente implorato "verità e giustizia" per la morte di Stefano, il geometra 31enne arrestato la notte tra il 15 e il 16 ottobre di cinque anni fa e morto una settimana dopo all'ospedale Sandro Pertini di Roma.

I familiari di Stefano, prima delle dichiarazioni di Pignatone, avevano annunciato che domani mattina, lunedì 3 novembre,si presenteranno davanti alla procura di Roma con maxi-cartelloni raffiguranti Stefano. "Andremo solo noi tre - ha detto Ilaria Cucchi - senza alcun sit-in, presidio o altro. Vogliamo far vedere come Stefano è morto e le condizioni in cui ce lo hanno riconsegnato".

Inoltre, la famiglia Cucchi ha chiesto un incontro con lo stesso Procuratore capo: "Voglio chiedere al dottor Pignatone - aveva detto in mattinata Ilaria Cucchi - se è soddisfatto dell'operato del suo ufficio, se quando mi ha detto che non avrebbe potuto sostituire i due pm che continuavano a fare il processo contro di noi, contro il mio avvocato, e contro mio fratello, ha fatto gli interessi del processo e della verità sulla morte di Stefano".

Parole che hanno portato poi Pignatone a rispondere ai familiari. "Non è accettabile che una persona muoia mentre è affidata alla responsabilità dello Stato - ha sottolineato il magistrato - ma la responsabilità penale è, come vuole la Costituzione, personale e non collettiva, e deve essere riconosciuta dalle sentenze dei giudici, che meritano assoluto rispetto anche quando, come nel caso di specie, tra loro contrastanti e, a parere dell' ufficio di procura, in tutto o in parte non condivisibili".

Secondo Pignatone, "nel caso in questione, poi, la sentenza di appello non è ancora definitiva e non se ne conoscono le motivazioni; essa, peraltro, giunge dopo un lungo e complesso iter processuale nel corso del quale tutte le parti, pubbliche e private, hanno potuto richiedere ai giudici gli accertamenti e gli approfondimenti ritenuti opportuni o necessari"

Sulla riapertura delle indagini si è espresso anche il sottosegretario alla Giustizia, Cosimo Mario Ferri: "E' giusto e corretto chiedere la riapertura della indagini- dice Ferri- La verità va ricercata sempre e fino alla fine".

Intanto, rispetto all'
annuncio del sindaco della Capitale Ignazio Marino di dedicare una via al ragazzo, la sorella Ilaria ha commentato: "Ringrazio il sindaco per essersi detto orgoglioso della richiesta dell'Aula consiliare, su proposta di Sel, di intitolare a Stefano Cucchi una strada o una piazza di Roma. Mi piacerebbe che via Golametto, la via d'accesso al Palazzo di giustizia, fosse quella prescelta. Sarebbe un segnale importante".