Riforma Rai, il compromesso del dg
Gubitosi tenta la via d’uscita. Niente superdirettori. All’opposizione sindacati, giornalisti, partiti e Colle
di Marco Castoro
Se la riforma dell’informazione non passa mi dimetto. Così nel luglio scorso il dg Luigi Gubitosi aveva fatto intendere prima di presentare al cda di Viale Mazzini il nuovo progetto. Appena tre mesi dopo il dg appare come un uomo solo al comando. Accerchiato da chi non ne vuole sapere di rompere lo status quo. In campo come oppositori non sono scesi solo i sindacati ma anche i poteri forti e i politici. Il governo non ha più dato al dg tanta corda per portare a casa la riforma. Pure dal Colle sono arrivati segnali eloquenti: certi direttori non possono essere scavalcati, dopo che stanno tenendo fede al mandato. I partiti hanno iniziato una lotta per salvare le poltrone. Pertanto i nuovi propositi stanno per finire a tarallucci e vino.
LA MEZZA PORZIONE
Comunque qualcosa da qui a metà dicembre il dg dovrà pur tentare per smuovere le acque e non fare la fine della Roma col Bayern. Per salvare il salvabile Gubitosi ora sta cercando l’escamotage, la mezza porzione da portare ai voti del cda. Un ponte levatoio per approdare da qualche altra parte. Che tradotto significa un intendimento di riforma dell’informazione con qualche accorpamento redazionale, ma senza nominare i due superdirettori delle Newsroom. Del resto per trovare la quadra basterebbe ispirarsi a Mediaset. I tre tiggì (Tg5, Studio aperto e Tg4) non solo hanno conservato una propria identità, ma anche l’autonomia di un direttore, dei conduttori e della redazione politica. Inoltre sono liberi di prendersi i servizi dal menù di News Magazine, l’agenzia che raccoglie il numero più cospicuo di giornalisti (circa un centinaio).
Che la riforma dell’informazione Rai non piaccia ai direttori in carica è come scoprire l’acqua calda. Del resto la nomina dei superdirettori delle newsroom sarebbe un ridimensionamento per gli attuali responsabili dei tre tiggì. Il Tg1 è diretto da Mario Orfeo, che da quando si è insediato (il 10 dicembre 2012) vanta una crescita degli ascolti di oltre 700 mila spettatori e di 2,5 punti di share. Anche il Tg2 di Marcello Masi è cresciuto. È stato il primo a essere digitalizzato e a suo tempo la redazione fece fuoco e fiamme per far assegnare a lui la nomina. Bianca Berlinguer ha fatto del Tg3 un tiggì di peso e con Linea Notte ha consolidato gli ascolti anche in seconda serata.
Comunque qualcosa da qui a metà dicembre il dg dovrà pur tentare per smuovere le acque e non fare la fine della Roma col Bayern. Per salvare il salvabile Gubitosi ora sta cercando l’escamotage, la mezza porzione da portare ai voti del cda. Un ponte levatoio per approdare da qualche altra parte. Che tradotto significa un intendimento di riforma dell’informazione con qualche accorpamento redazionale, ma senza nominare i due superdirettori delle Newsroom. Del resto per trovare la quadra basterebbe ispirarsi a Mediaset. I tre tiggì (Tg5, Studio aperto e Tg4) non solo hanno conservato una propria identità, ma anche l’autonomia di un direttore, dei conduttori e della redazione politica. Inoltre sono liberi di prendersi i servizi dal menù di News Magazine, l’agenzia che raccoglie il numero più cospicuo di giornalisti (circa un centinaio).
Che la riforma dell’informazione Rai non piaccia ai direttori in carica è come scoprire l’acqua calda. Del resto la nomina dei superdirettori delle newsroom sarebbe un ridimensionamento per gli attuali responsabili dei tre tiggì. Il Tg1 è diretto da Mario Orfeo, che da quando si è insediato (il 10 dicembre 2012) vanta una crescita degli ascolti di oltre 700 mila spettatori e di 2,5 punti di share. Anche il Tg2 di Marcello Masi è cresciuto. È stato il primo a essere digitalizzato e a suo tempo la redazione fece fuoco e fiamme per far assegnare a lui la nomina. Bianca Berlinguer ha fatto del Tg3 un tiggì di peso e con Linea Notte ha consolidato gli ascolti anche in seconda serata.
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