giovedì 6 novembre 2014

Avanti a tutta Matteo.


Italicum, Renzi insiste: Berlusconi impari dal caso Consulta. E stasera speech in streaming dalla cena di Milano

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RENZI


All’indomani dell’incontro finito male tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi, la temperatura politica è così alta alla Camera che Denis Verdini si ferma a parlare a lungo e concitatamente con Lorenzo Guerini in pieno Transatlantico. Parla quasi solo lui, Verdini. Mentre il vicesegretario del Pd ascolta e annuisce. Verdini allarga le braccia, è agitato. A Forza Italia non piace la minaccia renziana di approvare la legge elettorale a maggioranza se Berlusconi si sfilerà. Il patto del Nazareno "scricchiola", ammette Matteo Renzi parlando all'Anci a Milano. Stamattina la linea l’ha chiarita il ministro Maria Elena Boschi: “Mi auguro che Forza Italia mantenga l’impegno ma se si tira indietro, noi andremo comunque avanti”. Come è successo per l’elezione dei giudici costituzionali: l’intesa tra Pd e M5s ha portato all’elezione di Silvana Sciarra alla Consulta e Alessio Zaccaria al Csm. Manca solo Stefania Barriatti, indicata da Forza Italia, tradita dallo stesso partito di Berlusconi. E’ l’esempio che oggi Renzi indica a Berlusconi per segnalargli come potrebbe andare a finire anche sulla legge elettorale. Il premier si gusta il tutto da Milano, dove partecipa all’inaugurazione del nuovo stabilimento Alcatel Lucent, accolto come sempre dalle contestazioni dei sindacati ("Mi tirano le uova? Sono pronto a fare le crepes, non scappo"), e dove stasera parteciperà alla cena di autofinanziamento del Pd. Allo spazio The Mall del capoluogo lombardo, di fronte ai 600 invitati che hanno pagato mille euro a testa per essere a tavola, il premier terrà uno speech che sarà trasmesso in streaming da Youdem: decisione dell’ultimo momento per rispondere a chi lo accusa di organizzare eventi poco trasparenti.
Il pensiero fisso è sulla legge elettorale. Provvedimento che il premier vorrebbe fosse pronto e licenziato almeno solo dal Senato per la fine dell’anno. “Lo abbiamo promesso a Napolitano che aspetta un segnale riformatore per terminare il secondo mandato”, specifica il responsabile Giustizia del Pd, David Ermini, deputato fiorentino e renzianissimo, sicuro che il premier non punta al voto anticipato in primavera. Oltre alla legge elettorale, il timing di Palazzo Chigi prevede anche l’approvazione del Jobs Act per la fine dell’anno: escluso che venga approvato dopo la legge di stabilità come chiede la minoranza Dem. E poi entro la fine dell’anno, per Renzi, la Camera deve anche avviare l’esame della riforma costituzionale. In questo schema molto complicato da realizzare, a Berlusconi è richiesto di ‘darsi una mossa’ sull’Italicum. I renziani sono convinti che alla fine l’ex Cavaliere cederà perché non può permettersi di fare carta straccia del Patto del Nazareno: rimarrebbe politicamente ‘nudo’, senza alleati, finito e soprattutto non avrebbe diritto di parola sull’elezione del prossimo presidente della Repubblica, questione che preme e molto al leader di Forza Italia.
Però il premier non fa mistero del fatto che il Patto del Nazareno non è in buona salute. Lo ammette parlando all'assemblea dell'Anci a Milano, rivolgendosi a uno dei sindaci presenti con una battuta, dopo aver sottolineato l'esigenza di semplificare le tasse: "Un'apertura a Forza Italia fammela fare.... Già c'è il patto del Nazareno che scricchiola, almeno un'apertura fammela fare...". E poi: "Altro che scricchiola...". Quel patto però, riflettono nella cerchia stretta del premier, sta in piedi perché è composto di cose da fare e approvare. Se viene a mancare la sua attuazione concreta, non esiste più il patto e si cerca un’altra strada. Per il premier la dimostrazione che ‘c’è vita oltre Berlusconi’ sta proprio nel risultato raggiunto oggi sull’elezione dei giudici costituzionali. L’intesa tra Pd e M5s, sotto una cabina di regìa gestita completamente da Palazzo Chigi, ha portato a sbloccare un’impasse che paralizzava il Parlamento da mesi. Unico tassello mancante è quello di Forza Italia, che non è riuscita a eleggere la sua Barriatti. Sono fatti che servono a Renzi per dare sostanza alla minaccia di cercare una maggioranza alternativa anche sul tema della legge elettorale. Ma dal caso Consulta emerge un altro segnale, più preoccupante per il premier: nel caso in cui Berlusconi si decidesse sull’Italicum, Forza Italia eseguirebbe le indicazioni del capo? L’incognita pesa sempre più.
Ad ogni modo, la prossima settimana si terrà un vertice di maggioranza per capire quali margini di manovra ci sarebbero per approvare una legge elettorale nuova senza l’apporto di Forza Italia, ma con l’ok di Alfano ed evidentemente anche di tutto il Pd compatto. La prossima settimana anche la commissione Affari Costituzionali del Senato aprirà la pratica dell’Italicum, fermo a Palazzo Madama da febbraio, quando è arrivato dalla Camera. Sono segnali lanciati a Berlusconi, per dirgli che si fa sul serio. Però Renzi già sa che il prezzo di una legge elettorale cucinata a maggioranza sarebbe troppo alto. E non è ancora disposto a pagarlo.
Si tratterebbe infatti di concedere a Ncd una soglia di sbarramento al 2 per cento o comunque molto bassa. Una proposta che potrebbe servire anche a ottenere i voti di un’altra forza politica piccola come Sel. Ma questo è il meno peggio. Renzi sarebbe costretto a cedere anche sulle preferenze, argomento caro alla minoranza del Pd. Per approvare una legge elettorale a maggioranza infatti gli serve che il Partito Democratico non si spacchi, gli serve compatto. Tutto da vedere, visto che nel Pd, come in tutte le altre forze politiche, l’insistenza del premier sulla legge elettorale viene interpretata come volontà di tornare al voto in primavera. E nessuno è disposto a sciogliere il Parlamento nell'incertezza di poterci tornare, forse nemmeno i cinquestelle, in questa fase. Ufficialmente comunque i grillini lanciano segnali di fumo al Nazareno. Aspettano solo che il Pd faccia la prima mossa che avviare il dialogo sulla legge elettorale. Al M5s può andar bene il premio di lista, come vuole Renzi. Ma anche con loro il premier dovrebbe cedere sulle preferenze, perché i cinquestelle non accetterebbero mai il meccanismo previsto dal nuovo Italicum, vale a dire i capilista bloccati (scelti dal leader) e tutti gli altri con le preferenze. Non sarebbe un dramma, fanno notare i parlamentari renziani, perché “per Matteo le preferenze non sono un tabù”.
Si vedrà. In fondo, la speranza è che il patto del Nazareno regga anche a questa prova, la più difficile. Perché? Perché trattando con Berlusconi Renzi riuscirebbe a ottenere la legge elettorale di stampo maggioritario e bipartitico, disegnata per il suo partito della nazione, la ‘big tent’ che sta costruendo giorno dopo giorno. Senza Berlusconi, questo disegno potrebbe finire annacquato. C’è “la necessità e l'urgenza del Paese di avere una legge elettorale che funzioni e che garantisca governabilità", dice Boschi. I parlamentari renziani assicurano che l’obiettivo non è tornare alle urne: “Matteo vuole solo tirare la corda, fino al limite, lo ha sempre fatto. La legge elettorale diventerebbe uno strumento per farlo: una pistola carica, non significa che premerebbe il grilletto”. Chissà.

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