venerdì 7 novembre 2014

Riceviamo e pubblichiamo.


Paolo Madron
EDITORIALE 

Renzi-M5s, meglio il voto delle geometrie variabili

L'alleanza coi grillini? Molto azzardata. Più facile che si torni alle urne in primavera.

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07 Novembre 2014
La convergenza tra il Pd e Beppe Grillo sulle nomine alla Consulta e al Csm spiazza Silvio Berlusconi, fa infuriare il sopravvalutato (per peso politico, non certo per consistenza) partitino di Angelino Alfano e fa sognare la sinistra dem che ha sempre vissuto il patto del Nazareno alla stregua di un atto contro natura.
Si va dunque verso un assetto a geometrie variabili, come lo stesso Matteo Renzi sembra evocare certificando la scricchiolante tenuta dell'intesa col Cav?
Presto per dirlo, ma in ogni caso chi punta alla rottura con l'uomo di Arcore non dovrebbe farsi eccessive illusioni.
SPARIGLIARE IL TAVOLO? MOSSA DIFFICILE. Il premier è sì un tattico disinvolto, usa la dialettica politica con sapiente perfidia e non esita a pugnalare chi solo poco prima ha blandito. In questo lo #staisereno Letta è lì a testimoniare la quintessenza della sua spregiudicatezza, e dunque fa bene Berlusconi a diffidare.
Tuttavia, è molto difficile che Renzi sparigli il tavolo in favore di un clamoroso quanto repentino cambio di alleanze.
I grillini, che in questo sarebbero i principali interlocutori, non gli danno sufficienti garanzie di affidabilità rispetto a un partito che, se pur attraversato da numerosi mal di pancia, è ancora sotto il pieno controllo del suo fondatore.
Andare con i 5 stelle significherebbe essere perennemente esposti alla volubilità del loro capo, oltre alla considerazione che le sue posizioni in Europa sono antitetiche a quelle renziane.
Un conto sono gli accordi limitati a singole partite, come è stato per la Consulta e il Csm, che valgono più in chiave di deterrente contro il temporeggiare di Berlusconi. Un conto farli diventare un vero e proprio asse strategico.
L'IRRESISTIBILE RICHIAMO DELLE URNE. Piuttosto, è molto facile che questo accenno di geometria variabile nasconda il vero obiettivo del premier: quello di andare al voto in primavera, sfruttando l'elevato consenso di cui ancora gode nonché la possibilità di aggregare ampie quote di scontenti tra gli elettori di centrodestra.
E, se pur in misura minore, nella sinistra vendoliana e i seguaci di Grillo.
Questo spiega l'accelerata sull'Italicum, e la baldanzosità con cui alcuni esponenti dem si dicono pronti ad andare avanti senza l'apporto del Cav.
La scelta poi di passare dal premio di coalizione a quello di lista fa capire che il partito della Nazione evocato in più occasioni dal premier è tutt'altro che la velleità di chi, sull'onda di quello che sin qui è stato un travolgente successo, coltiva manie di grandezza.

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