Ecco Farage, il politico che dialoga con Grillo
Ritratto del caleidoscopico leader dell'Ukip
di Emiliano Germani
Se lo chiamate semplicemente populista, razzista ed euroscettico e vi scandalizzate per le sue cravatte troppo sgargianti e la sua passione per le grandi bevute, probabilmente non capirete molto di lui e del suo progetto politico.
Nigel Farage, 49 anni, leader dell’Ukip (sigla che sta per United Kingdom Indipendence Party) è sicuramente un personaggio molto più complesso di come viene dipinto dalla maggior parte della stampa. E negarlo significa non voler comprendere i cambiamenti profondi che sta attraversando il Regno Unito, una delle maggiori potenze economiche, politiche e militari del mondo.
Punto primo. Farage non è definibile come improvvisato demagogo avventuriero. La sua esperienza politica inizia ai tempi del liceo e continua nei quadri del partito conservatore, fino a quando, in opposizione alla ratifica del trattato di Maastricht, nel 1992 lascia i Tories e diventa uno dei fondatori dell’Ukip. Non è un improvvisatore, quindi, ma uno che si è fatto le ossa sul campo, con una lunghissima militanza politica, un’abile retorica e la capacità di costruire rapporti sul territorio.
Punto secondo. Farage non è un estremista di destra. La sua scelta di non allearsi con il Front National di Marie Le Pen per un gruppo comune all’Europarlamento non è dettata solo dalla tradizionale diffidenza tra Inglesi e Francesi. Farage non vuole essere alleato del FN perché lo considera un partito poco affine al suo. Secondo Farage lo Ukip è conservatore, ma non di destra: anzi, lo definisce post-ideologico, al di là degli schemi tradizionali della politica. E le accuse di razzismo e xenofobia? L’Ukip è un partito nazionalista in senso “anglosassone”, cioè un movimento che esalta i valori tradizionali e gli interessi nazionali. Pur non mancando le posizioni estreme tra i militanti e qualche esponente, gli stranieri non sono osteggiati in quanto tali, ma soprattutto perché considerati rivali degli autoctoni nella ricerca di un lavoro che, in molte zone della Gran Bretagna è in questo periodo una merce sempre più rara. Il “razzista” Farage parla di limitazione non chiusura agli ingressi dai Paesi esteri, di selezione di manodopera straniera qualificata e di maggiore tutela per i lavoratori inglesi. Nel complesso, quindi, le sue non sono propriamente posizioni di apertura, ma nemmeno violentemente xenofobe.
E se Farage è un populista, lo è nel senso che ha stretto una forte alleanza ed empatia con le classi meno abbienti e con gli abitanti delle regioni socialmente ed economicamente più depresse del suo Paese. Dagli esclusi, dai delusi e dagli impauriti vengono gran parte dei voti del suo straordinario successo elettorale. Qui Farage pesca soprattutto nel bacino dei Laburisti, esponenti di quella “casta” toccata più volte negli anni da scandali di corruzione e privilegi che l’Ukip ha puntualmente denunciato. Ma populista non significa necessariamente anti-democratico: sostenitore del parlamentarismo e dei diritti di espressione, Farage, almeno a parole, non sembra amante dell’autoritarismo e nemico della democrazia. E se su alcuni temi connessi ai diritti civili, come nel caso dell’ostilità ai matrimoni gay, ha posizioni di chiusura, risulta al contempo un accanito anti-proibizionista sul tema delle droghe leggere. E infine il Farage antieuropeista. L’Ukip non è contro l’Europa in sé. Denuncia l’euro-burocrazia, l’ingerenza sulla sovranità dei singoli Stati, lo strapotere economico tedesco e l’utopia dell’unione politica. Sintetizzando, è possibile dire che Farage è contro gli Stati Uniti d’ Europa, ma vuole un’Europa di stati sovrani in uno spazio di libero scambio e commercio. Altro tratto, questo, che lo differenzia da Marie Le Pen, che l’Europa la rifiuta tout-court.
Ma c’è un terzo punto che è importante comprendere. Mentre tutti guardano a quello che Farage farà per conquistare l’europarlamento, Farage guarda probabilmente a come poter conquistare il Parlamento britannico; e forse anche il governo del suo Paese. L’Ukip è al momento il primo partito per numero di voti nelle consultazioni europee e ha ottenuto brillanti risultati anche nelle consultazioni amministrative che si sono svolte in contemporanea. Se sapesse capitalizzare questo risultato fino alle prossime elezioni nazionali, potrebbe scompaginare lo scenario politico britannico. Con i liberal-democratici ridotti al lumicino e la sostanziale impossibilità di un’alleanza laburisti-conservatori, le prospettive per Farage appaiono oggi più che interessanti.
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