venerdì 30 maggio 2014

Come è rassicurante che i padani sono tutti onesti. Straordinario, i ladri sono tutti in altre regioni.

Da Carige a Expo 2015 è Padania Connection

Banchieri, politici, magistrati e colletti bianchi: il sistema del Nord Italia sotto processo
Val Padana

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I fratelli della Massoneria lo paragonerebbero a «un groviglio armonioso», un incrocio di interessi che spazia dalle banche alla politica, dagli imprenditori alle amministrazioni pubbliche, dai contatti con la criminalità organizzata per arrivare fino al Vaticano e, perché no, sino a pezzi di magistratura e ad esponenti delle forze dell'ordine. È il quadro che emerge dopo le ultime inchieste che stanno falcidiando in questi mesi l'ovest della Padania cara all'ex leader della Lega Nord Umberto Bossi, dove i magistrati hanno messo a fuoco un sistema di relazioni politiche, imprenditoriali e manageriali che viste nel loro insieme non hanno nulla da invidiare all’inquinamento atmosferico, il vero problema di questi territori. A unire come in un gioco i puntini delle indagini che corrono idealmente lungo la tratta che dalla Milano dell'Expo porta al mare della Liguria, si scoprono infatti diversi punti di contatto. 
Su Expo si concentrano tutte le criticità del sistema italiano, dal modello Bertolaso per rendere più veloci i lavori, fino a un rallentamento delle regole dell'Antimafia per le imprese pulite. E' un coacervo di interessi, di soldi pubblici, di affari poco chiari che passano da regione a regione, mettendo in luce un sistema per la realizzazione delle opere pubbliche più che mai viziato dalle intromissioni della politica. C'è chi dice che l'arresto di Gianstefano Frigerio, uno che già negli '70 si adoperava per aiutare a spostare le tratte degli aerei sulla Milano 2 di Silvio Berlusconi, non sia altro che la conferma che tra Prima Repubblica e Seconda non c'è mai stata troppa differenza. E lo stesso discorso vale per Primo Greganti, il Compagno G, tessera del Partito Democratico a Torino, altro protagonista della Tangentpoli degli anni '90. Destra e sinistra, come nella Liguria governata dal piddino Claudio Burlando, più volte coinvolto in indagini della magistratura. Ma pure nella regione dove ha governato in questi anni Claudio Scajola

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Nel groviglio di nomi e cognomi che si rincorrono la regione del pesto e delle trenette occupa un posto centrale. Una regione che negli ultimi anni si è vista al centro di vicende e trame che stanno contribuendo a scrivere quella parte della storia politica e giudiziaria dell’Italia più “sotterranea”. La storia più recente parte comunque da lontano e da due nomi che oggi, nonostante siano passati più di trent’anni, tengono ancora banco nelle cronache liguri: l’ex governatore della Regione Liguria Alberto Teardo e l’attuale capo della procura di Savona Francantonio Granero. Teardo, quel politico del Psi che voleva «fare della Liguria la California d’Europa», viene arrestato il 14 giugno del 1983, a dodici giorni dalle elezioni politiche in cui l’ex presidente della giunta regionale ligure era candidato con la sicurezza di un posto in parlamento. «Bel golpe, ma in Cile li fanno meglio», dice Teardo rivolto ai poliziotti che lo ammanettano. Storie di tangenti, P2 e possibili contatti con esponenti delle cosche calabresi. Teardo, presente nella lista della P2 sequestrata a Licio Gelli nell’archivio di Castiglion Fibocchi era un politico in ascesa e i finanziamenti arrivavano, «anche dai non socialisti», dirà nel corso di un interrogatorio.
A condurre gli interrogatori all’epoca, dall’altra parte del tavolo, è lo stesso Francantonio Granero. Attuale capo della procura di Savona, entrato nel tritacarne in seguito alla nuova inchiesta che sta mettendo alle strette una intera classe dirigente ligure, cioè quella su Banca Carige e il suo dominus Giovanni Berneschi. Granero negli anni ha condotto da Savona importanti inchieste che hanno coinvolto le cosche ormai radicate in Liguria e più recentemente messo sotto sequestro lo stabilimento Tirreno Power, società partecipata al 50% da Gdf Suez, 39% da Sorgenia (gruppo De Benedetti), da Hera e Iren. Granero viene tirato in ballo dallo stesso Berneschi, indagato per truffa aggravata, associazione per delinquere transnazionale, intestazione fittizia, riciclaggio, false comunicazioni sociali e ostacolo all’attività di vigilanza, nel corso di una intercettazione. Berneschi, discutendo con il manager Carige Antonio Cipollina di un interrogatorio cui doveva essere sottoposto a Savona, dov’è indagato per la bancarotta del costruttore Andrea Nucera, dice che Granero gli avrebbe suggerito di non rispondere. E ribadisce di aver parlato con lui del figlio Gianluigi Granero, membro del cda della Cassa di risparmio di Savona (controllata da Carige). «Tutto falso - replica Francantonio Granero al Secolo XIX - e sporgerò querela semplicemente perché non l’ho mai incontrato».

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L’inchiesta della procura di Genova su Carige racconta molto di uno spaccato del sistema di potere ligure. Gli arresti – sette in tutto, di cui quattro in carcere – sono stati eseguiti dalla guardia di Finanza, che ha anche sequestrato beni per un corrispettivo di quasi 22 milioni di euro, l’equivalente dei proventi delle truffe. Gli altri fermi riguardano Francesca Amisano, nuora di Berneschi, l’avvocato Davide Enderlin, il commercialista Andrea Vallebuona e gli imprenditori Ernesto Cavallini e Sandro Maria Calloni, considerati dagli inquirenti gli “esecutori” delle operazioni contestate. Operazioni che hanno riguardato una presunta truffa all’istituto bancario e al comparto assicurativo Carige Vita Nuova. Berneschi, da anni senza incarichi operativi all’interno del gruppo, secondo gli inquirenti avrebbe continuato ad orientare le operazioni del gruppo a proprio vantaggio fino all’autunno del 2013 quando si è mossa la Banca d’Italia.
Al centro dell’inchiesta ci sono circa 22milioni di euro portati in Svizzera arrivati grazie ad acquisizioni di immobili e partecipazioni societarie sopravvalutati nel periodo tra il 2006 e il 2009, e due operazioni finanziarie risaenti allo stesso periodo. La prima operazione ha visto l’acquisizione da parte di Carige Vita Nuova della I.H. Roma Srl per 70,5 milioni di euro, un valore gonfiato del 50% rispetto al valore reale. La società I.H., amministrata da Cavallini era proprietaria degli alberghi Mercure di Milano e Pisana di Roma. Questa operazione non è più giudicabile in quanto prescritta, ma il reato derivato, cioè “il trasferimento fraudolento di valori finalizzato al riciclaggio” e il “danno patrimoniale” finisce invece in capo agli indagati. Berneschi e il commercialista Vallebuona hanno poi messo in campo con l’altro indagato, Fernando Menconi, ex amministratore di Carige Vita Nuova una serie di trasferimenti societari per riciclare i soldi derivanti proprio dalla truffa sugli hotel.

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Già nel 2013 la magistratura aprì fascicoli scaturiti da esposti anonimi sulla malagestione dell’istituto e su presunte irregolarità sui prestiti. La stessa Bankitalia e poi l’autorità di vigilanza sulle assicurazioni (Ivass) rilevò debolezze “nel controllo dei rischi immobiliari, finanziari e operativi”. Intanto sono almeno altri tre i pezzi da novanta della magistratura ligure a finire sotto osservazione: per gli investigatori gli indagati avrebbero avuto «inquietanti entrature in ambienti giudiziari in tutta la Liguria».  Come riporta il Secolo XIX il primo magistrato su cui si concentrano gli accertamenti è l’attuale procuratore aggiunto Vincenzo Scolastico. È Menconi a circoscriverne la figura parlando con Walter Malavasi, che di Carige Assicurazioni è stato condirettore generale. Non lo nomina direttamente, ma definisce «carissimo amico con cui prendo il caffè ogni sabato» il magistrato che ha retto la Procura genovese prima dell’insediamento di Michele di Lecce, e che attualmente gli fa da vice. Solo Scolastico corrisponde a quel ritratto e al Secolo XIX risponde: «Non si fa mai il mio nome; inoltre, io ho la scorta e si potranno facilmente verificare i miei movimenti. Conoscere Menconi? In Liguria si può sapere chi sono i massimi dirigenti di una banca, ma escludo un rapporto di frequentazione come quello descritto in quelle conversazioni».

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Il procuratore capo di Genova Michele di Lecce, a margine dell’interrogatorio del 29 maggio a Berneschi ha dichiarato sul punto: «a Genova non c’è alcuna talpa. In 7 mesi di indagine su Carige non c’è stata alcuna interferenza da parte di alcuno», ha detto. «Se ci sono stati comportamenti censurabili sono relativi a altre sedi e ad altri procedimenti». Il nome di Scolastico, ex capo della dda di Genova compare, in una serie di documenti e intercettazioni di una operazione anti-riciclaggio nei confronti della cosca Piromalli, dove almeno tre persone parlano dell’ex capo della Direzione Distrettuale Antimafia di Genova, il quale però si difende definendo “millanterie, invenzioni e intimidazioni” le voci degli intercettati, intenti a vendicarsi per aver reso loro la vita impossibile. «Situazione delicatissima», per sua stessa ammissione, è quella dell’attuale procuratore capo della Spezia Maurizio Caporuscio, scrive il Secolo XIX. Un colloquio telefonico fra l’avvocato spezzino Andrea Baldini (ex componente cda Carige) e Berneschi rivelerebbe come proprio Caporuscio fece in modo che fosse fornita all’ex numero uno dell’istituto genovese la copia d’una denuncia «riservata», che l’imprenditore Gianfranco Poli sporse contro lo stesso Berneschi per truffa. Non solo. Sempre Baldini spiega a Berneschi che grazie all’intercessione «della Lilly» (per i finanzieri si tratta di sua moglie Pasqualina Fortunato, magistrato del lavoro di nuovo alla Spezia) la Procura chiederà l’archiviazione del fascicolo. «Al momento non voglio aggiungere altro - conclude Caporuscio - risponderò a chi mi verrà a chiedere conto».

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Berneschi risulta per altro iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Savona con l’accusa di aver concorso alla bancarotta del gruppo Geo, impresa del costruttore di Albenga Andrea Nucera, affossata da un crac milionario dopo essere stata per anni generosamente finanziata da Carige a fronte di garanzie sopravvalutate. Andrea Nucera, figlio di Giovanni Nucera, aveva ereditato le attività del padre, uomo vicino negli anni ’70 e ’80 proprio al Teardo e in grado di costruirsi ottimi rapporti sia a destra sia a sinistra.  L'inchiesta di Savona con 34 indagati (fra i quali lo stesso Berneschi e l'ex direttore generale Ennio La Monica) per i prestiti facili concessi al gruppo (poi fallito) Geo, dell'imprenditore di Albenga, Andrea Nucera, latitante a Dubai riguarda un crac da 400 milioni: 100 verso l'Erario, 250 verso le banche, 50 verso altri creditori.
Lo stesso Nucera con una lettera ha pesantemente attaccato il procuratore capo di Savona Granero. La sensazione, dicono i ben informati «è che anche nel caso Carige qualcuno abbia voluto tirare in mezzo Granero per toglieri qualche sassolino dalle scarpe, magari sapendo di essere intercettato». Non è finita. Perché il caso Carige si lega anche al caso Scajola, e a confermarlo è stato il blitz degli inquirenti della direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria e della direzione nazionale antimafia Giuseppe Lombardo e Franscesco Curcio. I due indagano sulla protezione che l’ex ministro e ras della politica ligure Claudio Scajola avrebbe fornito al latitante e condannato per mafia Amedeo Matacena. Insomma gli scenari aperti con gli arresti dell’inchiesta Carige non sono terminati: i rapporti e i patti per il controllo della banca tra Berneschi e Scajola sono cosa nota. Alessandro Scajola, fratello di Claudio era vicepresidente proprio di Carige, mentre il suocero del nipote Marco, Pietro Isnardi (imprenditore oleario e indebitato con la banca), è stato prima nel cda di Carige e poi in Fondazione. Senza dimenticare che i nomi di Teardo, Nucera e altri pezzi da novanta della politica e dell'imprenditoria ligure comparivano già nei corposi atti della Commissione Parlamentare d'inchiesta sulla loggia P2, che proprio il magistratro Granero contribui a indagare all'inizio degli anni '80.
Oltre a Carige e Scajola però la Liguria ha dato ossigeno e nomi anche ad altre inchieste della magistratura che sono arrivate anche in Lombardia: si inizia proprio dentro Expo con Francesco Errichiello, dirigente generale per le attività di studio e ricerca per Expo 2015. In terra ligure Errichiello è stato pizzicato nell'inchiesta sul Provveditorato alle Opere Pubbliche di Lombardia e Liguria. A Milano è coinvolto in due inchieste, entrambe per fatti risalenti a quando  ricopriva proprio l’incarico di Provveditore alle Opere Pubbliche di Lombardia e Liguria, prima di dedicarsi all’Expo. Il 15 ottobre 2013 il pm Letizia Mannella ha chiesto il suo rinvio a giudizio per abuso d’ufficio perché avrebbe concesso favori indebiti a un dipendente dell’Anas, mentre sempre a Milano è indagato per turbativa d’asta per avere favorito una società napoletana, la Lica Costruzioni srl, ad “aggiudicarsi” l’appalto “dei lavori di ristrutturazione” di una scuola di formazione del personale del Ministero della Giustizia, in provincia di Mantova, mentre a Roma, annotano gli inquirenti pavesi, per lui c'è l'ipotesi di tentata truffa.

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Altri due arrestati nell’inchiesta sulla cosiddetta “cupola” degli appalti Expo arrivano da queste parti: sono l’ex segretario regionale dell’Udc Sergio Cattozzo, in passato coinvolto in una vicenda di firme false alle elezioni amministrative. Con lui è rimasto impigliato nella rete degli inquirenti milanesi anche l’ex senatore di Forza Italia Luigi Grillo, ras della vita politica a Levante (a ponente hanno sempre fatto proseliti Burlando e Scajola) e uomo di peso all’interno delle banche liguri, dalla Cassa di Risparmio di La Spezia alla stessa Carige, passando per la Popolare di Lodi (nel corso di un interrogatorio Giampiero Fiorani disse di aver versato a Grillo, nel 2004, 200mila euro per l’attività svolta dall’allora senatore a favore di Fazio, ex governatore di Bankitalia). Così come lo IOR che acquistò 100milioni di bond Carige per poi rivenderli con uomini della curia per anni all’interno proprio di Carige. Nelle carte della magistratura ligure emerge Piermaurizio Priori, notaio che contribuisce alla truffa sulle quote degli alberghi. Priori, annota ancora il Secolo XIX è «uomo di fiducia del cardinale Angelo Bagnasco”, presidente della Cei e arcivescovo di Genova.
Dalla Liguria partono i punti nevralgici anche dell’inchiesta degli stessi pm di Reggio Calabria denominata “Breakfast” che ha portato allo scandalo dell’ex tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito e ai grattacapi di Finmeccanica e Fincantieri, di cui Belsito era vice-presidente. Nel vicino Piemonte arriva poi un altro nome pesante dell’inchiesta Expo, cioè l’impresa di giuseppe Maltauro, che ha messo le mani sull’appalto da 98 milioni di euro dell’impianto di stoccaggio nucleare di Saluggia, provincia di Vercelli, tramite la Sogin. Lo stesso Maltauro che nelle intercettazioni tira in ballo un cognome noto al centrosinistra. Ovvero quello di «Gavio», che potrebbe essere un nuovo filone di indagine dei pm milanesi, anche perché la Ati Tubosider del gruppo era già stata visionata dai pm dopo aver vinto uno dei primi appalti Expo. Tutte le strade, del resto, portano a Torino.
A pagina 262 dell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere la «cricca» sull’Expo 2015, compare appunto un nome scritto in maiuscolo, che i magistrati hanno evidenziato in neretto. Sono cinque lettere che rischiano di far sobbalzare sulle sedie diversi esponenti del Partito democratico, perché parlare delgruppo Gavio - tra i leader in Italia per le opere autostradali, trovarlo nei verbali di un’inchiesta dove compare anche il nome di Pierluigi Bersani, significa scoperchiare, oltre che il passato di Tangentopoli, l’ultimo vero scandalo che ha fatto tremare gli ex Ds dalle parti del capoluogo lombardo: l’acquisto del 15% della Milano Serravalle da parte della provincia di Milano nel 2005. È un processo, quest’ultimo, che non si è ancora chiuso, con la Procura della Corte dei Conti della Regione Lombardia che nel novembre scorso ha contestato all’ex presidente della Provincia di Milano Filippo Penati un danno erariale di oltre 119 milione di euro.

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