lunedì 26 maggio 2014

#vinciamodomaniabbiamosbagliatogiorno

26/05/2014

Flop grillino, quattro parlamentari e mille imbarazzi

La notte più lunga nel quartier generale M5s tra silenzi, capriole e delusione: «Serve autocritica»

Vetrate del quartier generale M5s (Marco Fattorini)

 
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Quattro parlamentari a difendere il fortino espugnato. È questa l’immagine simbolica ma potente delle elezioni europee in casa Cinque Stelle. Il risultato equivale a una disfatta: doppiato dal Pd, il movimento perde tre milioni di voti prosciugando un serbatoio di aspettative davanti allo stesso Renzi contro cui era stato ingaggiata una lotta muscolare, un referendum all'ultimo voto promosso da Grillo in persona. La dimensione della sconfitta non sta tanto in quel 21% (percentuale tutt’altro che modesta) ma assume i suoi contorni più foschi a causa della tattica adottata in una campagna campagna elettorale dai toni alti dove il grido di battaglia è stato «o noi o loro».
La sconfitta del Movimento 5 Stelle non può non essere letta nella sua notte più lunga, quella che lo staff aveva apparecchiato all’hotel ”Villa Eur“, un tre stelle a due passi dal Palalottomatica. È qui che i silenzi e gli imbarazzi accendono una bomba pronta a esplodere ai vertici del Movimento. Al primo piano viene allestito il quartier generale con la sala stampa, le postazioni tv e una war room riservata allo staff Cinque Stelle. Pochi metri più in là il rinfresco per un battesimo, con famiglie ben vestite e bambini curiosi. Là si festeggia, qui si aspetta. Quella che doveva essere l’ascesa del Movimento verso il governo monocolore, il preludio della manifestazione di protesta ai piedi del Quirinale, si trasforma in una disfatta sorda e afona, troppo lontana dal leader Grillo che intanto si chiude nei pensieri più bui, tra l’idea di mollare tutto e la ripartenza orgogliosa.
Quattro parlamentari, si diceva. Ad affrontare la «lunga notte elettorale» si presenta una sparuta pattuglia di deputati e senatori M5s, accompagnati dal responsabile comunicazione alla camera Nicola Biondo, dai ragazzi dello staff e da energumeni della sicurezza. Non ci sono i bomber di piazza Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, apostoli del #vinciamonoi e paladini delle battaglie mediatiche. Mancano pure le Paola Taverna e i Roberto Fico. All’hotel Villa Eur presenziano mediani di spinta come Roberta Lombardi, già abituata al mare in tempesta dei primi giorni grillini in Parlamento, e Nicola Morra, imperturbabile filosofo davanti alle espulsioni dei dissidenti. Nei corridoi sfilano anche Manlio Di Stefano e Riccardo Villarosa oltre a un gruppetto di candidati all’Europarlamento che provano ad ammazzare l’attesa sprofondando nei divanetti.
Matteo Renzi. Getty Images

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Spillette, bandiere e manifesti. Roberta Lombardi arriva scortata da un codazzo di attivisti con carrozzina e bebè al seguito, Manlio Di Stefano porta la bella fidanzata mentre Nicola Morra si presenta col figlio studente universitario. Entrano da padroni di casa, sorridenti e sicuri. In poche ore diventano prigionieri di un quartier generale troppo affollato di persone e domande a cui non possono rispondere. Da inizio serata l’ordine di scuderia è «niente commenti se non a risultati definitivi», lo decidono Grillo e Casaleggio per evitare autogol. Meglio procedere in fila indiana. Poi però, col passare delle proiezioni, il silenzio diventa assordante e i quesiti aumentano proprozionalmente alle dichiarazioni entusiastiche dei dirigenti Pd.
Nei corridoi dell’hotel una volta tanto i «walking dead» non sono i giornalisti ma gli uomini del Movimento, che si aggirano con bocche cucite e cellulari in mano. Una sigaretta in terrazza, qualche rapido conciliabolo e poi di nuovo nella war room: anche solo per concordare una dichiarazione occorrono decine di minuti e passi felpati. C’è sorpresa e sconcerto per risultati che tutti nel Movimento immaginavano migliori e la delusione si legge negli occhi degli attivisti che provano a sdrammatizzare: «Andiamo a piangere sui divanetti». Lo staff pentastellato continua a non sbottonarsi, rinvia l’appuntamento con la stampa. Fuori il vento, i lampi e poi la pioggia: è il ritratto meteorologico di una tempesta che dentro la nave viene accolta in un’atmosfera di ovattato stordimento. «Com’è il clima? Fa caldo», sussurra un ragazzo dello staff comunicazione appena sgusciato dalla stanza dei bottoni mentre i giornalisti commentano la festa scudetto che riecheggia dal Nazareno.
Alle due di notte Lombardi e Morra si presentano in conferenza stampa esercitandosi in politichese, non proprio la formula preferita dai Cinque Stelle. «Aspettiamo domani per commentare il voto, serve un dato certo dopodiché faremo le nostre valutazioni. Grillo? Non l’abbiamo sentito, credo che dorma». In realtà l’ex comico è sveglio e anche abbastanza teso, così come lo sono i parlamentari. «O l’Italia non merita me o io non merito l’Italia» si sfoga Matteo Dall’Osso mentre Cristian Iannuzzi parla di «risultato deludente» e Alessandro Di Battista di «momenti duri». Sono in molti a chiedere «una vera autocritica dopo questi risultati» ma l’ultima parola spetta a Beppe Grillo, chiamato a riannodare le fila di un Movimento scosso, al cui interno qualcuno non esclude colpi di scena e lacerazioni «ora che è piombata una sconfitta per certi versi storica». Ragione e istinto si mescolano nella notte più lunga, quella dell’hotel Villa Eur e dei quattro parlamentari che si congedano in fretta per la gioia dei cronisti: «Spegni tutto e andiamo a casa, stavolta vinciamo noi».

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