martedì 27 maggio 2014

Vai Mattai. Mandiamo i leghisti come Centinaio in Svizzera e prendiamoci il nostro paese. Il grande intellettuale Centinaio che noi manteniamo con le nostre tasse non per risolvere i problemi del lavoro giovanile. Noi paghiamo uno con i nostri soldi per fare il controllore di blog. Ma arriveranno le elezioni politiche. E quando arriveremo ci ricorderemo di ricordare ai cittadini cosa ha fatto questo grande politico che scrive le interrogazioni quasi come un analfabeta.

Nel profondo Nord, dove Renzi vola

Il Lombardo-Veneto non è più terra ostile. Ma ha vinto la paura o la speranza? E soprattutto durerà?
Matteo Renzi allo scorso Vinitaly di Verona (Flickr / Palazzo Chigi)

Matteo Renzi allo scorso Vinitaly di Verona (Flickr / Palazzo Chigi)

  
Parole chiave: 
ELEZIONI / RENZI / NORD / IMPRESE
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A ripensarci oggi sembra quasi un messaggio profetico, quel primo showdown di Renzi del 12 settembre di due anni fa. Fu aVerona, una delle capitali del «lombardo-veneto» forzaleghista, governata dalla sua (allora) nemesi di centro destra Flavio Tosi, che l’allora sindaco di Firenze annunciò la sua sfida a Bersani e a tutto l’(allora) establishment del Partito democratico. «Voglio andare a stanare i delusi di centrodestra», disse in quell’occasione. Quale posto migliore della terra in cui votavano a destra persino gli operai (due su tre, nel 2008) e dove tra padroncini e dipendenti non c’è sostanziale differenza, anzitutto antropologica?

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Missione compiuta, verrebbe da dire, dopo la pazzesca affermazione di domenica: 41% in provincia di Monza, 38% a Varese, 38,3% a Bergamo, 37,9% a Brescia, 39% a Belluno, 36% a Treviso, 37% a Vicenza, 41% a Pordenone. La Pedemontana produttiva dei piccoli artigiani e dei padroncini per la prima volta ha aperto un credito ad un leader di centrosinistra in modo pieno e rotondo. Lo dimostra anche il voto in alcuni distretti industriali tipici del made in Italy: a Lumezzane (Brescia) il Pd cresce dal 18,3% di un anno fa al 33,4%, a Cantù (Como) dal 22,8% al 40%, a Montebelluna (Treviso) dal 19% di Bersani al 39,8% dell’attuale Premier. Lo stesso ad Arzignano (Vicenza): dal 16,7% al 33%. Non fanno eccezione le terre di grandi industria in difficoltà come Vergiate (Varese), dove ha sede uno dei cinque stabilimenti italiani di AgustaWestland: qui il Pd arriva addirittura al 42,4% (un anno fa si era fermato al 28%) mentre a Porcia, in provincia di Pordenone, dove Renzi monetizza il recente accordo con Electrolux, il partito dell’ex sindaco di Firenze passa dal 22,6 al 39,1%. «In Lombardia, Veneto, Friuli V.G. e Trentino A.A. il Pd ha preso più voti da solo di quanti ne abbiano preso insieme tutti i partiti del centrodestra: 39,1% contro 35,3%.
elezioni europee
I risultati elettorali in Italia alle elezioni politiche del 2013 e alle Europee del 2014. Legenda: in rosso Centrosinistra, in azzurro Centrodestra, in giallo Movimento 5 stelle, in verde Lega Nord
Non era mai successo prima. A confronto, sia Fi che il M5s sono partiti meridionali», scrive su Il Sole 24 Ore, un esperto comeRoberto D’Alimonte. Di più. In ognuna di queste realtà, la crescita del Pd è a doppia cifra, così come a doppia cifra – da dieci a zero, in molti casi – è il crollo di Scelta Civica. In calo pure Forza Italia e il Movimento Cinque Stelle, mentre la Lega Nord tiene botta. Oddio, perlomeno rispetto alle ultime politiche: il confronto con le europee del 2009 è imbarazzante. 
Silvio Berlusconi il 21 maggio a Porta a Porta (TIZIANA FABI/AFP/Getty Images)

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Numeri a parte, che lettura dare di questo exploit che archivia "il mondo di ieri" padano, fatto di voto al centrodestra e diffidenza quasi ancestrale per i comunisti e tutto ciò che "puzza" di sinistra? Fatto di parole d’ordine monopolizzate per anni dal forzaleghismo, capace di consolidare un blocco sociale intorno al tema delle tasse, del mettersi in proprio, del capannone, dell’ideologia della famiglia-impresa, della burocrazia e dell’allergia allo stato centrale? È un voto di speranza, come dice Renzi, o un voto dettato dalla paura di salti nel vuoto? È l’inizio di una liason tra il «lombardo-veneto» e il centrosinistra, oppure è solo una delega transitoria, dettata più che altro dall’assenza di un’alternativa credibile in campo avverso dopo il declino della stagione bossian-berlusconiana e la fugace parentesi grillina? In parole povere, Renzi lo ha sfondato, questo maledetto muro del profondo Nord?
«Più che di paura o di speranza parlerei di responsabilità – ragiona Mauro Colombo, direttore generale di Confartigianato Varese – Le imprese, ma anche i cittadini stessi hanno voglia di stabilità e di governabilità. Credono, a mio avviso giustamente che siano la precondizione a tutte le idee e i progetti che Renzi ha promosso e che gli elettori hanno premiato. Credo che abbiano votato lui, gli elettori, non la sinistra o il Pd». Di certo, secondo Colombo, il Premier non dovrà sedersi sugli allori: «Quel che sta accadendo a destra è interessante. La Lega Nord ha ottenuto un buon risultato cavalcando posizioni anti Europa che all’estero hanno trovato terreno fertile. Dall’eclissi di Berlusconi, inoltre, potrebbe presto nascere una forza costruttiva e alternativa all’attuale strapotere renziano. La situazione, insomma, è in divenire».

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D’accordo con la lettura che offre Colombo è Renato Mattioni, segretario generale della Camera di Commercio di Monza-Brianza: «Il tempo delle scelte ideologiche è finito, e questo voto è indubbiamente sub judice, vincolato alle riforme che la gente si aspetta e che vuole veder realizzate – osserva –. C’è di più, tuttavia. Prima della crisi il ceto imprenditoriale era un blocco unico, in cui i grandi e i piccoli parlavano la stessa lingua, più o meno. Ora non più, per tanti motivi. L’impoverimento di tante imprese che hanno perso competitività nella crisi, ma non solo. Ci sono tanti giovani che hanno preso il posto dei loro padri, con saperi e competenze nuove; ci sono tanti altri giovani che hanno scelto di fare impresa per reagire a uno stato di necessità e alla difficoltà a trovare un impiego subordinato.  Se ai loro padri Berlusconi ha offerto cittadinanza e legittimità, Renzi offre ai loro figli le poche, residue speranze che rimangono loro. Recentemente abbiamo fatto un sondaggio tra i nuovi giovani imprenditori del nostro territorio. Tra le tante domande, abbiamo chiesto loro quanto si aspettano di guadagnare: la risposta media è stata mille e quattrocento euro. Come un metalmeccanico».
«Darei una lettura cauta di questa tornata elettorale, anche perché il voto amministrativo, come dimostra il testa a testa di Padova, è un’altra storia – avverte Filiberto Zovico, editore di Venezie Post,testata di riferimento dell’intelligencija nordestina –. Il Nord-Est non dà niente per niente e non perdona chi non mantiene quel che promette». Detto questo, a Renzi vanno riconosciuti due grandi meriti: «Ha dato un messaggio di speranza in un momento disperato – li enumera Zovico – e ha battuto Berlusconi senza mai attaccarlo». Quest’ultimo, soprattutto, non è un dettaglio banale: «Renzi, con l’odiato Silvio, ha stretto accordi, mentre ha più volte polemizzato con la Cgil. Nel suo campo, molti hanno storto il naso, ma qui nel Nord-Est, terra di moderati, il messaggio è passato chiaro: di me vi potete fidare. E, alla prima occasione utile, col Pdl in crisi e la Lega Nord arroccata su posizioni radicali, ha sbancato». Responsabilità, concretezza, fiducia. Queste, insomma, le tre parole d’ordine con cui Matteo Renzi si è fatto aprire le porte della Lombardia e del Veneto. Di fatto, le tre parole cui dovrà dar seguito, se vorrà rimanerci a lungo. 

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