Cosa può fare un parlamentare a Bruxelles se il suo partito non fa parte di nessun gruppo? Poco o niente, in concreto. In pochi lo dicono, ma il Parlamento europeo ha un funzionamento che risulterà indigesto a chi, come Beppe Grillo, voleva “aprirlo come una scatola di würstel”.
I “non iscritti”, come si chiamano i membri che non fanno parte di nessuna “famiglia politica europea”, hanno gli stessi diritti dei colleghi che siedono con loro nell’Europarlamento. Ma nella vita di tutti i giorni, a Bruxelles o a Strasburgo, sono costretti a essere ininfluenti: per presentare un emendamento (una modifica, quindi, a un testo legislativo) serve la firma di 40 europarlamentari (la destra di Marine Le Pen, per capirci, ne avrà circa 25); salvo casi particolari, non possono essere relatori dei dossier su cui lavora il parlamento (i dossier legislativi, ad esempio, si occupano di temi come la politica di coesione, la politica di bilancio).
Insomma, possono urlare fino a perdere la voce senza che il processo legislativo ne risenta. Per questo molti euroscettici hanno cercato di mettere da parte la diffidenza reciproca, unendo le forze per contare qualcosa: è il caso della Lega Nord, che insieme al Front National di Le Pen, agli austriaci del Fpoe e al partito dell’olandese Geert Wilders stanno dando vita al gruppo Alleanza europea per la libertà.
E Grillo? Gli servono alleati: per non restare nell’indistinto gruppo misto servono 25 parlamentari di 7 nazioni diverse. Marine Le Pen, è noto, ha detto cose terribili del leader del Movimento 5 Stelle, che a questo punto dovrà fare trovare un’altra strada. Perché da solo, in Europa, rischia di fare cinque anni in panchina, senza scendere mai in campo.
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