La sfida interna di Grillo e del M5S
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Un risultato del genere non se lo aspettavano in casa 5 stelle.
"Ieri non ho scritto nulla. Stavo a pezzi! La sensazione che sentivo? Come se qualcuno mi avesse strappato un pezzo di carne" sono queste le prime righe del post di Di Battista, forse le più autentiche interpreti dell'umore vero di molti militanti.
Eppure il risultato del M5S ha alcune chiavi di lettura abbastanza semplici, e tutte sono benzina esplosiva nel Movimento di Grillo, che, è bene ricordare, non ha struttura, non ha sedi, non ha organi collegiali né rappresentativi, e la semplice discussione in rete è un "non luogo" che non aiuta a digerire e metabolizzare le sconfitte.
Infondo Grillo e Casaleggio in questi mesi hanno chiesto un atto di cieca e obbediente fiducia in nome del risultato finale: la vittoria assoluta.
Una cieca fiducia per le espulsioni, per la selezione dei curricula dei candidati, dei nomi, delle liste, delle sospensioni, delle scelte politiche e strategiche dei gruppi parlamentari.
Una fiducia totale sui toni e temi della campagna elettorale, a partire dalle clausole contrattuali degli eventuali eletti a quelle di comportamento.
Avevano tutti il precedente delle politiche, e promettevano un risultato simile, che ha anestetizzato ogni critica a chi giocato sul boia chi molla, sulla peste rossa, sulle liste di proscrizione, ha minacciato processi sommari di piazza, ha giocato sulla Shoah e su Hitler, ha promesso novelle marce su Roma...
Hanno sognato il 40%, hanno promesso di battere il Pd, hanno garantito almeno un deputato in più... e invece, come ha ammesso lo stesso Di Battista, sono stati doppiati, e hanno dimezzato le aspettative. E di questo sarebbe bene prendere atto, e porsi le domande opportune, che partono anche solo dall'ipotesi che "qualcosa è stata sbagliata".
Lo scenario è articolato, per quel movimento, ma non diverso da ciò che avviene in qualsiasi partito. Con l'anomalia che senza alcun organo/luogo, ancora una volta, paradossalmente rispetto alle ambizioni, conteranno in pochi, pochissimi: gli eletti, per ragioni mediatiche, e la coppia Grillo-Casaleggio, quella stessa che aveva promesso e garantito "se non vinciamo ci ritiriamo".
Cosa accade quindi oggi?
Da una parte i vari Pizzarotti, consapevoli delle concrete difficoltà locali di questi risultati, che, sino a ieri tenuti a i margini come "quasi eretici" possono rialzare la testa, dire la loro, criticare "risultati alla mano" e... polarizzare il dissenso interno: quei tanti, parlamentari e non, quelli sul filo dell'espulsione e della sospensione, che talvolta hanno criticato la linea del padrone di logo-blog-movimento.
La partita di Grillo e Casaleggio è appena delineata: compattare la base nuovamente attorno a sé. Lo strumento è semplice, quasi banale, ripetuto e reiterato in questi anni: la colpa è della casta, della partitocrazia, dei pensionati che non vogliono cambiare, delle clientele... sino a un Giarrusso che si lancia nel volo pindarico di vero e proprio voto di scambio (che in sé sarebbe reato, ma lui ha l'immunità, non è un cittadino qualunque, e quindi...).
La linea dura dell'oltranzismo, quella che abbiamo imparato a conoscere con il famoso "chi non è d'accordo fuori dalle balle..." (che funzionava a risultato stratosferico garantito, e che oggi, forse...). Quella linea dura che rischia di essere cieca, e far parlare di brogli, di complotti, di macchinazioni di ogni genere e tipo. Come per le affermazioni di Vega Colonnese, parlamentare pentastellata, o del fantasioso riconteggio avviato da un attivista (costretto per evidenti violazioni di legge a cessare la sua attività di raccolta illegale di dati personali).
Come ho scritto lunedì "Beppe Grillo paga la sua arrogante presunzione di asfaltare, annientare, abbattere, fare fuori. La campagna elettorale l'ha fatta lui. Lui ha scelto i temi e i toni. Lui ha sfidato e replicato. Ha perso il consenso sostanzialmente di tutti coloro che volevano - come sempre in Italia - un'opposizione costruttiva, fattiva, concreta." E però... Grillo non crolla. A questi temi e toni e parole credono ben 6 milioni di italiani.
Lo smacco maggiore è per Casaleggio, che si è visto battuto, senza eccezioni, da un punto di vista qualitativo e quantitativo dal contenuto e dalla comunicazione web del Partito Democratico. Sconfitto sul suo terreno, e non tanto e non solo nelle condivisioni e nella viralizzazione dei contenuti, ma soprattutto dalla capacità di replica, organizzativa, e di coinvolgere gli attivisti.
Da Twitter a Facebook le menzioni dei candidati e dei contenuti del Pd erano doppie se non triple rispetto ai cinquestelle, e soprattutto concentrate in termini di attacco e ironia (alle volte decisamente di basso livello) contro il pd.
È mancato lo spazio di proposta - e del resto il programma in sè decisamente non ne consentiva alcuna - limitandosi ad una confusa replica a ciò che dicevano e facevano gli altri.
A causa delle beghe interne, di alcuni attivisti "non accontentati", la comunicazione di Grillo ha fatto a meno di tante risorse decisive della prima ora: il MU878 in testa. E questo sarebbe il vero rischio, scegliere di involvere, tornare a quella base, non cambiare i toni per non perdere "ciò che si ha".
E nonostante tutto tra opzioni in campo, la divisione, la divergenza, quella che oggi è sul banco degli imputati è proprio la comunicazione, quella che (Claudio Messora in testa) come longa manus di Casaleggio nei gruppi parlamentari ha creato non pochi mal di pancia e qualche espulsione moderata forse di troppo.
La sfida a l'unità del movimento si gioca esattamente qui: nel cosa cambia nella comunicazione, nei modi e nei contenuti del movimento pentastellato, e nella capacità di mediazione e contenimento dei vari Di Maio, Fico; Di Battista.
Davanti c'è almeno un anno senza elezioni, e questo può aiutare a trovare una strada nuova senza traumi. O proprio per questo porterà a un dilaniante confronto interno con la linea assolutista e intransigente, trasformando quell'embrione che si intravvedeva di lepenismo in un vero e proprio Fronte Nazionale a 5 Stelle.
Nonostante tutto, il punto di partenza è che Grillo perde "solo" circa 4 punti percentuali, intercettando gran parte del voto di centro destra, che lo ha visto come unico argine e alternativa al Pd. Restano in campo - e come oggetto di riflessione per tutti gli altri partiti - quei contenuti comunque forti che sono la parte costruttiva e il carburante con cui è cresciuto ed esploso il M5S: la richiesta di un maggiore rigore morale, maggiore sobrietà della politica, ridurre la sua ingombranza nell'economia e nella società. Questi temi restano, nonostante ed oltre Grillo, e dovrebbero essere "i temi" sociali del Pd, cui oggi compete, con determinazione, farsi carico prioritario.
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