Riforma del Senato, Chiti non molla: stop all’apertura dei “renziani”
di Redazione - 30/05/2014 - L'esponente del Pd sottolinea che l'emendamento dei senatori del Pd Marcucci e Mirabelli non funzionerebbe anche perché sarebbe un mix preso in prestito da Francia e Germania
Vannino Chiti insiste sull’elezione diretta del nuovo Senato e sottolinea che l’emendamento dei senatori del Pd, i renziani Marcucci e Mirabelli presentato ieri in Senato in commissione riforme costituzionali che propone il modello del Senato francese con i nuovi senatori eletti da una platea di amministratori locali non funzionerebbe.
«UN MIX CONFUSO» - L’esponente Pd osserva che «voler importare altri sistemi, quello francese o quello tedesco – addirittura facendo un mix confuso tra i due – senza oltretutto tener conto delle diverse leggi elettorali con cui in quei paesi si elegge la Camera ‘politica’, e dei differenti sistemi di rapporto Stato-Regioni-C omuni, non realizzerebbe una buona riforma. Il ddl che avevamo presentato rispondeva alla necessità di indicare una proposta coerente di cambiamento costituzionale, senza tatticismi o ipocrisie. Su questa base hanno un fondamento gli emendamenti che abbiamo presentato, in gran parte condivisi dai senatori di Sel e dagli ex appartenenti al gruppo M5S. Sono parlamentari che hanno altrettanta titolarità nel partecipare alla scrittura delle riforme e che è importante coinvolgere, uscendo dall’esclusività di un patto con Verdini». Chiti aggiunge: «Notiamo infine come in altri settori, da Forza Italia alla Lega, dal M5S al Ncd e ai Popolari per l’Italia, si stia manifestando un interesse nei confronti delle proposte che stiamo sostenendo. Il nostro impegno è quello di realizzare le riforme entro il 2014, ma approvando buone riforme, che aggiornino la nostra Costituzione senza snaturarne gli equilibri.
«UN SENATO PIÙ AUTOREVOLE» - Chiti spiega che «dopo la vittoria di Renzi e del Pd alle europee il cammino delle riforme può essere più spedito ed è giusto porsi l’obiettivo di approvare il Ddl costituzionale entro giugno in prima lettura e definitivamente entro l’anno. Gli Italiani dovranno in ogni caso essere chiamati a esprimersi con un referendum. Ci sembra ormai acquisito – continua – che una sola Camera voti la fiducia al governo, le leggi di bilancio e l’insieme dei provvedimenti ordinari. Il sistema bicamerale paritario deve restare per le modifiche alla Costituzione, le leggi elettorali, gli ordinamenti europei, i diritti civili e politici fondamentali. Si sta affermando la convinzione di ridurre i deputati, oltre che i senatori: darebbe loro maggiore autorevolezza e indipendenza». Il senatore Pd sottolinea poi che «sta anche avanzando la condivisione su un’elezione diretta dei senatori in concomitanza con i consigli regionali, come noi stessi abbiamo sostenuto. Un Senato così eletto sarà più autorevole, potrà meglio rappresentare le autonomie e al tempo stesso svolgere una funzione di contrappeso e garanzia sulle grandi questioni che non possono essere ridotte a materia esclusiva di una maggioranza alla Camera. Il nostro insistere su questo punto non è frutto di testardaggine o di vicende interne ai partiti: il cuore del problema è il diritto dei cittadini a scegliere i propri rappresentanti nelle istituzioni»
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