Europa, il nazionalismo non fa paura
Il successo dell'Ukip nel Regno Unito. E il boom del Fn in Francia. Gli anti-Ue danno qualche preoccupazione, ma non sfondano. E, come tutti i movimenti di protesta, non hanno proposte.
BASSA MAREA
L’avanzata degli anti-europa e degli anti-euro è di proporzioni storiche, ma in termini di seggi assai inferiore alle previsioni catastrofiche.
Non avranno un terzo e nemmeno un quarto dei seggi come molti prevedevano sulla base dei sondaggi, ma un sesto (129 su 751).
Raddoppiano comunque, o aumentano del 40%: la rappresentanza dipende da come si valuta la consistenza della galassia euroscettica nel parlamento uscente. Ma sarà una voce che si farà sentire.
UE NATA PER SOLIDARIETÀ. Il progetto europeo nacque come un progetto di speranza dopo la Seconda Guerra mondiale, portato avanti da una classe dirigente che ricordava bene anche i disastri del primo conflitto e ispirata dal solidarismo cattolico (i tre leader più rappresentativi Robert Schuman, Konrad Adenauer e Alcide De Gasperi erano cattolici) e socialdemocratico.
Oggi chi non ha mai partecipato ritenendosi - e anche a ragione - diverso rispetto a quel progetto, come molti britannici, o chi non ci crede più, si è organizzato e si è dato una voce forte. Non è detto sia anche una voce chiara.
RIGURGITI NAZIONALISTICI. I motivi sono noti: immigrazione, soprattutto quella interna all'Unione europea proveniente dall’Est e non sempre gradita, ma anche quella da Sud, il trasferimento di troppe competenze nazionali a Bruxelles e quindi il senso di esproprio di prerogative nazionali giustificato o no secondo i casi, insoddisfazione per l’euro 'tedesco' e soffocante.
La preoccupazione principale è che tutto alla fine si riduca a un rigurgito di nazionalismo, comprensibile per alcuni aspetti, sterile per altri, antistorico proprio in questo 2014 che ricorda i 100 anni dallo scoppio della Prima Guerra mondiale, dall’inizio cioè del lungo suicidio dell’Europa, in nome del nazionalismo.
Non avranno un terzo e nemmeno un quarto dei seggi come molti prevedevano sulla base dei sondaggi, ma un sesto (129 su 751).
Raddoppiano comunque, o aumentano del 40%: la rappresentanza dipende da come si valuta la consistenza della galassia euroscettica nel parlamento uscente. Ma sarà una voce che si farà sentire.
UE NATA PER SOLIDARIETÀ. Il progetto europeo nacque come un progetto di speranza dopo la Seconda Guerra mondiale, portato avanti da una classe dirigente che ricordava bene anche i disastri del primo conflitto e ispirata dal solidarismo cattolico (i tre leader più rappresentativi Robert Schuman, Konrad Adenauer e Alcide De Gasperi erano cattolici) e socialdemocratico.
Oggi chi non ha mai partecipato ritenendosi - e anche a ragione - diverso rispetto a quel progetto, come molti britannici, o chi non ci crede più, si è organizzato e si è dato una voce forte. Non è detto sia anche una voce chiara.
RIGURGITI NAZIONALISTICI. I motivi sono noti: immigrazione, soprattutto quella interna all'Unione europea proveniente dall’Est e non sempre gradita, ma anche quella da Sud, il trasferimento di troppe competenze nazionali a Bruxelles e quindi il senso di esproprio di prerogative nazionali giustificato o no secondo i casi, insoddisfazione per l’euro 'tedesco' e soffocante.
La preoccupazione principale è che tutto alla fine si riduca a un rigurgito di nazionalismo, comprensibile per alcuni aspetti, sterile per altri, antistorico proprio in questo 2014 che ricorda i 100 anni dallo scoppio della Prima Guerra mondiale, dall’inizio cioè del lungo suicidio dell’Europa, in nome del nazionalismo.
Dubbi sulla possibile uscita della Gran Bretagna dall'Ue
Oltre alla storia, c’è la geografia. È sufficiente osservare una carta geografica della piccola Europa.
In questo modo si comprende come mai l’istinto antieuropeo è così forte in Gran Bretagna.
Nigel Farage, il leader dell’Ukip, fa molto chiasso, ora soprattutto, ma c’è da dubitare che l’elettorato inglese, dopo una campagna che sarebbe certamente allo spasimo, possa davvero decidere l’uscita dall’Ue, con tutte le conseguenze.
CONSERVARE LE ABITUDINI. La natura del movimento di Farage è sintetizzata nella sigla del suo partito, Ukip, che vuol dire United Kingdom independence party, ma si pronuncia quasi come se fosse scritto you keep, tu conservi o voi conservate. Che cosa? Le vostre abitudini e consuetudini, non più storpiate da Bruxelles.
Su un popolo come quello britannico l’appeal è forte. Non è detto decisivo. È sufficiente vedere Farage a un dibattito tivù per accorgersi che ha tutto il vocabolario e la mimica del demagogo.
SOPRAVVIVERE SENZA LONDRA. La geografia dice che se la Gran Bretagna dovesse prendere il largo, l’Europa pagherebbe un grave prezzo, ma sopravviverebbe. È nata e cresciuta senza Londra e potrebbe, con dolore, anche farne a meno.
Ma la geografia ci dice che se qualcuno dei Paesi del Continente, soprattutto uno degli Stati fondatori, dovesse prendere il largo, sarebbe la fine. Con che prospettive poi su un Continente così piccolo e interconnesso negli interessi, ma così diverso nelle culture e nelle lingue (la benedizione e maledizione insieme dell’Europa), non è difficile da prevedere. In un mondo di giganti sarebbe l’Europa dei nani, Germania compresa.
L'EXPLOIT DEL FRONT NATIONAL. La Francia è il punto più preoccupante e non a caso questo avviene nel grande Paese dove è nato il moderno nazionalismo europeo, sul Continente.
Il fascino supremo delle soluzioni nazionali è sempre stato forte a Parigi. Il punto è decidere se queste soluzioni sono adatte all’epoca in cui viviamo oppure, senza negarle e anzi valorizzandole là dove giusto, sono superate.
Quanto può ogni singola nazione europea fare la voce grossa nei consessi internazionali? Possiamo non avere una prospettiva di politica estera comune? La credibilità della difesa dovrà essere in eterno affidata agli americani? Può reggere a lungo una politica energetica solo nazionale? L’elenco sarebbe lungo.
In questo modo si comprende come mai l’istinto antieuropeo è così forte in Gran Bretagna.
Nigel Farage, il leader dell’Ukip, fa molto chiasso, ora soprattutto, ma c’è da dubitare che l’elettorato inglese, dopo una campagna che sarebbe certamente allo spasimo, possa davvero decidere l’uscita dall’Ue, con tutte le conseguenze.
CONSERVARE LE ABITUDINI. La natura del movimento di Farage è sintetizzata nella sigla del suo partito, Ukip, che vuol dire United Kingdom independence party, ma si pronuncia quasi come se fosse scritto you keep, tu conservi o voi conservate. Che cosa? Le vostre abitudini e consuetudini, non più storpiate da Bruxelles.
Su un popolo come quello britannico l’appeal è forte. Non è detto decisivo. È sufficiente vedere Farage a un dibattito tivù per accorgersi che ha tutto il vocabolario e la mimica del demagogo.
SOPRAVVIVERE SENZA LONDRA. La geografia dice che se la Gran Bretagna dovesse prendere il largo, l’Europa pagherebbe un grave prezzo, ma sopravviverebbe. È nata e cresciuta senza Londra e potrebbe, con dolore, anche farne a meno.
Ma la geografia ci dice che se qualcuno dei Paesi del Continente, soprattutto uno degli Stati fondatori, dovesse prendere il largo, sarebbe la fine. Con che prospettive poi su un Continente così piccolo e interconnesso negli interessi, ma così diverso nelle culture e nelle lingue (la benedizione e maledizione insieme dell’Europa), non è difficile da prevedere. In un mondo di giganti sarebbe l’Europa dei nani, Germania compresa.
L'EXPLOIT DEL FRONT NATIONAL. La Francia è il punto più preoccupante e non a caso questo avviene nel grande Paese dove è nato il moderno nazionalismo europeo, sul Continente.
Il fascino supremo delle soluzioni nazionali è sempre stato forte a Parigi. Il punto è decidere se queste soluzioni sono adatte all’epoca in cui viviamo oppure, senza negarle e anzi valorizzandole là dove giusto, sono superate.
Quanto può ogni singola nazione europea fare la voce grossa nei consessi internazionali? Possiamo non avere una prospettiva di politica estera comune? La credibilità della difesa dovrà essere in eterno affidata agli americani? Può reggere a lungo una politica energetica solo nazionale? L’elenco sarebbe lungo.
I movimenti di protesta sanno distruggere, ma non propongono
Il punto debole del neonazionalismo è, come al solito per i movimenti di protesta o rivoluzionari - compresi quelli di matrice leninista - la parte propositiva.
Efficaci e spesso con buoni argomenti nella pars destruens, sono vaghi o nulli nella pars construens. Basta guardare alla polemica anti-euro e alla campagna della Lega, che è stata premiata da frange sufficienti dell’elettorato del Nord.
L’euro ha molti problemi, ma volere un ritorno alla lira è in linea perfetta con l’ethos del you keep britannico. E poi? A che cambio si fisserebbe la nuova lira? Con che perdite di valore?
L'INCOGNITA DEL 2019. Il voto del 25 maggio è stato un appello all’azione per l’Europa. Se nulla cambia, il voto del 2019 potrebbe davvero essere l’ultimo di un parlamento votato al suicidio. Ma per ora i margini di azione ci sono ancora tutti.
La Francia deve decidere come uscire dalla sua confusione interna, ma la vittoria di Marine Le Pen non è la fine della vocazione europea del Paese. Potrebbe esserlo al prossimo turno.
BOOM DEL PD IN ITALIA. In Italia, l’elettorato ha confermato la sua saggezza di fondo, come succede dal 1948.
Benissimo Matteo Renzi, male Beppe Grillo che resta una forza temibile ma in arretramento come spesso i movimenti urlati, dal breve zenith, Silvio Berlusconi più passato che futuro come dice anche l’anagrafe.
Renzi meglio di Berlinguer, hanno titolato vari giornali. Vero, sono cambiati volti e stile del 'vecchio' Partito democratico ancora legato al vecchio Partito comunista italiano, che fu nella sua storia e nei momenti suoi migliori un partito del 30%.
RENZI VOLTA PAGINA. Questa volta hanno votato per Renzi elettori che difficilmente avrebbero votato per altri leader della sinistra che sempre hanno voluto hegelianamente essere insieme 'nuovi' e nostalgici del loro passato.
Legittimo, ma elettoralmente insufficiente. Renzi, aiutato dall’anagrafe, ha voltato pagina.
Efficaci e spesso con buoni argomenti nella pars destruens, sono vaghi o nulli nella pars construens. Basta guardare alla polemica anti-euro e alla campagna della Lega, che è stata premiata da frange sufficienti dell’elettorato del Nord.
L’euro ha molti problemi, ma volere un ritorno alla lira è in linea perfetta con l’ethos del you keep britannico. E poi? A che cambio si fisserebbe la nuova lira? Con che perdite di valore?
L'INCOGNITA DEL 2019. Il voto del 25 maggio è stato un appello all’azione per l’Europa. Se nulla cambia, il voto del 2019 potrebbe davvero essere l’ultimo di un parlamento votato al suicidio. Ma per ora i margini di azione ci sono ancora tutti.
La Francia deve decidere come uscire dalla sua confusione interna, ma la vittoria di Marine Le Pen non è la fine della vocazione europea del Paese. Potrebbe esserlo al prossimo turno.
BOOM DEL PD IN ITALIA. In Italia, l’elettorato ha confermato la sua saggezza di fondo, come succede dal 1948.
Benissimo Matteo Renzi, male Beppe Grillo che resta una forza temibile ma in arretramento come spesso i movimenti urlati, dal breve zenith, Silvio Berlusconi più passato che futuro come dice anche l’anagrafe.
Renzi meglio di Berlinguer, hanno titolato vari giornali. Vero, sono cambiati volti e stile del 'vecchio' Partito democratico ancora legato al vecchio Partito comunista italiano, che fu nella sua storia e nei momenti suoi migliori un partito del 30%.
RENZI VOLTA PAGINA. Questa volta hanno votato per Renzi elettori che difficilmente avrebbero votato per altri leader della sinistra che sempre hanno voluto hegelianamente essere insieme 'nuovi' e nostalgici del loro passato.
Legittimo, ma elettoralmente insufficiente. Renzi, aiutato dall’anagrafe, ha voltato pagina.
Lunedì, 26 Maggio 2014© RIPRODUZIONE RISERVATA
TAG: EUROPEE 2014 - ELEZIONI EUROPEE - NAZIONALISMO EUROPEE - MARINE LE PEN - FRONT NATIONAL - LEGA NORD - MOVIMENTO 5 STELLE
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