domenica 24 agosto 2014

Qualcuno meno giovane si ricorderà degli aerei USA per salvare le popolazioni mussulmane della Bosnia da una banda di serbi assassini. Cosa dovremmo fare in attesa che non si vendano più armi e che le nazioni come la Cina, la Russia, gli Usa la smettano di fare affari vendendo armi a dei delinquenti? Dovremmo aspettare che l'IS ammazzi tutti? Prima si salvano le persone e poi vedremo se si potrà dialogare. Ma questa è un'operazione che lasceremo a Grillo, Casaleggio e Di Battista con il portaborse Bono da Torino.

Isis, Usa pronti a guerra di lunga durata

Obama al Congresso: «Uso della forza a tempo indeterminato». Turcomanni assediati dai jihadisti.

STRATEGIA
Per sconfiggere l'Isis serve la forza. A tempo indeterminato. È quanto il presidente degli Usa Barack Obama ha intenzione di chiedere al Congresso, per programmare una strategia «a lungo termine».
Intanto in Iraq, dopo i cristiani, i curdi e gli yazidi, il tempo della persecuzione è giunto per un'altra minoranza: migliaia di turcomanni sono strette dall'assedio dei jihadisti, e rischiano di essere massacrate.
AMERLI CIRCONDATA. La città di Amerli, nel Nord Est dell'Iraq, da due mesi è circondata dalle forze dell'Isis, ed è allo stremo, ha ammonito il 23 agosto con forza l'inviato dell'Onu a Baghdad, Nicolay Mladenov.
Amerli ha 20 mila abitanti, in gran parte turcomanni sciiti. «La situazione ad Amerli è disperata. Richiede un'azione immediata, per prevenire possibili massacri dei suoi cittadini», ha detto Mladenov, sottolineando che la popolazione locale è sottoposta a sofferenze «indicibili».
SENZA CIBO E SENZA ACQUA. A causa dell'assedio, scarseggiano cibo, acqua e molti altri generi di prima necessità. Non ci sono al momento indicazioni di una imminente azione di soccorso da parte di Baghdad, scossa peraltro il 23 agosto da un attacco suicida alla sede dei servizi segreti che ha causato otto morti. Mentre a Kirkuk, in mano ai curdi, l'esplosione simultanea di tre autobomba ha ucciso almeno 20 persone e ne ha ferite 65.
GLI USA NON INTERVENGONO. Nessuna operazione per Amerli sembra prevista per ora da parte delle forze Usa. Anche se, secondo quanto ha riferito al Washington post un alto funzionario dell'amministrazione, il team del presidente Obama sta esaminando una serie di piani per azioni più incisive contro i jihadisti dell'Isis.
Una vasta «gamma di opzioni», che riguardano anche il fronte politico, in cui gli Usa spingono affinché l'Iraq rimanga unito ma sulla base di un «federalismo che funzioni», come ha ribadito  dalle pagine del Washington post il vicepresidente Joe Biden, sostenitore della necessità di creare tre regioni largamente autonome, attribuite a sciiti, sunniti e curdi.

Verso un impegno militare in Siria

Ma sul piano politico l'amministrazione Obama deve fare i conti anche con un fronte interno. Anche perché la decapitazione del giornalista americano James Foley (per cui sarebbe sospettato un rapper di origine egiziana) potrebbe aver segnato un punto di svolta per gli Usa.
Il suo assassinio «rappresenta un attacco terroristico contro il nostro Paese», ha detto tra gli altri il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Ben Rhodes, sottolineando che, contro i tagliagola, gli Usa non si fanno «limitare dalle frontiere». Dunque lasciando intuirela possibilità di azioni anche in Siria.
LA MISSIONE SCADE A OTTOBRE. Ma i raid aerei Usa in corso dall'8 agosto, così come il fallito blitz in Siria per tentare di liberare Foley e altri ostaggi americani, avvengono sulla base della 'War powers resolution', che ha autorizzato nell'arco di 60 giorni azioni di emergenza per proteggere cittadini Usa. Di fatto, quindi, fino ai primi di ottobre.
L'amministrazione, ha detto l'alto funzionario, sta quindi considerando di avere una ampia «discussione con il Congresso» per avere l'autorizzazione a combattere contro l'Isis senza problemi di tempo. Ovvero, un semaforo verde simile a quello del 2001 contro al Qaeda e del 2002 contro Saddam Hussein. Fermo restando che di «truppe sul terreno» non se ne parla.
BAGHDAD CHIEDE UN INTERVENTO PIÙ INCISIVO. Un'azione più incisiva degli Usa e della comunità internazionale è assolutamente necessaria, ha del resto ribadito il ministro degli Esteri iracheno Hoshyar Zebari. L'Isis, ha affermato, rappresenta una minaccia globale, oltre che all'integrità e alla sopravvivenza dell'Iraq. E pertanto, ha aggiunto, «noi non chiediamo aiuto solo agli Stati Uniti. Chiediamo ai nostri vicini, ai nostri alleati europei, alle Nazioni unite e al mondo arabo e islamico di unirsi a noi contro questa forza assassina che minaccia di sprofondarci nell'oscurità».
Sabato, 23 Agosto 2014

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