Filippo Nogarin, sindaco dimezzato di Livorno
Va in scena il pantano a Cinque Stelle
Assessori che durano 48 ore, altri nominati mentre il primo cittadino è in vacanza. Nella città toscana la democrazia partecipata somiglia tanto alla peggiore burocrazia di partito. Mentre un leader senza autorità, messo continuamente in discussione dai militanti, rischia di non poter fare nulla
Il sindaco di LivornoFilippo Nogarin sta sperimentando gli aspetti deteriori dell'assemblearismo. Da quando è diventato sindaco, ormai quasi tre mesi fa, l'ingegnere del Movimento Cinque Stelle è rimasto impigliato nella burocrazia di partito. Potrebbe sembrare un paradosso per un movimento che invece si batte contro il potere dei corpi intermedi e a favore della democrazia diretta. Si scopre adesso, dunque, che esiste un nuovo corpo intermedio: è il M5S stesso, con i suoi meetup e le sue assemblee.
Nominare la giunta per Nogarin è stato arduo, tre mesi o quasi per completarla; gli ultimi due assessori sono stati individuati due giorni fa. Ma le sue scelte vengono costantemente messe in discussione. Un'assessora, Simona Corradini, nominata nella prima tranche, è durata appena 48 ore. Una parte del M5S ha ottenuto, previa assemblea, che le venissero tolte le deleghe perché si era già candidata alle amministrative con un'altra lista civica. E secondo il non-Statuto è vietato.
Mentre Nogarin era in vacanza in Sicilia, a San Vito Lo Capo, il capogruppo del M5S in Comune, Francesco Bastone, diffondeva un'email notturna in cui annunciava l'arrivo in giunta di altri due assessori. In assenza del sindaco. Lo avessero fatto a qualcun altro (uno a caso, a Matteo Renzi), sarebbe scoppiato il finimondo. Nogarin invece dal mare si è limitato a un selfie più o meno distensivo e a dire che non c'era alcun caso: i nomi degli assessori erano quelli ma ufficialmente li avrebbe nominati lui. Ovvio, chi altri?
Il problema, naturalmente, è politico. Il reticolato di norme, codicilli, statuti, divieti del M5S è avvolgente. Ogni volta che il sindaco si muove, vengono disposti accertamenti dai militanti, o quantomeno una parte di essi, che gli impediscono di decidere in autonomia. E' stata contestata anche la scelta dei vertici dell'AAMPS, la partecipata che si occupa di rifiuti, di Marco Di Gennaro, grillino già candidato alle elezioni europee e non eletto. La motivazione della contestazione: un "trombato" non può essere nominato alla guida di alcunché.
In questo modo, però, viene meno l'autorità del sindaco, che è stato eletto e ha quindi un mandato popolare chiaro. L'idea di sottoporre tutto a referendum rischia di essere pericolosa. Nogarin dunque ha due problemi, perché ormai le leadership istituzionali sono leadership politiche e in questo modo chi gli si oppone contesta entrambe. Se ogni sua decisione venisse sottoposta ad assemblearismo, a referendum, gli indirizzi dell'amministrazione si bloccherebbero.
Una volta Papa Francesco ha spiegato che la parola "autorità" deriva dal latino augere, "far crescere". Per cui - ha detto Bergoglio - "avere autorità non significa reprimere", ma "servire". Un sindaco senza autorità non serve a niente, sopratutto in quest'epoca di leadership veloci, portate dalla liquidità della società e della politica a prendere decisioni rapide. Il campione massimo, in questo caso, è Renzi, che sulla centralità della leadership ha vinto recentemente le europee (e non solo). Fra le elezioni politiche del 2013 e quelle per il rinnovo dell'Europarlamento c'è un 16 per cento in più per il Pd. Il valore aggiunto lo ha dato la sua leadership, giudicata spesso "muscolare".
Su diversa scala, il sindaco Nogarin ha una questione analoga da affrontare: il delicato rapporto fra la necessaria autorità e la democrazia partecipata. Un problema che il M5S gestisce in maniera poco equilibrata, perché Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio sono padroni del Movimento, Grillo è il proprietario del simbolo e se vuole ne può revocare l'uso, mentre gli attivisti dibattono e dibattono.
Dice uno che di potere se ne intende, vale a dire Joseph Nye, politologo americano, autore di Leadership e potere (Laterza): "La migliore speranza per il futuro è chiedersi che cosa venga determinato tanto quanto chi è che lo determina". Non si può insomma prescindere dalle leadership, che difficilmente possono essere assembleari. Altrimenti è il pantano a diventare a Cinque Stelle.
Nominare la giunta per Nogarin è stato arduo, tre mesi o quasi per completarla; gli ultimi due assessori sono stati individuati due giorni fa. Ma le sue scelte vengono costantemente messe in discussione. Un'assessora, Simona Corradini, nominata nella prima tranche, è durata appena 48 ore. Una parte del M5S ha ottenuto, previa assemblea, che le venissero tolte le deleghe perché si era già candidata alle amministrative con un'altra lista civica. E secondo il non-Statuto è vietato.
Mentre Nogarin era in vacanza in Sicilia, a San Vito Lo Capo, il capogruppo del M5S in Comune, Francesco Bastone, diffondeva un'email notturna in cui annunciava l'arrivo in giunta di altri due assessori. In assenza del sindaco. Lo avessero fatto a qualcun altro (uno a caso, a Matteo Renzi), sarebbe scoppiato il finimondo. Nogarin invece dal mare si è limitato a un selfie più o meno distensivo e a dire che non c'era alcun caso: i nomi degli assessori erano quelli ma ufficialmente li avrebbe nominati lui. Ovvio, chi altri?
Il problema, naturalmente, è politico. Il reticolato di norme, codicilli, statuti, divieti del M5S è avvolgente. Ogni volta che il sindaco si muove, vengono disposti accertamenti dai militanti, o quantomeno una parte di essi, che gli impediscono di decidere in autonomia. E' stata contestata anche la scelta dei vertici dell'AAMPS, la partecipata che si occupa di rifiuti, di Marco Di Gennaro, grillino già candidato alle elezioni europee e non eletto. La motivazione della contestazione: un "trombato" non può essere nominato alla guida di alcunché.
In questo modo, però, viene meno l'autorità del sindaco, che è stato eletto e ha quindi un mandato popolare chiaro. L'idea di sottoporre tutto a referendum rischia di essere pericolosa. Nogarin dunque ha due problemi, perché ormai le leadership istituzionali sono leadership politiche e in questo modo chi gli si oppone contesta entrambe. Se ogni sua decisione venisse sottoposta ad assemblearismo, a referendum, gli indirizzi dell'amministrazione si bloccherebbero.
Una volta Papa Francesco ha spiegato che la parola "autorità" deriva dal latino augere, "far crescere". Per cui - ha detto Bergoglio - "avere autorità non significa reprimere", ma "servire". Un sindaco senza autorità non serve a niente, sopratutto in quest'epoca di leadership veloci, portate dalla liquidità della società e della politica a prendere decisioni rapide. Il campione massimo, in questo caso, è Renzi, che sulla centralità della leadership ha vinto recentemente le europee (e non solo). Fra le elezioni politiche del 2013 e quelle per il rinnovo dell'Europarlamento c'è un 16 per cento in più per il Pd. Il valore aggiunto lo ha dato la sua leadership, giudicata spesso "muscolare".
Su diversa scala, il sindaco Nogarin ha una questione analoga da affrontare: il delicato rapporto fra la necessaria autorità e la democrazia partecipata. Un problema che il M5S gestisce in maniera poco equilibrata, perché Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio sono padroni del Movimento, Grillo è il proprietario del simbolo e se vuole ne può revocare l'uso, mentre gli attivisti dibattono e dibattono.
Dice uno che di potere se ne intende, vale a dire Joseph Nye, politologo americano, autore di Leadership e potere (Laterza): "La migliore speranza per il futuro è chiedersi che cosa venga determinato tanto quanto chi è che lo determina". Non si può insomma prescindere dalle leadership, che difficilmente possono essere assembleari. Altrimenti è il pantano a diventare a Cinque Stelle.
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