Bambini jihadisti, armi chimiche e decapitazioni di massa: c'era una volta la Siria
Un rapporto Onu che è una vera e propria lista dell'orrore: principali accusati i miliziani dello Stato Islamico, ma ce n'è anche per Assad. E sul campo la battaglia infuria tra nuove stragi e scenari inquietanti
Alberto Parisi 27 Agosto 2014
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Più che un rapporto quello reso noto oggi dalla Commissione d'inchiesta sui diritti umani in Siria dell'Onu è una lista dell'orrore: principali imputati i jihadisti dello Stato Islamico, guidati dall'autoproclamato califfo Abu Bakr al-Baghdadi, ma anche il regime di Assad.
L'accusa più grave riguarda l'Is, colpevole di arruolare tra le loro file ragazzi giovanissimi, in alcuni casi veri e propri bambini di neanche 10 anni. Carne da macello utilizzata nelle battaglie più cruente, indottrinati ideologicamente e addestrati militarmente, resi partecipi delle più terribile vendette contro le minoranze religiose, i soldati di Assad e ogni persona che si opponga al dominio islamico del califfato.
Ma non solo: i jihadisti hanno istituito veri e propri "venerdì della strage", con esecuzioni pubbliche, amputazioni e flagellazioni messe in scena nel giorno della preghiera islamica. Un vero e proprio spettacolo della morte, per punire e terrorizzare, ma anche per rendere il più possibile partecipi i comuni cittadini dell'applicazione criminale della legge e moralità che vorrebbe essere islamica.
Nel rapporto Onu ce n'è per tutti, ma soprattutto anche per Assad, il cui regime è accusato di aver fatto uso di armi chimiche, "probabilmente del cloro", in otto occasioni nel solo mese di aprile di quest'anno.
E dove finisce la denuncia ecco la drammatica cronaca quotidiano: l'allarme per la presenza di occidentali nell'esercito jihadista è sempre più alta e confermata, se ancora ce ne fosse bisogno, dalla notizia della morte di quindici cittadini australiani, due dei quali kamikaze, avvenuta in Siria e Iraq, mentre sempre in Siria è stato ucciso in combattimento un islamista statunitense, Douglas McAuthur McCain di 33 anni, di San Diego.
La situazione sul terreno è sempre più drammatica e complessa: mentre Bloomberg rivela cheil "fatturato" degli estremisti sunniti dello Stato Islamico ha raggiunto la cifra record di due milioni di dollari al giorno, l'Unicef rende noto che a luglio sono stati massacrati dai jihadisti almeno 700 turcomanni sciiti nel nord dell'Iraq. Dal Kurdistan si rivela invece che i primi a fornire armi ai peshmerga che tentano di arginare l'avanzata degli islamici è stato l'Iran, che cerca in tal modo di proteggere le sue frontiere ma anche di "conquistare" nuove alleanze nel martoriato paese.
Contemporaneamente da Washington si cerca di creare un'ampia coalizione, che vorrebbe comprendere Australia, Regno Unito, Giordania, Qatar, Arabia Saudita, Turchia ed Emirati Arabi Uniti, per appoggiare l'opposizione moderata in Siria, recuperando i territori sottrattigli dallo Stato Islamico nel paese per rendere più facile poi la sempre più probabile offensiva anche in Iraq, che potrebbe vedrebbe impegnati, riporta il New York Times, anche aerei di Londra e Canberra. Congelando così il riavvicinamento tra Occidente e Assad.
Come se non bastasse il "cordone di sicurezza" creatosi nei mesi scorsi intorno alla frontiera tra Siria e Israele si starebbe sgretolando: il braccio siriano di al Qaeda e altri gruppi ribelli hanno sottratto all'esercito il controllo del passaggio di Quneitra, che collega la parte siriana del Golan a quella israeliana.
Il futuro del Medio Oriente e della stabilità globale passa sempre più per la Siria e per l'Iraq.
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