Madia: «Non ho tagliato le libertà sindacali»
Di Maria Zegarelli
30 agosto 2014
Su, al primo piano, la grande stanza che la ospita è sobria, un grande divano bianco, una scrivania piena zeppa di documenti, i faldoni dei tanti capitoli della riforma della Pubblica Amministrazione, i giornali sparsi. Tubino nero, ballerine dello stesso colore, capelli raccolti in una crocchia, si accomoda e spegne il cellulare. Una «secchiona», racconta chi la conosce. Una che dietro il sorriso dolce, nasconde una determinazione di ferro, dicono nella sede della P.A, in corso Vittorio. Una che ogni tanto si attira aspre critiche.
Ministro, la rete l'ha presa di mira per il suo “ice bucket”. Poteva fare di meglio e con acqua davvero gelata?
«Sì è vero, potevo fare di meglio. Anzi, se devo dirle la verità se tornassi indietro non lo farei proprio, ma ero stata “nominata” dal sindaco di Bari, Antonio Decaro e così ho accettato di fare la doccia gelata. E l'acqua, mi creda, era freddissima anche se non ho gridato».
Perché non ha detto neanche una parola sulla ricerca?
«Perché c'è stata una grande inflazione di parole, era stato detto tutto e mi sembrava che anche solo la doccia fosse un modo chiaro di aderire ad una campagna mondiale di sensibilizzazione. Capisco le critiche, anche se quando arrivano si fa sempre una certa fatica ad accettarle, ma sono un personaggio pubblico e quindi vanno messe nel conto».
Una di queste è di aver sempre avuto una sorta di corsia preferenziale, fin dai tempi di Veltroni.
«Io sono stata effettivamente una privilegiata per avere vissuto in una famiglia che mi ha permesso di studiare con tranquillità e grazie alla quale, anche per vicende non felici, ho avuto modo di incontrare persone che hanno deciso di darmi delle opportunità. Opportunità che molti altri miei coetanei, altrettanto preparati, non hanno avuto, ma questa non è una mia colpa. Quello che cerco di fare è di lavorare affinché tutti possano avere delle chance, per questo quando sono arrivata al Ministero ho compiuto delle scelte anche pensando alle tante professionalità che questo Paese ha ma che non riesce a valorizzare. Dovendo fare delle nomine, per esempio, come per la presidenza dell'Istat o per i quattro membri che lavorano nella Commissione di Cantone, ho scelto di procedere con una “call pubblica” proprio per aprire il più possibile a competenze e talenti».
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