«L’AMACA» DEL 30 AGOSTO 2014 (Michele Serra)
Una spietata inchiesta dell’ Espresso in edicola (clicca qui per leggere) rende nota la fine tragicomica di tutti o quasi i leader del movimento dei Forconi, che solo diciotto mesi fa infiammò i talk-show e le prime pagine e già pare un reperto dei secoli passati. Uno è in galera per spaccio di droga. Uno ha indetto un referendum on-line sull’uscita dall’euro raccogliendo tre voti in tutto (due pro, uno contro). Uno si è barricato in una chiesa chiedendo asilo politico al Vaticano. Parecchi si sono candidati al paesello prendendo lo zero virgola niente. L’impressione, più che di pericolosità sociale, è di una mesta mattia, di un protagonismo perdente che rende questi ex ossessi quasi teneri, come ogni looser che si rispetti, tal quali i venetissimi col “tanko” che si sono guadagnati più galera di quanta ne spetti ai veri delinquenti.
La verità è che il rivoluzionario è mestiere difficile. Richiede ars oratoria , una straccio di impianto ideologico, qualche nozione di economia politica, magari (addirittura) un paio di libri sul comodino. L’agitatore politico sta un gradino sotto; l’arruffapopoli più sotto ancora. La differenza tra i vari livelli è tutta nella durata: il rivoluzionario, se non lo arrestano subito, dura decenni; l’agitatore un paio di stagioni; l’arruffapopoli già la settimana dopo lo trovate al bar che spiega al barista perché il mondo si rifiuta di dargli retta.
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