I massacri dell’IS in Iraq e in Siria
I miliziani del gruppo estremista che ha instaurato il Califfato islamico hanno ucciso e rapito centinaia di yazidi e appartenenti alla tribù araba al Sheitaat
Negli ultimi giorni lo Stato Islamico (IS) – gruppo estremista sunnita prima conosciuto come ISIS – si è reso responsabile di nuovi massacri in Iraq e in Siria, i due paesi nei quali ha instaurato il suoCaliffato islamico. L’IS si sta facendo conoscere in tutto il mondo per la brutalità – oltre che la rapidità – dei suoi attacchi, e per costringere la popolazione non musulmana a convertirsi all’islam. I sopravvissuti degli attacchi dell’IS in diversi villaggi di recente conquista hanno raccontato di esecuzioni sommarie e rapimenti di donne e bambini (in diverse occasioni si è anche detto che l’IS avesse fatto diventare le donne rapite delle schiave). Gli ultimi due attacchi di tale violenza di cui si ha conoscenza sono stati compiuti uno in Iraq – in un villaggio del nord, vicino al monte Sinjar – e l’altro in Siria – nella provincia orientale di Deir al-Zor, abitata da al Sheitaat, una tribù araba sunnita.
I massacri in Iraq
Venerdì pomeriggio i miliziani dello Stato Islamico sono arrivati nel villaggio di Kawju, vicino alla città di Sinjar, nel nord dell’Iraq. Nelle ultime settimane e per molti giorni sulle montagne di Sinjarerano rimasti intrappolati decine di migliaia di yazidi che erano fuggiti dai loro villaggi dopo l’arrivo dell’IS. La notizia dell’attacco a Kawju è arrivata da fonti sia curde che yazidi (in questa zona le milizie curde e i soldati iracheni se ne sono andati e per i giornalisti è praticamente impossibile entrare nei villaggi sotto il controllo dell’IS: per questo spesso le notizie di città perse o di massacri arrivano sulla stampa occidentale solo quando i sopravvissuti riescono a mettersi in contatto con le autorità di altre città irachene o curde in cui si sono rifugiati).
Venerdì pomeriggio i miliziani dello Stato Islamico sono arrivati nel villaggio di Kawju, vicino alla città di Sinjar, nel nord dell’Iraq. Nelle ultime settimane e per molti giorni sulle montagne di Sinjarerano rimasti intrappolati decine di migliaia di yazidi che erano fuggiti dai loro villaggi dopo l’arrivo dell’IS. La notizia dell’attacco a Kawju è arrivata da fonti sia curde che yazidi (in questa zona le milizie curde e i soldati iracheni se ne sono andati e per i giornalisti è praticamente impossibile entrare nei villaggi sotto il controllo dell’IS: per questo spesso le notizie di città perse o di massacri arrivano sulla stampa occidentale solo quando i sopravvissuti riescono a mettersi in contatto con le autorità di altre città irachene o curde in cui si sono rifugiati).
Secondo alcune testimonianze, a Kawju molti uomini sono stati uccisi dai miliziani dello Stato Islamico dopo che si sono rifiutati di convertirsi all’islam: sono stati separati dalle donne e dai bambini sotto i 12 anni, e sono stati portati via in gruppi di poche decine ai confini del villaggio. Qui, ha raccontato un uomo che poi è riuscito a scappare, sono stati uccisi. I miliziani hanno poi cominciato a camminare tra i corpi per terra e a sparare per uccidere gli uomini che erano sopravvissuti alla prima serie di colpi di arma da fuoco.
In Siria
I miliziani dello Stato Islamico hanno ucciso circa 700 persone tutte appartenenti alla tribù sunnita al Sheitaat, che da luglio di quest’anno ha cominciato a combattere l’IS per il controllo della provincia orientale siriana di Deir al-Zor. La notizia è stata diffusa dall’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, organizzazione non governativa filo-ribelli che ha base a Londra (l’Osservatorio è praticamente l’unica organizzazione che conta ancora i morti in Siria – le Nazioni Unite hanno smesso tempo fa – e le sue cifre e documenti sono citati e considerati piuttosto affidabili dalla stampa internazionale: in questo caso, come in molti altri, non è stato possibile fare una verifica indipendente su quanto detto dall’Osservatorio in relazione agli eventi nella provincia di Deir al-Zor).
I miliziani dello Stato Islamico hanno ucciso circa 700 persone tutte appartenenti alla tribù sunnita al Sheitaat, che da luglio di quest’anno ha cominciato a combattere l’IS per il controllo della provincia orientale siriana di Deir al-Zor. La notizia è stata diffusa dall’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, organizzazione non governativa filo-ribelli che ha base a Londra (l’Osservatorio è praticamente l’unica organizzazione che conta ancora i morti in Siria – le Nazioni Unite hanno smesso tempo fa – e le sue cifre e documenti sono citati e considerati piuttosto affidabili dalla stampa internazionale: in questo caso, come in molti altri, non è stato possibile fare una verifica indipendente su quanto detto dall’Osservatorio in relazione agli eventi nella provincia di Deir al-Zor).
Un attivista a Deir al-Zor – che ha voluto rimanere anonimo per ragioni di sicurezza – ha raccontato aReuters che 300 uomini sono stati uccisi dello Stato Islamico solo nella città di Ghraneij e nell’arco di una sola giornata. Ghraneij è una delle tre principali città in cui vive la tribù al-Sheitaat. Un altro attivista proveniente da Deir al-Zor ha detto che agli abitanti al-Sheitaat delle città della zona erano stati dati tre giorni per lasciare le loro case: quelli che non sono stati uccisi – e se ne sono andati dai loro villaggi – si sono rifugiati in altre città della provincia oppure hanno superato il confine e sono arrivati fino in Iraq. In questa provincia siriana, come in altre zone dell’Iraq conquistate dallo Stato Islamico, le tribù locali sono state costrette a fare una scelta, scrive il New York Times: o allearsi con l’IS o subire le conseguenze di esserne nemici. Venerdì 15 agosto è stato pubblicato un video su YouTube che mostra degli uomini provenienti dalle città al-Sheitaat di Kishkeih e Abu Hammam che dicono di essersi alleati con lo Stato Islamico.
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