mercoledì 20 agosto 2014

Riceviamo e pubblichiamo.

Sfidiamo la lobby dei nonni per tagliare le tasse

Non basta toccare le pensioni d’oro: veri risparmi solo da un contributo su quelle del ceto medio
 
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La recente intervista del ministro Poletti al Corriere ha riaperto il dibattito sulla tassazione delle pensioni. Il ministro si è dichiarato favorevole ad un contributo di solidarietà sulle pensioni d'oro, ma visto il loro numero esiguo, il gettito potrebbe non essere sufficiente. Tuttavia, la dichiarazione di Poletti dipende da dove si fissa l’asticella”, lascia indendere che il contributo potrebbe scattare a partire da cifre più basse. Riproponiamo un nostro articolo sul tema del 19 ottobre 2013.
Ci sono troppo pochi economisti dentro la Corte Costituzionale, e se ne vedono le conseguenze: nel giugno scorso la Corte ha dichiarato illegittima l’applicazione di un contributo di solidarietà sulle pensioni più alte, a motivo di una violazione del principio di uguaglianza, sancito dall’articolo 3 della Costituzione. Uguaglianza un cavolo: molte pensioni elevate – ma non solo quelle  sono ingiustamente troppo alte rispetto ai contributi pagati, come hanno sottolineato Tito Boeri e Tommaso Nannicini in una serie di pezzi per lavoce.info e, ancora precedentemente, lo stesso Nannicini su Linkiesta.
Un economista anche solo mediocre potrebbe raccontare ai membri della Corte come esista un problema gigantesco di disuguaglianza intergenerazionale, dovuto al fatto che le generazioni precedenti – le quali beneficiano del sistema di calcolo retributivo (pensione collegata agli stipendi e non ai contributi) - si fanno finanziare dai lavoratori attuali pensioni assolutamente più generose di quelle che quegli stessi lavoratori prenderanno in futuro. E lo stesso vale per i lavoratori più anziani che tra poco andranno in pensione.

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Mettiamo le cose in chiaro: non mi ricordo di avere firmato nessun patto intergenerazionale. E se qualcuno lo ha firmato al posto mio, lo ha fatto contro la mia volontà. E questo patto intergenerazionale che non mi piace per niente continua a produrre effetti deleteri anche a livello della legge di Stabilità, all’interno della quale è già sparito il contributo di solidarietà sulle pensioni più alte, anche per timore di un’ulteriore pronuncia negativa da parte della pochissimo economicista Corte Costituzionale.
Nel frattempo, quasi tutti quanti si stracciano le vesti, lamentandosi perché il taglio del cuneo fiscale contenuto all’interno della legge di Stabilità è di importo troppo basso. Guardiamoci negli occhi, e soprattutto guardiamo negli occhi i conti pubblici: se si vogliono tagliare le imposte e i contributi sociali, il primo posto dove intervenire è la spesa pensionistica, che vale nel 2012 270 miliardi di euro (al lordo delle imposte). Sulla base dei dati disaggregati per classe di reddito – cioè per multipli della pensione minima -Boeri e Nannicini suggeriscono di applicare un contributo di solidarietà progressivo, che interviene a partire da una pensione pari a 6 volte il minimo (2886 euro lordi e mensili) e che nella versione più incisiva porta a risparmi di spesa per 922 milioni di euro.
Bisogna riflettere con serietà sui costi e i benefici, e rendersi conto del fatto che risparmi di spesa importanti possono essere ottenuti soltanto accettando di toccare altresì le pensioni ricevute dalla classe media, cioè a partire da 3 volte il minimo. Come molti fenomeni economici e sociali, la distribuzione del reddito pensionistico è fortemente diseguale, per cui toccare solo la coda delle pensioni d’oro – o comunque abbastanza alte - può essere buona cosa dal punto di vista dell’equità, ma porta a poco dal lato del gettito.
Ecco la mia proposta, o almeno un contributo forte alla discussione politica: un contributo del 3% sulle pensioni da 3 a 5 volte la minima (da 1443 a 2405 euro lordi al mese), del 5% per pensioni da 5 a 16 volte la minima, del 7% da 16 a 32 volte la minima e del 10% per pensioni superiori a 32 volte la minima porta a risparmi di spesa annui pari a 4 miliardi 680 milioni. Se un provvedimento di questo genere fosse accorpato a un drastico taglio dei finanziamenti dei corsi di formazione professionale (7 miliardi all’anno) e al mantenimento dell’IMU sulle prime case a rendita catastale più elevata, si potrebbe senz’altro finanziare un taglio molto più deciso del cuneo fiscale.
E non venite a raccontarmi delle pensioni dei nonni che finanziano i nipoti senza lavoro: voglio vedere in faccia il nipote che preferisce trarre il proprio reddito dalla mancia dei nonni invece che dal proprio lavoro, che diventa più appetibile anche grazie ad un taglio deciso del famigerato cuneo fiscale. 

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